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CAPITOLO I: TEORIE E STUDI SULLA DISPERSIONE SCOLASTICA

1. Evoluzione teorica del concetto di dispersione scolastica

1.1 Gli assunti pedagogici sulla dispersione scolastica

Il successo formativo è qualcosa che va oltre il successo scolastico, e costituisce per lo studente, uno stato da raggiungere con vari mezzi, ad esempio, attraverso il conseguimento del titolo di studio finale, la risoluzione dei problemi di adattamento a scuola; la corrispondenza diretta tra il percorso di studi e l’inserimento nel campo lavorativo.

Diversi sono stati gli studi di carattere pedagogico sul fenomeno della dispersione scolastica. Per tanto tempo,essa è stata associata allo svantaggio

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economico e culturale dell’allievo; successivamente, gli studi di Bernstein (1969) sugli stili comunicativi, intendevano indicare uno stretto rapporto tra le performances linguistiche e i fenomeni di abbandono scolastico (Perrini, 2002). Un altro orientamento pose in correlazione la dispersione con l’organizzazione scolastica ed un altro ancora, collegò l’insuccesso scolastico con le difficoltà di apprendimento. Non sempre sono state trovate le soluzioni indicative per affrontare il problemaalquanto complesso e non riconducibile ad interpretazioni univoche, secondo un modello deterministico di causa ed effetto.

Fattori individuali e fattori sociali costituiscono le condizioni di difficoltà determinate dal fenomeno, tali da rendere soggetti a rischio di dispersione molti alunni-studenti.Ci sono alunni con scarsa padronanza nella strumentalità di base e altri che non hanno acquisito le capacità metacognitive che facilitano gli apprendimenti; altri ancora hanno difficoltà nell’accettazione dell’impegno scolastico; difficoltà che si traducono il più delle volte, in comportamenti inadeguati che non facilitano l’integrazione nel gruppo classe.

Gli studi di Gardner sulle intelligenze multiple (2005), dimostrano che il problema del fallimento nasce quando le ꞌintelligenzeꞌ dei ragazzi non corrispondono a quelle richieste dalla scuola per avere successo. Questo ha fatto sì che si creasse uno stereotipo di alunno modello, molto quotato nella scuola tradizionale. Il livello socio-economico e culturale della famiglia di provenienza, incide sulla carriera scolastica dello studente, tale da condizionare fortemente la motivazione allo studio. Sono per lo più ragazzi che provengono da quartieri a rischio, caratterizzati da subculture che si basano sulla recezione passiva e acritica di modelli consumistici, veicolati dai mass media o che vivono in maniera frustante la mancanza dei prodotti consumistici. Anche gli alunni delle famiglie abbienti, possono trovare a scuola disagio, perché mancano di autonomia personale, avendo genitori estremamente apprensivi e sostitutivi. Questi alunni di solito manifestano difficoltà nella relazione con gli altri e nella esplicitazione del proprio vissuto (Mariani, 2003).

La lotta alla dispersione scolastica ha assunto una priorità in ogni istituzione pubblica che sostiene la creazione di capitale umano e la sua protezione contro ogni forma di esclusione e di impoverimento culturale. Nella prima decade del 2000,

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l’espressione ˈsuccesso formativoˈ ha caratterizzato i programmi scolastici, anche su base europea, in materia di istruzione e formazione. Secondo Ghione (2005), è dal 1997 che nelle indicazioni normative “con il termine successo 'formativo' si fa riferimento all’obiettivo di portare i giovani non solo al conseguimento di titoli relativi ai vari gradi di istruzione, ma a un più significativo processo di acquisizione di conoscenze e competenze che possa garantirne un positivo inserimento nella realtà sociale e produttiva del Paese”.

Combattere la dispersione scolastica vuol dire rimuovere gli ostacoli, e garantire un’effettiva uguaglianza formativa, possibilmente, in un arco di tempo breve.

È la scuola secondaria di secondo grado, che registra un alto tasso di dispersione, poiché gli alunni si scontrano con un sistema di istruzione selettivo, in una fase del loro sviluppo evolutivo particolarmente delicata, dove l’insuccesso è vissuto come un fallimento e dove la sfiducia e la rassegnazione alimentano i sentimenti di amarezza e di delusione prodotti. Pertanto,diventa auspicabile puntare lo sguardo sul biennio dell’obbligo di istruzione, in cui gli alunni si trovano a scontrarsi con un sistema di formazione selettivo e con la possibilità della rielaborazione dei contenuti interdisciplinari per dare valenza alla conoscenza del curricolo formativo della scuola.

La scuola italiana con la legge di riforma del 2003 (L. 53), è organizzata intorno a un modello di ꞌscuola inclusivaꞌ, secondo il quale sono assicurate a tutti gli studenti e le studentesse pari opportunità di successo scolastico, attraverso l’acquisizione delle conoscenze e delle abilità generali e specifiche, nel rispetto delle scelte personali, delle attitudini e dei tempi di maturazione di ciascuno, in prospettiva della vita futura. A tal riguardo, sono state definite misure ordinamentali da parte del Ministero dell’Istruzione per contrastare la dispersione scolastica e favorire la valorizzazione del capitale umano nei percorsi di formazione, secondo gli indirizzi europei. Dette misure consistono in:

innalzamento dell’obbligo di istruzione-formazione a 16 anni (legge 296/2006) e diritto-dovere di istruzione e formazione a 18 anni (legge 53/2003), finalizzati ad acquisire un titolo di studio o qualifica;

possibilità, qualora si registrino insuccessi formativi, di passare da una tipologia di scuola a un’altra, mediante iniziative didattiche e organizzative denominate

«passerelle», finalizzate ad acquisire le competenze adeguate per il trasferimento

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riconoscimento della frequenza positiva in un segmento, in termini di crediti formativi certificati, da far valere sia nei trasferimenti da un segmento all’altro, sia per la ripresa degli studi interrotti;

individuazione, nel capitale culturale dello studente, di crediti formativi provenienti da esercitazioni pratiche, esperienze formative, stage in Italia e all’estero, anche con periodi di inserimento nelle realtà culturali, associative, produttive, professionali e dei servizi.

L’innovazione più recente della scuola italiana, è costituita dalla quota libera, pari al 20% dell’orario curricolare di cui ogni istituto può disporre per meglio adattare l’offerta formativa alle esigenze della propria utenza scolastica. Questo favorisce la programmazione di iniziative didattiche, culturali, anche in accordo con enti partner sul territorio, specie per debellare il fenomeno della dispersione degli studenti più demotivati e con difficoltà di apprendimento curricolare.

Ogni scuola secondaria di secondo grado organizza corsi di recupero dei debiti formativi, in orario scolastico e nei mesi estivi, oltre ai corsi ordinari di arricchimento e ampliamento dell’offerta formativa e di interventi perequativi rivolti alle fasce escluse quali adulti e drop out in genere (Legge 440, 1997).

Per gli alunni stranieri sono istituiti ulteriori fondi di spesa per la loro alfabetizzazione ed integrazione scolastica con modalità organizzative differenziate e con scelte contenutistiche diversificate.

Si definiscono drop out o early school leaver (ESL) coloro che entrano nel mercato del lavoro, privi del titolo di istruzione obbligatoria, che corrisponde al diploma di istruzione secondaria di secondo grado (OCSE). Ne consegue, che i giovani che abbandonano la scuola con in possesso la sola licenza di scuola media inferiore, sono già in una condizione di svantaggio, nel mercato del lavoro, nell’attuale società basata sulla conoscenza.

Gli studenti ESL sono suddivisi in due sottogruppi: i drop out veri e propri, che si ritirano dalla scuola, e coloro che non risultano iscritti, gliˈevasoriˈ, cioè chi non si presenta a scuola entro un dato periodo, o chi pur risultando iscritto, si assenta per una

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quota di tempo non trascurabile. Fino alla fine degli anni Ottanta, sia negli Stati Uniti, che in vari Paesi d’Europa, l’immagine del drop out convenzionale è associata alle dimensioni della privazione socioculturale (Scheinberg, 1964):

- appartenenza a minoranze etniche;

- appartenenza a famiglie di basso status socioeconomico e basso livello di istruzione;

- famiglie monogenitoriali e con genitori divorziati.

I drop out si ritrovano ad avere delle caratteristiche comuni in quanto a personalità, quali: bassa autostima;penuria di relazioni con i pari;coinvolgimento in azioni devianti.