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1.3 La pesca e l’allevamento

1.3.2 Gli attrezzi da pesca

1.3.1 La normativa sulla pesca

Il genere Ruditapes è sottoposto a vincoli comunitari, nazionali e regionali sulla taglia minima di cattura mentre non esistono norme sul periodo di pesca. Secondo la legislazione comunitaria, la taglia minima di cattura è di 25 mm (R. (CE) 1967/2006) e l’Italia ha da tempo adottato questa misura (D.P.R. 1639 del 2.10.1968 e successive modificazioni).

La Regione Sardegna ha adottato una regolamentazione più restrittiva e la taglia minima è di 35 mm (D.A.D.A.R.S. nr. 412 del 10.05.1995).

La vendita delle vongole è regolata dalle norme per la commercializzazione dei molluschi bivalvi, in particolare dal D.L. 30 dicembre 1992 N° 530, che recepisce la Direttiva CEE 91/492. Si tratta di una normativa comune a tutti i Paesi dell'Unione Europea che la Commissione ha recentemente modificato con Decisione del 15 marzo 2002 N° 2002/225/CE limitatamente al tenore massimo di biotossine algali. In particolare le norme prevedono che possono essere commercializzati soltanto bivalvi allevati e raccolti nelle zone classificate a questo scopo. Se provenienti da una zona classificata A essi possono essere destinati al consumo umano diretto senza dovere subire nessun processo di risanamento; se provenienti da un zona classificata B devono subire prima della commercializzazione un processo di depurazione; se provenienti da una zona classificata C devono essere stabulati per non meno di due mesi in acque classificate A.

1.3.2 Gli attrezzi da pesca

La disponibilità e l’abbondanza delle vongole anche allo stato selvatico, hanno indotto nelle marinerie italiane, ma in modo particolare nell’Alto Adriatico, l’invenzione di una serie di strumenti da pesca, alcuni ottenuti adattando modelli già in uso per altre specie (ad esempio la vibrante), altri studiati allo scopo come la rasca (o rusca) a motore e altri (Orel et al., 2001).

Alcuni attrezzi sono manuali (rastrello, rasca), altri meccanici (draga idraulica, draga vibrante, rusca). L’azione di penetrazione nel sedimento e l’efficacia nella cattura sono ovviamente diverse per ogni attrezzo, soprattutto se si confronta la raccolta

manuale con quella meccanica; anche l’impatto sul fondale differisce da un attrezzo all’altro (Casale et al., 1999).

Di seguito si descrivono i più importanti attrezzi utilizzati, non sempre previsti dalla normativa, la cui descrizione è tratta principalmente dal lavoro di Cannas et al., (2008).

Le draghe idrauliche, utilizzate soprattutto per la pesca delle vongola Chamelea gallina, ma vietate in acque lagunari, sono state tuttavia ampiamente usate in modo abusivo per la pesca della vongola filippina. Si tratta, come previsto dal D.M. 21/7/1998, di un attrezzo a forma di parallelepipedo di metallo che si appoggia nel fondo montato su imbarcazioni che devono avere una lunghezza massima fra le perpendicolari di 10 metri e la stazza inferiore 10 tonnellate. Una serie di ugelli posti nella parte superiore dell’attrezzo spingono acqua in pressione che penetra nel substrato e raccoglie i molluschi infossati nel fondo.

Sono state condotte numerose indagini su questo strumento in laguna e si è visto che i fondali delle zone di pesca più sfruttate presentavano perdite notevoli di materiali fini (Icram, 1994) e a danno dei popolamenti bentonici (Pranovi et al, 1995).

Figura 7 - Rasca a motore o “ rusca” (Immagine tratta da Cannas et al., 2008)

La vibrante è un particolare tipo di rastrello che si basa su un sistema di pesca simile a quelle della draga idraulica; se ne differenzia in quanto la separazione dei

molluschi dal sedimento è ottenuta grazie ad una massa eccentrica posizionata sulla draga che, ruotando, la fa vibrare.

La rasca a motore o rusca è un attrezzo che si è evoluto grazie una serie di migliorie legate all’esperienza e all’ingegno dei pescatori.

La rusca è montata su un’imbarcazione che lateralmente, presenta una particolare rete e un motore fuoribordo. E’ formata da un’intelaiatura di metallo con due aperture: una bocca di forma pentagonale provvista alla base di una lama a forma di V, e, all’estremità opposta, una seconda apertura rettangolare che si collega alla rete. Tra le due aperture, sul fondo e sui fianchi dell’attrezzo, si colloca una griglia metallica. La rusca opera vicino al motore fuoribordo ausiliario posto su un lato dell’imbarcazione, la cui funzione è quella di rimuovere il sedimento del fondo e spingere il pescato all’interno del telaio. Tale metodo permette di lavorare quasi in continuo. Mentre la barca, con il suo lento avanzamento, permette alla lama della rusca di penetrare nel sedimento per raccogliere i bivalvi infossati, due pattini posti alla base del telaio evitano che la struttura sprofondi.

Il Ferro” maranese è un piccolo rapido adottato nella Laguna di Marano dal 1992. Si tratta si tratta di un attrezzo costituito da una bocca di circa 90 cm che affonda per circa 10 cm nel sedimento (Orel et al, 2001).

Negli ultimi anni si è diffuso l’utilizzo di rasche turbosoffianti, munite di una pompa, che rappresentano l’evoluzione dei rastrelli manuali. La possibilità di pompare acqua in pressione all’interno di queste piccole draghe è assicurata da un sistema complesso di tubi e di una pompa a captazione alimentata a benzina che spinge acqua di mare all’interno degli attrezzi.

La cassa o draga a traino è costituita da una struttura di rete di ferro installata su due slitte e trainata da una barca a motore. Posteriormente alla cassa è presente un sacco di rete per la raccolta del prodotto. Nella bocca vi è una lama a forma di V che consente l’affondamento nel terreno e per la raccolta è sfruttata la turbolenza prodotta dall’elica del motore fuoribordo, posta a livello del fondo. Per utilizzare quest’attrezzo, piuttosto pericoloso, sono necessari due operatori: il primo a bordo che controlla il fuoribordo la cui elica smuove il fondale, il secondo in piedi sulla cassa che col proprio peso la tiene affondata nel sedimento.

Il rastrello manuale o rasca è l’attrezzo più utilizzato in Sardegna, regione nella quale i mezzi meccanici non sono consentiti.

Esso assume forme e dimensioni diverse secondo l’area ma in generale è costituito da una cassa di rete munita di denti metallici conici lunghi circa 15 cm e da un lungo manico. E’ utilizzato principalmente a piedi da operatori muniti di scafandri e, quando necessario, di corti trampoli.

Figura 8 – Rastrello per molluschi utilizzato nella stagno di San Giovanni di Muravera (CA)

Figura 10 - Pesca manuale col coltello utilizzata nella marineria di Marceddì (OR)

La pesca a mano è praticata con guanti e stivali alla coscia per la raccolta di diverse specie marine e lagunari fossorie. Gli animali sono individuati grazie ai fori formati dai sifoni utilizzando un rudimentale specchio, una cassa il cui fondo è munita di un vetro. L’animale è estratto infilando un coltello nel sedimento perpendicolarmente al fondo. Questo tipo di pesca dal 1992 ha assunto rilievo particolare nella laguna di Marano proprio con la diffusione di Tapes philippinarum. In Sardegna è utilizzato prevalentemente nella zona di Marceddì e dagli operatori subacquei nelle marinerie di Olbia e Santa Gilla. Infine, quando il fondo è molto compatto e la densità dei molluschi notevole, si utilizza la pesca con pala e setaccio.

1.3.2.1 L’effetto dell’attività di pesca

L’effetto dell’attività di pesca, manuale o con rastrello così com’è effettuata in Sardegna dipende da diverse azioni; la rimozione di grandi quantità di sedimento, operata dai rastrelli o dalle pale, che danneggiano i delicati stadi giovanili, sotterrandoli a profondità eccessiva oppure portandoli in superficie, rendendoli così più vulnerabili alla predazione e causando elevate mortalità (Pérez –Iglesias & Navarro, 1995 citato da Bald et al., 2003; 1995; Borja & Bald, 2000). Anche l’aumento di torbidità provocato dalla sospensione dei sedimenti ha un effetto negativo sui popolamenti di molluschi; Dau e Goulletquer (1988) hanno verificato che esemplari di R. philippinarum sottoposti a

condizioni di forte torbidità mostravano un accrescimento e una riproduzione minore e un aumento della mortalità rispetto ad un gruppo di controllo.

La coincidenza del periodo riproduttivo di R. decussatus e R. philippinarum con il periodo primaverile – estivo, quello della massima intensità di pesca, aggrava naturalmente la situazione.

Bald et al., (2003) hanno ottenuto risultati diversi simulando in campi sperimentali la situazione derivante dall’uso della zappa (il cui effetto può essere in qualche modo paragonato a quello del rastrello di molluschi o della pala utilizzati in Sardegna) e del coltello (in Sardegna utilizzato nei soli stagni di Marceddì e Corru s’ittiri), nonché del calpestio associato a queste attività. I Ruditapes sono stati seminati a una lunghezza di 5-7 mm e sono stati seguiti per 17 mesi. L’esperimento non ha consentito di ottenere risposte definitive sull’accrescimento e sulla sopravvivenza, mentre si è verificata una differenza statisticamente significativa nel rapporto lunghezza- peso. In particolare l’accrescimento in lunghezza è proporzionalmente maggiore a quello in peso tra gli organismi sottoposti alle azioni legate alla pesca e lo stock di controllo. Dal momento che il materiale da semina utilizzato aveva una lunghezza minima di 5 mm, nulla si sa però sull’effetto della pesca sui giovani Ruditapes dal momento dell’insediamento fino a quello di raggiungimento della lunghezza di 5 mm.