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Gli effetti della deflazione a livello microeconomico

Come già detto precedentemente, Horwitz (2014) vede la deflazione come un fenomeno esclusivamente monetario: quando il mercato della moneta è in equilibrio, la quantità di moneta tenuta sottoforma di passività bancarie corrisponde ad una proporzionale quantità di fondi prestabili creati dalla banca. Questo implica un’uguaglianza tra il tasso di mercato, riguardante gli imprenditori, e il tasso naturale, cioè quel tasso che riflette le preferenze temporali delle famiglie: ciò garantisce che la struttura del capitale sia sostenibile poiché le imprese che prendono a prestito possono fare affidamento sui tassi d’interesse per guidare le loro scelte in base al corso futuro dei consumi. Horwitz (2014) specifica, infatti, che la deflazione non ha effetti solo a livello macroeconomico, ma anche a livello microeconomico, incidendo sulla struttura del capitale; l’analisi di questo viene fatta dall’autore in base alla teoria austriaca del ciclo economico. Gli austriaci vedono il capitale come un insieme di beni ed esseri umani distinti, che sono eterogenei nella funzione. I beni individuali, che hanno funzioni limitate, agiscono in modo complementare con gli altri beni e con il fattore umano per formare il piano di produzione. La produzione è un insieme di fasi, da quella più lontana a quella più vicina al consumatore, e sarà più efficiente quanto più il lavoro e la specializzazione saranno ben distribuiti. La sua lunghezza è funzionale al tasso d’interesse di mercato: minore è il tasso, più lungo sarà il processo produttivo, in quanto permette alle imprese di finanziarne più fasi. Questo spiega la relazione tra risparmio e crescita: più risparmio significa tassi d’interesse più bassi, e quindi processi di produzione più produttivi52

. Nelle teoria austriaca del ciclo economico, un eccesso di offerta di moneta, Ms, riduce il tasso d’interesse di mercato sotto il tasso d’interesse naturale, portando ad una discordanza intertemporale, in quanto le risorse sono impiegate comunque nelle fasi iniziali del processo, mentre i consumatori finali non vogliono risparmiare di più (i risparmi aumentano al diminuire di iN che, però, è rimasto invariato). Gli imprenditori si

illudono che il tasso di mercato, ridotto artificialmente, appaia come segnale di un maggior risparmio da parte delle famiglie, e che quindi un processo produttivo più lungo sia più profittevole. Ma le famiglie non desiderano risparmiare di più e la bolla, creata da un più basso tasso d’interesse di mercato, può scoppiare appena gli imprenditori realizzano che non ci sono le risorse sufficienti per completare il processo iniziato precedentemente (in quanto non essendo aumentato il risparmio, non è aumentata neanche la quantità di fondi prestabili). Quindi il fulcro di questa teoria è che l’eccesso di offerta nel mercato della moneta (Ms

> Md) messo in atto dalla banca

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Se i risparmi, che variano in funzione delle preferenze temporali delle famiglie, e quindi in funzione di

iN, aumentano, in un sistema in equilibrio questo comporta un aumento di fondi prestabili da parte delle

banche che, a loro volta, dovrebbero ridurre il tasso di mercato iM (portando quindi di nuovo l’equilibrio

) per favorire un aumento della domanda di prestiti e un conseguente incremento degli investimenti e quindi una crescita economica (Horwitz, 2014).

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centrale non porta un sovrainvestimento, bensì un mal-investimento, in quanto gli imprenditori impiegano troppe risorse nelle fasi iniziali del processo produttivo iniziando nuovi progetti, e le famiglie, nelle fasi finali, continuano a consumare come prima, per cui il risultato è un doppio spreco di risorse.

Per capire il ruolo ricoperto dalla deflazione in questa teoria si deve immaginare un sistema bancario che intenzionalmente riduce o non aumenta l’offerta di moneta quando il pubblico incrementa i propri risparmi. Quindi, se per ipotesi le famiglie aumentano i propri risparmi (S) tenendo nel proprio portafoglio più passività bancarie, questo porta una traslazione verso destra della curva di offerta dei fondi prestabili ( . Nel caso

in cui il sistema bancario funzionasse bene, dovrebbe ridurre il tasso d’interesse (chiamato tasso di mercato, iM) per indurre un incremento della domanda di fondi

( ) da parte degli investitori e permettere, così, la crescita economica e produttiva:

.

Se invece il sistema bancario non risponde, l’effetto dell’aumento dei risparmi si limita ad una riduzione del tasso naturale (iN), mentre il tasso di mercato resta invariato.

Questo innesca un processo di discordanza intertemporale a causa dei falsi segnali dei tassi d’interesse. Il fatto che iN sia diverso da iM, comporta che la quantità domandata di

fondi prestabili sia inferiore rispetto a quella offerta, e questa differenza rispecchia l’eccesso di Md

su Ms, questo perché le banche non hanno trasformato i maggiori risparmi in fondi prestabili:

.

Inoltre, un aumento dei risparmi corrisponde ad una riduzione dei consumi (C); normalmente questo effetto è controbilanciato da un aumento degli investimenti grazie ai maggiori prestiti concessi dalle banche, ma non in questo caso. Se infatti, conseguentemente ad un aumento dei risparmi, il tasso d’interesse di mercato non si riduce, non si avrà un aumento della domanda di beni capitali nelle prime fasi. I consumi continuano a ridursi causando licenziamenti e dismissioni di macchinari inutili almeno fino a che i prezzi nominali restano viscosi, o fino a quando il sistema monetario inizia a rispondere creando più prestiti. Questo porta ad un declino complessivo.

Il triangolo di Hayekian, che riporta Horwitz (2014) (vedi figura 1.3) rappresenta gli stadi della produzione.

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Figura 1.4: Il triangolo di Hayekian

Fonte: Horwitz (2014).

Se il sistema finanziario funziona bene, l’ipotenusa del triangolo cambia inclinazione tenendo conto delle maggiori o minori risorse. Con la deflazione monetaria invece si ha una riduzione della produzione di beni di consumo e l’ipotenusa si piega abbassandosi solo nelle fasi finali del processo, creando così una concavità nelle fasi intermedie dello stesso, dove si presenta il problema del mal-investimento. Gli investimenti totali ex post sono uguali agli attuali risparmi. Il triangolo ci permette di capire perché spesso queste crisi sono definite crisi di sotto-consumo anche se il vero problema è il fallimento del sistema bancario.