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Gli impatti ambientali degli sprechi alimentari

Nel documento aA aAaAaAaAaAaAaAaA aA aA (pagine 85-90)

I. Ambiente e alimentazione

I.1. Gli obiettivi dello sviluppo sostenibile

2. Gli impatti ambientali degli sprechi alimentari

Dal punto di vista ambientale occorre considerare che la produzione di cibo richiede acqua, energia, fitofarmaci.

Per calcolare l’impatto ambientale degli sprechi alimen-tari si utilizzano normalmente tre indicatori:

– l’impronta di carbonio (carbon footprint);

– l’impronta ecologica (ecological footprint);

– l’impronta idrica (water footprint).

L’impronta di carbonio stima la somma di tutte le emis-sioni di gas che possono avere un effetto climalterante, ovvero di quei gas, cosiddetti ad effetto serra, che vengono liberati in atmosfera nelle varie fasi di ottenimento di un prodotto. In agricoltura e nelle successive trasformazioni, fino all’ottenimento di un cibo per l’uomo, le emissioni derivano dal consumo di carburanti per le lavorazioni del terreno, per i trasporti, per la produzione degli imballag-gi, per mantenere i cibi al freddo. Altre emissioni sono originate dagli allevamenti, in particolare, dal biogas, con prevalente presenza di metano, derivante dalle deiezioni animali. Occorre considerare che il metano ha un potere di modificare il clima tra le 21 e le 25 volte superiore al CO2.

Ci sono poi le emissioni dei fertilizzanti a base di azoto che tende a liberarsi in atmosfera sotto forma di protossido di azoto (N2O). L’impronta ecologica, come ho avuto mo-do di descrivere in altro capitolo, è la quantità di superficie di terra e mare necessaria a produrre le risorse indispen-sabili per ottenere un determinato prodotto o ospitare una

6. Andrea Segrè, Luca Falasconi, Il libro nero dello spreco in Italia: il cibo, Edizioni Am-biente, Milano 2011.

Consumo responsabile e lotta

allo spreco

75 certa popolazione ed assorbirne i relativi rifiuti prodotti.

Lo stesso indicatore, anziché in termini di superficie, può essere sviluppato in volume e in peso: è ciò che hanno fatto i ricercatori del Wuppertal Institut7 definendo lo «zainetto ecologico» (Ecological Rucksack)8.

In pratica quando acquistiamo o consumiamo o but-tiamo un oggetto, ciò che abbiamo tra le mani ha un peso ecologico molto superiore al reale peso sulla bilancia. Lo zaino ecologico infatti porta con sé i chili di natura estratti e utilizzati e in gran parte buttati via per realizzare un bene.

E poi c’è la quantità d’acqua utilizzata nel processo di ottenimento di un bene. Quando studiavo alla Scuola Enologica di Alba il professore di economia ci insegnava come nel bilancio di una cantina occorresse considerare un consumo di acqua pari al doppio del vino prodotto: e non per allungar- lo, ma solo per le operazioni di lavaggio delle attrezzature e dei locali.

L’impronta idrica (Water Footprint o Virtual water content) calcola non solo la quantità di acqua dolce utilizzata, ma anche come l’acqua è consumata; ad esempio, nel caso dell’ottenimento di alimenti viene considerata sia l’acqua usata per irrigare le coltivazioni sia quella di- spersa at-traverso l’evaporazione del terreno e delle piante, fino all’acqua consumata nelle fasi di trasformazione, confezio-namento, trasporto e vendita del prodotto finale.

Il centro studi della Barilla per il cibo e la nutrizione (Bcfn) ha elaborato una serie di dati forniti dal Ministero della Pesca e dell’Agricoltura della Danimarca fornendo calcoli precisi sull’impatto ambientale dei cibi. Ad esempio, la preparazione di un chilo di sogliola fresca, con i vari passaggi dalla pesca al confezionamento, genera 3,3 kg di CO2; analogamente la preparazione di un kg di gamberi surgelati produce 10 kg di emissioni di CO2 e ancora un kg di aragosta produce 20 kg di CO2! Lo studio arriva a classificare i cibi ponendoli su diversi livelli, che formano una doppia piramide: una è quella classica alimentare e l’altra, invertita, è quella ambientale.

7. wupperinst.org, novembre 2017.

8. ressourcen-rechner.de, giugno 2017.

Roberto Cavallo

76 All’interno di ogni livello ci sono cibi con valori nutrizionali analoghi e impatto ambientale equiparabile. Consultando la piramide alimentare e quella ambientale possiamo orienta-re la nostra scelta alimentaorienta-re a parità di kcal verso il minor impatto ambientale.

Ad esempio, per ottenere un chilo di formaggio servono 5.000 litri di acqua e si emettono 9 kg di CO2 mentre per una quantità di yogurt equivalente dal punto di vista ali-mentare, si emette un solo chilo di CO2 e si consuma cinque volte meno di acqua.

I dati sono ancora relativamente approssimativi, soprat-tutto per alcuni cibi, basti pensare alle diverse specie di pe-sce, ma anche per la complessità di analisi e comparazione dei parametri e relativi valori, come ad esempio la diversa origine dell’energia a seconda che lo stesso cibo sia prodotto in Svezia (energia dal vento e dall’acqua) o in Francia (ener-gia nucleare) o in Italia (ener(ener-gia dal gas metano).

La piramide è costruita per classi di alimenti, senza va-lori puntuali e, anche se nei prossimi anni si avranno dati più precisi, l’attuale distribuzione tra i diversi livelli non dovrebbe cambiare.

Ad esempio «le patate, per cui ora è stimata un’impronta ecologica media di sette metri quadrati, compresa la cottura,

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77 potranno alzarsi o abbassarsi di un livello, ma non andran-no mai oltre il formaggio, che occupa 75 metri quadrati»9.

La piramide aiuta dunque anche a scegliere i cibi meno impattanti all’interno di una stessa categoria, ad esempio tra le carni quella avicola ha un’impronta ecologica di 46 metri quadri, quella bovina di 105, ma anche i tagli della carne hanno un impatto diverso: per produrre un chi- lo di filetto si emettono 68 kg di CO2; per un chilo di bistecca

“solo” 42.

La frutta è il cibo più ecologico anche rispetto alla verdu-ra, perché in media si usano meno fitofarmaci e concimi e la raccolta non elimina l’intera pianta, anche se consumare frutta fuori stagione inquina tre volte tanto rispetto alle disponibilità del momento.

Chi vive attorno al Mediterraneo, magari nelle regioni in cui è stata scritta la Bibbia, ha una dieta in genere migliore rispetto ad altre culture. La dieta mediterranea inquina circa la metà di quella nordamericana.

9. Tiziana Moriconi, Buon appetito, e salverai la terra, «espresso.repubblica.it», 28 giugno 2010.

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