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La protezione del patrimonio culturale come strumento di realizzazione di «città sostenibili»

Nel documento aA aAaAaAaAaAaAaAaA aA aA (pagine 160-182)

II.1. Gli obiettivi dello sviluppo sostenibile

2. La protezione del patrimonio culturale come strumento di realizzazione di «città sostenibili»

A parere di chi scrive, merita particolare attenzione il fatto che tra i traguardi previsti nell’ambito dell’11° obiettivo, il Programma menzioni anche la necessità di «rafforzare gli sforzi di protezione e conservazione del patrimonio cultu-rale e natucultu-rale mondiale»

L’interesse per questa affermazione deriva dal fatto che, ancorché nel programma del 2015 essa non costituisca l’u-nico riferimento alla cultura intesa nel suo significato più generale 7, tuttavia si tratta del solo riferimento alla pro-tezione del patrimonio culturale in quanto strumentale al perseguimento di obiettivi di sviluppo sostenibile8.

Prima di qualunque ulteriore approfondimento sul te-ma, conviene precisare come, secondo chi scrive, il concetto di «patrimonio culturale» contenuto nel Programma del 2015 sembri coincidere con quello di «patrimonio urbano»

di cui alla raccomandazione Unesco del 2011 concernente il paesaggio urbano storico, secondo la quale «il patrimonio urbano costituisce per l’umanità un bene sociale, culturale ed economico, definito da una stratificazione storica di

valo-7. Si adotta in questa sede l’idea di cultura nella sua accezione più ampia. Tra le prime definizioni, si deve menzionare quella contenuta nella Dichiarazione di Città del Messico sulle Politiche Culturali, adottata dalla Conferenza mondiale, il 6 agosto 1982, come «l’en-semble des traits distinctifs, spirituels et matériels, intellectuels et affectifs, qui caractéri-sent une société ou un groupe social englobant aussi outre les arts et les lettres, les modes de vie, les droits fondamentaux de l’être humain, les systèmes de valeurs, les traditions et les croyances».

8. Nello stesso tempo - come sottolineato nell’edizione speciale del 2013 del Rapporto delle Nazioni Unite sull’economia creativa: ampliare i percorsi di sviluppo locale - le città gioca-no un ruolo sempre più importante come attori del cambiamento nella direzione dello sviluppo sostenibile anche grazie alla cultura che porta un valore aggiunto, in termini monetari e non monetari, attraverso le espressioni culturali, la salvaguardia del patri-monio materiale e immateriale, la promozione della diversità culturale, l’urbanistica e l’architettura.

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ri che sono stati prodotti dal succedersi di culture passate e contemporanee e un accumulo di tradizioni e di esperienze, riconosciute come tali nella loro diversità»; dunque, esso fa riferimento non solo al patrimonio mondiale dell’umanità (come definito nella convenzione UNESCO per la protezio-ne del patrimonio mondiale, culturale e naturale del 1972), ma altresì ad un concetto più ampio e maturo, che include altresì (allo stesso modo che il patrimonio storico artistico), il patrimonio immateriale (conformemente alla convenzio-ne UNESCO per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale del 2003) e le differenze culturali che, a partire dalla Convenzione UNESCO del 2005 sulla protezione e la promozione delle diversità delle espressioni culturali del 2005, divengono esse stesse una ricchezza da salvaguardare.

Ancora una volta può senz’altro rimarcarsi l’assonanza con le parole del Santo Padre. Nel Cap. IV dell’Enciclica, si-gnificativamente intitolato «Un’ecologia integrale», si affer-ma espressamente come «Insieme al patrimonio naturale, vi è un patrimonio storico, artistico e culturale, ugualmente minacciato. È parte dell’identità comune di un luogo e base per costruire una città abitabile» (corsivo di chi scrive) e tale patri-monio va inteso non solo «come i monumenti del passato, ma specialmente nel suo senso vivo, dinamico e partecipa-tivo, che non si può escludere nel momento in cui si ripen-sa la relazione dell’essere umano con l’ambiente» (n. 143).

L’affermazione è pregnante. La conservazione dell’identità del luogo diviene elemento fondamentale per assicurare la vivibilità della città («per costruire una città abitabile», se-condo le precise parole di Papa Francesco), posto, tra l’altro che «La scomparsa di una cultura può essere grave come o più della scomparsa di una specie animale o vegetale»

(n. 145). Il consumismo e la globalizzazione, in particolare, minacciano la ricchezza e la varietà delle culture, rischiando di appiattirle e di portare allo smarrimento irreversibile di queste nel segno di una omologazione globale (n. 144), se-condo un’affermazione fortemente assonante, seppur pro-iettata su un piano molto più ampio e generale, con quan-to rilevaquan-to nel Preambolo della Convenzione Unesco sulla protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali del 20 ottobre 20059.

9. «Constatando che i processi di globalizzazione, agevolati dalla rapida evoluzione del-le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, se hanno contribuito a stabilire

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151 Ciò detto, l’attenzione dell’Agenda 2030 per il patrimo-nio culturale delle città e degli insediamenti umani è degna di nota almeno per due ragioni.

La prima. È la prima volta che un Summit mondiale specificamente dedicato allo sviluppo sostenibile attribui-sce esplicitamente alla protezione del patrimonio culturale un ruolo specifico in vista della realizzazione degli obiettivi che si propone. In effetti si deve sottolineare come i Sum-mit precedenti non avessero mai affrontato direttamente la questione, concentrandosi piuttosto sull’ambiente in senso ecologico più che culturale in senso proprio.

Riassumendo molto brevemente le tappe del percorso evolutivo, deve necessariamente sottolinearsi come questa attenzione fosse assente nel citato Rapport Bruntland del 1987 (Report Our Common Future) sia nella Dichiarazione di Rio di Janeiro sull’ambiente e lo sviluppo del 1992; in particolare, essa mancava altresì nella Dichiarazione di Johannesburg del 2002, ancorché avesse esplicitamente ancorato lo sviluppo sostenibile alla dignità umana, il cui perseguimento, secon-do l’atto istitutivo dell’UNESCO, presuppone precisamente la diffusione della cultura10.

condizioni inedite capaci di consolidare l’interazione interculturale, rappresentano an-che una sfida per la diversità culturale, segnatamente nell’ambito dei rischi di squilibrio fra Paesi ricchi e Paesi poveri»

10. Si legge in effetti nel Trattato Istitutivo dell’Unesco, firmato il 16 novembre 1945, che il percorso di costruzione di pace dovesse necessariamente passare per la «solida-rietà intellettuale e morale dell’umanità», non essendo in alcun modo sufficiente «una pace fondata soltanto sugli accordi economici e politici dei governi» che «non potrebbe ottenere l’adesione unanime, duratura e sincera dei popoli»; è per questa ragione che

«l’Organizzazione si propone di contribuire al mantenimento della pace e della sicurezza favorendo, attraverso l’educazione, la scienza e la cultura, la collaborazione tra le nazio-ni, onde garantire il rispetto universale della giustizia, della legge, dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali che la Carta delle Nazioni Unite riconosce a tutti i popoli, senza distinzione di razza, sesso, lingua o religione» e a tale scopo l’Organizzazione:

«a) Favorisce la conoscenza e la comprensione reciproca delle nazioni, prestando la sua opera agli organi di informazione di massa; a questo scopo essa sollecita quegli accordi internazionali che ritiene utili per facilitare la libera circolazione del pensiero, attraverso la parola o l’immagine; b) imprime un’efficace impulso all’educazione popolare ed alla diffusione della cultura», ma soprattutto, per quanto di maggiore interesse in questa sede «c) Aiuta il mantenimento, il miglioramento e la diffusione del sapere: Vegliando sulla conservazione e protezione del patrimonio universale di libri, opere d’arte, mo-numenti di interesse storico o s scientifico, raccomandando ai popoli interessati delle convenzioni internazionali a tale effetto; favorendo la cooperazione tra le nazioni in tutti i settori dell’attività intellettuale e lo scambio internazionale sia di rappresentanti dell’e-ducazione, della scienza e della cultura che di pubblicazioni, opere d’arte, materiale di laboratorio e di ogni altra utile documentazione; facilitando con adeguati metodi di

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Prima del Programma del 2015, solamente nella Dichia-razione di Rio de Janeiro del 2012, poteva leggersi una di-chiarazione specifica sulla cultura («Sottolineiamo l’impor-tanza della cultura per lo sviluppo sostenibile»), ma questa affermazione non era poi sviluppata nel testo.

Tale considerazione porta alla seconda delle ragioni per la quale conviene sottolineare l’esistenza di un riferimento espresso alla protezione del patrimonio culturale nel corpo dell’Agenda 2030.

Sembra possibile credere che questa dichiarazione sia piuttosto dovuta all’influenza delle Convenzioni UNESCO in seno alle quali il tema dello sviluppo sostenibile e quello della protezione del patrimonio culturale hanno seguito vie convergenti.

In particolare, la Convenzione sulla protezione e la pro-mozione della diversità delle espressioni culturali del 2005, è la prima a prevedere un principio autonomo che integra espressamente i due temi: «Principio di sviluppo sostenibile.

La diversità culturale rappresenta un patrimonio sostan-ziale per gli individui e le società. Lo sviluppo sostenibile, di cui beneficiano le generazioni presenti e future, presup-pone la protezione, la promozione e il mantenimento della diversità culturale» [principio n. 6]11.

Ma per ciò che concerne queste riflessioni, è la Dichiara-zione di Hangzhou il passaggio più interessante, perché in essa, finalmente, la cultura è indicata espressamente come chiave dello sviluppo sostenibile. Adottata in sede Unesco ad Hangzhou (nella Repubblica popolare della Cina) il 17 maggio 2013, in occasione del Congresso Internazionale su

«La cultura: chiave dello sviluppo sostenibile», la Dichiarazione costituisce un vero e proprio appello ai vari paesi del mon-do affinché pongano la «cultura» nella posizione principale della politica sullo sviluppo sostenibile, come allora era stato configurato in occasione dei Summit mondiali sul tema, e, in particolare, affinché la cultura sia inclusa come quarto principio fondamentale nell’Agenda delle nazioni Unite per

cooperazione internazionale l’accesso di tutti i popoli a quanto pubblicato da ciascuno di essi».

11. Su questi temi, sia consentito rinviare a C. Videtta, Cultura e sviluppo sostenibile. Alla ricerca del IV pilastro, Giappichelli, Torino 2018.

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153 lo sviluppo post 2015, al pari dei diritti dell’uomo, dell’u-guaglianza e della sostenibilità.

La Dichiarazione del 2013 rivendica, infatti, un preciso ruolo per la cultura nella lotta contro quelle piaghe dell’u-manità già più volte evidenziate nelle Dichiarazioni da Rio 1992 a quella, che sarà adottata pochi anni dopo, di New York 2015, ossia la crescita della popolazione, l’urbanizza-zione, il degrado ambientale, le catastrofi, i cambiamenti climatici, l’aggravarsi delle disuguaglianze e il persistere della povertà.

In tale contesto, proprio le città divengono oggetto di attenta considerazione all’interno delle azioni finalizzate a mettere la cultura al centro delle politiche dello sviluppo sostenibile.

In particolare, la 8° azione, afferma la necessità di «ser-virsi della cultura come risorsa per realizzare uno sviluppo e una gestione sostenibile delle aree urbane». In tale sezione, l’attenzione è rivolta in particolare alla qualità degli «am-bienti storici», che, conservati in armonia con il loro conte-sto naturale, rappresentano la chiave delle città sostenibili.

La cultura si afferma dunque come uno strumento non solo di sviluppo economico, ma soprattutto di promozione di dialogo, di rispetto della diversità, di inclusione sociale e dunque di coesione.

A ben vedere, sembra possibile affermare come l’azione a livello locale accolga quell’idea di cultura vista come stru-mento per attuare percorsi di pace tra i popoli, concetto, questo, alla base dell’atto istitutivo dell’Unesco del 1945 e soprattutto della Convenzione Unesco del 1972 sulla pro-tezione del patrimonio mondiale culturale e naturale.

Dunque, la cultura (e in particolare la protezione del pa-trimonio culturale) diviene uno strumento privilegiato per favorire il dialogo a livello mondiale ed egualmente a livello locale, in particolare all’interno delle città, dove, tra l’altro, il processo di immigrazione massiccia può contribuire in misura non indifferente a generare tensioni identitarie che finiscono per minare la stessa qualità della vita.

Tali temi sono ulteriormente sviluppati in occasione del-la Conférence Internationale de Hangzhou sur «La cultura per le città sostenibili» (10-12 dicembre 2015), all’indomani dell’a-dozione dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Nelle Conclusioni, si può leggere una conferma della posizione

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già espressa nel 2013, particolarmente dove si raccomanda di tener conto del fatto che «i modelli urbani sono differenti e che il cambiamento dinamico delle città è costante» e che pertanto si sostiene la necessità di evitare «modelli standar-dizzati e prescrittivi in favore di un approccio integrato, innovativo e adattativo ai differenti contesti».

In tale ambito, la raccomandazione di integrare il patri-monio culturale nella «nuova agenda urbana» significa, allo stesso tempo, raccomandare la protezione del patrimonio culturale esistente nelle città quale espressione di identità di queste e significa altresì permettere alle persone di mo-dellare i propri ambienti urbani.

È senza dubbio interessante sottolineare come i due aspetti citati siano strettamente legati, atteso che questo chiarisce il senso della protezione del patrimonio culturale all’interno delle città: in effetti, se, come è innegabile, le città sono in costante trasformazione (soprattutto in que-sto periodo que-storico), il patrimonio culturale rappresenta la continuità verso il passato, il patrimonio identitario da tra-smettere alle generazioni future, senza tuttavia negare la trasformazione, poiché il patrimonio culturale (nel suo più ampio significato) è, in quanto tale, in continua evoluzione.

Nel 2016, la Conferenza delle Nazioni Unite sugli inse-diamenti urbani e lo sviluppo urbano sostenibile (Habitat III), tenutasi a Quito dal 17 al 20 ottobre, adotta un Nuovo Programma per le città che riafferma l’impego mondiale a promuovere uno sviluppo urbano sostenibile come pre-scritto dall’11° obiettivo dell’Agenda 2030.

In particolare, anche il Nuovo Programma contiene dei riferimenti significativi al patrimonio culturale.

In effetti, tra gli «impegni portatori di cambiamento a fa-vore dello sviluppo urbano sostenibile», si riafferma il ruolo fondamentale del patrimonio culturale in vista di politiche di «recupero e rivitalizzazione delle aree urbane» e di raf-forzamento della «partecipazione sociale e l’esercizio della cittadinanza d’inclusione sociale» (par. 38).

In tal senso, sono formulate raccomandazioni specifiche («per una messa in opera efficace») relativamente alla «piani-ficazione e gestione dello sviluppo dello spazio urbano», all’interno del quale si ritrova l’impegno preciso a fare «del-la cultura una componente prioritaria nei piani e nelle stra-tegie urbane quando si adottano strumenti di

pianificazio-Il patrimonio culturale per le “città sostenibili”

155 ne» che devono preservare «un largo ventaglio di paesaggi e di beni del patrimonio culturale materiale e immateriale e proteggerlo contro eventuali effetti perturbatori dello svi-luppo urbano» (par. 124).

Quindi, se – come aveva già sottolineato la Convenzione di Hangzou del 2013 – le pressioni sulle città derivano da una massiccia urbanizzazione associata a pressioni economi-che, sarà importante che i piani di gestione dello sviluppo urbano affrontino il problema.

Tali raccomandazioni meritano di essere menzionate poiché, ancorché esse costituiscano essenzialmente le sole indicazioni concernenti la protezione del patrimonio cul-turale nell’intero documento, tuttavia forniscono alcune li-nee concrete d’azione, praticamente assenti in tutti gli altri documenti.

Su queste questioni, è sicuramente interessante eviden-ziare come tale raccomandazione sia espressione diretta di un principio generale di integrazione dei temi della cultura (e della protezione del patrimonio culturale) nello sviluppo sostenibile, già, tra l’altro, prescritto sia dalla Convenzione europea sul Paesaggio (2000)12 sia dalla Convenzione-quadro sul valore del patrimonio culturale per la società (adottata a Faro nel 2005)13, entrambe del Consiglio d’Europa.

Invero, ancorché le due convenzioni non siano specifi-camente consacrate alle «città sostenibili», in ogni caso for-niscono delle indicazioni particolarmente interessanti per meglio comprendere la relazione tra il patrimonio culturale e lo sviluppo sostenibile.

Come già in altra sede si è rilevato14, infatti, i due pre-amboli consacrano un legame tra il patrimonio culturale/

paesaggio e lo sviluppo sostenibile, indicando soprattutto come la relazione cultura/paesaggio rappresenti una risorsa

12. Sul punto, per tutti, F. Cartei (a cura di), Convenzione europea del paesaggio e governo del territorio, Bologna 2007; S. Foà, Dalla Convenzione europea al Codice dei beni culturali e del paesaggio. Obiettivi di tutela e valorizzazione, in A. Crosetti (a cura di), La tutela della natura e del paesaggio, Trattato di diritto dell’ambiente (a cura di R. Ferrara, M. A. Sandulli), vol. III, Milano 2014, pp. 431 sgg.

13. C. Carmosino, La Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore del patrimonio cul-turale per la società, «Aedon», www.aedon.mulino.it, n. 1/2013; P. Carpentieri, La Convenzio-ne di Faro sul valore dell’eredità culturale per la società (da un punto di vista logico), «federalismi.

it», www.federalismi.it (2017), n. 4.

14. C. Videtta, Cultura e sviluppo sostenibile cit., pp. 76 sgg.

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di sviluppo sostenibile e di qualità della vita in una società in costante evoluzione.

In particole, nella Convenzione europea sul paesaggio (2000), si può leggere che «Ogni Parte si impegna a […]

integrare il paesaggio nelle politiche di uso del suolo, di urbanistica e nelle politiche culturali, ambientali, agricole, sociale et economiche, così come nelle altre politiche che possono avere un affetto diretto o indiretto sul paesaggio»;

allo stesso tempo, a livello più generale, la Convenzione quadro di Faro, ancorché essa non parli nello specifico di cit-tà sostenibili, stabilisce comunque una sorta di principio ge-nerale di integrazione, esplicitamente collegato a quello più specifico concernente i piani urbani di cui si è detto: «per mantenere il patrimonio culturale, le parti si impegnano […] ad assicurare che i bisogni specifici della conservazioni del patrimonio culturale siano tenuti in considerazione in tutte le discipline tecniche generali» (art. 9, lett. c) e altresì che «al fine di valorizzare il potenziale del patrimonio cul-turale in quanto fattore di sviluppo economico sostenibile, le parti si impegnano a fare in modo che tali politiche ri-spettino l’integrità del patrimonio culturale senza compro-mettere i suoi valori intrinseci» (art. 10, lett. c).

3. Qualche riflessione sullo stato dell’arte in Italia. Solo retorica?

In Italia, la «protezione e conservazione del patrimonio cul-turale» di cui all’Agenda 2030 è, in larga misura, affidata al Codice dei beni culturali e del paesaggio, d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42. Il modello adottato dal testo citato, tuttavia, è improntato a fornire una tutela per così dire «puntifor-me», appuntata su singole e circoscritte realtà; resta vice-versa estranea ad esso la possibilità di trovare applicazione a realtà complesse come i tessuti cittadini15. È ben vero che l’obiettivo 11.4 dell’Agenda 2030 (e, d’altro canto, anche le stesse Convenzioni Unesco citate) non richiedono ne-cessariamente una disciplina di protezione del patrimonio culturale che riguardi la città nel suo complesso, ma lascia-no ampio spazio alle scelte discrezionali dei singoli Stati circa la scelta delle soluzioni normative più adeguate onde

15. Per rilievi critici sul punto, sia consentito rinviare, anche per l’apparato bibliografico, a C. Videtta, I centri storici al crocevia tra disciplina dei beni culturali, disciplina del paesaggio e urbanistica: profili critici, «Aedon», www.aedon.mulino.it (2012), n. 3.

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157 perseguire gli obiettivi indicati; tuttavia, la mancanza di una programmazione adeguata che guardi comunque agli interventi «nella città» e non alle singole emergenze, vista unitamente alla crisi fiscale generale, impattano, a parere di chi scrive, sulla effettiva conservazione di un patrimonio culturale cittadino, nel senso più pieno della parola.

Purtroppo le forti pressioni economiche e i processi di globalizzazione in atto inducono, più massicciamente che in passato, a considerare il patrimonio culturale soprattutto come una risorsa nel senso economico del termine, il che genera troppo spesso effetti devastanti sulla sua protezione.

Ben si può dire, in effetti, che, malgrado l’art. 2 del Co-dice dei beni culturali e del paesaggio affermi espressamen-te che «la valorizzazione è effettuata in forme compatibili con la tutela e in modo da non comprometterne i bisogni», non è tuttavia raro trovare decisioni amministrative o atti legislativi nei quali le ragioni della tutela sono sacrificate alle ragioni, neppure sempre evidenti, dello sviluppo eco-nomico16.

Sotto altro, ma convergente profilo, vale la pena rilevare come l’Agenda urbana per l’UE, patto di Amsterdam, adotta-to nel corso della riunione informale dei Ministri Europei responsabili degli affari urbani (30 maggio 2016), rimar-chi il fatto che la coesione economica, sociale e territoriale dell’UE e la qualità della vita dei suoi abitanti dipendono largamente dal successo dello sviluppo urbano sostenibile (nel cui contesto, giova ribadirlo, anche la tutela del patmonio culturale gioca un ruolo assai significativo); vi si ri-corda altresì, l’importanza strategica di un approccio equili-brato, durevole e integrato delle problematiche urbane che dovrebbero coprire tutti i principali aspetti dello sviluppo urbano (in particolare economico, ambientale, sociale, ter-ritoriale ed anche culturale) al fine di garantire una solida governance e politica urbana.

L’approccio comune tra le politiche settoriali e i differen-ti livelli amministradifferen-tivi diviene la chiave delle città sosteni-bili: tutti i livelli di governo devono essere coinvolti e deve essere garantito il coordinamento e l’interazione efficace

16. Sul punto sia consentito ancora una volta rinviare a C. Videtta, Cultura e sviluppo sostenibile cit., passim ma partic. pp. 153 sgg.

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all’interno dei settori, nel pieno rispetto del principio di sussidiarietà e delle competenze di ciascun livello.

Per far fronte alle sempre più complesse sfide delle aree urbane e promuoverne il progresso ambientale, economi-co, sociale e culturale, le autorità urbane devono coopera-re con le comunità locali, società civile, società e centri di competenza, che sono tutti i principali attori dello sviluppo sostenibile.

Deve purtroppo rilevarsi come la legislazione italiana sia piuttosto indietro sul punto e, per quanto qui di interesse, non sia del tutto in grado di prendersi cura del patrimonio culturale delle città (come realtà specifiche) al fine di rag-giungere città veramente sostenibili, anche a causa di evi-denti problemi di competenze amministrative sovrapposte (paesaggio, patrimonio storico-artistico/ambiente/governo del territorio…).

Significativamente, in Habitat III – Rapport national de l’I-talie de 2016, si può leggere che «le regioni hanno sino ad ora elaborato regolamentazioni che hanno modificato la tipologia degli strumenti di pianificazione urbana e certe ipotesi (per es. la classificazione di certe parti di territorio), ma non sono state in grado di influenzare la disciplina della proprietà e molto poco sulla disciplina di aspetti di interesse generale come l’ambiente, il paesaggio e il patrimonio cul-turale, che rientrano nella giurisdizione nazionale».

Anche la Carta di Bologna per l’ambiente del 2017, firma-ta dai Comuni e dalle città metropolifirma-tane che impegna le grandi città italiane a perseguire gli obiettivi di protezione ambientale in conformità agli obiettivi di sviluppo sosteni-bile, mette l’accento su questioni come uso sostenibile del territorio, economia circolare, adattamento ai cambiamenti climatici, politica energetica, qualità dell’aria e dell’acqua, ecosistemi, protezione ambientale, biodiversità e mobilità sostenibile, ma non menziona la protezione del patrimonio culturale.

Infine, significativamente nel rapporto ISTAT 2019, Informazioni statistiche sul programma 2030 in Italia, si può leggere che le spese pubbliche per abitante consacrate alla protezione della biodiversità e dei paesaggi sono diminuiti rispetto a dieci anni fa. Da notare come il rapporto con-tenga effettivamente anche dei riferimenti all’importanza della protezione del patrimonio culturale, ma essi sono

qua-Il patrimonio culturale per le “città sostenibili”

159 si sempre legati al perseguimento di obiettivi di turismo sostenibile e dunque di sviluppo economico.

Qualche riferimento più generale a questo tema è fatto, a proposito dell’obiettivo 11 dell’Agenda 2030; a ben vedere, tuttavia, pare semplicemente la ripetizione dell’impegno già preso a livello internazionale, con il solo accento supple-mentare sull’importanza degli interventi volti a rinforzare la capacità di pianificazione necessaria a far fronte alla por-tata e alla complessità delle questioni di sostenibilità urbana e della gestione partecipativa e integrata.

Sulla base di quanto osservato, pare dunque doversi ri-levare mestamente come il ruolo della protezione del patri-monio culturale come strumento per perseguire modelli di città sostenibili, sembri in verità, almeno per il momento e salve alcune eccezioni, limitato a una dimensione, più che altro, teorica (per non dire retorica).

In effetti troppo spesso, il patrimonio storico-artistico non è tutelato che al fine di garantire flussi turistici, il che può però avere impatti negativi sulla conservazione del pa-trimonio stesso, ma soprattutto porta ad un disinteresse per i beni situati nelle zone meno attrattive turisticamente della città (in particolare nelle zone periferiche); queste ultime sono spesso completamente abbandonate poiché meno vi-sibili, e dunque non utili allo sviluppo economico-turistico delle città stesse, il che contrasta totalmente con il ruolo che ad esse è attribuito, come si è detto, negli atti inter-nazionali dedicati alle città sostenibili. Risulta così ancora largamente offuscato il ruolo del patrimonio culturale in quanto strumento (indispensabile) di promozione di cultu-ra, chiaramente affermato dall’art. 9 Cost. («La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione») specie nel momento in cui esso assume la pericolosa veste di «petrolio d’Italia», smarrendosi troppo spesso il ruolo che esso può svolgere a livello di strumento di promozione di processi inclusivi e di pace di cui si è detto.

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