I PROGETTI IN ITINERE E LE PROSPETTIVE FUTURE INERENTI IL DIRITTO ALL'AFFETTIVITA'
4.4 Gli Stati Generali dell'Esecuzione Penale
Gli Stati Generali dell'Esecuzione Penale consistono in un Comitato di
esperti che si occupa dei temi della giustizia; per quanto concerne il
tema del diritto all'affettività, vengono in rilievo i Tavoli 6 e 14,
coordinati rispettivamente dal deputato Rita Bernardini e da Francesco
Viganò, Docente dell'Università degli Studi di Milano .
Il 5 Febbraio 2016 infatti, i due gruppi hanno affrontato la tematica del
''Mondo degli affetti e territorializzazione della pena'' e ''Esecuzione
penale: esperienze comparative e regole internazionali''. Il Tavolo 6 si
è focalizzato sui problemi legati al riconoscimento e all’esercizio del
diritto all’affettività del detenuto, con particolare riguardo alle
provvidenze necessarie per compensare la insufficiente o mancata
realizzazione del principio di territorializzazione della pena.
Speciale attenzione è stata dedicata alla relazione tra figli minori di età
e genitore detenuto, considerando, sotto il profilo del diritto
all’affettività, anche quei detenuti che, per la loro pericolosità
penitenziaria, sono sottoposti al regime di cui all’art. 41-bis O.P. o si
trovano in un circuito carcerario di alta sicurezza.
Al riguardo, i componenti del tavolo, che considerano il diritto
all’affettività come un diritto umano fondamentale, hanno convenuto
che tale diritto - a legislazione vigente - non può essere garantito a
norme dell’ordinamento penitenziario che escludono dai benefici
alcune categorie di detenuti.
E’ stato poi affrontato il problema di come assicurare all’interno del
carcere uno spazio e un tempo in cui la persona detenuta possa vivere
la propria sessualità.
Sono state formulate proposte di modifica normativa e
raccomandazioni in materia di territorializzazione della pena, per i
detenuti reclusi in istituti lontani dal luogo ove vivono i propri
familiari e in particolare, l’assegnazione periodica della durata di un
mese in un istituto della regione ove vivono i familiari e l’accesso
facilitato ai colloqui. Sui permessi, il Tavolo ha proposto la
concessione di questo strumento anche nei casi di “particolare
rilevanza” per la famiglia del detenuto, oltre a quelli già previsti per
particolare gravità, oltre all’introduzione di una nuova fattispecie di
permesso definito “permesso di affettività”.
Per i colloqui intimi il Tavolo ha proposto l' introduzione di un nuovo
istituto giuridico, la “visita”, che si distingue dal “colloquio”, già
previsto dalla normativa, poiché garantisce al detenuto incontri privi
del controllo visivo e/o auditivo da parte del personale di
sorveglianza. In tema di telefonate e corrispondenza invece, il Tavolo
ha proposto modifiche normative che aumentano la durata delle
telefonate da dieci a venti minuti a settimana anche per i detenuti
frazionato in più giorni consentono i collegamenti audiovisivi con
tecnologia digitale. Per quanto riguarda i diritti dei minori, oltre alle
proposte di modifica normativa contenute nei punti precedenti, il
Tavolo ha formulato due raccomandazioni che prevedono
l’applicazione, la stabilizzazione e l’estensione a tutti gli istituti
penitenziari della “Carta dei diritti dei figli di genitori detenuti” e la
diffusione delle “case famiglia protette”, per evitare che i bambini
permangano in carcere con le loro madri detenute.
Infine, sui rapporti con gli enti locali, il mondo esterno e il
volontariato, il Tavolo ha formulato la raccomandazione di conferire ai
Direttori degli Istituti penitenziari maggiore possibilità di iniziativa
nei rapporti con gli Enti locali, la comunità esterna e il volontariato
per aiutare quei legami affettivi ritenuti una leva potentissima per i
percorsi di rieducazione e di cambiamento.88 Il Tavolo 14 invece, attraverso uno sguardo alle esperienze estere, si è
incentrato su temi quali la tutela delle detenute madri, e l'esperienza
francese in tema di affettività. Sul primo aspetto si è concentrata la
Dott.ssa Menghini Antonia, Ricercatrice di Diritto Penale presso
l'Università degli studi di Trento, nel report sulla disciplina inerente le
detenute madri, affronta il problema di dove collocare i figli minori,
comparando l'Italia ad altri Stati; nello specifico, ad esempio, la
Danimarca si caratterizza per il forte ricorso a pene alternative al
88 https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_2_19_1_6.wp? previsiousPage=mg_2_19_1
carcere, oltre alla possibilità per due soggetti che fossero coppia già
prima della sentenza, di trascorrere il periodo detentivo nella stessa
cella. In Inghilterra invece ci sono le cc.dd. ''baby units'', strutture atte
ad accogliere le detenute madri con i loro figli, escluse quelle su cui
ricade il rischio di evasione. In Russia, non è ammesso che il bambino
viva in carcere con la madre, per questo viene affidato, fino ai tre anni
di età, ad un ''prison child care center'' ove la madre può farvi visita
dopo l'orario lavorativo. Per quanto riguarda l' Italia, nonostante
l'introduzione della detenzione domiciliare speciale ex. Legge n.
40/2011 e la previsione dei cc.dd ''istituti a custodia attenuata per le
detenute madri (ICAM), molti passi avanti debbono essere fatti onde
evitare che il bambino venga risttetto insieme alla madre all'interno
del carcere; per questo la Dott.ssa Menghini ha evidenziato la
necessità di costruire nuovi ICAM oltre il perimetro carceraio,
valorizzare il ruolo della madre al momento del distacco dal figlio e
infine creare ulteriori spazi per i colloqui con i familiari.89 Sul secondo aspetto invece, la Dott.ssa Della Bella Angela,
Ricercatrice presso l'Università degli studi di Milano, nel suo report ha
esplicato l'esperienza francese in tema di affetti, ritenuta utile ai fini
della diminuzione della recidiva. In tale ordinamento, l'istituto delle
visite familiari si affianca a quello dei permessi, per far si che il
detenuto abbia uno spazio riservato e un tempo sufficiente per
intrattenere relazioni con i propri cari, senza un diretto controllo da
parte dell'Amministrazione penitenziaria. Per lo svolgimento delle
visite, sono previste le ''Unitès de vie familiale'', piccoli appartamenti
interni al perimetro carcerario ove il soggetto può ricevere i familiari
per un tempo che varia dalle 6 alle 72 ore; e i ''Parloirs Familiaux''
negli istituti in cui non sia possibile costruire le sistemazioni di cui
sopra, che consentono di fare incontrare il ristretto e i familiari per un
massimo di 6 ore. A ciò si è arrivati in seguito ad un periodo di
sperimentazione e di analisi dei risultati ottenuti, che potrebbe essere
verosimilmente attuato anche nel nostro Paese, secondo la Dott.ssa
Della Bella, sia per rispettare le indicazioni della Corte Edu e della
nostra Costituzione, sia per non allontanarci dalla realtà circostante, in
quanto la sessualità e l'affettività sono diritti sempre più riconosciuti
altrove, da un lato come espressione di diritti fondamentali della
persona, dall'altro come strumenti di prevenzione speciale.90 Da ultimo, il 13 Ottobre 2016 si è svolto a Firenze il Convegno del
coordinamento dei garanti regionali e comunali in onore di Sandro
Margara91 ''Lo stato del carcere dopo gli Stati Generali'', ove Corrado Marcetti, Coordinatore del Comitato Scientifico della Fondazione
Giovanni Michelucci92, ha relazionato circa gli spazi fisici che
90 https://www.giustizia.it/resources/cms/documents/SGEP_tavolo14_allegato3.pdf
91 Alessandro Margara, conosciuto come il magistrato che ''trattava i detenuti come uomini'', fu ispiratore della riforma penitenziaria e rivestì il ruolo di Garante dei detenuti della Regione Toscana.
92 Creata nel 1982 da Giovanni Michelucci, la Fondazione si occupa di studi e ricerche in ambito urbanistico e architettonico per strutture sociali, ospedali, carceri e scuole.
sarebbero necessari ai fini di sviluppare appieno il diritto all'affettività;
egli infatti ha sottolineato la mancanza di spazi adeguati, di sale
d'aspetto per evitare che i familiari debbano aspettare l'ora del
colloquio fuori dalle mura del carcere e la mancanza, in molti luoghi,
di linee di autobus che consentano di raggiungere le strutture
carcerarie con facilità, oltre a personale carcerario impreparato ad
affrontare e gestire certe tematiche. Alla fine di questa analisi pertanto,
si ricorda e si auspica che il sogno di Margara, un carcere senza celle