LA POSIZIONE DELLA GIURISPRUDENZA
2.2 La sentenza n 301 del 2012 della Corte Costituzionale
La Corte Costituzionale ha dichiarato l'inammissibilità della questione
di legittimità costituzionale dell'articolo 18, secondo comma, della
legge 26 luglio 1975, n. 354, nella parte in cui prevede il controllo
visivo del personale di custodia sui colloqui dei detenuti e degli
internati, in tal modo impedendo loro di avere rapporti affettivi intimi,
anche sessuali, con il coniuge o con la persona ad essi legata da uno
stabile rapporto di convivenza.
Pur risolvendosi in una dichiarazione di inammissibilità, la sentenza
merita di essere segnalata sia per quanto è ribadito in relazione ai
requisiti delle ordinanze di rimessione e, di conseguenza, in ordine
alla "tipologia" delle sentenze emesse dalla Corte, sia per quanto è, di
fatto, statuito "nel merito". 56
Nel caso di specie infatti, il Magistrato di sorveglianza di Firenze ha
sollevato la questione di legittimità costituzionale, nei termini sopra
indicati, ritenendo la violazione, da parte della disposizione censurata,
degli artt. 2, 3, primo e secondo comma, 27, 29, 31 e 32 della
Costituzione.
Nello specifico, secondo il rimettente, il diritto del detenuto in carcere
ad avere rapporti sessuali con il coniuge o con il convivente more
56 http://www.osservatorioantigone.it/difensore_civico/pages/giurisprudenza- penitenziaria/corte-costituzionale/sentenza-corte-costituzionale-n.-301-del- 2012.php
uxorio, nel più ampio contesto del diritto all'affettività, sarebbe
ricompreso tra i diritti inviolabili dell'uomo e che di conseguenza non
possono essere annullati.
Tale preclusione contrasterebbe anche con il principio di uguaglianza
e ostacolerebbe il pieno sviluppo della persona del detenuto; si
concretizzerebbe, inoltre, in un trattamento contrario al senso di
umanità, sì da compromettere la funzione rieducativa della pena in
quanto l'astinenza sessuale, incidendo su una delle funzioni
fondamentali del corpo, determinerebbe pratiche innaturali e
degradanti, quali la masturbazione e l'omosessualità "ricercata o
imposta".
Il divieto censurato, inoltre, causerebbe anche il fenomeno dei cc.dd.
"matrimoni bianchi" in carcere, ovvero celebrati e non consumati e,
ancora, impedirebbe la maternità; di qui il contrasto con l'art. 29 Cost.
Da ultimo, colliderebbe con l'art. 32 sul diritto alla salute, dal
momento che l'astinenza sessuale comporterebbe "l'intensificazione di
rapporti a rischio e la contestuale riduzione delle difese sul piano della
salute", e non aiuterebbe uno sviluppo normale della sessualità "con
nocive ricadute stressanti sia di ordine fisico che psicologico".
Secondo il giudice a quo la soluzione migliore sarebbe proprio la
"rimozione" dell'obbligo di controllo a vista, dalla quale
effusioni tra i colloquianti.57
Risulta chiaro, dal breve riepilogo delle argomentazioni contenute
nell'ordinanza di rimessione, come la Corte costituzionale non abbia
potuto che dichiarare l'inammissibilità della questione, anzitutto
perché il rimettente ha omesso di descrivere la fattispecie concreta e,
di conseguenza, di motivare in ordine alla rilevanza della questione.
Il giudice a quo, infatti, non specificando il contenuto del reclamo del
detenuto, né indicando se il reclamante fosse nelle condizioni di poter
beneficiare o meno dei permessi premio, di cui all'art. 30 ter della
legge n. 354 del 1975 - istituto che ad avviso dello stesso rimettente
rappresenta la soluzione al problema posto in evidenza - non ha
indicato la ragione per la quale egli avrebbe dovuto applicare, per la
soluzione del caso sottoposto alla sua attenzione, la norma censurata.
Come è noto, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale
della Corte costituzionale, dette lacune dell'ordinanza di rimessione
determinano l'inammissibilità della questione incidentale di
legittimità.
La Corte peraltro, in considerazione evidentemente della delicatezza
del tema introdotto dal Magistrato di sorveglianza di Firenze, non si è
limitata a dichiarare l'inammissibilità per il motivo appena indicato,
ma ne ha individuato uno ulteriore, "distinto e concorrente" rispetto a
quello già evidenziato, ed è proprio tale profilo di inammissibilità che
57 http://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do? anno=2012&numero=301
connota di particolare significato la portata della sentenza in esame in
quanto, sebbene si tratti di un vizio concernente la formulazione del
"petitum" dell'ordinanza di rimessione, l'illustrazione dello stesso si è
di fatto, tradotta in una valutazione pertinente al merito della
questione di legittimità costituzionale, la cui soluzione però ha
incontrato il limite derivante dalla impossibilità, per la Corte
costituzionale, di sindacare l'uso del potere discrezionale del
legislatore, così come espressamente previsto dall'art. 28 della legge
11 marzo 1953, n.87 rubricata ''Norme sulla costituzione e sul
funzionamento della Corte costituzionale''.
La Corte infatti, nel censurare come detto con l'inammissibilità una
richiesta il cui accoglimento avrebbe comportato un intervento
additivo in una materia riservata alla discrezionalità del legislatore, in
assenza di una soluzione costituzionalmente obbligata, ha svolto
argomentazioni volte ad evidenziare che il tema proposto con
l'ordinanza di rimessione evoca «una esigenza reale e fortemente
avvertita» e «che merita ogni attenzione da parte del legislatore».
Essa ha quindi evidenziato come l'esigenza di permettere alle persone
detenute o internate di continuare ad avere rapporti affettivi, anche a
carattere sessuale, trovi nel nostro ordinamento una risposta soltanto
parziale, rappresentata dall'istituto dei permessi premio, la cui
fruizione è, però, preclusa a larga parte della popolazione carceraria in
30 ter della legge n. 354 del 1954. Si è posto in rilievo, inoltre, che un
numero sempre crescente di Stati ha riconosciuto, in varie forme e con
diversi limiti, il diritto dei detenuti ad una vita affettiva e sessuale
intramuraria.
La stessa Corte europea dei diritti dell'uomo, pur avendo escluso che
gli articoli 8, paragrafo 1, e 12 della Convenzione per la salvaguardia
dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, prescrivano
inderogabilmente agli Stati parte di permettere i rapporti sessuali
all'interno della struttura carceraria ha, però, espresso il proprio
apprezzamento nei confronti del movimento di riforma in atto.58 Nel nostro caso, la Consulta si è soffermata sulla formulazione del
petitum, e sulla portata dell'art. 18 della legge n. 354 del 1954,
sottolineando come la richiesta di un intervento mirato ad eliminare il
controllo visivo del personale di custodia sui colloqui dei detenuti e
degli internati, si rivelerebbe «eccedente lo scopo perseguito e, per
altro verso, insufficiente a realizzarlo»; il controllo a vista del
personale di custodia non ha come scopo specifico quello di impedire
i rapporti affettivi intimi del recluso con il suo partner, ma persegue
finalità generali di tutela dell'ordine e della sicurezza all'interno della
struttura e, ancora, di prevenzione dei reati, sicché l'ostacolo
all'esercizio del diritto alla sessualità sarebbe una delle conseguenze
indirette della norma in esame.
58 Si vedano le sentenze Dickson contro Gran Bretagna del 4 Dicembre 2007 e
La Corte ha stabilito, quindi, che la necessità di rimuovere tale
conseguenza non giustifica la caduta di ogni forma di sorveglianza sui
colloqui; inoltre, l'eliminazione del controllo visivo non basterebbe a
realizzare l'obiettivo perseguito, «dovendo necessariamente accedere
ad una disciplina che stabilisca termini e modalità di esplicazione del
diritto». L'obiettivo sarebbe realizzato solo là dove fossero individuati
i destinatari della disciplina, i presupposti comportamentali per la
concessione delle «visite intime», il numero delle stesse e la loro
durata ed, ancora, le relative modalità organizzative.
Ebbene, la predisposizione delle misure finalizzate alla realizzazione
dei detti presupposti non può che essere riservata alle scelte
discrezionali del legislatore e ciò «anche a fronte della ineludibile
necessità di bilanciare il diritto evocato con esigenze contrapposte»,
quali quelle dell'ordine e della sicurezza nelle carceri.
La Consulta non è potuta addivenire ad una decisione diversa da
quella della inammissibilità nemmeno ritenendo che il giudice a quo
abbia richiesto una sentenza additiva "di principio", ovvero una
decisione che affermi l'esigenza costituzionale di riconoscere, nel caso
di specie, «il diritto alla sessualità» all'interno della struttura
carceraria, demandando al legislatore il compito di definire modi e
limiti della sua esplicazione; in tal caso la pronunzia costituzionale
sarebbe stata rispettosa della sfera riservata alla discrezionalità del
La sentenza additiva "di principio", nella ipotesi in esame,
«risulterebbe infatti, essa stessa espressiva di una scelta di fondo» e
,come tale, di esclusiva spettanza del legislatore: la prospettiva del
rimettente, secondo cui il diritto alla esplicazione dei rapporti affettivi,
anche sessuali, dovrebbe essere riconosciuto ai soli detenuti coniugati
o a coloro che abbiano un convivente more uxorio, escludendo gli altri
che, invece, intrattengano rapporti affettivi diversi da quelli
menzionati, non costituirebbe, infatti, l'unica soluzione prospettabile.59 Tale questione di costituzionalità potrebbe però essere ripresentata
sotto altre forme, sottolineando che la tutela della persona umana, ex
art .2 della Costituzione, prevede anche il rispetto del suo diritto ad
esplicare la “sua” sessualità in maniera conforme al desiderio nei
confronti del partner, ed anche in situazioni di privazione della libertà
personale.
Si potrebbe incidere specificatamente sulle norme che prevedono il
“trattamento penitenziario” e far dichiarare la incostituzionalità di
quelle che non prevedono, nell’ambito del trattamento, il corretto
esplicarsi della propria sessualità, presupponendo che la privazione
sessuale nei confronti del partner impedisca un completo
ravvedimento della persona detenuta.
D’altronde l’art. 1 ultimo comma stabilisce che “nei confronti dei
59 Grieco T., La Corte Costituzionale sul diritto dei detenuti all'affettività e alla
sessualità, in http://www.penalecontemporaneo.it/area/3-/27-/-/2011-
la_corte_costituzionale_sul_diritto_dei_detenuti_all___affettivit___ed_alla_sess ualit_/, 17 Gennaio 2013
condannati e degli internati deve essere attuato un trattamento
rieducativo che tenda, anche attraverso i contatti con l’ambiente
esterno, al reinserimento sociale degli stessi”, pertanto si può ritenere
che tra i contatti con l’ambiente esterno rientrino anche quelli che
prevedono la esplicazione, concepita come diritto, della affettività e