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gli strumenti di coordinamento del mercato

l e mIsure dI mercato e dI gestIone delle crIs

12.1 gli strumenti di coordinamento del mercato

Nel nuovo indirizzo della PAC, volto a favorire un riorientamento al mercato dell’attività agricola, è implicita la richiesta agli agricoltori di porre una maggiore attenzione ai segnali prove- nienti dal mercato e di modificare, in virtù di tali segnali, le proprie strategie. In conseguenza del progressivo venir meno del sostegno comunitario, il reddito derivante dall’attività agricola è sem- pre più legato alla capacità degli agricoltori di “saper vendere” nel modo più conveniente i propri prodotti. Una condizione, questa, tanto più importante oggi proprio perché le imprese agricole si trovano a dover operare in un mercato globalizzato dove:

- è aumentata sensibilmente la concorrenza fra Paesi esportatori di materie prime agricole; - sono più frequenti e amplificate, rispetto al passato, le oscillazioni dei prezzi dei principali

prodotti agricoli, come testimoniano gli andamenti evidenziati soprattutto negli ultimi due anni;

- è mutata ed è divenuta più complessa la domanda di prodotti agricoli da parte dei consumatori; è cresciuto considerevolmente il livello di concentrazione della domanda di prodotti agricoli espressa dall’industria di trasformazione e, soprattutto, dalla grande distribuzione.

Non è tuttavia sufficiente chiedere agli agricoltori uno sforzo di adattamento. In un conte- sto, come quello attuale, in continua evoluzione e di crescente instabilità dei mercati, è importante mirare a quegli strumenti di mercato che siano in grado di rispondere alle sfide del futuro per: - garantire una maggiore stabilità ai redditi agricoli, rispondere alla crescente volatilità dei mercati; - riequilibrare i rapporti di mercato fra gli attori della filiera agroalimentare;

- rendere maggiormente competitiva l’agricoltura.

Questa è anche la sollecitazione lanciata recentemente dal Commissario europeo Cioloş per l’avvio del dibattito pubblico sul futuro della PAC, nell’ambito del quale l’attenzione è monopo- lizzata dalla questione della funzione dei pagamenti diretti e della forma che gli stessi dovranno assumere dopo il 2013. Non meno importante è il tema delle misure di mercato e prevenzione e gestione delle crisi. Per fronteggiare le nuove sfide certamente non sono adeguati gli strumenti della vecchia PAC ancor oggi in vigore (intervento) che, anzi, presentano alcuni effetti distorsivi nel settore lattiero caseario. Quello che occorre è un nuovo approccio che dia luogo ad un sistema compatibile con le regole internazionali e realmente finalizzato alla prevenzione ed alla gestione delle crisi.

Il dibattito sulla PAC del futuro può dunque rappresentare l’occasione per discutere dell’in- troduzione di misure tese a favorire l’aggregazione dell’offerta, creare le condizioni per migliora- re le relazioni tra gli attori della filiera – riequilibrando i rapporti di forza e la ripartizione del valore aggiunto – e aumentare la competitività dell’agricoltura italiana sui mercati comunitari ed internazionali.

Il dibattito potrà anche essere l’occasione per individuare gli strumenti adeguati ad affron- tare le crisi di mercato e la crescente volatilità dei prezzi.

Per affrontare un percorso in questa direzione è importante attivare azioni volte a sostenere l’impiego di strumenti innovativi di mercato, tra i quali rientrano gli strumenti di coordinamento

della filiera, riconducibili a tre ambiti strategici strettamente legati fra loro: l’associazionismo economico, la contrattazione collettiva (contratti di filiera e contratti quadro), l’interprofessione.

L’associazionismo è un importante strumento di governo della produzione agricola che, attra- verso funzioni quali l’aggregazione e la concentrazione produttiva, nonché la programmazione e la valorizzazione dell’offerta, mette in condizione i produttori di appropriarsi di quelle leve strategiche (differenziazione e riconoscibilità dei prodotti, informazione, ecc.) che consentono di porsi sul mer- cato in maniera più competitiva e, quindi, di acquisire una maggiore quota del valore aggiunto che si genera lungo la filiera. L’importanza di queste funzioni è evidente, non soltanto perché risponde all’esigenza di controbilanciare la forza contrattuale della GDO (concentrazione dell’offerta), ma consente anche di governare il mercato, contribuendo a svolgere, attraverso la programmazione della produzione, un’efficace azione di prevenzione nei confronti delle crisi di mercato.

Allo stesso modo, nella strategia di differenziazione della qualità, l’associazionismo pro- duttivo può assumere un ruolo centrale poiché possono essere gli stessi produttori associati a gui- dare, invece di subire, il processo decisionale. Questo è un aspetto particolarmente importante per l’agricoltura italiana, fortemente orientata alle produzioni di qualità ma caratterizzata da aziende di piccole-medie dimensioni, scarsamente aggregate e con un peso contrattuale marginale nei confronti degli altri attori della filiera.

L’azione collettiva che scaturisce dall’associazionismo produttivo è ovviamente fonte di vantaggi economici (massa critica del prodotto, programmazione dell’offerta adeguata alle esi- genze della domanda, uso migliore e costi inferiori dell’informazione di mercato, migliori condi- zioni di accesso al credito e all’acquisto collettivo di input, investimenti collettivi) che consento- no alle imprese agricole di acquisire, benché indirettamente, un potere di mercato non altrimenti possibile con l’azione individuale, fondamentale nelle relazioni contrattuali. Nell’attuale configu- razione dei rapporti di mercato, il contratto collettivo costituisce un importante strumento di coor- dinamento della filiera fondato su un sistema di regole condivise tra gli attori economici.

Uno strumento per il potenziamento dell’azione di coordinamento e di collaborazione tra le diverse fasi della filiera è l’interprofessione (organizzazione e accordi), la cui azione è fondamen- tale affinché l’associazionismo produttivo possa acquisire realmente un ruolo attivo sul mercato e affinché, attraverso lo strumento dell’erga omnes, possa raggiungere un effettivo livello di con- centrazione e di controllo dell’offerta. L’interprofessione pone le condizioni necessarie affinché il mercato possa funzionare in maniera più efficiente, con una maggiore trasparenza e secondo una più giusta ripartizione dei rischi e della redditività dei processi produttivi realizzati.

Tuttavia, lo strumento dell’erga omnes pone un problema di scelta politica, in quanto deve essere posto in atto nel rispetto di determinate condizioni e con la garanzia che esso non sia lesivo della libertà individuale e non contrasti con il dettato comunitario in materia di concorrenza. A questo proposito, va segnalata l’assenza di un quadro giuridico europeo che delimiti il campo d’intervento dell’interprofessione e che ha prodotto, negli anni, numerosi contenziosi davanti alla Corte di Giustizia europea.

La Commissione europea ha riconosciuto l’interprofessione soltanto nel 1990. Tuttavia, anziché adottare un regolamento generale per l’interprofessione da applicare all’insieme dei mer- cati agricoli, la Commissione ha proposto un adattamento settoriale dei principi interprofessionali attraverso le organizzazioni di mercato, con le riforme dell’OCM tabacco (1992), dell’OCM orto- frutta (1996) e dell’OCM vino (1996).

Al contrario la politica comunitaria ha sempre dimostrato una grande attenzione nei con- fronti dell’associazionismo produttivo, ritenuto in grado di garantire sotto il profilo quantitativo e qualitativo, l’adeguamento dell’offerta ad una domanda in costante mutamento. Tant’è che a par- tire dagli anni ‘60 ha disciplinato, sulla scorta delle esperienze positive maturate in alcuni Paesi

europei (i Groupements de producteurs in Francia e i Veilingen in Olanda), i primi interventi di carattere settoriale volti a favorire la creazione di forme associative di produttori agricoli.