• Non ci sono risultati.

Gli usi del video come strumento di ricerca

È negli anni Trenta, con la diffusione della pellicola da 16 mm in grado di consentire una più agile portabilità della telecamera, che sorgono i primi esempi di ricerca basata sui video. Si tratta perlopiù di videoregistrazioni di realtà sociali ed educative condotte soprattutto per scopi antropologici o etnografici (come documentari sulle caratteristiche culturali di certe minoranze), il cui focus è rivolto agli atteggiamenti umani, ai comportamenti, alle interazioni e alla comunicazione. Sono questi i film studies, i video studies ed altri esempi di videoetnografia, studi etnografici narrativi in forma di video-case studies (Erickson, 2011).

Più recentemente, nei primi anni Ottanta, complice lo sviluppo tecnologico, si assiste a un’applicazione crescente del video come strumento di ricerca soprattutto in ambito educativo. Realizzando per la

127

Ripresa da https://it.wikipedia.org/wiki/Stanza_di_Ames (ver. 08/01/16).

128

In questa prospettiva l’autore sostiene che vi sia una forte analogia tra il metodo di ricerca scientifica e quello del buon senso utilizzato dall’uomo per costruire le proprie assunzioni. Come nel metodo scientifico, l’uomo avanza delle ipotesi sulla natura della realtà che lo circonda formulando giudizi di senso comune, assunzioni di significato sulle varie percezioni e “calcolando” la media ponderata delle esperienze vissute. Nelle aree in cui non è stata raccolta alcuna esperienza, l’uomo potrà raccogliere assunzioni sicure se ricorrerà a qualcuno più esperto (da intendersi in senso lato) o alla scienza. Tuttavia, contrariamente al metodo della ricerca scientifica, il buon senso non avviene a un livello di massima consapevolezza: le assunzioni di significato su cui si fonda sono accettate inconsapevolmente e le operazioni non sono completamente decise dall’uomo, ma molto spesso subite (Cantril, 1950/1963).

76

prima volta che ciò che “fa la differenza” nell’apprendimento dello studente è l’insegnamento e che il dialogo e le interazioni interne insegnanti-allievi sono determinanti, si effettuano con maggiore frequenza studi di caso in classe: in prima battuta si studiano le interazioni nelle lezioni di letteratura e lingue straniere e, successivamente, nelle lezioni di matematica e scienze129. Le ricerche basate sull’uso del video si distribuiscono su un continuum che va da un’osservazione strutturata a un’osservazione non strutturata (Mantovani, 1998). Solitamente l’osservazione non strutturata è impiegata in studi etnografici o in analisi qualitative su piccoli numeri; l’osservazione strutturata, invece, è impiegata come studio di base per analisi su campioni più ampi. Lo studio TIMSS (Stigler et al., 2000) (già presentato nel paragrafo 1.3.3.) è un esempio di questa seconda tipologia. Altri esempi di questo tipo sono LPS (Learner Perspective Study – Clarke, 2006) guidato dallo scopo di mettere in luce la prospettiva dello studente, IPN Video Study (Seidel et al., 2005) volto a descrivere gli orientamenti dell’insegnamento e dell’apprendimento nella disciplina della fisica, Pythagoras (Hugener et al., 2009) finalizzato a investigare l’impatto dell’istruzione matematica sui risultati cognitivi e motivazionali degli studenti, DESI (Klieme, Pauli & Reusser, 2009) diretto a studiare le lezioni quotidiane e ad analizzare la comunicazione verbale che avviene all’interno della classe, CPV Video Study (Janìk, Seidel & Najvar, 2009) avviato con lo scopo di documentare e descrivere l’insegnamento di tutti i giorni e di effettuare comparazioni trasversali al curricolo nell’insegnamento.

Tutti questi studi mettono in evidenza il principale vantaggio che il video come strumento di ricerca può offrire, ossia quello di poter studiare fenomeni complessi, difficili da cogliere, osservare e analizzare ad occhio nudo, consentendo di registrare aspetti dell’azione sociale (ma non solo)

129 Pioniere in questo è Magdalene Lampert (1990), una professoressa che si videoregistra mentre

insegna matematica in una classe di scuola durante tutto l’arco dell’anno scolastico, raccogliendo non solo i video delle proprie lezioni, ma anche i lavori degli studenti.

77

come il dialogo, il linguaggio non verbale, il comportamento visibile e l’uso di strumenti, oggetti e artefatti. Il video si rivela un «potente microscopio» (Heath, Hindmarsh & Luff, 2011, p. 6) che cattura una versione di un evento nel momento in cui avviene. In questa prospettiva il video offre nuove opportunità di ricerca, non solo per l’antropologia e la sociologia, ma anche per l’educazione, poiché consente «accesso unico» (ivi, p. 1) all’oggetto di studio.

Rispetto all’osservazione sul campo, le videoregistrazioni presentano diversi vantaggi: (i) consentono una raccolta dati più ampia, rigorosa, fedele e dettagliata, (ii) riducono la perdita di dati con la possibilità di riascoltare o rivedere (anche un numero molto alto di volte), (iii) permettono di cogliere più soggetti e/o aspetti simultaneamente (ad esempio, più dinamiche relazionali: di coppia, di piccolo gruppo o del grande gruppo) e (iv) agevolano la triangolazione tra più osservatori che favorisce anche un maggiore controllo dell’affidabilità e un’analisi a più livelli su variabili differenti (Hall, 2000). In sostanza, i video permettono un approccio replicabile, multi-prospettivo, ma anche più oggettivo e ricco di dettagli.

A questi vantaggi si aggiungono altre potenzialità proprie del digitale. Il video digitale, rispetto a quello analogico, alleggerisce molto il processo di ricerca agevolando le fasi di raccolta, analisi, condivisione, archiviazione e presentazione (Derry et al., 2010). Oggi i dispositivi tecnologici in grado di catturare un video di media qualità sono molto più disponibili, di costi contenuti e di facile utilizzo. La navigazione all’interno del video stesso, che prima poteva essere dispendiosa dal punto di vista del tempo (era necessario riavvolgere il nastro della videocassetta rischiando di perdere, a lungo, la qualità del video stesso), oggi è estremamente flessibile: semplicemente spostando il cursore sullo schermo del computer, tablet o smartphone si può passare da un frammento video ad un altro precedente o successivo, in un ordine non necessariamente lineare, ma anche circolare

78

basato sulla revisione ripetuta dei frammenti (il video si può fermare, modificare, tagliare e rivedere più volte). Allo stesso modo, la condivisione del materiale con altri risulta facilitata favorendo studi collaborativi e una codifica da prospettive multiple: più ricercatori, siano essi in presenza o a distanza, possono vedere e analizzare il medesimo video (Heath et al., 2011; Hiebert et al., 2003). Il video digitale, inoltre, può essere modificato con facilità eliminando parti non strettamente pertinenti o rilevanti con l’oggetto di studio o, nel caso in cui si voglia garantire l’anonimato, sfuocando con l’effetto blur il volto dei partecipanti. Tutto ciò consente, laddove possibile, anche nuovi e diversi modi di esporre e distribuire i dati scientifici raccolti agevolando, con le dovute precauzioni e cautele, la comunicazione dei risultati ad un pubblico potenzialmente più ampio.

Sebbene da un lato la comparsa del supporto audiovisivo nella ricerca sembri ridurre, almeno parzialmente, i rischi di validità e affidabilità dei dati raccolti legati soprattutto alla soggettività del ricercatore (si vedano i punti poco sopra esposti), dall’altro impongono cautele in relazione a due fattori: (i) la reattività130 dei soggetti osservati e (ii) la mole di dati da elaborare (Lucisano & Salerni, 2002).

La presenza della telecamera – generalmente percepita come più intrusiva rispetto alla presenza dell’osservatore – è spesso vista come un “occhio” esterno in grado di catturare e conservare131

tutto ciò che accade in un determinato ambiente. Solitamente sono gli adulti a fare maggiore resistenza rispetto ai bambini che, soprattutto in età prescolare, non sembrano manifestare cambiamenti significativi nei comportamenti. Alcuni autori (Heath et al., 2011; Kremer-Sadlik & Gutiérrez, 2011; Santagata, 2012) ritengono che questa difficoltà sia riducibile e arginabile attraverso

130 Con questo termine si intende la modifica, consapevole o inconsapevole, dei comportamenti dei

partecipanti di fronte alla presenza di un osservatore o di una telecamera (Mantovani, 1998).

131 L’idea della conservazione è legata al fatto che la telecamera, contrariamente alla memoria

79

un breve periodo di familiarizzazione in cui l’osservatore (con o senza la telecamera) si inserisce gradualmente nel setting di osservazione tanto da risultare, alla fine, una cosa normale.

L’ampiezza di inquadratura maggiore della telecamera che consente di registrare il medesimo evento da più punti di vista e di catturare moltissimi dettagli che l’occhio umano potrebbe difficilmente cogliere, può spingere a cadere nell’illusione di poter registrare “tutto ciò che sta accadendo”. In realtà il video, sebbene estremamente ricco di dettagli (e vedremo di seguito come gestire questo aspetto), raccoglie informazioni su ciò che sta accadendo da un particolare punto di vista: la ricerca con il video implica in sé una serie di decisioni che necessariamente lascia qualcosa fuori (Heath et al., 2011).

La natura audiovisiva delle informazioni veicolate dal video può generare nel ricercatore sovraccarico (Sweller, 1988). Per poter utilizzare significativamente la grande moltitudine dei dati che può catturare un video è necessario un processo di selezione. Per questa ragione, nel corso dello studio il ricercatore prende una serie di decisioni in stretta relazione all’ipotesi di ricerca: a partire dalle fasi preliminari, decidendo cosa, dove, quando e per quanto tempo videoregistrare, passando per le fasi attuative dello studio vero e proprio, definendo cioè quante telecamere utilizzare, quando accenderle e spegnerle, dove posizionarle, se utilizzarle in postazioni fisse su un treppiede o in movimento a seguire un particolare evento o personaggio, cosa mettere a fuoco e cosa escludere dall’obiettivo, fino ad arrivare alle ultime fasi di revisione e analisi, scegliendo in quanti e quali frammenti segmentare i video (Goldman, Erickson, Lemke & Derry, 2007a; Heath et al., 2011). Queste decisioni, oltre ad essere determinanti in funzione della ricerca stessa, influenzano pesantemente anche l’interpretazione dei dati. Informazioni diverse, parziali e distorte possono essere estrapolate in relazione al punto di vista della telecamera (ossia in

80

relazione alle scelte di cattura effettuate) e in conseguenza a modifiche apportate direttamente al video in fase di analisi (taglio di immagini, cambio di prospettiva, etc.), elementi di cui un ricercatore deve essere consapevole.