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PARTE SPERIMENTALE

Grafico 1. Comparazione dell’involuzione delle strutture ombelicali.

2.3 GRUPPO CASI PATOLOGICI.

Sono stati seguiti sette puledri affetti da patologie ombelicali. Sono stati riscontrati:

- 3 casi di uraco pervio/patente; - 3 casi di infezione ombelicale; - 1 caso di ernia ombelicale.

I soggetti esaminati formano un gruppo molto eterogeneo: non c’è una prevalenza di genere e sono comprese razze tra loro molto differenti (Quarter Horse, PSI, TPR, Trotter e da sella). Per questo non è stato possibile valutare l’incidenza delle patologie rispetto a fattori legati alla razza.

Di seguito sono descritti i casi e riportate le informazioni presenti sulle cartelle cliniche attinenti all’argomento.

2.3.1 Uraco pervio/patente.

¾ Caso 1.

Il segnalamento del primo caso riguarda un puledro maschio di razza Quarter Horse, nato il 2.05.06.

Il soggetto è stato ricoverato presso la clinica del Dipartimento di Clinica Veterinaria l’8.05.06 perché presentava alterazioni a carico degli apparati muscolo-scheletrico ed urinario.

L’anamnesi riferiva che fin dalla nascita il soggetto soffriva di una contrattura bilaterale dei tendini flessori profondi delle falangi; inoltre c’era il sospetto di uraco pervio.

La visita clinica è stata effettuata quando il soggetto aveva una settimana di età.

All’Esame Obiettivo Generale il puledro appariva vigile e in un buono stato di nutrizione; i parametri della frequenza cardiaca, respiratoria, la temperatura, il tempo di riempimento capillare e l’aspetto delle mucose rientravano nei valori fisiologici normali; inoltre nonostante l’evidente alterazione scheletrica, lo sviluppo muscolare sembrava essere rispettato.

All’Esame Obiettivo Particolare, oltre all’alterazione precedente, era possibile apprezzare che la superficie del moncone ombelicale si presentava lucida e bagnata, così come i peli circostanti. Alla palpazione, tuttavia, il puledro non manifestava segni di dolore e l’ombelico nel suo insieme non sembrava essere aumentato di volume, né di avere una forma anomala.

La perdita di materiale liquido dall’ombelico, in un puledro di una settimana di età, però, non è un reperto normale e per questo è stata avanzata l’ipotesi della presenza di uraco pervio. Per ottenere una diagnosi definitiva, quindi, il puledro è stato sottoposto ad un esame ecografico dell’ombelico.

La prima visita ecografica ha confermato l’esistenza dell’uraco pervio: le dimensioni dell’uraco erano aumentate rispetto all’età del puledro e l’immagine ecografica ha dato conferma della patologia; l’uraco, infatti, anziché presentarsi come uno spazio virtuale tra le due arterie, era riempito da un liquido anecogeno (probabilmente urina) ed aveva un singolare profilo a rettangolo (Fig. 8).

La rilevazione di questi dati è stata fatta in prossimità dell’ombelico, mentre a livello dell’apice vescicale, in scansione longitudinale, era possibile vedere che la parete della vescica non disegnava una curva continua, ma in prossimità della partenza dell’uraco, si poteva distinguere una punta anecogena, che indicava la comunicazione continua tra le due strutture (Fig. 9).

Figura 9 – Uraco pervio. Scansione longitudinale.

Sono seguite altre visite di controllo a distanza rispettivamente di 3, 5 e 15 giorni, della quali riporto i dati salienti nella tabella 9.

Data Dimensione uraco Aspetto ecografico

8.05.06 0,70x0,80cm Area anecogena di profilo rettangolare 11.05.06 0,38x0,70cm Area anegegena ovoidale allungata 13.05.06 0,31x0,57cm Area ipoecogena

25.05.06 Dimensioni ridotte Da ipoecogeno ad ecogeno nella norma

Tabella 9 - Follow up ecografico uraco pervio.

Nell’arco di questo periodo si è potuta apprezzare la progressiva chiusura dell’uraco e l’involuzione dei sintomi senza che si verificassero complicazioni di irruzione secondaria.

In ogni occasione della visita ecografica, sono stati eseguiti degli

esami collaterali per poter monitorare il quadro clinico del puledro.

leucocitaria, il dosaggio del fibrinogeno, la valutazione delle proteine plasmatiche ed elettroforesi. I valori di tali esami erano nella norma, a dimostrazione del fatto che l’animale non è mai stato colpito da processi infettivi generalizzati.

Dalla diagnosi di uraco pervio è stata intrapresa un terapia mirata a prevenire una possibile infezione secondaria a noxae patogene, a cui predispone la condizione stessa di uraco pervio. La terapia antibiotica è stata sia topica che sistemica: la terapia topica prevedeva la toccatura della superficie libera dell’ombelico con un tampone di cotone imbevuto di penicillina e, successivamente con altro imbevuto con la tintura di iodio. La tintura di iodio veniva applicata almeno due volte al giorno in momenti diversi rispetto a quello della penicillina; la finalità della tintura è quella di cauterizzare l’apertura inserendo il tampone fino ad un massimo 1- 2cm nell’ombelico. La terapia sistemica consisteva nella somministrazione di gentamicina alla dose di 3,3 mg/Kg/BID, ev e ampicillina sodica alla dose 20-25 mg/Kg/TID, im. Entrambe le terapie sono proseguite per due settimane fino alla remissione dei sintomi.

¾ Caso 2.

Il secondo caso riguarda una femmina di razza Purosangue inglese, nata il 4.04.06.

Il soggetto è stato visitato presso l’allevamento di origine il 14.04.06, al fine di verificare con maggiore accuratezza una diagnosi già emessa di pervietà dell’uraco ed eventualmente di intraprendere una terapia idonea.

E’ stata eseguita una visita clinica, a seguito della quale non sono state rilevate alterazioni a carico di organi o apparati.

L’esame ecografico è stato eseguito il giorno stesso ed è stato così possibile confermare strumentalmente la diagnosi. L’uraco si presentava dilatato ed era visibile il contenuto di urina come liquido anecogeno (Fig. 10). Le dimensioni dell’uraco erano aumentate, per un soggetto di 10 giorni di età, con il diametro maggiore pari a 0,86cm.

Figura 10 – Uraco pervio. Scansione trasversale.

Gli esami del sangue hanno rilevato solo una lieve leucocitosi 9,7 (5,0-9,0 10^3/µL) probabilmente legata al processo infiammatorio localizzato.

La terapia ha previsto la somministrazione di ceftiofur alla dose di 4,4 mg/Kg/BID, im e amicacina 21-25 mg/Kg/SID, ev.

Questo soggetto è stato riferito come un caso di uraco pervio, ma il fatto che avesse 10 giorni di vita ci ha portato a fare alcune

considerazioni. Dalla letteratura si apprende che la distinzione diagnostica tra uraco pervio e patente è difficile. Sebbene il primo sia un fenomeno presente fin dalla nascita, mentre il secondo è acquisito e si verifica successivamente alla nascita, è difficile per il proprietario e per il veterinario cogliere il momento del primo manifestarsi della patologia, soprattutto se si considera che l’ombelico, proprio in quelle ore e giorni, è in preda e fenomeni prima emorragici, poi di cicatrizzazione ed infine di necrosi.

Nel caso specifico, la comparazione delle informazioni provenienti dall’anamnesi assieme all’età del soggetto, in realtà non molto avanzata, e la visualizzazione strumentale della patologia ci ha portato ad ipotizzare che la pervietà dell’uraco sia stato un evento acquisito, cioè successivo alla nascita, e pertanto possa rientrare nella casistica dell’uraco patente. In questo senso abbiamo ritenuto che le informazioni riferite nell’anamnesi siano di una certa importanza, ovvero che il soggetto proveniva da un allevamento di purosangue in cui è presente un servizio veterinario che assiste al parto e segue i primi giorni di vita del puledro, senza che però venissero riscontrate inizialmente patologie a suo carico.

Caso 3.

Un altro caso di uraco pervio riguarda un altra femmina di razza Trotter nata il 6.05.06. Il soggetto è stato visitato il 26.05.06, a 20 giorni di età, presso l’allevamento in cui è nato.

L’anamnesi riferiva che la puledra era affetta dalla sindrome di immaturità/dismaturità e che nelle prime settimane di vita presentava sintomi riferibili ad uraco pervio.

Al momento della visita clinica il soggetto mostrava un aspetto e degli atteggiamenti abbastanza caratteristici della patologia (dummy-foal): lo sviluppo corporeo era inferiore a quello di un puledro di uguale età; l’allattamento era artificiale, ma la puledra riconosceva con difficoltà la tettarella; si lasciava spostare passivamente all’interno del box e una volta atterrata cadeva in un sonno profondo. L’ombelico era asciutto e non presentava alterazioni evidenti dall’esterno.

E’ stato, invece, possibile rilevare alcune alterazioni attraverso l’esame ecografico. L’irregolarità più evidente era, appunto, a carico dell’uraco, il quale si presentava dilatato da liquido anecogeno a livello dell’apice vescicale (Fig. 11). Le dimensioni dell’uraco, in quel punto, erano molto superiori alla norma per un puledro di 20 giorni e misuravano 0,50x0,99cm. A livello ombelicale, invece, l’aspetto ecografico e le dimensioni apparivano normali.

Figura 11 – Uraco pervio. Scansione trasversale.

Durante l’indagine ecografica sono emerse alterazioni anche a carico delle arterie ombelicali. Entrambe le arterie presentavano evidenti coaguli di sangue all’interno del lume. Sulla base della nostra esperienza, la presenza di coaguli di sangue di tali dimensioni sarebbero più facilmente osservabili in puledri appena nati, nei quali questi vasi sono ancora parzialmente irrorati; in un soggetto di 20 giorni di età, come quello in questione, invece il coagulo dovrebbe essere già riassorbito fisiologicamente. Ancora: osservando l’arteria sinistra, è stato possibile notare, intorno al vaso, la presenza di un alone infiammatorio dalle dimensioni di 0,69x0,88cm. La vena ombelicale, invece non mostrava nessun tipo di alterazione.

Analizzando i dati descritti, si può ipotizzare che questo puledro, nelle settimane precedenti, abbia realmente sofferto di un processo patologico ombelicale ora conclusosi e che probabilmente le alterazioni a carico dell’uraco erano i segni di una patologia in via di risoluzione.

2.3.2 Infezioni ombelicali.

¾ Caso 4. Ascesso ombelicale e infiammazione dell’uraco.

Si tratta di un puledro maschio di razza Tiro Pesante Rapido (TPR), ma nel segnalamento non è stato possibile prendere nota dell’età. Questi soggetti infatti vivono allo stato semi-brado nel parco naturale di San Rossore-Migliarino.

La visita è stata eseguita il 21.06.04 in un paddok dove il branco poteva essere rinchiuso.

L’anamnesi riferiva di una tumefazione a livello della regione ombelicale.

Alla visita clinica era possibile osservare un aumento di volume dell’ombelico che poteva essere calcolato in 4-5cm di diametro. Alla palpazione la cute era tesa e calda; l’apice dell’ombelico era umido, ma non è stato possibile distinguere la presenza di materiale patologico. La palpazione prolungata suscitava dolore.

I parametri fisiologici erano nella norma. La tachicardia rilevata era probabilmente legata alla paura perchè il soggetto entrava in contatto con l’uomo per la prima volta; sfortunatamente non è stato possibile rilevare la temperatura corporea per la difficoltà nel contenere un puledro con una mole corporea già abbastanza sviluppata.

Il soggetto è stato quindi sottoposto all’esame ecografico. L’ecografia ha svelato subito la presenza di una struttura patologica. Dall’immagine era possibile osservare una massa da ipoecogena ad ecogena, circoscritta e dotata di parete propria. Questa massa sembrava circoscrivere l’uraco, ma senza coinvolgere le altre strutture ombelicali, il cui aspetto e la dimensione erano mantenuti (Fig. 12).

E’ probabile, tuttavia, che la parete dell’uraco fosse interessata da un processo infiammatorio. Infatti, era possibile distinguere una struttura ecogena riferibile alla parete dell’uraco, al centro della massa patologica. Secondo la nostra esperienza, invece, questa è una struttura molto sottile e difficile da distinguere a meno che non si individuino anche le arterie che la delimitano.

Arteria dx Ascesso incapsulato e Uraco

Arteria sx

Figura 12 – Infezione ombelicale. Scansione trasversale.

Diagnosi: la massa patologica consisteva in un ascesso incapsulato

che si era localizzato nello spessore connettivale, esternamente alla parete dell’uraco. Osservando l’immagine era possibile distinguere il materiale purulento che, vista la sua ecogenicità, era dotato di una certa consistenza ed uno strato di materiale più liquido ed anecogeno interposto tra l’uraco e l’ascesso.

E’ possibile che il processo infiammatorio si fosse esteso anche all’uraco.

Sono stati eseguiti anche esami collaterali: emogramma, dosaggio del fibrinogeno ed elettroforesi delle proteine plasmatiche. La leucocitosi e l’iperfibrinogenemia erano compatibili con la presenza di un processo infettivo a carico delle strutture ombelicali.

L’indirizzo terapeutico è stato in seguito deciso dal veterinario ufficiale del parco. La terapia antibiotica con sulfametossazolo- trimethoprim, alla dose di 10 gr/100Kg/SID per os ha avuto successo: la remissione dei sintomi clinici (regressione della tumefazione ombelicale) si è verificata nell’arco di 7-10 giorni e non è stato necessario eseguire una ecografia di controllo.

In questi soggetti è importante considerare l’anamnesi ambientale; poiché essi, infatti, vivono allo stato semi-brado e non ricevono nessun trattamento terapeutico alla nascita, sono quindi maggiormente esposti alle infezioni, soprattutto nel periparto. La possibilità di diagnosticare precocemente una patologia può essere determinante nel successo terapeutico.

Caso 5. Onfaloarterite.

Segnalemanto: femmina di razza Trotter nata il 16.04.04, presso

un allevamento di cavalli trottatori.

L’anamnesi era muta. Il soggetto era nato il giorno prima della visita ed il parto è stato portato a termine in maniera normale.

La visita clinica si è svolta il 17.04.04. Si trattava di una visita routinaria che veniva eseguita sui puledri selezionati il giorno successivo alla loro nascita, secondo il protocollo già descritto nella presente tesi. La visita è terminata senza che venissero rilevate alterazioni a carico del soggetto né a carico dell’ombelico in particolare.

Esame ecografico: la vena aveva un aspetto regolare e le

dimensioni rientravano nella norma: 0,65cm il lume interno e 0,80 il diametro esterno.

Una delle due arterie invece si presentava con un aspetto alterato (Fig. 13).

Arteria

Figura 13 – Onfaloarterite. Scansione trasversale.

L’immagine è stata registrata a livello ombelicale. Le dimensioni dell’arteria rientravano in un range fisiologico: 0,99cm.

L’alterazione ecografica principale consisteva nell’ispessimento delle pareti del vaso. Queste apparivano iperecogene ed ispessite in tutta la loro circonferenza. Dal punto di vista della semeiotica ecografica l’ispessimento della parete può indicare una infiltrazione cellulare su base infiammatoria, per esempio, anche se in questo caso mancava l’ipoecogenicità dell’edema perivasale. Questa considerazione, assieme al fatto che l’ecogenicità delle pareti è abbastanza marcata, potevano far ipotizzare la presenza di una infezione localizzata. Anche il lume si presentava con un certo grado di ecogenicità; specialmente in un punto, era visibile una spiccata iperecogenicità forse riferibile ad echi per la presenza di gas, formatisi per un infezione di tipo anaerobico. Va detto infatti che la presenza di coaguli di sangue nel lume delle arterie, le rende il bersaglio ideale di infezioni batteriche, molto di più che la vena. Si poteva notare a sinistra dell’arteria in questione una piccola area da ipoecogena ad anecogena che rappresenta l’uraco. Questa immagine indicava che l’uraco non presentava alterazioni e la modesta quantità di liquido anecogeno, contenuta nel lume, era un reperto normale per un puledro di un giorno di vita; anche le sue dimensioni erano nella norma.

La diagnosi emessa è stata di onfaloarterite. Infatti, sulla base delle informazioni ottenute dall’esame ecografico si è potuto stabilire che il processo infiammatorio era localizzato solamente all’arteria presa in considerazione.

¾ Caso 6. Onfalite.

Per questo caso clinico non è stata compilata una cartella clinica individuale e qui di seguito sono riportati i dati principali, dei quali è stata presa nota, e che interessano l’argomento della presente tesi.

Segnalamento: puledro di razza da sella. Non è stato possibile

conoscere la data di nascita, ma la visita è stata eseguita intorno alla due settimane di vita.

La visita clinica è stata effettuata il 3.05.06. Il soggetto presentava una grossa tumefazione a livello della regione ombelicale. La tumefazione aveva una forma ovoidale: circondava interamente il moncone ombelicale fino a coprire un’area di 7-8cm x 10cm e si rialzava dal piano addominale di 4-5cm. Alla palpazione la massa si trovava immediatamente al disotto del sottocute ed era calda, di consistenza soda e dolente.

La superficie cutanea era integra, il peduncolo ombelicale sembrava essere regolarmente cicatrizzato e non è stata rilevata nessuna fuoriuscita di materiale patologico.

L’esame ecografico ha permesso di constatare che le strutture ombelicali erano tutte coinvolte. L’aspetto ecografico, di cui purtroppo non è disponibile l’immagine, era alterato: le pareti dei vasi erano ispessite ed iperecogene, il lume dilatato ed era contenuto del materiale eterogeneo da ipoecogeno ad ecogeno.

Le dimensioni delle strutture erano molto aumentate, la misurazioni rilevate sono state:

- Arterie ombelicali 1,00cm (media); - Vena ombelicale 1,24x2,25;

- Uraco 1,75x2,40cm.

Tutte le strutture hanno raggiunto dimensioni superiori a quelle fisiologiche per l’età del soggetto, rientrando così nella casistica patologica. Poichè la vena ombelicale è la struttura che ha mostrato il maggiore cambiamento rispetto alle dimensioni

fisiologiche (0,79±0,19cm), si potrebbe ipotizzare che l’infezione sia partita come onfalite e che le altre strutture ombelicali siano state coinvolte secondariamente.

La diagnosi è stata quindi di onfalite, visto che tutte le strutture ombelicali interne erano coinvolte.

Terapia: il soggetto inizialmente è stato sottoposto ad una terapia

antibiotica sistemica che consisteva nella somministrazione di gentamicina alla dose di 3,3 mg/Kg/BID, ev e ampicillina sodica alla dose 20-25 mg/Kg/TID, im., fino a quando l’estensione dell’infezione e il coinvolgimento dei vasi ombelicali avrebbero permesso il successivo intervento chirurgico. In seguito il puledro ha mostrato segni di ripresa importanti, come una diminuzione della febbre e delle dimensioni della tumefazione. Quindi l’intervento chirurgico è stato escluso e la terapia antibiotica è stata proseguita fino alla completa risoluzione dell’infezione ombelicale.

2.3.3 Ernia ombelicale.

¾ Caso 7.

Segnalamento: puledro maschio di razza Trotter nato da meno di 7

giorni.

Anamnesi: il soggetto presentava fin dalla nascita una tumefazione

a carico dell’ombelico riferibile ad una ernia ombelicale.

La visita clinica ha confermato la presenza di un’ernia che è stata classificata come ernia grande (circa 8 cm). Alla palpazione si poteva percepire la presenza di una massa libera e fluttuante al di sotto della cute. Questa massa poteva essere sospinta nella cavità addominale e si potevano così toccare le pareti dell’anello ombelicale (porta erniaria).

La visita clinica, però, non forniva informazioni sulla composizione del contenuto dell’ernia, ovvero se si trattasse solamente omento e grasso periviscerale o se fosse entrata anche una porzione di intestino.

Attraverso l’esame ecografico è stato possibile osservare che nell’ernia erano contenuti tratti di intestino (Fig 14). Dall’immagine ecografica era possibile vedere i movimenti peristaltici delle pareti intestinali ed il contenuto luminale eterogeneo, da ipoecogeno ad ecogeno. E’ stato possibile, anche, determinare che non si erano create aderenze tra l’organo e le pareti dell’ernia: tenendo la sonda ferma sulla cute e muovendola in senso verticale si poteva osservare che le strutture interne all’ernia scivolavano facilmente le une sulle altre.

Figura 14 – Ernia ombelicale. Scansione obliqua.

La terapia è consistita nella riduzione manuale dell’ernia da eseguire più volte al giorno, al fine di evitare la possibilità che si formassero aderenze tra gli organi.

Le dimensioni dell’ernia avrebbero candidato il soggetto all’intervento chirurgico, ma la dimostrazione che il contenuto dell’ernia era riducibile e che non erano presenti fenomeni di aderenza, hanno fatto preferire attendere una risoluzione spontanea. La massa, infatti, si è ridotta nell’arco di circa 15 giorni.

Nella neonatologia equina l’ombelico è ritenuto una potenziale via d’ingresso di agenti patogeni e l’infezione delle strutture ombelicali interne è stata spesso associata ad infezioni a carico di altri organi ed apparati. Tuttavia i sintomi clinici a carico del moncone

ombelicale sono spesso insufficienti per giungere ad una diagnosi e dall’esterno non è sempre possibile apprezzare l’entità del

coinvolgimento delle strutture ombelicali interne.

Lo studio ha preso in esame 23 puledri di cui 16 sani e 7 affetti da patologie varie. Sulla base dei valori ricavati dai 16 casi sani è stato possibile individuare, per ciascuna struttura presa in esame, un range che abbiamo, quindi, supposto essere fisiologico.

Abbiamo messo a confronto le nostre misurazioni con quelle riportate nella letteratura di riferimento (Tabella 10).

Reef & Lavan et Reef & Lavan et Tesi Collatos, alii, Tesi Collatos, alii, Sede di 2006(1) 1988 1991 2006(1) 1988 1991 Misurazione 24h post-partum 7gg post-partum

Ombelico 0,79±0,19 0,80±0,20 0,83±0,30 0,52±0,18 0,9±0,20 0,58±1,5 Medio-addome 0,71±0,12 0,60±0,19 0,75±0,14 0,40±0,03 0,7±0,19 0,54±0,8 Vena Ombeli c ale Ombelico 0,81±0,09 0,90±0,21 0,78±0,17 0,56±0,07 0,50±0,21 0,64±1,5 Apice vescicale 0,82±0,08 0,74±0,16 0,60±0,06 0,67±1,3 Arteria Ombeli c ale Apice vescicale 2,24±0,36 1,80±0,37 1,77±0,27 1,51±0,49 1,20±0,37 1,78±2,6 Compl e s s o Ar te ri e- Ur ac o Tabella 10

Legenda: (1) medie dei dati del presente lavoro. Misure espresse in cm.

Analizzando i dati si può osservare che il range di variabilità delle dimensioni delle strutture prese in esame si avvicina molto ai valori delle misurazioni degli altri studi, dando così conferma della validità dei nostri risultati. Infatti l’unica misurazione che si allontana da

quella degli Autori è quella del complesso Arterie-Uraco, rilevata in prossimità dell’apice vescicale.

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