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La guerra civile

Nel documento Impaginato e pubblicato da M 48 (pagine 105-108)

C OME LO SVILUPPO DEL CAPITALISMO CONDUCA ALLA RIVOLUZIONE COMUNISTA

32. La guerra civile

La guerra civile è una lotta di classe inasprita, che si trasforma in rivoluzione. La guerra imperialista fra i vari gruppi della borghesia per la ripartizione del mondo venne condotta coll’aiuto degli schiavi salariati.

Ma la guerra addossò agli operai tali oneri, che la lotta di classe dovette trasformarsi in una guerra civile degli oppressori, in quella che Marx chiamò l’unica giusta guerra.

È naturalissimo che il capitalismo debba condurre alla guerra civile, e che la guerra imperialista fra gli Stati borghesi debba terminare colla guerra di classe. Tutto ciò è stato predetto dal nostro partito già nel

1914, quando nessuno pensava neppure lontanamente alla rivoluzione.

Ma già d’allora era evidente che da una parte gli enormi sacrifici imposti alla classe operaia avrebbero provocato la ribellione del proletariato, e dall’altra parte la borghesia non sarebbe stata capace di comporre gli antagonismi che tengono divisi i vari gruppi nazionali, e di assicurare una pace duratura.

Troviamo ora le nostre previsioni pienamente confermate. Dopo i terribili anni di massacri e di distruzioni scoppiò la guerra civile contro gli oppressori. Questa guerra civile ebbe il suo inizio nella rivoluzione russa del febbraio ed ottobre 1917; la rivoluzione finlandese, ungherese, austriaca e tedesca ne furono la continuazione, ma anche tutti gli altri paesi sono entrati in un periodo rivoluzionario. La borghesia si sforza invano di concludere una pace duratura. La pace di Versailles venne firmata appena molti mesi dopo la cessazione delle ostilità, e tutti prevedono che essa non sarà di lunga durata. Dopo la firma di essa gli Italiani si sono già accapigliati con gli Jugoslavi, i Polacchi con i Tedeschi, i Lituani con i Polacchi, e così di seguito. E tutti gli Stati insieme aggrediscono la Repubblica dei vittoriosi operai russi. Così la guerra imperialistica sbocca nella guerra civile, dalla quale dovrà uscire vittorioso il proletariato.

La guerra civile non è l’invenzione od il capriccio di un partito politico, ma la forma in cui si manifesta la rivoluzione, la quale doveva fatalmente scoppiare poiché la guerra imperialista ha finalmente aperto gli occhi alle masse operaie.

Pensare che la rivoluzione sia possibile senza la guerra civile è come credere alla possibilità di una rivoluzione “pacifica”. Coloro che pensano in questo modo (come, per esempio, i Menscevichi, i quali strillano contro gli orrori della guerra civile) retrocedono da Marx ai socialisti antidiluviani, i quali si illusero che i capitalisti potessero intenerirsi per le condizioni della classe operaia. Questi “socialisti” rassomigliano ad un uomo che pensasse di poter ammansire una tigre con delle carezze, ed indurla a nutrirsi di erba e lasciar in pace i vitellini. Marx era fautore della guerra civile, cioè della lotta armata del proletariato contro la borghesia. Karl Marx scrisse che i comunardi furono troppo poco risoluti durante le lotte della Commune di Parigi. Nel manifesto della prima Internazionale, redatto da Marx, è contenuto il seguente brano scritto in

evidente tono di biasimo:

«Perfino i sergenti di polizia, invece di venir disarmati ed imprigionati, trovarono le porte di Parigi aperte per poter sicuramente scappare a Versailles. Non solo si lasciarono indisturbati gli uomini dell’ordine, ma si permise loro di raccogliersi e di occupare più di una forte posizione nel cuore di Parigi. Nella sua riluttanza ad impegnare la lotta civile, aperta colla invasione notturna di Thiers (il Denikin francese) a Montmartre, il Comitato centrale si rese colpevole del decisivo errore di non avanzare contro la allora impotente Versailles, e di porre così fine alle congiure di Thiers e dei suoi signorotti agrari. Si permise invece ancora una volta al

‹partito dell’ordine› di misurare le sue forze nelle urne, allorquando il 26 marzo venne eletta la Commune».

Karl Marx propugna qui apertamente la soppressione violenta delle guardie bianche durante la guerra civile.

Come si vede, i maestri del socialismo considerarono la rivoluzione come una cosa molto seria. Essi capirono chiaramente che il proletariato non poteva vincere la borghesia colle armi della persuasione, ma che doveva «imporre ad essa la sua volontà in una lotta civile condotta con fucili, baionette e cannoni».

Nella guerra civile le classi della società capitalistica, divise da insanabili antagonismi economici, marciano armate l’una contro l’altra. Il fatto che la società capitalistica è divisa in due parti, che essa rappresenta in sostanza due società, questo fatto rimane in tempi normali quasi ignorato. E ciò perché gli schiavi ubbidiscono ai loro padroni senza mormorare. Ma nella guerra civile questa supina rassegnazione trova la sua fine, e la parte oppressa della società insorge contro quella opprimente. In tali condizioni non si può naturalmente pensare ad una pacifica convivenza delle classi; l’esercito si divide in guardie bianche (composte dell’aristocrazia, dell’alta borghesia, degli intellettuali, ricchi, ecc.) ed in guardie rosse (composte di operai e contadini). Qualsiasi assemblea nazionale, nella quale i capitalisti seggano accanto agli operai, diventa un assurdo; come è mai possibile che essi collaborino

“pacificamente” nell’assemblea, mentre sulle strade combattono i loro compagni di classe colle armi in pugno? Nella guerra civile, una classe si leva contro l’altra. Perciò essa può terminare colla vittoria completa di una classe sull’altra, ma in nessun modo con un compromesso, con

un’intesa. E l’esperienza della guerra civile in Russia e negli altri paesi (Germania, Ungheria) conferma pienamente questa nostra asserzione:

attualmente non esiste che la dittatura del proletariato o quella della borghesia e del militarismo. I governi delle classi medie (socialrivoluzionari, menscevichi) non rappresentano che una passerella verso una delle due parti. Al governo sovietico di Ungheria, rovesciato coll’aiuto dei menscevichi, succedette un governo di “coalizione” che, dopo pochi giorni di esistenza, dovette far posto alla reazione. I Socialrivoluzionari costituzionali, riusciti ad impossessarsi di Ufa, del territorio al di là del Volga, e della Siberia, vennero ventiquattro ore più tardi soppiantati dal generale Kolčak che poggiava sui capitalisti e latifondisti, e che sostituì la dittatura degli operai e contadini con quella dei latifondisti e borghesi.

La vittoria decisiva sul nemico e l’instaurazione della dittatura proletaria saranno il risultato fatale della guerra civile mondiale!

Nel documento Impaginato e pubblicato da M 48 (pagine 105-108)