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CAPITOLO II Il linguaggio del turismo e la guida turistica

2.4 La guida turistica

Nel presente elaborato viene affrontata la traduzione di alcune parti di una guida tu- ristica del Cammino di Santiago e, nonostante i numerosi generi testuali che com- paiono nell’ambito del linguaggio del turismo, ritengo che a questo punto sia oppor- tuno soffermarsi esclusivamente su questo genere, o meglio, seguendo la classifica- zione della sezione precedente, macrogenere.

La comparsa delle guide turistiche viene generalmente fatta corrispondere con la pubblicazione delle prime guide Baedeker (anche dette guide rosse), pubblicazioni del XIX secolo che prendevano il nome da una famiglia di tipografi tedeschi, e che in quel periodo ebbero un gran successo, tanto da diventare un punto di riferimento inamovibile per i viaggiatori. Queste guide si differenziavano dalla letteratura di viaggio precedente per la precisione, la qualità, la ricchezza cartografica, e per il lo- ro carattere esclusivamente divulgativo, inoltre, avevano abbandonato quella caratte- rizzazione soggettiva apportata dagli autori dei racconti e delle guide di viaggio pre- cedenti. Queste guide erano di una qualità talmente elevata che, durante il XIX e il XX secolo, la parola Baedeker divenne sinonimo di guida turistica. E fu proprio da allora che la guida iniziò a configurarsi come un genere codificato e riconoscibile. Calvi (2006:33) identifica quelle che oggi possono essere considerate le caratteristi- che fondamentali di questo genere. Prima di tutto afferma che una guida turistica si presenta solitamente sotto forma di libro (anche se oggi, grazie alle nuove tecnolo- gie, sono sempre più frequenti le applicazioni per telefono o i siti web che, grazie al- la mancanza di un oggetto fisico delle dimensioni di un libro e alla facilità di utiliz-

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zo, vanno a sostituire in tutto o in parte i loro antenati in formato cartaceo); inoltre, identifica una macrostruttura organizzata in varie sezioni quali l’introduzione, le no- zioni geografiche, l’aspetto storico, la descrizione del patrimonio artistico, le infor- mazioni pratiche, e l’apparato iconografico. Come si può notare, tutti gli elementi di questa macrostruttura sono portatori di un contenuto prevalentemente informativo, coerentemente con la funzione principale della guida. Secondo Calvi (2006: 34), le informazioni contenute in una guida turistica possono essere raccolte in tre categorie

➢ Le informazioni di tipo pratico. Sono generalmente quelle che fanno riferi- mento ai mezzi di trasporto, alle modalità di alloggio, ai servizi di ristorazio- ne, agli orari di visita e a tutti i vari consigli utili al turista per riuscire a inte- ragire nel nuovo contesto in cui si viene a trovare (ad esempio, in molte guide viene inserito un breve dizionario con le parole e le espressioni più utili nella lingua del paese che si sta visitando).

➢ Gli elementi grafici, ovvero i materiali complementari, possono risultare fon- damentali, come nel caso di una mappa, o assolutamente secondari. Tra que- sti due estremi si trova un grande ventaglio di opzioni che comprende l’utilizzo di fotografie che esplicitano un brano del testo, tabelle riassuntive di dati, legende ecc.

➢ La componente descrittiva è in gran parte determinata da età, livello di cultu- ra e disponibilità economica del destinatario finale della guida, come anche dai suoi interessi personali e quindi dalle attività che preferisce svolgere nei panni del turista.

Questi tre tipi di contenuti informativi sono ampiamente modulabili sempre a secon- da del destinatario. A sostegno di questa affermazione Calvi porta l’esempio della differenza che intercorre tra il turista che viaggia solo e quello che viaggia in grup- po. Il primo avrà bisogno di una guida che contenga numerose indicazioni di tipo pratico, mentre il secondo, in virtù della presenza di altri accompagnanti, necessiterà di un minore aiuto pratico a favore di una descrizione più approfondita dei luoghi da visitare. Un ulteriore esempio di differenziazione tra i destinatari di una guida turi- stica può essere quello di due turisti, uno amante delle escursioni e del cibo caserec-

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cio, l’altro desideroso principalmente di prendere il sole su una bella spiaggia con soggiorno in albergo di lusso, entrambi diretti alle Isole Canarie: entrambi potranno trovare facilmente due guide sulle Isole Canarie che però si differenziano per il loro contenuto più adatto a una o all’atra tipologia di turista (ibidem).

Particolarmente interessante ai fini di questo elaborato è la considerazione di Calvi attorno a un tipo di guida, come quella che qui di seguito analizzeremo (Guía del Camino de Santiago – Camino Norte), che “è strettamente imparentata con una tra- dizione precedente la nascita del turismo propriamente detto e con un conseguente sviluppo di un’attività editoriale specializzata” (traduzione mia, 2006: 35). Infatti, come potremo osservare nel seguente capitolo in cui verrà presentata un’analisi det- tagliata del testo in questione, le guide turistiche sul Cammino di Santiago, presen- tano caratteristiche peculiari che le mettono in una prospettiva diversa di fronte al mondo del turismo. Il fatto stesso che si tratti di una tradizione millenaria che porta con sé una importante dote di valori e usanze, inserisce sia il mittente sia il destina- tario delle guide del Cammino in un contesto in cui le riflessioni sul turismo prece- denti e dell’uso del suo linguaggio assumono una posizione secondaria, poiché una parte consistente del pellegrinaggio e di ciò che lo circonda non è regolata dalle stes- se dinamiche che regolano il mondo del turismo, ripudiate dal pellegrino per anto- nomasia. Inoltre, non è da sottovalutare lo sviluppo dell’attività editoriale specializ- zata menzionato da Calvi, poiché l’influenza di veri e propri capisaldi come il Capi- tolo V del Codex Calixtinus o Liber Sancti Iacobi, o Viaggio da Napoli a San Gia- como di Galizia del pellegrino italiano Nicola Albani è tutt’ora più che evidente.

Per quanto riguarda il lessico utilizzato nelle guide turistiche è necessario fare una riflessione che comprenda il linguaggio turistico nel suo insieme, sempre a causa della grande varietà di componenti che formano questo o gli altri generi del linguag- gio del turismo (Mapelli, 2013).

All’interno dell’industria del turismo possono essere individuati quattro grandi setto- ri tematici: quello del viaggio e delle assicurazioni, che comprende il lessico utiliz- zato da aeroporti, agenzie di viaggio e tutti gli altri operatori che operano in questa branca; quello delle strutture di ricezione alberghiera, comprensivo del bagaglio di lessico di hotel e altre strutture ricettive, quello della gastronomia e, da ultimo, quel-

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lo dello svago, al quale appartengono gli eventi culturali, l’industria dell’intrattenimento e lo sport (Calvi, 2006: 56).

Oltre a questa suddivisione per settori produttivi, Calvi propone una classificazione a seconda del grado di specializzazione delle parole. In primo luogo troviamo a) le parole che si riferiscono alla struttura e all’organizzazione turistica, ovvero quelle che vengono utilizzate per la comunicazione tra professionisti del settore e che, poi- ché utilizzate prevalentemente in campo internazionale, sono correlate all’importazione, da parte delle varie lingue nazionali, di anglicismi come (check-in, overbooking, charter ecc.…); b) le parole che appartengono a settori o discipline collegati al turismo, ovvero quei termini, molto frequenti nei testi turistici, che man- tengono il valore terminologico originale del proprio ambito (per esempio, rientrano in questa categoria tutti i termini propri dell’architettura che vengono utilizzati per descrivere monumenti o edifici, oppure quelli della geografia, che presentano la con- formazione del territorio). La concentrazione di queste parole all’interno di un testo, ovvero la sua densità terminologica, varia a seconda del testo. Infine, troviamo c) le parole che fanno parte del linguaggio del turismo solamente in maniera periferica. Si tratta di quelle parole del linguaggio corrente che, se inserite in determinati contesti comunicativi in ambito turistico, assumono un valore ben specifico. È il caso degli aggettivi qualificativi o dei verbi di percezione sensoriale3, indispensabili per descri-

vere l’oggetto turistico e ottenere un certo coinvolgimento del lettore (o dell’ascoltatore)4.

Per quanto riguarda la formazione delle parole, il linguaggio del turismo non si può annoverare tra quei linguaggi che danno vita a un gran numero di vocaboli. Anche questa sfaccettatura è dovuta fondamentalmente al fatto che il linguaggio del turismo è composto da altri linguaggi che si evolvono a prescindere dal loro utilizzo nel turi- smo, che, al massimo, si può limitare a utilizzarli a sua volta. Quando questo non

3 Uno studio realizzato da Pérez (2011) su un corpus di guide turistiche evidenzia come i verbi di perce-

zione sensoriale vengano utilizzati prevalentemente in modo impersonale, per evitare quella visione sog- gettiva che abbiamo detto essere rifiutata dalle moderne guide turistiche.

4 A questo proposito Calvi si sofferma anche sull’importanza dei verbi e sul grande valore simbolico che

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avviene, il linguaggio del turismo utilizza le stesse norme di formazione di neologi- smi della lingua corrente: derivazione, composizione, prestito o calco dalle lingue straniere e utilizzo di sigle e acronimi (Calvi, 2000; 2006: 61-66).

Un appunto che ritengo necessario fare è quello relativo ai termini culturospecifici. Infatti, la dimensione internazionale assunta dal linguaggio del turismo arricchisce i testi di termini legati alla cultura del luogo di destinazione del viaggio. Spesso acca- de che questi termini non possano contare su un referente nella cultura d’origine del turista, e di conseguenza lo scarto culturale che si viene a creare provoca una serie di conseguenze sia a livello linguistico, sia a livello pragmatico. Questa questione ri- sulta particolarmente interessante sempre ai fini di questa tesi, poiché le strategie linguistiche necessarie per risolvere il “vuoto referenziale” sono il pane quotidiano dei traduttori.

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