Approvazione bicamerale delle leggi Potere di veto Judicial review Esclusiva iniziativa nella C delle leggi entrata Il Vice Presidente è Presiden-
te del Senato Inamovibilità Divieto di aggiornamento per più di tre gior-
ni senza il consenso dell’altra Camera Irriducibilità del compenso dei parlamentari Irriducibilità del salario Pubblicazione degli atti parlamentari Recess appointments
Convocazione delle Camere Decisione
sull’aggiornamento delle Camere se in dissenso Comando delle forze armate
Legenda: C sta per la Camera dei Rappresentanti, S per il Senato
(per il Congresso, essendo bicamerale, sono indicati checks di una camera sull’altra) Fonte: Us Constitution Online (www.usconstitution.net)
that the members of each should have as little agency as possible in
the appointment of the members of the others»135; ove si afferma
135 A. H
AMILTON,J.JAY,J.MADISON, The Federalist with Letters of “Brutus”, ed. a cura di T.BALL, Cambridge (U.K.), 2003 (1787-1788), p. 252.
55 altresì – come già ricordato – che la legittimazione di ogni potere «should be drawn from the same fountain of authority, the people, through channels having no communication whatever with one anoth- er»136. Ciò consentiva una stretta separazione dal punto di vista organico, che avrebbe dovuto conferire al Presidente degli Stati Uniti quella mag- gior forza rispetto al Congresso che non avevano avuto gli Esecutivi delle ex Colonie nei confronti delle rispettive assemblee elettive. Vi è da dire che i timori dei padri fondatori di una supremazia del Congresso sul Pre- sidente si rivelarono non privi di fondamento, giacché il modello delle three equal branches of government incontrò notevoli difficoltà ad af- fermarsi. Basti ricordare che i primi presidenti dopo Washington furono scelti dai maggiorenti del Congresso in appositi caucuses tra i parlamen- tari e che delle quattro elezioni presidenziali che si succedettero nel primo quarto dell’Ottocento ben due furono risolte non nel collegio elettorale bensì nella Camera dei rappresentanti. Sicché si è potuto sostenere che fino alla elezione di Andrew Jackson, avvenuta nel 1828 (dopo che que- sti, nel 1824, era stato scalzato alla Camera dei rappresentanti dallo sfi- dante John Quincy Adams pur avendo conquistato il voto popolare), il sistema funzionò per mezzo di una fusione dei poteri legislativo ed esecu- tivo137. Fino a quel momento i presidenti trovarono difficoltà a ricorrere al veto138 e si sentivano vincolati all’influenza del Congresso persino nel-
136 Ivi. 137 T. J. L
OWI, President v. Congress: What the Two-Party Duopoly Has
Done to the American Separation of Powers, in Case Western Reserve Law Re- view, n. 47/1997, p. 1221 s.; E. S. CORWIN, The President. Office and Powers,
1787-1957. History and Analysis of Practice and Opinion, IV ed., New York,
1957, p. 19; M.SMELSER, The Democratic Republic, 1801-1815, New York, 1968, p. 318: «The rise of the congressional nominating caucus […] the President, in a sense, the creation of Congress».
138 Si veda D.J.L
EVINSON,R.H.PILDES, Separation of Parties, Not Powers, in
Harvard Law Review, n. 119-8/2006, p. 2311 ss., in generale sul ruolo dei partiti
nel funzionamento della forma di governo americana (gli autori sostengono che il bilanciamento riguardi i partiti che i poteri), ed in particolare, p. 2321 s., nota 37 e 39, sull’uso del veto da parte dei primi presidenti come prova della loro debolezza nei confronti del Congresso: i Presidenti tra Washington e Jackson posero il veto nei confronti di solo otto progetti di legge. Jackson pose il veto su un numero di progetti di legge superiore a quello di tutti gli altri presidenti messi assieme (tra questi progetti vi era anche quello avente ad oggetto la creazione della seconda banca degli Stati Uniti). Inoltre inizialmente i veti venivano giustificati sulla base di ragioni costituzionali mentre poi vennero avanzate ragioni di puro dissenso po- litico con il Congresso.
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la composizione del gabinetto139. Fu dunque solo dopo Jackson, con la
sottrazione delle candidature alla presidenza ai caucuses parlamentari in favore delle nuove conventions140 di partito, che il Presidente si sganciò definitivamente dalle Assemblee per assumere lo status di un’equal branch of government141. Che il sistema dei pesi e dei contrappesi pre- senti inevitabili fragilità e dipenda dalla mutevole forza politica su cui le singole istituzioni possono di volta in volta appoggiarsi è poi attestato dalla successiva alterazione dell’equilibrio, stavolta a favore del Presiden- te, che si ebbe nel Dopoguerra, quando si parlò addirittura di monarchia elettiva e presidenza imperiale.
Venendo ora al potere giudiziario, ossia al tema centrale della pre- sente trattazione, il diverso approccio al principio democratico degli A- mericani conduce a un’altra innovazione fondamentale circa la loro ver- sione della tecnica montesquieuviana del bilanciamento dei poteri. Allu- do all’inserimento, nel gioco dei poteri che sono chiamati a bilanciarsi reciprocamente, dello stesso potere giudiziario.
Nel sistema del bilanciamento proposto da Montesquieu non si as- segnava alcun ruolo al potere giudiziario, che dunque a buon titolo pote- va definirsi come potere nullo142. Il potere giudiziario non era inserito nel sistema dei pesi e dei contrappesi perché lo scopo del contemperamento
139 Si veda D.J.L
EVINSON,R.H.PILDES, Separation of Parties, Not Powers, cit., p. 2322, nota 2: «During this period the President was not even powerful enough to control his own Cabinet. After Jefferson’s presidency, Presidents felt obligated to keep in office much of their predecessor’s Cabinet, and when the Cabinet convened, the President considered each of his Cabinet members' votes equal to his own».
140 Si vedano: J.S.C
HASE, Emergence of the Presidential Nominating Conven-
tion, 1789-1832, Urbana (IL), 1973, p. 294 s.; G.LEONARD, The Invention of Party
Politics, Chapel Hill (N.C.), 2002, p. 117 ss.
141 E. S. C
ORWIN, The President. Office and Powers, 1787-1957, cit., p. 21, afferma che solo con il primo presidente democratico, Andrew Jackson, la presidenza «was thrust forward as one of three equal departments of government, and to each and every of its powers was imparted new scope, new vitality».
142 Si veda W.B.G
WYN, The Meaning of the Separation of Powers, cit., p. 111, che, con riferimento alla famosa espressione di Montesquieu, il cui senso è spiegato come ho riportato nel testo, conclude: «This statement is not obscure a sit is some- times said to be. When Montesquieu wrote that sudicia power “est en quelque façon nulle,” he must have expected his readers to remember his description of that power a few paragraphs before in which he described it in England as being, “pou ainsi dire, invisible et nulle.” By the latter phrase, […] he meant that the judicial function was not […] capable of participating in balancing the constitution».
57 tra le classi era già raggiunto attraverso l’equilibrio dato ai rapporti tra i tre organi espressivi degli altri due poteri.
Gli Americani, invece, inseriscono nel meccanismo del bilanciamen- to anche il potere giudiziario, come ha efficacemente sostenuto Gwyn143.
Lo stesso concetto era già stato espresso da Jhon Adams che, ancor prima di divenire il secondo Presidente degli Stati Uniti, era uno dei campioni del principio della divisione dei poteri intesa come bilancia-
mento144. Adams, in una delle sue opere, tratta esplicitamente
dell’inserimento del potere giudiziario nel meccanismo del bilanciamen- to: «A legislature, an executive, and a judicial power comprehend the whole of what is meant and understood by government. It is by balancing each of these powers against the other two, that the efforts of human na- ture towards tyranny can alone be checked and restrained, and any degree of freedom preserved in a constitution»145.
Le modalità dell’inclusione del potere giudiziario nel sistema dei checks and balances risultano chiare se si torna a prestare attenzione alla Tab. 1, che illustra i reciproci rapporti tra i poteri inseriti nel meccanismo. Se si guarda al giudiziario, esso è posto in interrelazione con gli altri po- teri fondamentalmente attraverso due istituti.
Il primo, in obbedienza alla citata connessione con il principio de- mocratico, riguarda la modalità di nomina, che viene assegnata agli altri due dipartimenti, così da garantire un legame con la volontà popolare seppure derogando al principio generale per cui ciascun potere dovrebbe avere legittimazione autonoma rispetto agli altri per poter vantare «a will of its own». Si tratta di una deroga che per il giudiziario attenua il princi- pio di rigida separazione organica che invece contraddistingue gli altri due departments.
143 W.B.G
WYN, The Meaning of the Separation of Powers, cit., p. 125: «The se- cond distinctly American development in the separation of powers doctrine was the in- troduction of the judicial branch of government into the balance of power either equated with the separation of powers or seen as a necessary condition for it».
144 C.M.W
ALSH, The political Science of John Adams, New York, 1915, illustra la sua adesione al modello del bilanciamento, coma dimostra il suo apprezzamento per Bolingbroke (p. 230).
145
J.ADAMS, Letter to Richard Henry Lee, 15 novembre 1775, in C. F. ADAMS
(a cura di), The Works of John Adams, Second President of the United States, vol. IV, Boston, 1851-1856, p. 186. Si veda W.B.GWYN, The Meaning of the Separa-
tion of Powers, cit., p. 117, secondo cui «Adams, unlike either Montesquieu […],
58
Il secondo è la judicial review, ossia il controllo di legittimità sugli atti, che riguarda tanto quelli del potere esecutivo quanto quelli del potere legislativo. La judicial review sugli atti degli altri poteri contribuì in manie- ra determinante a introdurre il giudiziario nel balancing146, essendo co- struita proprio come contrappeso del giudiziario nei confronti delle altre due branche e in particolare nei confronti di quella legislativa, considerata la più pericolosa147. D’altro canto, il più debole dei tre poteri, quello la cui legittimazione democratica era più sbiadita e quello maggiormente sprov- visto di mezzi per dare esecuzione alle proprie decisioni, doveva essere do- tato di un’arma supplementare per poter competere con gli altri due al fine di mantenere in equilibrio il sistema nel suo complesso. L’arma in questio- ne può essere appunto individuata nella judicial review, come dimostra la circostanza che essa, soprattutto in origine, venne utilizzata proprio per di- fendere il potere giudiziario dagli attacchi apportati dagli altri departments e in particolare dal Congresso e dai legislativi statali148.
146 W.B.G
WYN, The Meaning of the Separation of Powers, cit., p. 126.
147 È interessante a questo proposito l’impostazione di James Wilson, che fu «the
author of an early and doubtless influential exposition of the Constitution», «a member of the Supreme Court of the United States, at its origin», ed è quindi «inter- esting to see what were his views about the separation of power» (M.P.SHARP, The
Classical American Doctrine of “The Separation of Powers”, in The University of Chicago Law Review, n. 2-3/1935, p. 411). Secondo J.WILSON, Lectures as profes-
sor of law in the College of Philadelphia, 1790-1791, riportate proprio da M.P. SHARP, The Classical American Doctrine of “The Separation of Powers”, cit., p. 415, nota 59: «The congress is intrusted with the legislative power of the United States. In preparing bills, in debating them, in passing them, in refusing to pass them, their resolutions and proceedings should be uncontrolled and uninfluenced. Here is the independency of the legislative power. But after the proceedings of the legislature are finished, so far as they depend on it, they are sent to be examined, and are subjected to a given degree of control by the head of the executive department. Here is the dependency of the legislative power. It is subject also to another given degree of control by the judiciary department, whenever the laws, though in fact passed, are found to be contradictory to the constitution».
148 W. M. T
REANOR, Judicial Review Before Marbury, in Stanford Law Re-
view, n. 58-2/2005, p. 455 ss., il quale sostiene che prima di Marbury «courts invali-
dated statutes affecting the powers of courts or juries». L’autore, con riferimento a Marbury spiega inoltre (p. 460): «what appears to be a puzzling, unconvincing, and uniquely aggressive exercise of judicial review was fully consistent with prior judi- cial decisions in which courts had invalidated statutes that trenched on judicial au-
thority and autonomy» (enfasi aggiunta). Si vedano anche: R.L.CLINTON, Marbury
v. Madison and Judicial Review, Lawrence (KS), 1989, p. 76, il quale ritiene che il
59 Si potrebbe obiettare che la judicial review non è esplicitamente prevista dalla Costituzione degli Stati Uniti149 ma è generalmente imputa- ta alla sentenza Marbury v. Madison150. Tuttavia, si tratterebbe a ben ve- dere di un’obiezione passibile di critica, potendosi al contrario sostenere che la judicial review, pur non essendo stata espressamente introdotta dai founding fathers, rappresentava nondimeno un istituto nient’affatto sco- nosciuto al tempo del varo della Costituzione americana e dunque presen- te nelle prospettive dei costituenti intenti a organizzare l’assetto dei poteri federali151, ragion per cui essa non può essere considerata alla stregua di
un’invenzione del giudice Marshall152. Con approccio originalista (nel
senso di original intent)153 si può facilmente constatare che di un control-
upon the exercise of their own functions as courts of law»; J.M.SOSIN, The Aristoc-
racy of the Long Robe: The Origins of Judicial Review in America, New York,
1989, p. 222, secondo cui «courts could resist or refuse to apply laws interfering with the constitutional duties of the judges. But this did not mean that courts could go beyond the defense of their own prerogative».
149 Ma si veda S.B.P
RAKASH,J.C.YOO, The Origins of Judicial Review, in
The University of Chicago Law Review, n. 70/2003, p. 894 ss., per un argomento
testuale a sostegno della previsione costituzionale della judicial review.
150 Secondo A.M.B
ICKEL, The Least Dangerous Branch. The Supreme Court
at the Bar of Politics, Indianapolis (IN), 1962, p. 1, «if any social progress can be
said to have been ‘done’ at a given time and by a given act, it is Marshall’s achievement. The time was 1803; the act was the decision in the case of Marbury v. Madison». A parere di W.W.VAN ALSTYNE, A Critical Guide to Marbury v. Madi-
son, in Duke Law Journal, n. 18/1969, p. 1, «the concept of judicial review of the
constitutionality of state and federal statutes by the Supreme Court is generally rest- ed upon the epic decision in Marbury v. Madison».
151 La dottrina americana è divisa tra chi sostiene che la judicial review fosse
estranea al significato originario della Costituzione americana (A.M.BICKEL, The
Least Dangerous Branch, cit., p. 1 ss.), chi invece la considera inclusa (S.SHERRY,
The Founders’ Unwritten Constitution, in The University of Chicago Law Review, n.
54/1987, p. 1127 ss.) e chi la ritiene accolta solo come strumento da utilizzare con molta prudence da parte delle corti e molta deferenza verso gli altri poteri (L. D. KRAMER, The People Themselves: Popular Constitutionalism and Judicial Review, New York, 2004; W. R.CASTO, The Supreme Court in the Early Republic: The
Chief Justiceships of John Jay and Oliver Ellsworth, Columbia (S.C.), 1995, p. 222).
152 Per G. L.H
ASKINS,H.A.JOHNSON, Foundations of Power: John Marshall,
1801-15, New York, 1981, p. 190, «the idea of judicial review was hardly a new one
when Marbury was decided». Per M. J.KLARMAN, How Great Were the “Great”
Marshall Court Decisions?, in Virginia Law Review, n. 87/2001, p. 1113 s., «Mar-
bury cannot have established the power to judicial review, since that power already was widely accepted before the Supreme Court’s ruling».
153
60
lo di costituzionalità delle leggi si parlò anche nella Convenzione di Fila- delfia, ancorché non ex professo, come fecero – e lo ricorda soprattutto
Klarman, in un suo articolo – Elbridge Gerry, lo stesso James Madison154
e altri founding fathers quali Wilson155 e Mason156. Ma si discusse della judicial review anche al di fuori della Convenzione di Filadelfia: basti ri- leggere il saggio 78 del Federalista157, in cui Hamilton cita esplicitamente l’«attribuzione delle corti di dichiarare nulli gli atti legislativi in quanto essi siano contrari alla costituzione» e ne giustifica il fondamento in ri- sposta alle critiche contenute nelle Letters of Brutus. L’istituto della judi- cial review delle leggi era stato altresì difeso dal futuro giudice della Cor-
te Suprema James Iredell158, nonché da James Wilson, che lo evocò an-
che in alcuni discorsi pubblici pronunciati al di fuori della Convenzione di Filadelfia. Inoltre, l’attribuzione alle corti del potere di judicial review appariva conforme alla struttura federale del nuovo Stato, in cui la pre- senza di una Costituzione rigida e di competenze costituzionalmente li- mitate esigeva forme di controllo necessariamente rimesse a un’istanza giurisdizionale che le rendesse effettive. La judicial review era del resto un potere che poteva facilmente ricollegarsi alla tradizione della common law come limite al potere legislativo. Essa era già stata sostenuta
all’inizio del Seicento inglese da Lord Coke159 (ancorché sia un prece-
154 M.J.K
LARMAN, How Great Were the “Great” Marshall Court Decisions?, cit., p. 1120, riporta da M.FARRAND (a cura di), The Records of the Federal Con-
vention of 1787, vol. I, New Haven (CT), 1911, p. 97 s., il pensiero di Elbridge Ger-
ry secondo cui il giudiziario «will have a sufficient check agst. encroachments on their own department by their exposition of the laws, which involved a power of de- ciding on their Constitutionality», e, p. 430, di James Madison, secondo cui la judi-
cial review avrebbe dovuto essere limitata «to cases of a Judiciary Nature».
155
M.FARRAND (a cura di), The Records of the Federal Convention of 1787, vol. I, cit., p. 97: «Judges, as expositors of the Laws would have an opportunity of defending their constitutional right».
156 M.F
ARRAND (a cura di), The Records of the Federal Convention of 1787, vol. I, cit., p. 97: «[judges] could declare an unconstitutional law void».
157 A.H
AMILTON,J.JAY,J.MADISON, Il federalista, ed. a cura di M. D’ADDIO, G.NEGRI, cit., p. 624 ss. Si veda anche il saggio n. 81, p. 641 ss.
158 Quanto alla posizione di Iredell, si veda W. R.C
ASTO, James Iredell and
the American Origins of Judicial Review, in Connecticut Law Review, n. 27-2/1995,
p. 329 ss.
159 Bonham’s Case, 77 Eng. Rep. 646, 652 (1610): «it appears in our books,
that in many cases, the common law will controul Acts of Parliament, and some- times adjudge them to be utterly void: for when an Act of Parliament is against
61 dente della cui portata si discute molto)160, ma sarà poi rigettata in Inghil-
terra a favore della supremazia del Parlamento161. Cionondimeno si trat-
tava di una concettualizzazione del potere delle corti ancora esistente nell’ambito della cultura giuridica anglosassone nel periodo in cui gli Americani costruivano le proprie strutture statuali. A ciò si aggiunga che la judicial review non era affatto sconosciuta alle colonie prima dell’istituzione della federazione. Gordon Wood evidenzia che, soprattut- to in risposta ad alcuni attacchi dei legislativi degli stati rispetto al diritto al trial by jury, i giudiziari statali presero a sviluppare forme di judicial review162. Studi recenti, infine, dimostrano che, prima della storica pro- nuncia firmata dal Chief Justice Marshall, i casi di disapplicazione di atti legislativi per incostituzionalità non furono né rari né timidi163.
common right and reason, or repugnant, or impossible to be performed, the common law will controul it, and adjudge such Act to be void».
160
Ed in particolare se essa si limitasse a fornire un criterio interpretativo della legislazione (B.BAILYN, The Ideological Origins of the American Revolution, cit., p. 177), ovvero un vero e proprio potere di annullamento (C.WOLFE, The Rise of Mod-
ern Judicial Review: From Constitutional Interpretation to Judge-Made Law, New
York, 1986, p. 104).
161 Come evidenziò magistralmente W. B
LACKSTONE, 1 Commentaries *91: «if the parliament will positively enact a thing to be done which is unreasonable, I know of no power in the ordinary forms of the constitution, that is vested with au- thority to control it».
162 G.S.W
OOD, The Creation of the American Republic, 1776-1787, Chapel Hill (N.C.), 1969, p. 405 ss.
163 Quanto ai casi di judicial review precedenti alla sentenza Marbury, si veda
S. SNOWISS, Judicial Review and the Law of the Constitution, New Haven (CT), 1990, p. 37 e p. 60, che ne conta solo cinque. Si veda però W.M.TREANOR, Judicial
Review Before Marbury, cit., p. 457, che ne conta una quarantina. L’autore dimostra
che la judicial review era piuttosto largamente praticata prima della sentenza Mar-