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Hopperus e Bruno nei marginalia di Harvey

2. Gabriel Harvey: un ramista eclettico

2.1 Hopperus e Bruno nei marginalia di Harvey

Nato intorno al 1550 nella cittadina di Saffron Walden, nell’Essex, e lì morto nel 1630 o nel 1631, l’umanista Gabriel Harvey si addottorò a Cambridge, dove strinse una forte amicizia, testimoniataci da un ricco carteggio, con il poeta Edmund Spenser; egli è noto soprattutto per la violenta polemica che intrattenne con Thomas Nashe e per la sua imponente biblioteca, della quale si è conservato un cospicuo numero di volumi, particolarmente importanti in quanto contenenti marginalia che mostrano una personalità dotta, energica ed affascinata dalla cultura italiana, in primo luogo da Niccolò Machiavelli66. La lettura delle opere del Segretario fiorentino costituisce per Harvey il punto di partenza per elaborare una personalissima dottrina improntata ad uno sfrenato attivismo: egli ammira profondamente tutte le grandi individualità, che indica con il nome di megalandri, grandi uomini, in quanto hanno saputo imporsi come guide dell’umanità, smuovendo, anche grazie alla loro arte retorica, le emozioni più recondite degli animi degli uomini: «huc omnes, psychagogi, pathopoei, Enthusiastae, demagogi, Megalandri»67. Tra questi megalandri un posto d’onore è riservato a Machiavelli, spesso affiancato ad un altro ‘irregolare’ italiano, Pietro Aretino:

«A right fellow to practise in y world; on, that knowith fasshions: prettely spiced with y powder of experience meetly well temperid with y powder of

66

Cfr. N.ORSINI, Studii sul Rinascimento italiano in Inghilterra con alcuni testi inglesi inediti, Sansoni, Firenze 1937; M.PRAZ, Machiavelli in Inghilterra ed altri saggi sui rapporti letterari

anglo-italiani, Sansoni, Firenze 1962; V.F. STERN, Gabriel Harvey: his life, marginalia and

library, Clarendon Press, Oxford 1980.

67

G.HARVEY,Marginalia, collected and edited by G. C. Moore-Smith, Shakespeare Head Press,

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Experience. Machiauel, Aretine knew fasshions, and were acquainted with y cunning of y world. Mach. Aretine were not to lerne how to play their partes, but were prettely beaten to y doings of y world. Mach: Aretine knew y lessons by hart were not yo seeke how to vse y wicked world, y flesh, y Diuel. They had lernid cunning enowgh: and had seen fasshions enowgh: and cowld & woold vse both, with aduantage enowgh. Two courtisan politiques»68.

Machiavelli diventa per l’intellettuale inglese il mentore del perseguimento del fine individuale e della realizzazione delle personalità straordinarie, di quei ‘superuomini’ il cui perfetto prototipo è Angelus Furius, Angelo perché intellettualmente perfetto, unicamente intelletto come erano considerati gli angeli secondo le dottrine scolastiche, e Furio perché eminentemente attivo: «Angelus furius: Angelus jn sermonibus, et consilijs: furius jn actionibus, et negotij»69. Culto dell’energia, pragmatismo individualistico e ammirazione per i megalandri machiavellici si fondono nelle postille disseminate nei volumi della biblioteca di Harvey e testimoniano un amore, nutrito di vastissime letture, per la cultura italiana rinascimentale, che culmina in un invito all’azione e alla cura di mente e corpo, per accrescere entrambi:

Quotidiè duplica vires triplicaque vigorem: Quaque die corpus, cursare; equitare; agitare Brachia, crura, pedes; uigilare, uorare Labores

Omnigenos; usque usque assuesce magisque magisque. Romana haec virtus, fortunae fabrica magnae,

Ad summa armata est, dextrè, ualidèque gerenda, Quodcunque inciderit, seu uis, seu uiuida Virtus. Tenta iterum, atque iterum: nunc his, nunc artibus illis, Nunc precibus, nunc officijs, num denique scriptis: Tempore proficies quod uis aduersa negabat.

Perge, audax, alacrisque per omnia; et omnia habebis. Insta hodiè, atque hodiè, semperque magisque magisque70. 68 Ivi, p. 147. 69 Ivi, p. 108. 70 Ivi, p. 200.

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E’ in questo contesto che si inquadra l’interesse di Harvey per Giordano Bruno: egli scorge in questo pensatore, giunto da poco in terra inglese, un frutto maturo della tanto amata ‘italianità’.

Prima di giungere ad uno dei nuclei centrali di questo lavoro, ovvero l’analisi della postilla di Harvey a proposito di Bruno, potranno essere utili due ordini di considerazioni. Innanzitutto possiamo evidenziare come, per utilizzare un’immagine, l’interesse per Bruno sia contenuto in nuce nello spirito con il quale Harvey guarda alla cultura italiana. Machiavelli ed Aretino sono infatti due autori di fondamentale importanza per il Nolano, due sue fonti imprescindibili, soprattutto nelle opere pubblicate in Inghilterra. A proposito di Machiavelli ci soffermeremo al termine di questo scritto, quando analizzeremo la posizione assunta da Bruno in ambito politico nei confronti dei puritani, mentre sul rapporto del Nolano con Pietro Aretino conviene spendere qualche parola in questo frangente. Giordano Bruno fu un attento lettore delle opere di Pietro Aretino ed instaurò un costante gioco intertestuale con questo autore, creando una relazione dinamica con i suoi testi. L'anticlassicista Pietro Aretino, lontanissimo dalla normalizzazione di stampo bembiano71, è per Bruno un modello chiave di scrittura poetica, in netta opposizione ai «regolisti de poesia»72, al quale egli guarda come ad un grande demistificatore della superficialità del linguaggio pedantesco, come al modello di «uno stile che arriva ad essere, nei momenti di più sicura concentrazione, l’espressione ideale (e quindi traduzione sul piano artistico) di un mondo reale che si manifesta, nei propri effetti, disarmonico, polimorfo, di continuo scattante per infiniti impulsi, e perpetuamente diverso da se

71

Cfr. P. SABBATINO, Giordano Bruno e la «mutazione» del Rinascimento, Olschki, Firenze 1993, pp. 109-10.

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stesso»73. La fonte aretiniana, data la vasta ed innovativa attività di commediografo dell’autore, assume un ruolo di grande rilevanza nel Candelaio: il teatro del drammaturgo toscano, con il suo anticlassicismo e la sua vena polemica antipedantesca, costituisce per Bruno un precedente di grande interesse, sia per quanto riguarda la struttura teatrale sia per quanto concerne la caratterizzazione di alcuni personaggi. Il prologo del Marescalco, commedia aretiniana del 1533, «costruito in posizione oppositiva rispetto alla pièce vera e propria»74, ovvero come un’invettiva del prologo stesso personificato contro la commedia che sta per andare in scena e le sue regole, fornisce a Bruno un esempio di costruzione teatrale anticanonica, di quel tipo di struttura formale drammatica, lo ricordiamo per inciso, maggiormente disprezzato da Rainolds e dai puritani oxoniensi. La rete di rapporti intertestuali che Bruno instaura con le opere dell’Aretino mostra dunque come il letterato toscano costituisca un esempio per il Nolano nell’ambito delle strutture letterarie, dello stile, della lingua e delle dichiarazioni di poetica: Aretino è un paradigma di lingua e di letteratura viventi, non imbrigliabili nelle sclerotizzazioni di petrarchisti e pedanti, e la sua creazione di un «iperspazio linguistico»75 ha trovato entusiastico accoglimento da parte del fautore di un universo infinito la cui realtà infinita ed infinitamente vitale deve essere espressa plasticamente dalla lingua. Harvey guarda a quelli stessi ‘irregolari’ che Bruno sente a sé vicini, a quegli uomini che, al di fuori della cultura ufficiale, cercavano di spiegare i profondi cambiamenti del mondo che li circondava. Egli inoltre – e questo è il secondo ordine di

73

A.PINCHERA, Lo stile dell’Aretino, introduzione a P. ARETINO, Tutto il teatro, a cura di A. Pinchera, con una nota sulle commedie di N. Ciarletta, Newton Compton, Roma 1974, p. 7.

74

G.FERRONI, Le voci dell’istrione. Pietro Aretino e la dissoluzione del teatro, Liguori, Napoli 1977, p. 74.

75

L’espressione è tratta da A.SPATOLA, L’iperspazio linguistico dell’Aretino, in appendice a P. ARETINO, I ragionamenti, con una premessa di R. Roversi, Sampietro, Bologna 1965, pp. 265-8.

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considerazioni cui si faceva cenno – aveva un ruolo di mentore e guida nei confronti degli allievi cantabrigensi più giovani: come Christopher Marlowe fu iniziato dalla conversazione con Harvey – nonché con Walter Raleigh – ai testi di Machiavelli, subendo l’influenza del più anziano allievo di Cambridge, il cui epigramma latino del 1578 apposto ad un ritratto del segretario fiorentino ed intitolato Epigramma in

effigiem Machiavelli. Machiavellus ipse loquitur costituisce un modello per il

prologo dell’Ebreo di Malta76

, parimenti William Perkins fu spinto, con ogni probabilità, ad avvicinarsi ai testi bruniani da Harvey, che era legato al suo mentore,

76

Cfr. M.PRAZ, Machiavelli in Inghilterra ed altri saggi sui rapporti letterari anglo-italiani, cit., p. 128. Riporto di seguito i due testi in questione:

«Epigramma in effigiem Machiavelli. / Machiavellus ipse loquitur. / Quaeris ego qui sim. Rex Regum: totius orbis / Imperium digito nititur omne meo. / Nemo regat, qui non Machiavellica dogmata callet: / Nec sapuisse putes qui minus ista sapit. / Caetera sunt umbrae, fumi, ludibria, risus, / Regna ego sola loquor, sceptra ego sola loquor, / Pacem optent pueri, vetulaeque, senesque, miselli, / Castra ego sola loquor, bella ego sola loquor. / Plebis amor nihil est; nihilo minus, Indiga Virtus: / Verba ego linquo alijs; facta ego mira patro. / Ecce oculos: Furor ijs habitat: manus altera saxum; / Altera ensem torquet: toxica in ore latent. / Spiritus hinc, atque hinc perfusus mille venenis: / Ferrea frons, Orci pectora digna Deo. / Emblema est, semperque fuit: Iuuat ire per altum: / Aut nihil, aut Caesar; noster Alumnus erat. / Nil mediocre placet: sublimia sola voluto: / Lac pueris cibus est: sanguine vescor ego. / Mille neces obeat vulgus, modo sceptra capessam; / Non flocci cruor est, non laniena mihi. / Dispereant abiectae animae: trudantur ad Orcum: / Solus ego sapio, vivo, triumpho mihi. / Caetera quis nescit? Fraus est mea maxima Virtus: / Proxima, Vis: alios non ego nosco Deos. / Ingenij monumenta a mei Regalia volve: / Nec post haec quaeres: Quis Machiavellus erat!», in GABRIELIS HARUEIJ Gratulationum Valdinensium libri quatuor: Ad illustriss. augustissimamque principem, Elizabetam, Angliae, Franciae, Hiberniaeq[ue] Reginam longe serenissimam, atq[ue] optatissimam. Ex officina

typographica Henrici Binnemani, Londini 1578.

«Il mondo crede che Machiavelli è morto: / macché, la sua anima era volata in Francia; / morto il Guisa, è venuta in Inghilterra / per svago e per scherzare con gli amici. / Forse il mio nome riesce odioso a qualcuno; / ma chi mi ama, mi guardi da quelle lingue, / e dica loro che sono Machiavelli, / e che non bado agli uomini, né a quel che dicono. / Quelli che più mi odiano mi ammirano; / benché certuni sparlino dei miei libri / tuttavia li leggono, e così arrivano / alla sedia di Pietro; se poi mi scartano, / ho seguaci aspiranti che li avvelenano. / Per me la fede è roba da bambini, / e l’unico peccato è l’ignoranza. / Che gli uccelli denunciano gli assassini! / Mi vergogno di udire scemenze tali. / C’è chi parla di titolo alla corona: / ma che diritto Cesare ebbe all’impero? / La forza ha fatto i re: la legge è solida / se la scrivi col sangue, come Dracone. / Perciò un castello ben fortificato / ispira più rispetto di un documento; / e se Falaride ci avesse pensato / non avrebbe muggito, nel toro bronzeo, / sull’invidia dei grandi: per me, dai piccoli, / meglio essere invidiato che compianto. / Ma divago! Non sono, no, venuto / in Inghilterra a dare conferenze, / ma a presentarvi il dramma di un ebreo / che sta a godersi le sue borse piene, / guadagni ai quali non sono certo estraneo. / Vi prego, giudicatelo per quel che vale: / non vorrei che venisse accolto male / solo perché mi rassomiglia. (Esce)», in C. MARLOWE, Teatro

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Laurence Chaderton, e del quale ebbe modo di ascoltare le lezioni ramiste a Cambridge.

La disputa oxoniense del Nolano è ricordata da Harvey in un’annotazione contenuta nel suo volume dell’Οικονοµια (sic) di Joannes Ramus, soprannome del giureconsulto cinquecentesco olandese Jan Tack, sintomaticamente situata al di sotto dell’assioma intitolato De litis contestatione: «Jordanus Neapolitanus, (Oxonij disputans cum Doctore Vnderhil) tam in Theologia, quam in philosophia, omnia reuocabat ad locos Topicos, et axiomata Aristotelis; atque inde de quauis materia promptissime arguebat. Hopperi principia multo efficaciora in quouis argumento forensi»77. Una contestualizzazione di questa postilla all’interno della pagina, costellata di annotazioni, può chiarire in quale ottica Harvey guardi a Bruno e decida di ricordare il suo successo oxoniense. Prima di tutto analizziamo il testo di Ramus in prossimità del quale è posta:

«Litis contestatio nihil est aliud quam quaedam inter eos qui inuicem controuersiam habent, de iudicio suscipiendo conuentio, non solum inter ipsos, sed etiam cum iudice inita, qui eos cum sponte ad se uenissent, solet interrogare, an sibi de controuersia quae inter eos esset, iudicandi potestatem facerent: et cum ipsi se facere respondissent, iam tum proprie dicebatur susceptum iudicium, et lis contestata: ducto nomine uidelicet a testibus, qui illi contractui et conuentioni ad solennitatem adhibeantur, coram quibus statim verbim solennibus fiebat contestatio, his nimirum, testes estote. Perinde ut testamento condito, testator praesentibus testibus, tabulas iam perfectas tenens, et ad testes conversus dicere solebat. Haec ut in his tabulis scripta sunt, ita do, lego, ita testor. Itaque uos Quirites testimonium praebitote: à qua quidem testium appellatione, puto testamenti nomen primum descendisse. Et quidem hic litis contestandae modus, qui testibus interpositis fiebat, inter alios erat frequentior et usitatior: Nam quod et sacramento

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deposito, et sponsione facta (hoc est, datis pignoribus, et fideiussoribus) iudicium interdum susciperetur, ex Cicerone, Varrone et aliis uetustioribus apparet; apud quos frequens est illud Sacramento uincere, et spontione contendere. Ex quibus contestandae litis modis tribus, unicus est hodie conflatus, nam in locum Sacramenti, successit iuramentum propter calumniam: in locum sponsionis, fideiussores, iudicio sisti: ac denique in locum testium, uenit annotatio ad acta. Nunc de ui et effectu litis contestationis»78.

La reminiscenza della disputa del Nolano coglie Harvey a seguito di un brano fortemente integrato con essa, al quale non è casualmente accostata. La descrizione giuridica della litis contestatio – fase processuale consistente nello scambio di dichiarazioni solenni tra le parti, ribadenti la differente posizione di ciascuna di esse, di fronte a testimoni – richiama alla memoria lo scambio serrato di battute tra Underhill e Bruno ed anche la descrizione del comportamento che un giureconsulto deve tenere in un caso del genere assomiglia, nella sua trama, al comportamento dei due intellettuali, uno di fronte all’altro a sfidarsi a colpi di sillogismi e richiami alle

auctoritates.

Due annotazioni, poi, immediatamente precedenti rispetto a quella a proposito di Bruno, che è sul margine inferiore della pagina, attirano in modo particolare la nostra attenzione: «arbor omnium actionum» e «Freigiana Logica, Hopperia nomologiciis principiis animata»79. La prima nota a margine fa riferimento ad una particolare forma di classificazione delle azioni in campo giuridico, ideata dal glossatore

78

Οικονοµια (sic), seu Dispositio Regularum utriusque Iuris in Locos Communes breui

interpretatione subiecta: quae commentarij et locorum communium IOANNIS RAMI Iureconsulti ad easdam Regulas, instar sit Enchiridij. Coloniae Agrippinae ad Intersignium Monocerotis, 1570,

pp. 191-2.

79

Le due annotazioni si trovano a p. 192 dell’esemplare appartenuto a Gabriel Harvey, conservato presso il museo di Saffron Walden.

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Giovanni Bassiano a Bologna, nel tardo XII secolo80. Questo peculiare metodo sistematico permetteva da un lato un’analisi del testo legale volta, attraverso varie suddivisioni, al reperimento di definizioni appropriate e concise e dall’altra un ordinamento immediato del materiale, efficacemente visualizzabile e facilmente rammemorabile. Attraverso un modello grafico veniva dato un ordinamento razionalmente chiaro, fondato sulla progressiva suddivisione, attraverso distinctiones e subdistinctiones, di categorie generali, alla materia delle actiones e trovavano così una felice soluzione sia l’esigenza didattica sia la necessità concreta di una veloce individuazione delle caratteristiche peculiari della singola actio.

Per quanto concerne il secondo riferimento, invece, Johann Thomas Freigius e Joachim Hopperus sono due giuristi; la biografia del primo risulta, in questo contesto, particolarmente interessante, in quanto egli incontrò, a Basilea nel 1568, Pietro Ramo, del quale divenne un fervente seguace e del quale pubblicò una parte delle opere81. Il racconto a proposito del Nolano è dunque incastonato tra riferimenti molto precisi: l’uno ad uno schema ad albero per la rammemorazione di materiale giuridico, che, in un autore di formazione ramista come Harvey, si complica con l’interazione con la tassonomia del filosofo francese82, e l’altro alla necessità di

80

Per un’esauriente panoramica sull’argomento, cfr. A. ERRERA, Arbor actionum: genere

letterario e forma di classificazione delle azioni nella dottrina dei glossatori, Monduzzi, Bologna

1995.

81

Cfr. A.WEIBEL,Freigius, Johann Thomas in Dizionario storico della Svizzera (DSS), versione

del 02/08/2005 (traduzione dal francese), URL: http://www.hls-dhs-dss.ch/textes/i/I48491.php.

82

L’esigenza di applicare i nuovi metodi di organizzazione e memorizzazione del sapere anche a settori specifici richiedenti un notevole sforzo mnemonico era fortemente sentita all’epoca: anche Bruno sottolinea, a partire dal De umbris idearum, pubblicato a Parigi nel 1582, come la sua mnemotecnica possa essere utile ai giuristi. Nella spiegazione dell’enigma della prima arte breve del De umbris possiamo leggere: «Con un procedimento di estrema semplicità, re serenissimo, il nostro enigma insegna agli storici a far avanzare attraverso atri – quasi richiamandoli fuori dalle proprie dimore – i personaggi da ricordare, dopo averli collocati nel medesimo ordine in cui sono distribuiti secondo vari volumi, libri e capitoli; negli atri, poi, le loro diverse azioni permetteranno di ordinare i vari eventi delle vite e delle imprese di ciascuno, concependoli davanti agli occhi senza errori in un breve intervallo di tempo. […] Con questo procedimento

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‘animare’ la logica giuridica di un ramista ortodosso come Freigius con i princìpi nomologici di Hopperus. Ma cosa sono i «principia nomologica»? Queste due parole si trovano scritte, per mano di Harvey, nel margine superiore della pagina del suo esemplare del testo di Hopperus In veram iurisprudentiam Isagoges, dedicata ai princìpi del giusto e dell’ingiusto83. E’ dunque a questi princìpi, dei quali è

necessario fornire «descriptio» ed «vsus»84, che Harvey intende riferirsi. L’umanista inglese, prima di raccontare la disputa tra il Nolano e Underhill, sostiene la necessità di ‘vivificare’ la logica strettamente ramista di Freigius attraverso quella di Hopperus, accostato poco dopo al Nolano per la maggiore efficacia, in ambito forense, dei suoi princìpi rispetto ai ‘luoghi topici’ e agli ‘assiomi aristotelici’ sfoderati da Bruno. I prìncipi di Hopperus, rispetto alla logica di Freigius, presentano infatti aspetti maggiormente produttivi, tali da inserire il singolo dato concreto all’interno di un quadro sistematico più vitale, evitando ogni freddo specialismo: «primum quenam sint principia dicemus,», scrive Hopperus nel paragrafo De

principijs Iusti et Iniusti, «deinde quomodo diuidantur, post, quae eorum sint

qualitates»85. E’ dunque in un contesto di apertura ad esperienze logico-dialettiche differenti che Harvey guarda a Bruno, il quale, non va dimenticato, era giunto in Inghilterra con una fama di maestro di arte della memoria, dato che la sua produzione

anche gli oratori potranno collocare le proposizioni dei discorsi sotto i rispettivi membri dei periodi. I giuristi potranno a loro volta collocare sotto i libri i titoli, sotto i titoli le leggi, sotto le leggi i paragrafi, sotto questi perfino il contenuti delle singole righe», in G. BRUNO, Opere mnemotecniche, vol. 1, cit., pp. 359-61.

83

L’annotazione si trova a p. 267 dell’esemplare C.60.e.14, appartenuto a Gabriel Harvey e conservato presso la British Library, di D.IOACHIMI HOPPERI In veram Iurisprudentiam Isagoges ad filium libri octo. Coloniae, apud Maternum Cholinum, 1580.

84

Ibid.

85

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filosofica fino ad allora era stata quasi interamente mnemotecnica86. Un’altra annotazione di Harvey contenuta nel testo di Hopperus aiuta a lumeggiare ulteriormente i termini del problema:

«Beasti me, optime et prudentissime Hoppere, tuis istis insignibus Libellis, aureolis totius iurisprudentiae fundamentis. Quibus tam solidè tamque conspicuè iactis, quis non gaudeat in hoc magnificum, atque illustre studium acerrimè incumbere? Nullum adhuc Legi Jurisconsultum qui me uel allexerit iucundiùs, vel instruxerit uberiùs. Salue mi praestantissime Hoppere, qui me proficiendi artem, in excellentissima professione dexterrimè, maturimeque docuisti. Mihi equidem egregie conducunt tres Analyses: Freigii ratio generalis logica: Hopperi ratio specialis juridica: Vigelii et Marantae ratio specialissima pragmatica»87.

Hopperus costituisce il ‘giusto mezzo’ tra la logica di Freigius, griglia concettuale astratta, e la casistica fortemente legata al singolo dato concreto di Nicolaus Vigelius, giureconsulto e professore di diritto tedesco, e di Roberto Maranta, giurista campano che insegnò all’Università di Salerno88

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I princìpi nomologici, dunque, non vertono sugli aspetti particolari e concreti della realtà, ma cercano di estrapolarne induttivamente delle strutture, delle leggi, contemporaneamente sistematiche, ovvero capillarmente coprenti ed inglobanti il materiale, e strettamente legate agli elementi di partenza. Potremmo paragonarli a categorie di lavoro, attraverso le quali schematizzare il materiale giuridico a

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