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Hysteron proteron con i verbi linquo|relinquo

Meritano una riflessione a parte i casi di h. p. contraddistinti dalla collocazione del verbo relinquere a fine verso, che, come si è accennato, sono stati oggetto di discussione da parte della critica, interpretati dal Norden come influsso di clausole enniane185 e da McDevitt, che respinge il termine h. p. in questi casi, come formule di transizione da una sequenza narrativa e l’altra. Tuttavia, come si avrà modo di osservare, concorrono alla scelta di questo h. p. anche motivazioni espressive, la particolare tecnica rappresentativa virgiliana, volta a rappresentare uno stesso fenomeno sotto più punti di vista, nonché il richiamo all’omerico λιπών186

.

Si è visto in Catullo187 come in 64, 285-87 Confestim Penios adest…†Minosim

linquens doris celebranda choreis e 64, 2 sgg. velim Caecilio, papyre, dicas|Veronam veniat, Novi relinquens |Comi moenia, Lariumque litus,188 per

184 Cfr. Kraggerud, Commenting on... cit. pp. 128-129: «the poet suggests that Ismarus could be

observed on more than one occasion. The plural calamos and probably also vulnera point to the way Ismarus used to fight in battles. As was similarly the case at A. 6. 184 above, each activity could be observed separately by his comrades-in-arms as repeating themselves during the course of the siege.». Harrison, comm. cit. ad loc., interpreta la figura, seguendo la teoria del Page ma accettando la definizione di hyst. prot., «vulnera derigere implies that Ismarus is already using the arrows he is here said to prepare, the so-called ὕστερον πρότερον […] where the poet puts the more important thing first, appending an explanatory clause which precedes it in strict logic.», tuttavia non mi sembra esista una gerarchia di importanza tra le due azioni, che sono parte di un unico processo.

185Cfr. Norden, comm. cit. pp. 379-80, Norden nota tre versi di Ennio ( vv. 5 somnus reliquit, 149

Ancus reliquit, 619 corpora nuda relinquunt Vahlen2) che terminano con il verbo relinquere e Virgilio ha per 51 volte questo verbo alla fine del verso, da ciò conclude, ibidem, p. 380, n. 1 «Dies Verbum war also an das Ende des Hexameters gewissermaβen gebunden…das schlieβt, wie man zugeben muβ, jede ‘psychologische’ Erklärung aus.» Cfr. cap. 1. 1 e cap. 1. 2.

186

Cfr. Ellis, A Commentary on Catullus, Oxford 1889, ad loc. «…where a Greek would have used an aor. part., as here reliquens seems= λιπών. Virgil similarly, Aen. III, 300 Progredior portu classes et litora liquens.»

187 Cfr. cap. 1. 4. 2.; Cfr. cap. 1. 3. Od. XV 124 ὦρτο διὲκ προθύρου, λίπε δὲ θρόνον ἔνθα θάασσε. 188 Cfr. Fordyce, Catullus, Oxford 1961, ad loc. «There is no improprierty in the use of the present

participle, for relinquens is not “departing from” but “leaving behind”, “forsaking”: Virg. Aen. vii, 7 “tendit itr velis portumque relinquit”, viii. 125 “progressi subeunt luco fluviumque relinquunt” are not cases of hysteron proteron». Cfr. Ellis, A Commentary on Catullus, Oxford 1889, ad loc. «…where a Greek would have used an aor. part., as here reliquens seems= λιπών. Virgil similarly, Aen. III, 300 Progredior portu classes et litora liquens.» Ellis cita anche un passo di Plauto Phorm. V. 1. 31 offendi

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descrivere la partenza da un luogo, prima si rappresenta la destinazione, poi l’immagine è chiusa dal participio relinquens/linquens e dai luoghi che sono stati abbandonati, laddove la sequenza cronologica delle due azioni richiederebbe un segnale dell’anteriorità dell’azione espressa dal verbo relinquere/linquere.

Nella maggioranza delle occorrenze Virgilio rende più netto lo scarto e anziché usare

linquo/relinquo al participio come in Catullo usa la paratassi, giustapponendo sullo

stesso piano le due azioni, lo scarto è reso meno evidente se si traduce il verbo con “lasciare dietro di sé”. L’unico caso con il participio si osserva in III 300, con congiunzione et, Progredior portu classis et litora linquens dove il commento serviano segnala h. p.: “ante enim linquitur litus et sic a portu proceditur” .

Assai discusso è il caso di h. p. in IV 154-155 all’interno della descrizione della battuta di caccia a cui prendono parte Fenici e Troiani (vv. 151-55). Il poeta si sofferma sui preparativi di un evento tipico del costume antico e romano189, dipingendo con ricchezza di dettagli la magnificenza regale ellenistica di Didone ed Enea, in un clima festoso che prepara al conubium progettato da Giunone. IV 151 sgg.:

Postquam altos ventum in montis atque invia lustra, ecce ferae saxi deiectae vertice caprae

decurrere iugis; alia de parte patentis

transmittunt cursu campos atque agmina cervi

pulverulenta fuga glomerant montisque relinquunt.

La scena è caratterizzata grande dinamicità, resa grazie all’alternanza di perfetti e presenti (v. 151 ventum con elissi del verbo a enfatizzare la rapidità; decurrere v. 153; trasmittunt v. 154; glomerant…relinquunt v. 155190). Ecce in apertura esprime la vivacità del repentino movimento della selvaggina battuta dai cacciatori, come osserva Servio, “adverbium demonstrationis est, ut ostenderet velociter factum. Et

adveniens. Cfr. M. Schuster, Catulli Veronensis Liber, Leipzig 1949 ad loc. che riporta come esempio di un uso simile del participio Plauto Capt. 9 cumque hinc profugiens vendidit.

189A. Cartault, l’Art de Virgile dans l’Énéide, Paris, 1926, vol I, p. 308 «Le motif de la chasse joue un

rôle important dans l’Enéide: au VII livre c’st la chasse d’Iule qui décide la guerre; ici c’est à

l’occasion d’une chasse que Didon succombe…Comme le banquet du I er livre etait l’image agrandie

des réceptions fasteuses des grands seigneurs romains, nous avons ici la reproduction avec plus d’apparat de ces chasses magnifiques qui étaient à Rome une des manifestations de la haute vie.».

190 Cfr. Servio, ad. Aen. IV, 153 “decurrere: bene praeterito usus est tempore ad exprimendam nimia

celeritatem” e lo Schol. Dan. aggiunge “ostendit enim iam factum. Sane ‘decurrere’ iuxta analogiam dixit, non, ut imperiti putant decurrerunt.”.

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bene hac particula utitur; facit enim nos intentos ut quae dicuntur putemus videre”. Si descrive prima la discesa dei caprioli (decurrere), poi dei cervi, che di corsa (cursu v. 153 cursus) attraversano le piane e si aggregano in branco (transmittunt

campos…agmina…glomerant vv. 154-155).

La fuga degli animali è variata - prima il moto verso il basso (decurrere) poi lo spostamento attraverso la pianura (transmittunt), mantenendo intatto il dinamismo del quadro. Montisque relinquunt v. 153 chiude l’immagine descrivendo il movimento generale dei cervi, che, come i caprioli (saxi deiectae vertice

caprae|decurrere iugis vv. 152-53) abbandonano le alture, passando alla veduta

d’insieme dopo aver focalizzato la fuga 191

. Lo sfondo montano è evocato attraverso la ripetizione di mons (v. 151, v. 155, v. 159), per la quale Pease porta a confronto la ripetizione di aurum nella descrizione di Didone (Aen. IV 135, 138): in entrambi i casi il ricorrere dello stesso sostantivo fa spiccare l’elemento dominante dell’immagine, l’oro nell’abbigliamento della regina, i monti nel paesaggio della caccia.192

In questo caso non si può parlare d’inversione cronologica vera e propria, infatti,

transmittunt…glomerant…relinquunt rappresentano una elencazione di fenomeni che

si sovrappongono parzialmente più che una narrazione di eventi, con passaggio da un’angolatura particolare ad una generale dello stesso fenomeno193

, nel tentativo di evocare un’immagine complessiva in cui la sequenza delle singole azioni è subordinata alla visione generale del panorama alpestre. Page194 considera montisque

relinquunt “explanatory clause”, giustificata dalla tendenza paratattica dello stile

191 Cfr. l’osservazione di Pascoli, comm. cit. ad loc. «Questi cervi, o meglio antilopi, non pare fossero

nella stessa parte che i caprioli: alia de parte ; e siccome montano era il paese, altos ventum in montes, ed esse antilopi correvano per le piane, si ha a credere che fossero mediis in vallibus. La frase dunque avrebbe il senso: cercano di uscir dalle valli, pazze di terrore, e lasciano dietro di sé i monti tra i quali pascevano.».

192 Nell’accostare due immagini differenti su uno stesso sfondo simile al catulliano 64, 251 at parte ex

alia florens volitabat Iacchus. Pease ad loc. in particolare fa riferimento ad un mosaico di Alicarnasso che ritrae Didone ed Enea a caccia, C. T. Newton A History of Discoveries at Halicarnassus, Cnidus and Branchidæ, London 1862, pp. 283-284.

193 Cfr. E. Kraggerud, Commenting on …cit. pp. 130-131«A process is taking place and 1 is

overlapping 2. Glomerant and relinquunt are simultaneous.», cfr. anche A. S. McDevitt, Hysteron Proteron… cit. pp. 316-321, «…there is no reason why the deer should not gather their ranks together before fleeing the hills, but where the two elements of the picture - the gathering of the deer in increasing numbers and their flight - should be regarded as a single whole. Indeed this is indicated by fuga, which shows that the two clauses are synonymous and therefore simultaneous. This device, which is an example of what Henry calls 'Theme and Variation',' in which the poet says the same thing in two different ways, or presents the same picture from two different angles, is very frequent in Virgil, and refutes many of the alleged examples of hysteron proteron, in which the ideas contained in the two clauses are really the same.»

194

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poetico, mentre in prosa sarebbe preferibile montibus relictis.195 Le spiegazioni di Page e di Norden sono, tuttavia, insufficienti, infatti la claeusola non è semplicemente formulare o epesegetica e pleonastica ma è funzionale a rappresentare da più punti di vista un fenomeno, così da renderne efficace e realistica la descrizione. Si possono osservare casi analoghi dell’impiego della medesima clausola, come V 316-317 Haec ubi dicta, locum capiunt signoque repente|

corripiunt spatia audito limenque relinquunt, dove lo scatto dei corridori al segnale

di partenza è rappresentato con duplice prospettiva in una Doppelung, la distanza percorsa in avanti e lo spazio lasciato dietro di sé.196 Simile tecnica ma senza l’uso di

relinquo si osserva in Aen. VI 424- 425 Occupat Aeneas aditum custode sepulto| evaditque celer ripam inremeabilis undae, dove dopo che Cerbero cade

addormentato Enea si affretta ad abbandonare lo Stige197: la rapidità di una stessa azione è descritta mediante due diverse angolazioni che evocano la velocità dello spostamento dal punto di partenza a quello di arrivo.

Alcuni commentatori moderni198 individuano in V 316 un caso di h. p., all’interno della descrizione dello scatto degli atleti nella gara di corsa dai blocchi di partenza, vv. 315-317:

Haec ubi dicta, locum capiunt, signoque repente

corripiunt spatia audito, limenque relinquunt, effusi nimbo simile: simul ultima signant.199

195 Cfr. Buscaroli, comm. cit. ad loc. «…è preferibile intendere montisque relinquont come isterologia

puramente grammaticale, dovuta all’uso della paratassi anzichédel’ipotassi (in prosa dice il Wagner, sarebbe montibus relictis; così il Forbiger e il Sabbadini) o ritenere che – que introduca una prop. esplicativa».

196 Per il significato di relinquo di “abbandonare dietro di sé”, cfr. OLD, s.v. 6b ‘to leave behind’. Cfr.

la traduzione di A. Fò «udito il segnale, spazio di colpo ghermiscono e lasciano indietro la linea».

197 La scena è di grande rapidità cfr. l'espressione occupat...aditum, come nota Pascoli equivalente a

raptim ingreditur e da celer al v 425. Si noti la precisa corrispondenza fra occupat ed evadit: il concetto espresso è identico ma variato, prima presentato come un moto a luogo, poi come moto da luogo.

198

Cfr. Bell, The Latin Dual and Poetic Diction, p. 271-72 considera V 316 h. p.

199 La punteggiatura e il senso del v. 317 simul ultima signant sono stati ampiamente dibattuti, a

seconda che si sott’intenda oculis o pedibus cfr. F. H. Sandbach (in “Classical Review” LXX (1957) pp. 102-103) che propone virgola dopo signat, considerando l’emistichio la descrizione dell’ultima fase di gara. Tra le interpretazioni cfr. Henry «at the same time the last trumpets sound», la migliore resta quella di Servio, ad loc., seguito da Conte et alii , di cui seguo la punteggiatura, «intuentur et notant ultima spatia, id est finem cursus, aviditate vincendi. et deest 'visu', ut Cicero “notat et designat oculis”», tutt’oggi una delle tattiche per correre più velocemente è fissare lo sguardo sul punto più lontano, il parallelo omerico più vicino è la descrizione della competizione sui carri in Il. XXIII 323 ὃς δέ κε κέρδεα εἰδῇ ἐλαύνων ἥσσονας ἵππους,|αἰεὶ τέρμ᾽ ὁρόων στρέφει ἐγγύθεν.

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L’alternanza di tempi finiti e participi assieme alla coordinazione paratattica consente al poeta di rappresentare in rapida successione diverse azioni con grande economia di versi (signo…audito v. 315-16; corripiunt…relinquunt v. 316;

effusi…signant v. 317). Al segnale di partenza segue l’avanzamento degli atleti, signo…audito, con iperbato che incastona corripiunt spatia e l’incalzante ritmo dei metra dattili 200, come se fossero bastati pochi istanti per consentire ai gareggianti di guadagnare un certo tratto del percorso201. Il verbo corripere è di grande efficacia, omoradicale di rapidus, mentre limenque relinquunt replica, alla maniera virgiliana, l’immagine precedente cambiando il punto di vista, dalla visuale della distanza raggiunta, espressa da un verbo di moto a luogo, al moto da luogo rispetto al punto di partenza. In VI 424-425 Virgilio adopera lo stesso mezzo stilistico per rappresentare la fuga di Enea dall’antro di Cerbero, corripit Aeneas aditum custode sepulto|

evaditque celer ripam inremeabilis undae202, in entrambi i passi il verbo corripere è collocato ad inizio verso al fine di proiettare ulteriormente in avanti lo scatto della corsa. Un caso simile con il verbo linquere a chiudere l’immagine è V 92-93 libavit

dapes rursusque innoxius imo| successit tumulo et depasta altaria liquit, dove in

modo analogo agli esempi precedenti prima si rappresenta la direzione verso cui è diretto il serpente e poi il luogo da lui abbandonato.

La descrizione omerica della partenza nella gara di velocità appare statica rispetto al dinamismo virgiliano, Il. XXIII 757-58: στὰν δὲ μεταστοιχί: σήμηνε δὲ τέρματ᾽ Ἀχιλλεύς.|τοῖσι δ᾽ ἀπὸ νύσσης τέτατο δρόμος, in cui semplicemente si rappresentano i corridori che occupano i posti di partenza, lo stabilire la meta da parte di Achille, e si passa poi alla narrazione della gara. La corsa dei carri ai vv. 362 sgg è maggiormente concitata, ma senza la brevitas e l’incisività di Virgilio:

οἳ δ᾽ ἅμα πάντες ἐφ᾽ ἵπποιιν μάστιγας ἄειραν,

200

Come osserva La Cerda, comm. cit. ad loc. «Nota celeritatem cursorum ex dactylicis volantibus, qui crebriter ex vocalibus hiantibus quasi illis aperiatur via ad cursuram.».

201 Per il plur. spatia cfrL. M. Fratantuono- R. Alden Smith, Virgil, Aeneid 5, Leiden 2015, ad loc.,

«the plural here reflects the different speeds of the competitors as they seize the different spaces.». 201 Per il valore di spatia cfr. G. Petrone, s.v. spatium, EV, IV, p. 976 «compare spesso nel libro dei ludi, a denotare il percorso delle gare e l'estensione della corsa: i concorrenti al segnale corripiunt spatia ( E. 5, 316…), si distanziano l' un l'altro, spatio post deinde relicto (v. 321), dove s. indica l'intervallo che separa la loro posizione reciproca».

202

Cfr. McDevitt, Hysteron proteron…cit. p. 316 «corripiunt spatia does not mean 'dash over the course', but rather 'seize upon the course', conveying the sudden rush of movement at the very start of the race. The second clause, 'they leave the starting-line', thus conveys what is in effect the same picture», inoltre McDevitt suggerisce che è possibile tradurre relinquunt con “lasciare dietro di sé”, ma anche la traduzione “abbandonare” non urterebbe la logica.

64 πέπληγόν θ᾽ ἱμᾶσιν, ὁμόκλησάν τ᾽ ἐπέεσσιν ἐσσυμένως: οἳ δ᾽ ὦκα διέπρησσον πεδίοιο νόσφι νεῶν ταχέως: ὑπὸ δὲ στέρνοισι κονίη ἵστατ᾽ ἀειρομένη ὥς τε νέφος ἠὲ θύελλα, χαῖται δ᾽ ἐρρώοντο μετὰ πνοιῇς ἀνέμοιο.

L’espressione omerica νόσφι νεῶν ταχέως (v. 365) sembrerebbe il punto di partenza del virgiliano limenque relinquunt, nella volontà di suggerire l’idea di rapidità e fretta, simile al passo di VIII 125 fluviumque relinquunt. Il corrispondente omerico di

corripiunt spatia, v. 364, διέπρησσον πεδίοιο, è meno efficace a rappresentare l’ansia

agonistica dei contendenti.

Il libro VII dell’Eneide prende le mosse da un’accorata apostrofe del poeta a Caieta203, nutrice di Enea, che con Palinuro e Miseno condivide la morte pregna di eterna fama, poiché anche la donna sarà eponima della città di Gaeta nel littorale d’Esperia, citata già proletticamente in VI 900. I vv. 5-7 rappresentano la partenza della flotta di Enea dopo aver concluso i riti funebri, citati brevemente204 in VII 5 sgg.:

At pius exsequiis Aeneas rite solutis,

aggere composito tumuli, postquam alta quierunt aequora, tendit iter velis portumque relinquit.

203 Cfr. A. Barchiesi, s. v. Caieta, EV, vol. I, p. 604, secondo cui Virgilio «dispone i suoi aitia a far

ponte fra il 5° e il 7° libro: secondo un chiaro disegno anche tematico, per cui le morti di Palinuro, Miseno e C.[aieta] scandiscono l’avvicinamento alla meta italica per tonalità sempre meno oscure e dolenti […]. La semplice citazione del personaggio nella sua brevità […] sviluppa allora una certa gamma di funzioni compositive. 1) l’episodio vale come richiamo sintetico agli errores di Enea, e permette di rendere fluida la transizione da un libro all’altro […]; 2) la morte di C.[aieta], segnata da esequie regolari e dalla persistenza del nome nella memoria, bilancia la morte di Palinuro, che alla fine de 5°, si presenta con caratteri opposti […].I due casi di morte incorniciano così il “libro dei morti” virgiliano, e ne preservano la compattezza formale; 3) il solenne esordio Tu quoque litoribus nostris (7,1) marca non solo un cambiamento di atmosfera (cfr. l’ignota harena cui sembrava destinato Palinuro), ma anche un mutamento di prospettiva, per cui l’Italia è vista come terra conosciuta e posseduta».

204 Cfr. Horsfall, comm. cit. ad loc., cita Tiberio Claudio Donato, che sostiene che il funerale non è

descritto in quanto è già stato rappresentato quello di Miseno, a sua volta Horsfall rimanda a VI 510 omnia Deiphobo soluisti, altro funerale omesso dall’ellissi narrativa. Maggiormente estesa, inoltre, è più logico che sia la descrizione della cerimonia di un membro dell’equipaggio quale Miseno, rispetto a un personaggio di minor rilievo e femminile- benché importante negli affetti di Enea- come quello della nutrice.

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La ripresa della navigazione è descritta rappresentando, a differenza delle esaustive descrizioni omeriche, soltanto alcune delle manovre richieste, variando l’immagine nonostante la fissità di dinamiche sempre identiche: dopo aver controllato che le condizioni atmosferiche siano favorevoli al viaggio (postquam alta quierunt|

aequora vv. 6-7205), in due cola coordinati Virgilio descrive l’allontanamento della flotta, usando la iunctura arcaica tendit iter velis,206 che, come osserva Conington, richiama l’espressione tendere vela, a evocare l’immagine della nave a vele spiegate, mentre nel colon successivo, portumque relinquit, si descrive con cambio di prospettiva la stessa immagine. Lo sguardo si sposta dal movimento in avanti dell’imbarcazione, che segue sicura la sua rotta (tendere), al punto di partenza da cui ci si allontana, il porto, come afferma Kraggerud, che respinge lo h. p. al v. 7, «The simultaneity of the two parts - with the attention directed in casu towards respectively bow and stern - represents a situation most people will have experienced at sea: In the first part (tendit iter velis) the look is directed forwards, in the second (portumque relinquit) one’s eyes are turned towards the receding land or port. The issue is not one of chronological order, but point of view»207. Virgilio preferisce la paratassi in luogo della subordinazione che avrebbe consentito la rappresentazione contemporanea delle due azioni208, come talvolta accade, si veda ad esempio III 300

progredior portu classis et litora linquens, e VI 157 ingreditur linquens antrum,

mentre la coordinazione giustappone i due cola in successione, consentendo di rappresentare le due immagini separatamente, chiudendo la rappresentazione con un ultimo sguardo di commiato al porto, che accoglie le ossa della defunta Caieta e che, secondo l’eziologia, è identificato con la nutrice stessa. Un esempio virgiliano di h.

p. simile si incontra nelle Georgiche, nella descrizione della perdita del senso del

dovere delle api che volano senza meta e abbandonano il labor, IV 103-104, At cum

205 Cfr. le partenze descritte in III, 69 sgg. e III, 518 Postquam cuncta videt caelo constare sereno. 206

Per un esempio simile si veda tendere iter pennis, VI 240. Cfr. Norden, comm. cit. ad. v. 240 «Die Verbindungen mache archaiscen Eindruck», cfr. Horsfall, Virgil, Aeneid 3: A Commentary, Leiden 2006 che riporta un parallelo in Accio, trag. 500 ad te itiner tendere. Cfr. Servio che discute il senso dell’espressione «tendit iter velis quia prout vela extensa fuerint, ita etiam cursus extenditur, in quo navis est iter. multi dicunt inproprie dictum quod ait 'tendit iter velis', multi nimium proprie. constat tamen secundum illud dictum quod ait supra “flecte viam velis” . aliud est velis iter tendere, aliud per vela iter. quod si dicimus, bene procedit et 'tende viam velis', ut in ipsis velis ratio sit viae.»

207 Commenting on…art. cit. p. 135. 208

Il Norden parafrasa: portu relicto tendit, e Fordyce, Aeneidos libri VII-VIII, Oxford 1977, nota ad loc. «The second clause…conveys an aspect which is prior to that of the first». Qui però la cronologia delle due azioni non è evidente, poiché il viaggio vero e proprio inizia nel preciso istante in cui la flotta ha abbandonato il porto ma iter si può altresì considerare lo spostamento dalla costa all’uscita

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