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Si è già avuto modo di rilevare che il processo di globalizzazione ha sollevato una serie di preoccupazioni secondo le quali le multinazionali con il loro operato tendereb- bero esclusivamente a perseguire il proprio profitto a scapito della tutela della forza lavoro, delle condizioni ambientali e così via.

La pressione sempre più insistente esercitata dai sindacati, la società civile, orga- nizzazioni non governative e dal mondo dell’associazionismo in genere, in particolare attraverso campagne di sensibilizzazione e boicottaggio, ha quindi progressivamente incoraggiato le imprese transnazionale a riflettere sulle proprie responsabilità ed a ri- pensare al proprio ruolo nell’ambito della società. Come conseguenza, in risposta a queste preoccupazioni, le multinazionali hanno sempre più spesso adottato provvedi- menti volti a dimostrare l’assunzione della loro responsabilità sociale. In tal senso, par- ticolarmente significativa è stata l’elaborazione e l’adozione dei codici di condotta aziendali o di settore, con cui le imprese hanno per l’appunto voluto dare una risposta alle richieste di maggior trasparenza in materia di responsabilità sociale. Si tratta di atti di vario genere e contenuto, i quali sono stati adottati su base volontaria da numerose imprese al fine di individuare, specificare ed assumere responsabilità e impegni.

Il vasto numero di codici di condotta adottati negli ultimi decenni non consente però di offrirne un’analisi esaustiva. Tali atti, infatti, possono contenere il riferimento a diversi tipi di norme, sono adottati dalle imprese per realizzare una vasta gamma di

vera e propria funzione negoziale, la quale ha contribuito allo sviluppo della contrattazione collettiva aziendale transnazionale.

scopi e ricorrono ad una varietà di meccanismi per quanto riguarda la loro interpreta- zione ed applicazione pratica.

L’adozione dei codici di condotta da parte delle multinazionali, però, per l’esten- sione che l’ha caratterizzata, tra i vari atti di corporate social responsibility è comunque me- ritevole di una speciale considerazione, in quanto rappresenta un evidente dimostra- zione del riconoscimento e del supporto da parte del mondo imprenditoriale alle poli- tiche di responsabilità sociale d’impresa. Inoltre, in via generale l’immensa varietà di codici di cui numerose imprese si sono dotate costituisce uno strumento in grado di descrivere sostanzialmente principi e meccanismi cui le stesse intendono ispirarsi nello svolgimento delle proprie attività conformandosi a pratiche responsabili sul piano am- bientale e sociale 102. Si tratta infatti di documenti contenenti una serie di impegni as- sunti volontariamente dal management aziendale per rispettare alcuni diritti sociali fon- damentali 103. Inoltre, in molti casi tali atti contengono anche l’espresso richiamo a

standard ed a norme di tutela di rilievo internazionale 104, arrivando in tal modo ad in- tegrare le norme dettate in materia di lavoro dagli Stati, da organizzazioni internazio- nali, dall’Unione europea o dalle parti sociali.

Si consideri inoltre che, in un numero crescente di casi, molte imprese organizzate in reti di subappalto hanno fatto ricorso ai codici di condotta anche per regolare le loro relazioni di lavoro con i propri fornitori, distributori ed appaltatori, garantendo così al

102 Inoltre, come è stato opportunamente ricordato “l’impresa transnazionale, non potendo accon-

tentarsi delle risposte offerte dall’applicazione dei diversi diritti locali nazionali per la gestione del pro- prio personale mobile, ha sviluppato autonomamente prassi di codificazioni di carattere unilaterale giun- gendo all’elaborazione di norme interne alle imprese transnazionali, che in alcuni casi vengono identifi- cate con l’espressione “norme materiali internazionali d’impresa””. Cfr. S.NADALET, Le dinamiche delle

fonti nella globalizzazione: ipotesi per un diritto transnazionale del lavoro, Lavoro e Diritto, 2005, 4, p. 685. 103 Si v. in proposito A.SOBCZAK, Are Codes of Conduct in Global supply chains really voluntary? From soft law regulation of labour relations to consumer law, Business Ethics Quarterly, 2006, 16(2), p. 168, il quale so-

stiene che i codici di condotta non siano realmente volontari, adottando pertanto una prospettiva op- posta alla maggior parte delle definizioni che si trovano in relazione a tali strumenti di responsabilità sociale dell’impresa. Viene infatti affermato che tali codici vengono spesso adottati per rispondere o prevenire la pressione da parte di diversi gruppi di interlocutori e pertanto, almeno dal punto di vista economico, non possono quindi essere seriamente considerati come una forma di regolamentazione volontaria.

104 E.BÉTHOUX,C.DIDRY,A.MIAS, What Codes of conduct tell us: corporate social responsibility and the nature of the multinational corporation, Corporate Governance: An International Review, 2007, 15(1), p. 78.

contempo il rispetto dei diritti sociali fondamentali nei confronti di tutti i lavoratori impiegati presso tutta la loro catena di fornitura 105. A questo riguardo, pertanto, i codici di condotta possono considerarsi un complemento utile alle norme a tutela delle con- dizioni di lavoro poste da governi ed istituzioni nazionali 106.

Tuttavia, è importante evidenziarlo, tali atti non dovrebbero mai arrivare a sosti- tuire integralmente la legislazione applicabile 107. Si consideri inoltre, a dispetto delle considerazioni già svolte, che i codici di condotta privati, sia aziendali che di settore, nonostante siano stati spesso adottati con l’intento di far fronte alla debolezza degli ordinamenti statali dinanzi alle strutture dell’impresa transnazionale, presentano nel complesso una serie di limiti che ne inficiano profondamente l’efficacia.

In primo luogo, infatti, accade di frequente che piuttosto che per la reale volontà di ispirarsi a principi di responsabilità sociale in modo effettivo e concreto, l’adozione di un codice di condotta da parte di una multinazionale avvenga unicamente per sod- disfare il desiderio di comunicare un’immagine quanto più positiva possibile della pro- pria impresa.

Inoltre, come già rilevato, è evidente il ruolo centrale svolto dall’opinione pubblica nella decisione di una compagnia multinazionale di adottare o meno un codice di con- dotta. Un’ulteriore problema che si pone riguarda quindi anche la reale effettività di tale forme di autoregolamentazione nei confronti di quelle imprese multinazionali che sono invece meno suscettibili all’influenza esercitata dall’opinione pubblica.

105 A.SOBCZAK, Codes of conduct in subcontracting networks: a labour law perspective, Journal of Business

Ethics, 2003, 44(2-3), pp. 226 ss..

106 Sul tema dei codici di condotta è importante però richiamare quanto sostenuto in S.NADALET, Le dinamiche delle fonti nella globalizzazione: ipotesi per un diritto transnazionale del lavoro, Lavoro e Diritto, 2005,

4, p. 672, in cui l’Autore, nel ricordare il pensiero del giurista Stefano Rodotà a proposito del processo di “sradicalizzazione” dello spazio territoriale derivante dalla globalizzazione, rinviene in quest’ultimo “i segni di una crisi della sovranità i cui sintomi si vedono nella “internazionalizzazione” delle fonti giuridiche ad opera degli attori della globalizzazione, i quali mediante modelli contrattuali uniformi, codici di condotta internazionali o nazionali, regole standard di “normalizzaziome etica”, esprimono all’origine un potere normativo connotato da “autoreferenzialità””.

107 Si ricorda che i codici di condotta si dimostrano comunque più efficaci nei Paesi con leggi

nazionali più solide. Al riguardo si v. R.LOCKE,T.KOCHAN,M.ROMIS,F.QIN, Beyond corporate codes of conduct: Work organization and labour standards at Nike’s suppliers, International Labour Review, 2007, 146(1),

In aggiunta, se si considerano i codici di settore, questi ultimi spesso risultano meno significativi rispetto a quelli adottati da singole imprese in quanto, perché siano efficaci, devono essere adottati dal maggior numero possibile di imprese ed, inoltre, dal momento che risulta difficile applicare in modo non vincolante standard uniformi ad un nutrito numero di imprese, l’inosservanza anche soltanto da parte di un gruppo ristretto rischia di comprometterne l’efficacia anche nei confronti di tutte le altre im- prese coinvolte.

Peraltro, per quanto abbiano assunto un numero ed una diffusione significativa, questi codici non possono realmente tradursi in miglioramenti effettivi in termini di tutela dei diritti dei lavoratori e delle condizioni di lavoro. In tali iniziative private, infatti, spesso mancano i meccanismi di monitoraggio ed implementazione necessari a garantire che le disposizioni sociali siano davvero attuate nella pratica. Inoltre, si tratta di atti che generalmente si caratterizzano per un contenuto di tipo minimale, in cui la formulazione degli impegni assunti dall’impresa in questione viene espressa in modo estremamente vago e generico, rendendoli pertanto anche difficilmente sanzionabili 108.

Per tali ragioni, quindi, la credibilità e la legittimità dei codici di condotta e, più in generale, delle altre iniziative private di responsabilità sociale, vengono spesso messe in discussione. Generalmente, infatti, il tema della corporate social responsibility è percepito dalle imprese come un affare privato, in cui “l’impresa gioca da sola (solo il manage- ment sensibile coinvolge i lavoratori, ovviamente fatte salve le ipotesi in cui il coinvol- gimento è richiesto per legge o contratto collettivo), e difficilmente coinvolge attori esterni; le informazioni circolano poco” 109.

I codici di condotta aziendali sono quindi generalmente considerati impegni etici senza alcun effetto giuridico e, nella migliore delle ipotesi, sono atti riconducibili alla

108 S.SCARPONI, Gli accordi transnazionali a livello di impresa: uno strumento per contrastare il social dumping?,

Lavoro e Diritto, 2011, 1, p. 125.

109 L.CALAFÀ, Dialogo sociale e responsabilità sociale d’impresa nella governance europea, Lavoro e Diritto,

2006, 1, p. 114 in cui attraverso una rilettura del dialogo sociale europeo nella logica della responsabilità sociale d’impresa vengono al contempo evidenziate criticità e potenzialità del rapporto osmotico che caratterizza dialogo sociale e politiche di corporate social responsibility.

categoria del diritto soft e costituiscono norme senza alcun effetto giuridicamente vin- colante 110. A questo proposito, però, è bene ricordare che alcuni studiosi hanno anche sottolineato che, sebbene le norme contenute nei codici di condotta siano prive di un valore vincolante, tali atti non possano essere considerati privi di qualunque autorità e impatto effettivo almeno sotto il profilo dell’attitudine a fondare una serie di obblighi morali in capo alle imprese multinazionali 111.

In definitiva, però, è possibile affermare che i codici di condotta ispirati alle prati- che della responsabilità sociale d’impresa tendono primariamente a porsi come uno strumento simbolico di gestione, recante una serie di misure reattive allo scopo di ri- spondere nel modo più adeguato alle continue pressioni pubbliche provenienti da più fronti 112. Con tali atti, inoltre, le multinazionali intendono non solo guidare il compor- tamento dei propri dipendenti in modi compatibili con l’immagine che l’impresa in- tende trasmettere di sè, ma anche a legittimare il loro operato al di fuori della propria azienda 113.

110 I.SCHÖMANN,A.SOBCZAK,E.VOSS, P.WILKE, Codes of conduct and International Framework Agree- ments: New forms of governance at company level, European Foundation for the Improvement of Living and

Working Conditions, 2008, p. 1, dove i codici di condotta sono definiti come “unilateral recommenda- tions through which the main decision-making bodies of companies set up rules of behaviour for ma- nagers and employees that reflect the principles and values of corporate social responsibility”. Si v. anche F.SALERNO, Natura giuridica ed effetti dei codici di condotta internazionali per imprese multinazionali, Lavoro e Diritto, 2005, 4, p. 658, in cui si afferma che “caratteristica dei vari codici è il loro carattere in sé non formalmente vincolante che risponde certamente ad un compromesso politico”.

111 N.HSIEH, Voluntary Codes of Conduct for Multinational Corporations: Coordinating Duties of Rescue and Justice, Business Ethics Quarterly, 2006, 16(2), p. 121.

112 R.LOCKE,T.KOCHAN,M.ROMIS,F.QIN, Beyond corporate codes of conduct: Work organization and labour standards at Nike’s suppliers, International Labour Review, 2007, 146(1), p. 22.

113 B.ARYA,J.SALK, Cross-Sector Alliance Learning and Effectiveness of Voluntary Codes of Corporate Social Responsibility, Business Ethics Quarterly, 2006, 16(2), p. 212.