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3. L’applicazione del lean thinking nelle terapie per la Sclerosi Multipla

3.4. Il contesto di riferimento

3.4.2. I Centri Clinici di riferimento: struttura e funzioni

Dal precedente Paragrafo risulta chiaro come l’approccio alla malattia sia interdisciplinare e coinvolga differenti aree di attività.

L’effettiva integrazione delle figure e delle relative competenze necessarie al trattamento del paziente affetto da SM avviene all’interno dei Centri clinici di riferimento.

Il Centro clinico è una struttura, spesso inserita in ambito ospedaliero, dove coabitano tutte, o quasi, le figure professionali essenziali alla malattia che, in equipe, sono in grado di assistere il paziente nella terapia farmacologica, nel monitoraggio del decorso e nella risoluzione delle problematiche, più o meno prevedibili, legate alla malattia.

I Centri clinici permettono, in linea teorica, di offrire completa assistenza al malato senza che egli debba rivolgersi ai vari specialisti in modo frammentato, con tempi spesso lunghi

e in strutture diverse. Una funzione ulteriore dei Centri, poi, è quella di mettere in relazione le persone che combattono con la stessa malattia: il Centro clinico, insieme ai Centri diurni, alle community su Internet e alla comunità in cui vive il paziente, consente di creare quella rete sociale all’interno della quale il confronto e la condivisione delle esperienze e delle informazioni favoriscono la conoscenza della malattia e l’approccio sereno del paziente ad essa.

Nonostante il ruolo dei Centri clinici sia universalmente riconosciuto come fondamentale nel sostegno del paziente, spesso i confini entro i quali essi debbano operare non sono chiaramente definiti.

Da una parte, il Centro clinico rimane il principale punto di riferimento del paziente che, al contrario, non vede nel medico di medicina generale una figura a cui appoggiarsi (AISM, 2017); ciò si traduce in una distorsione delle funzioni del Centro di riferimento, che si trova spesso a dover gestire richieste del paziente che potrebbero essere gestite dal medico curante. Questo spostamento di funzioni dal territorio al Centro crea un sovraccarico nelle attività di quest’ultimo che deve, quindi, trovare soluzioni efficaci, efficienti e sostenibili per espletare un sempre maggior numero di attività. A tale proposito, la creazione di procedure standardizzate, laddove possibile, e la creazione di un percorso del paziente che sia il più possibile lineare, può consentire un guadagno di efficienza che si traduce nel miglioramento delle attività del Centro, nell’incremento del benessere dei lavoratori al suo interno e nell’aumento della soddisfazione del paziente. D’altra parte, non sempre accade che i Centri svolgano tutte le funzioni che, in linea teorica, sarebbero chiamati a svolgere, con un importante impatto sulla qualità del percorso di cura e assistenziale reso al paziente.

Se, infatti, il ruolo primario del Centro clinico è quello di garantire al paziente un’offerta di servizi integrata e coordinata, sarebbe necessaria una continuità assistenziale tra il Centro di riferimento e le strutture territoriali; continuità assistenziale che spesso non è garantita ma, al contrario, viene complicata dalla scarsa integrazione tra personale, sistemi, processi, culture differenti, spesso non coordinati da un case manager individuato ad hoc, che ha come conseguenza la scarsa integrazione tra percorsi di cura ospedalieri e percorsi assistenziali offerti dai distretti.

Questa mancanza è percepita in prima persona dai pazienti, come dimostrato dai dati raccolti da AISM: secondo il 60% dei pazienti intervistati il rapporto tra Centri clinici e

territorio dovrebbe essere migliorato, mentre per il 10% esso è addirittura da costruire; solo il 20% reputa che l’integrazione Centro-territorio sia adeguata (AISM, 2017).

Il risultato di questa scarsa integrazione è che il paziente spesso si trova davanti a un’offerta dispersa e frammentata in una molteplicità di strutture differenti (Centri clinici per la SM, Centri di riabilitazione, Specialisti, Servizi di medicina legale, Servizi di protesi e ausili, Servizi farmaceutici territoriali, Servizi sociali del Comune, etc.) che non sempre soddisfano i bisogni del paziente, come invece dovrebbe fare un percorso assistenziale integrato. Ciò è confermato dai dati AISM, secondo cui il 20% delle persone colpite da Sclerosi Multipla, e il 30% nel caso di neodiagnosticati, dichiara di avere difficoltà nell’orientarsi tra i servizi sociali e sanitari a lui offerti (AISM-CENSIS, 2013).

La difficile integrazione tra livelli territoriali è aggravata dall’assenza di atti nazionali che definiscano standard e parametri utili ad organizzare e garantire un percorso unitario e di qualità di presa in carico del paziente, oltre che dalla scarsa valorizzazione dei Centri a livello regionale.

Ad oggi la maggior parte delle reti regionali è strutturata su più livelli, secondo il modello

Hub & Spoke (“a mozzo e raggi”). Esso parte dal presupposto che per la corretta gestione di determinate patologie siano necessarie competenze specifiche e ingenti risorse, che non possono essere disponibili in ogni struttura del territorio; perché il percorso di presa in carico del paziente sia adeguato, l’assistenza è organizzata su diversi livelli a seconda della complessità del paziente che deve riceverla: le risorse sono concentrate in Centri di eccellenza regionali, ad alta specializzazione, che trattano i pazienti con patologie più complesse, mentre a livello periferico i servizi ospedalieri offrono supporto ai pazienti che necessitano di una quantità minore di risorse dedicate.

La rete integrata, quindi, si compone di Centri di Secondo Livello, detti Hub, e di Primo Livello, detti Spoke, ognuno dei quali con determinate funzioni.

In linea generale sia i Centri di Secondo Livello che quelli di Primo Livello hanno operano allo scopo di offrire al paziente un’assistenza che sia tempestiva, continuativa e di qualità, sia nella fase diagnostica che nelle fasi successive di somministrazione farmaci e di monitoraggio del decorso della malattia.

Per questo ogni Centro Spoke deve, in primis, essere dotato di un numero adeguato di personale dedicato alla patologia, con un numero di medici (che compongono il team interdisciplinare) e infermieri che sia proporzionato al numero di pazienti che il Centro ha in cura e che prevede di avere nell’immediato futuro. Allo stesso modo anche le risorse

materiali disponibili devono essere idonee alla funzione che il Centro deve svolgere: dal punto di vista dell’ubicazione, esso deve essere inserito all’interno di una struttura che garantisca al paziente livelli essenziali di servizio, che disponga di un numero adeguato di postazioni, che soddisfi i requisiti dell’AIFA per l’accesso ai farmaci e che utilizzi i protocolli e gli strumenti più avanzati necessari alla diagnosi ed al follow up.

Infatti, il paziente che si reca al Centro può farlo in modo programmato oppure in urgenza, per l’insorgenza di nuovi sintomi o per l’improvviso peggioramento delle condizioni di salute (ad esempio nel caso di ricadute); il Centro deve essere in grado di gestire ognuna delle casistiche, garantendo al paziente l’accesso tempestivo a visite, analisi e terapie. Inoltre, come già accennato in precedenza, ogni Centro dovrebbe essere in grado di garantire un’assistenza continua e integrata con i servizi territoriali, con i quali dovrebbe mantenere una comunicazione e un confronto continuativi che siano di supporto all’applicazione diffusa dei PDTA.

A questo elenco di funzioni specifiche dei Centri Spoke e Hub, per questi ultimi sono previste una serie di funzioni aggiuntive, tipiche dei centri ad elevata specializzazione e di eccellenza.

Il Centro Hub, per essere tale, deve aver maturato un’esperienza di almeno 5 anni sulla Sclerosi Multipla, deve promuovere la ricerca, la formazione e l’aggiornamento sulla patologia e deve dotarsi di protocolli specifici per essa. Dal punto di vista del personale operante al suo interno, il Centro deve essere coordinato da un neurologo che abbia ruolo di responsabile e che sia anch’esso specializzato sulla malattia (almeno 5 anni di esperienza), deve disporre di un team interdisciplinare e di figure professionali per la gestione dei farmaci innovativi e sottoposti a registro (AISM, 2017).

Il rapporto del Centro Hub con il territorio si sviluppa in due direzioni: da una parte esso deve interloquire con la Regione di appartenenza e con le associazioni di rappresentanza dei pazienti; dall’altra deve mantenere il coordinamento con i Centri Spoke che risiedono a livello periferico, supportandoli nella gestione dei casi clinici complessi, e deve operare una funzione di controllo su di essi, soprattutto riguardo la somministrazione dei farmaci. Queste indicazioni di ordine generale fungono da punto di partenza per la specificazione delle caratteristiche e delle funzioni dei Centri di Primo e Secondo livello individuate all’interno dei PDTA regionali che ne regolano il funzionamento.