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I confini temporali dell'attività di indagine del difensore

Come valutazione preliminare occorre sottolineare che un esercizio pieno della facoltà di indagine difensiva, sin dal suo momento iniziale, implica necessariamente un'adeguata conoscenza del procedimento penale.

Altrettanto importante è il momento in cui avviene questa presa di conoscenza del procedimento: tanto più si colloca vicino al momento di emersione della notizia di reato maggiori saranno le opportunità difensive offerte all'indagato.

110 Così L. Suraci, Le indagini difensive, cit., p. 72. 111 L. Suraci, Ibidem.

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L'assunzione di un ruolo attivo del difensore nella fase delle indagini preliminari è sempre stata caratterizzata dal requisito dell'eventualità, legato, come era, all'attivazione di procedimenti incidentali rispetto ai quali ne era richiesta la partecipazione. Tuttavia, il decollo delle indagini difensive è strettamente legato al potenziamento delle regole in materia di informazione di garanzia e di comunicazione della pendenza dell'indagine.

Nell'attuale sistema processuale sono presenti degli strumenti di conoscenza che però sono stati ritenuti inadeguati.

In primo luogo, l'avviso all'indagato di conclusione dell'indagini preliminari previsto dall'art. 415-bis c.p.p.112 costituisce l'unico

strumento di procedura penale necessario e realmente preposto all'assolvimento di una funzione informativa della persona sottoposta alle indagini; esso, però, opera in una fase molto avanzata dell'esperienza procedimentale dell'indagato, dovendo essere notificato nel momento in cui il pubblico ministero ritiene conclusa l'attività di indagine.

Inoltre, assolutamente inadeguata a garantire l'effettiva conoscenza dell'esistenza del procedimento penale sembra la comunicazione dell'iscrizione nel registro delle notizie di reato113,

disciplinata dall'art. 335 c.p.p. ai commi 3 e 3-bis, novellati dalla legge n. 332 del 1995, e al comma 3-ter, da ultimo inserito

112 Recita il comma 1 dell'art. 415-bis c.p.p.: "Prima della scadenza del termine

previsto dal comma 2 dell'articolo 405, anche se prorogato, il pubblico ministero, se non deve formulare richiesta di archiviazione ai sensi degli articoli 408 e 411, fa notificare alla persona sottoposta alle indagini e al difensore nonché, quando si procede per i reati di cui agli articoli 572 e 612 bis del codice penale, anche al difensore della persona offesa o, in mancanza di questo, alla persona offesa avviso della conclusione delle indagini preliminari".

113 Vedi L. Suraci, L'attività difensiva in Aa. Vv. Procedura penale. Teoria e pratica

del processo, Vol. II, Utet giuridica, 2015, p. 813; nello stesso senso N. Triggiani, Le investigazioni difensive, cit., p. 196, che ricorda, peraltro, come l'originario

regime di comunicazione dell'iscrizione nel registro delle notizie di reato e quello relativo all'informazione di garanzia rendevano del tutto eventuale la conoscenza da parte dell'interessato circa l'avvio di indagini nei suoi confronti.

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attraverso la modifica dell'articolo in esame operata dal c.d. progetto Orlando114.

Al comma 3 dell'art. 335 c.p.p. si afferma che le iscrizioni previste dallo stesso articolo sono comunicate alla persona alla quale il reato è attribuito, alla persona offesa e ai rispettivi difensori "ove

ne facciano richiesta"; la comunicazione è quindi disposta solo su

richiesta di soggetti dotati di peculiare qualificazione soggettiva e, di conseguenza, l'iniziativa della persona sottoposta alle indagini è legata alla previa conoscenza del procedimento a carico.

Al comma 3-bis si prevede inoltre che, laddove sussistano specifiche esigenze attinenti all'attività di indagine, il pubblico ministero, nel decidere sulla richiesta, "può disporre con decreto

motivato, il segreto sulle iscrizioni per un periodo non superiore a tre mesi e non rinnovabile".

Il comma 3-ter dell'art. 335 c.p.p., inserito dal c.d. progetto Orlando, stabilisce che "senza pregiudizio del segreto investigativo,

decorsi sei mesi dalla data di presentazione della denuncia, ovvero della querela, la persona offesa dal reato può chiedere di essere informata dall'autorità che ha in carico il procedimento circa lo stato del medesimo". La disposizione sancisce dunque il diritto

della persona offesa di chiedere al pubblico ministero informazioni sullo stato del procedimento, comunicazioni che "riguarderanno

evidentemente, non i singoli atti di indagine compiuti o da compiere, ma, considerato il collegamento con il termine di sei mesi, le eventuali determinazioni del pubblico ministero"; tuttavia si è

segnalato come il richiamo al segreto investigativo operato dal comma 3-ter possa "ridurre la portata della modifica"115.

114 Legge 23 giugno 2017, n. 103, recante "Modifiche al codice penale, al codice di

procedura penale e all'ordinamento penitenziario" pubblicata in G.U. Serie Generale n. 154 del 04 luglio 2017.

115 Così P. Spagnolo, Vittima di reato e diritto all'informazione: un binomio

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Allo stesso modo è sembrato inadeguato l'istituto dell'informazione di garanzia previsto dall'art. 369 c.p.p. che, infatti, deve essere inviata dal pubblico ministero alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa "solo quando deve

compiere un atto al quale il difensore ha diritto di assistere".

Se da un lato si sottolinea l'insufficienza di strumenti che consentano un'attivazione tempestiva delle facoltà d'investigazione difensiva116, dall'altro occorre rilevare come

un'immediata comunicazione dell'avvio del procedimento alla persona interessata non possa ritenersi imposta costituzionalmente; l'art. 111 Cost. infatti, affermando che la persona accusata di un reato ha il diritto ad essere informata "nel

più breve tempo possibile" della natura e dei motivi elevati a suo

carico, fa propria una formula indefinita sul profilo temporale della comunicazione stessa, per soddisfare la necessità di trovare un equilibrio tra il diritto di difesa dell'accusato, che ha interesse a conoscere quanto prima l'esistenza di un procedimento a suo carico, e l'esigenza di segretezza delle indagini che è basilare per il compimento di atti a sorpresa da parte del pubblico ministero117.

Da un lato risulta decisiva l'anticipazione dei poteri di investigazione e di acquisizione probatoria della difesa ad un momento nel quale si formano i dati probatori fondanti la decisione e lo sviluppo del processo, dall'altro "si profila il rischio

di ampliare i poteri difensivi solo per realizzare un paravento

116 Vedi N. Triggiani, Le investigazioni difensive, cit., pp. 198-199, che sostiene

come un'attivazione tempestiva delle facoltà d'investigazione difensiva si sarebbe potuta raggiungere con una revisione dell'informazione di garanzia "nel

senso di congegnarla come informazione sull'indagine e non sul singolo «atto garantito»".

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culturale e normativo al definitivo abbandono di uno dei fondamenti logici e strutturali del processo accusatorio"118.

Questa scelta è stata sorretta anche dalla Corte costituzionale che si è espressa sulla possibilità di modulare diversamente, in base alle specifiche peculiarità dei singoli riti alternativi, il diritto dell'accusato ad essere informato nel più breve tempo possibile dei motivi dell'accusa a suo carico119.

L'attuazione della riserva di legge prevista dall'art. 111, comma 3, Cost. spetta dunque al legislatore, che ad oggi deve tenere conto non solo della scelta fatta propria dalla cultura giuridica di assegnare all'investigazione difensiva un ruolo di protagonista nella dinamica ricostruttiva dei fatti ma anche dei doveri di conformazione agli obblighi derivanti dalle fonti di matrice comunitaria120.

Effettuata questa importante premessa, occorre rilevare che l'attività di investigazione difensiva non soggiace a limitazioni di carattere temporale.

La mancanza di limiti temporali è una caratteristica propria dell'attività di indagine difensiva, che vale a distinguerla da quella del pubblico ministero che invece è connotata da limiti temporali precisi.

Infatti, come affermato dalla giurisprudenza costituzionale121, le

due tipologie di investigazioni, pubblica e privata, non sono assimilabili sotto il profilo temporale, in quanto in quella pubblica occorre realizzare un equilibrio tra le esigenze connesse

118 A. De Caro, Percorsi legislativi e poteri delle parti nel processo penale: dal

codice Rocco alla riforma delle investigazioni difensive, cit., pp. 3217-3218.

119 Si veda, in relazione all'emissione del decreto penale di condanna, Corte cost.

(ord.), 15 gennaio 2003, n. 8 e Corte cost. (ord.), 4 febbraio 2003, n. 32.

120 In particolare, l'art. 6 della direttiva 2012/13/UE del Parlamento europeo e

del Consiglio del 22 maggio 2012 obbliga gli stati membri ad assicurare che alle persone indagate o imputate "siano fornite informazioni sul reato che le stesse

sono sospettate o accusate di avere commesso" e che tali informazioni siano date

"tempestivamente".

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all'obbligatorietà dell'azione penale e il diritto della persona sottoposta alle indagini ad una verifica in termini ragionevoli della fondatezza della notizia di reato; tale assunto rende quindi impossibile qualsiasi comparazione tra i due modelli sotto il profilo del confine temporale, così come è esclusa un'applicabilità delle regole delle indagini preliminari all'indagine privata attraverso il generico richiamo della regolamentazione codicistica. L'abrogato art. 38 disp. att. c.p.p., prevedendo che l'attività difensiva potesse essere esercitata al fine dell'esercizio del diritto di prova, induceva a pensare che il diritto di difendersi provando potesse essere validamente esercitato solo a processo instaurato122.

L'art. 7 della legge n. 397/2000 ha soppresso questo dubbio con l'introduzione dell'art. 327-bis c.p.p., il quale stabilisce, nell'incipit del suo comma 1, che l'attività di investigazione difensiva può essere svolta "fin dal momento dell'incarico professionale"; questa disposizione è confermata dalle Regole di comportamento del

penalista nelle indagini difensive123 che all'art. 2, comma 1, afferma

che il difensore è legittimato a svolgere investigazioni difensive "sin dal momento della nomina senza necessità di specifico mandato

ed indipendentemente dal deposito dell'atto di nomina presso l'autorità giudiziaria".

Dunque l'attribuzione della titolarità per il compimento di specifiche attività sembra avvenire senza necessità di esplicito mandato, a prescindere, dunque, dal deposito di una nomina defensionale che era invece richiesta nella vigenza dell'art. 38 disp. att. c.p.p., durante la quale, affinché l'attività di ricerca della prova potesse ritenersi normativamente protetta, si riteneva necessaria

122 In questi termini S. Sandano, La nuova disciplina sull'indagine difensiva.

L'esperienza inglese in Riv. it. dir. e proc. pen., 2003, pag. 449.

123 Testo approvato il 14 luglio 2001 dal Consiglio delle camere penali con

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l'assunzione formale della qualità di difensore attraverso la nomina prevista dell'art. 96, comma 2, c.p.p.124.

Al comma 2 dell'art. 327-bis c.p.p., si afferma che la facoltà investigativa al difensore "può essere attribuita per l'esercizio del

diritto di difesa, in ogni stato e grado del procedimento, nell'esecuzione penale e per promuovere il giudizio di revisione"

ponendosi così come diretta attuazione dell'art. 24, comma 2, Cost.

Da queste previsioni emerge tutta la portata "culturale" della riforma: l'attività di investigazione non è più proiettata sul dibattimento ma è connessa all'esigenza difensiva che si dispiega in tutto l'iter procedimentale e la locuzione "in ogni stato e grado

del procedimento" consente il superamento di convinzioni

dottrinali che ritenevano, facendo leva sul comma 2-bis dell'abrogato art. 38 disp. att. c.p.p. che si riferiva alla sola "persona

sottoposta alle indagini", di escludere l'operatività della norma

nelle fasi successive alla formulazione dell'imputazione.

Il difensore può quindi avvalersi di tale facoltà di indagine sia nel giudizio di appello, possibilità che doveva comunque ritenersi accolta anche nel passato regime dell'art. 38 disp. att. c.p.p125, sia

in una fase successiva al giudicato ai sensi del comma 2 dell'art. 327-bis c.p.p.

La facoltà di investigazione anche in tale ultimo ambito, era già stata ammessa sotto il profilo deontologico126 e confermata anche

124 Come sottolinea N. Triggiani, Le investigazioni difensive, cit., p. 172, questo è il

frutto di una presa di coscienza per la quale "l'investigazione del difensore per

essere efficace e incisiva deve essere tempestiva, mentre l'atto formale di nomina

ex art. 96 c.p.p. può essere anche assai lontano dal fatto per cui si procede, e

dunque intervenire quando l'eventuale elemento di prova a favore è ormai disperso o di ardua repetibilità".

125 In tal senso N. Triggiani, Ivi, p. 185, il quale fa leva sull'applicabilità dell'art.

598 c.p.p. che prescrive l'osservanza in grado di appello, per quanto applicabili, delle disposizioni relative al giudizio di primo grado.

126 Si veda l'art. 2 delle direttive deontologiche dell'Unione delle Camere penale

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dalla giurisprudenza di legittimità che aveva ritenuto idonei a supportare la richiesta di revisione ex art. 630 c.p.p.127, gli elementi

di prova "desumibili da investigazioni espletate a norma dell'art. 38

disp. att. c.p.p."128.

Ulteriore dilatazione temporale deriva poi dalla possibilità di attività investigativa da parte del difensore nella fase di esecuzione penale in relazione ad incidenti di esecuzione da promuovere o già promossi, che si estende ancora alla fase penitenziaria; tuttavia in tale ultimo ambito, le investigazioni difensive risulteranno utili, in particolare, per corredare delle dovute indicazioni le istanze inoltrate alla magistratura di sorveglianza per l'ammissione alle misura alternative alla detenzione.

Non può inoltre escludersi, dopo un provvedimento di archiviazione del giudice per le indagini preliminari o uno di non luogo a procedere del giudice per l'udienza preliminare, la possibilità di eseguire attività di investigazione in vista di una riapertura delle indagini ex art. 414 c.p.p., ovvero in prospettiva della revoca della sentenza di non luogo a procedere ex art. 435 c.p.p.129, così come potrebbe essere funzionale al ricorso dinanzi al

giudice di pace nel caso di reato procedibile a querela, per ottenere la citazione a giudizio della persona alla quale il reato è attribuito. Ne risulta quindi ampliato notevolmente lo spazio temporale disponibile per la difesa per ricercare ed individuare elementi di prova a favore del proprio assistito, adesso riconosciuto, oltre che nella fase delle indagini preliminari, anche in fasi e per finalità che presuppongono l'avvenuto passaggio in giudicato del

127 L'art. 630, comma 1, lett. c), comma 1, c.p.p. afferma che la revisione può

essere chiesta "se dopo la condanna sono sopravvenute o si scoprono

nuove prove che, sole o unite a quelle già valutate, dimostrano che il condannato deve essere prosciolto a norma dell'articolo 631".

128 Cass., sez. VI, 13 febbraio 1998, , n. 1474, Pittella, in C.E.D. Cass., n. 211059. 129 In tal senso N. Triggiani, Le investigazioni difensive, cit., p. 195, che evidenzia

come in entrambe le ipotesi non pende alcun procedimento "sicché può trovare

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provvedimento conclusivo e anche in fase post-esecutiva per pervenire ad una revisione del giudicato.

Questo spazio temporale inoltre va necessariamente integrato con la possibilità di svolgere la c.d. investigazione preventiva, consentita dall'art. 391-nonies c.p.p., il quale afferma, al comma 1, che l'attività investigativa prevista dall'articolo 327-bis c.p.p., con esclusione degli atti che richiedono l'autorizzazione o l'intervento dell'autorità giudiziaria, "può essere svolta anche dal difensore che

ha ricevuto apposito mandato per l'eventualità che si instauri un procedimento penale"; tale facoltà si configura come uno strumento

utile per vagliare le strategie difensive ritenute più idonee per il caso specifico130, consentendo l'attività di indagine anche

anteriormente all'inizio effettivo del procedimento ancorché in funzione dello stesso, senza attendere la prima eventuale comunicazione del procedimento che potrebbe essere notificata al difensore ex art. 415-bis c.p.p. in conclusione alle indagini preliminari131.

Come è stato rilevato, l'equilibrio delle parti, con la previsione di una facoltà di indagine preventiva espletata per l'eventualità che si instauri un procedimento, sembra pendere a favore della parte privata; mentre il pubblico ministero non è stato neppure raggiunto da una informativa che lo ragguagli dell'esistenza di una

notitia criminis, il difensore "è senz'altro legittimato a scendere in campo, in pratica senza concorrente alcuno"132 in tutti i casi in cui il

130 In tal senso, S. Sandano, Op. cit., p. 455.

131 Inoltre come rileva P. Tonini, Manuale di procedura penale, cit., p. 653, dal

punto di vista sostanziale si deve osservare che ad una persona può derivare un pregiudizio irrimediabile per il solo fatto che sia presentata una denuncia o che un altro imputato abbia fatto una chiamata in correità.

132 Così A. Tronci, Op. cit., p. 2267, che sottolinea come il difensore "già nella fase

iniziale delle indagini ben può giovarsi di una non infrequente situazione di vantaggio, potendo contare sul supporto di conoscenze fornitegli dal suo assistito"

mentre il pubblico ministero "è spesso costretto ad indagare ogni pista, prima che

l'acquisizione di una serie di elementi minimi gli consenta di orientare i propri sforzi in una determinata direzione".

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suo assistito non sia ancora a conoscenza della pendenza di un procedimento penale nei suoi confronti, o perché non risulti ancora indagato, ovvero nel caso in cui, pur essendo indagato, non abbia ancora ricevuto alcun atto giuridico che dia certezza alla conoscenza.

Deve inoltre ritenersi legittimato allo svolgimento di attività investigativa il difensore della persona offesa, o presunta tale, che intenda presentare denuncia o querela.

L'investigazione preventiva ha quindi canoni assai differenti da quella "ordinaria"; quest'ultima è connessa all'esistenza di un procedimento penale, mentre la prima, è possibile nell'eventualità che si instauri un procedimento133.

L'investigazione difensiva ordinaria, nell'esigenza di acquisire dati "a favore del proprio assistito" secondo la lettera dell'art. 327-bis c.p.p., implica quantomeno che tale acquisizione non possa precedere l'esistenza storica di un fatto di rilevanza penale sul quale è posta l'attenzione del pubblico ministero ovvero della polizia giudiziaria.

L'investigazione preventiva, però, è pur sempre inserita nell'alveo delle finalità individuate specificamente dall'art. 327-bis c.p.p. in virtù del riferimento operato esplicitamente dall'art. 391-nonies c.p.p.: il comma 2 dell'art. 391-nonies c.p.p., infatti, afferma che il mandato è rilasciato con sottoscrizione autenticata e contiene la nomina del difensore e "l'indicazione dei fatti ai quali si

riferisce"134, che oltre a delimitarne il potere, indica anche la

133 Cfr. A. De Caro, Percorsi legislativi e poteri delle parti nel processo penale: dal

codice Rocco alla riforma delle investigazioni difensive, cit., pp. 3219-3220.

134 L'art. 2, comma 2, delle Regole di comportamento del penalista nelle

investigazioni difensive specifica inoltre che "Il mandato con sottoscrizione autenticata, necessario per svolgere l'attività investigativa preventiva prevista dall'articolo 391-nonies del codice di procedura penale, indica i fatti ai quali si riferisce in modo sintetico al solo fine della individuazione dell'oggetto di tale attività, con esclusione di ogni riferimento ad ipotesi di reato"; il comma 3 dello

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necessità che vi sia un fatto penalmente rilevante sul quale investigare.

Per di più una tale indicazione nel mandato difensivo potrebbe offrire uno spunto indiziante per le investigazioni dell'autorità giudiziaria.

In quest'ottica, e coordinando gli l'artt. 327-bis e 391-nonies c.p.p., si ricava che l'attività preventiva "non può che iniziare dopo la

commissione del fatto storico ed occupare uno spazio scoperto",

dove la mancata conoscenza dell'esistenza del procedimento "non

può condizionare le esigenze di acquisizione di elementi utili alla difesa ove per avventura il protagonista sia a conoscenza del fatto storico"135.

Il legislatore ha previsto inoltre un limite di carattere oggettivo concernente gli atti che richiedono l'autorizzazione o l'intervento dell'autorità giudiziaria, e dunque le ipotesi previste dall'art. 391-

bis, comma 7, c.p.p., il quale prevede che, per conferire, ricevere

dichiarazioni o assumere informazioni da persona detenuta, "il

difensore deve munirsi di specifica autorizzazione del giudice che procede nei confronti della stessa" e che "prima dell'esercizio dell'azione penale l'autorizzazione è data dal giudice per le indagini preliminari" così come nella fase di esecuzione della pena

all'autorizzazione "provvede il magistrato di sorveglianza".

Tale previsione incentrata sulla impossibilità di effettuare indagini che implicano l'autorizzazione o l'intervento dell'autorità giudiziaria rimarca la distanza tra l'indagine preventiva e l'esistenza di un procedimento penale.

stesso articolo peraltro dispone che la previsione del comma 2 non si applica al mandato rilasciato dalla persona offesa dal reato.

135 A. De Caro, Percorsi legislativi e poteri delle parti nel processo penale: dal

codice Rocco alla riforma delle investigazioni difensive, cit., pp. 3219-3220; nello

stesso senso N. Triggiani, Le investigazioni difensive, cit., p. 196, rimarca come, riguardo alla persona già sottoposta alle indagini, la disposizione di cui all'art. 391-nonies c.p.p. "viene in effetti a coprire un vuoto di tutela relativo ai tempi e ai

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Occorre infine sottolineare come la facoltà di svolgere attività investigativa preventiva sia stata, all'indomani della legge del 2000, fortemente avversata da molti studiosi per la "marcata

pericolosità" della stessa, soprattutto "per le macroscopiche potenzialità inquinanti che il suo non corretto utilizzo comporta e per la rischiosa sovraesposizione cui essa esporrà il difensore integerrimo, specie nelle aree in cui più forte è il radicamento della criminalità organizzata"136.

Oltre ad un'indagine di carattere preventivo, nell'ottica di garanzia della facoltà di investigazione difensiva in ogni stato del

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