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Le persone contattabili e le tutele di segno particolare

2. L'attività di ricerca ed individuazione di elementi di prova

2.1 Le persone contattabili e le tutele di segno particolare

L'art. 38 disp. att. c.p.p. "era afflitto da preoccupante laconicità in

ordine alle persone «contattabili» dal difensore"301: l'art. 391-bis

c.p.p. ha colmato questa mancanza prevedendo l'esclusione dall'intervista, per incompatibilità con la qualità di teste, delle persone indicate dall'articolo 197, comma 1, c.p.p., alla cui lettera

c) si riferisce al responsabile civile e alla persona civilmente

obbligata per la pena pecuniaria e, alla lettera d), a coloro che, nel medesimo procedimento, svolgono o hanno svolto la funzione di giudice, pubblico ministero o loro ausiliari, nonché il difensore e i loro ausiliari che abbiano svolto attività di investigazione difensiva e coloro che hanno formato la documentazione delle dichiarazioni e delle informazioni assunte ai sensi dell'articolo 391-ter c.p.p. In relazione al responsabile civile e alla persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria, la preclusione opera anche relativamente al caso in cui tale posizione sia assunta rispetto al fatto di altri imputati nello stesso procedimento o in uno connesso o collegato302.

Quanto al divieto concernente il giudice e il pubblico ministero "non è vietato al difensore conferire sullo stato delle indagini o al

fine di prendere informali accordi sulle attività di indagine cui debba partecipare"303.

Relativamente agli ausiliari del giudice e del pubblico ministero, la Corte di cassazione ha delineato in modo restrittivo l'ambito di operatività del divieto testimoniale sancito dall'art. 197, comma 1,

301 In tal senso N. Triggiani, La l. 7 dicembre 2000, n. 397 («Disposizioni in

materia di indagini difensive»): prime riflessioni, cit., p. 2279.

302 N. Triggiani, Le investigazioni difensive, cit., pp. 237-238, a parere del quale

l'atto acquisitivo può svolgersi osservando le garanzie previste dall'art. 391-bis, comma 5, c.p.p.

303 Così N. Triggiani, Le investigazioni difensive, cit., p. 238; v. anche L. Suraci, Le

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lett. d), c.p.p., ritenendo che la disposizione contempli un'incompatibilità non assoluta, che riguarderebbe invece solo le deposizioni relative all'attività da essi svolta nella documentazione degli atti di cui all'art. 373 c.p.p. e non anche all'attività che gli stessi hanno direttamente compiuto nella loro funzione istituzionale di polizia giudiziaria304.

Peraltro anche per il difensore che abbia svolto attività investigativa è preclusa la partecipazione, in veste di dichiarante, al compimento di atti investigativi a contenuto dichiarativo, a prescindere sia dal tipo di attività svolta, sia dalla circostanza che l'attività sia stata espletata personalmente o tramite ausiliari. La ratio del divieto consiste nell'approntare una forma di tutela della posizione dell'assistito "evitando che il difensore possa essere

obbligato a rendere dichiarazioni su circostanze apprese nel corso delle investigazioni difensive suscettibili di pregiudicarla"305; di

conseguenza il divieto di testimoniare deve ritenersi applicabile anche al sostituto, il quale dispone normativamente di una sfera di poteri e di facoltà corrispondenti a quelli del difensore306.

La giurisprudenza di legittimità307 ha poi affermato che non

sussiste l'incompatibilità a testimoniare del legale che, dopo aver

304 Cfr. Cass., sez. III, 9 marzo 1998, n. 4752, Spina, in Cass. pen., 1999, p. 1910;

in senso conforme, v. Cass., sez. V, 14 gennaio 2005, n. 11924, Spagnolo, in C.E.D.

Cass., n. 231703, secondo cui il divieto sancito dall'art. 197, lett. d), c.p.p. di

assumere come testimoni coloro che hanno svolto la funzione di ausiliari del giudice o del p.m. è posto, esclusivamente, in relazione all'attività di documentazione degli atti prevista dall'art. 373 c.p.p. e non anche a quella che l'agente o l'ufficiale di p.g. abbia compiuto nell'esercizio della funzione di polizia giudiziaria.

305 Così L. Suraci, Le indagini difensive, cit., p. 114; N. Triggiani, Le investigazioni

difensive, cit., p. 241, evidenzia, inoltre, come tale divieto assuma rilievo ove

siano molteplici i difensori che nell'interesse di soggetti diversi svolgano investigazioni in relazione al medesimo procedimento.

306 L. Suraci, Le indagini difensive, cit., p. 114.

307 Cass., sez. II, 28 marzo 2017, n. 22954 in Banca dati DeJure, nella fattispecie

la S.C. ha escluso che fosse applicabile la previsione di cui all'art. 197, comma 1, lett. d), c.p.p. nell'ipotesi di testimonianza "assistita" resa da un soggetto che era stato avvocato di fiducia dell'imputato nel primo grado di giudizio e, dopo essere stato arrestato per altri fatti, aveva deciso di collaborare con la giustizia

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dismesso l'ufficio di difensore dell'imputato e senza aver compiuto atti di investigazione difensiva nell'interesse di quest'ultimo, abbia assunto, nello stesso procedimento, la veste di testimone, né le dichiarazioni rese dallo stesso sono inutilizzabili poiché la scelta di non opporre il segreto professionale rileva, eventualmente, soltanto sotto il profilo deontologico.

L'ultima ipotesi di incompatibilità riguarda le persone che hanno formato la documentazione delle dichiarazioni e delle informazioni assunte ai sensi dell'art. 391-ter c.p.p., il quale distingue il caso in cui l'intervento documentativo sia consistito nel rilascio di una dichiarazione, da quello in cui l'ufficio difensivo abbia optato per l'assunzione di informazioni.

Nel primo caso l'intervento documentativo consiste nell'autenticazione della sottoscrizione del dichiarante e nella redazione di una relazione alla quale deve essere allegata la dichiarazione; in tal caso, essendo la documentazione prerogativa esclusiva del difensore e del sostituto, solamente in relazione ad essi opererà la fattispecie preclusiva308.

Nel caso invece di assunzione di informazioni, l'art. 391-ter, comma 3, c.p.p. afferma che le informazioni sono sì documentate dal difensore o da un suo sostituto, ma puntualizza che essi "possono avvalersi per la materiale redazione del verbale di persone

di loro fiducia": in tal caso sembra estensibile l'operatività del

divieto a questa categoria di soggetti, poiché "oltre a sembrare

azzardato escludere che la redazione del verbale costituisca contributo essenziale alla formazione della documentazione

rendendo dichiarazioni accusatorie, nonostante fosse stato anche avvertito della possibilità di avvalersi del segreto professionale; in senso conforme Cass., sez. VI, 27 febbraio 2013, n. 15003 in Banca dati DeJure, nella quale la corte afferma che la decisione del legale di rendere testimonianza può costituire motivo di violazione al codice professionale, non violazione di disposizioni processuali stabilite a pena di inutilizzabilità; v. anche, in senso conforme, Cass., sez. V, 5 febbraio 2010, n. 16255, Mastromartino, in C.E.D. Cass., n. 247246.

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dell'atto investigativo, essa è l'unica che consente di evitare aggiramenti ed elusioni del sistema di incompatibilità delineato dal legislatore"309.

L'art. 38, comma 1, disp. att. c.p.p. non chiariva se tra le persone che possono dare informazioni fosse consentito ricomprendere anche eventuali coindagati, coimputati o imputati in un procedimento connesso o per un reato collegato.

Il comma 5 dell'art. 391-bis c.p.p. ammette ora espressamente la possibilità di "conferire, ricevere dichiarazioni o assumere

informazioni da una persona sottoposta ad indagini o imputata nello stesso procedimento, in un procedimento connesso o per un reato collegato", anche se abbiano chiamato in reità o in correità il

proprio assistito.

Occorre considerare che la generale facoltà di non rispondere prevista dal modello legale dell'art. 391-bis c.p.p. che assiste il compimento dell'atto, garantisce il diritto di autodifesa passiva dell'intervistato, ferma restando la conseguenza dell'impossibilità di attivare l'audizione da parte del pubblico ministero310.

Per conferire con i soggetti suddetti è necessario, però, darne avviso almeno ventiquattro ore prima al loro difensore, la cui presenza è necessaria, altrimenti le informazioni assunte non possono essere utilizzate: siamo in presenza di un profilo di garanzia che risulta estraneo agli schemi di investigazione condotta dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria311,

nell'ambito della quale, l'assenza del difensore dovuta ad una sua libera scelta, non inficia la validità dell'atto acquisitivo posto in

309 L. Suraci, Le indagini difensive, cit., p. 116.

310 L. Suraci, Ivi, p. 140, sottolinea che tale facoltà è garantita in via indiretta ma

con pari efficacia rispetto a quanto previsto in relazione agli omologhi atti disciplinati dagli artt. 64, 350, 363 e 351, comma 1-bis, c.p.p.

311 Nell'ambito della quale, fa rilevare L. Suraci, Ivi, p. 144, solo l'atto di indagine

previsto dall'art. 351 c.p.p. esige la necessaria assistenza del difensore, mentre in tutti gli altri casi di acquisizione da fonti dichiarative qualificate la presenza del difensore è solo eventuale.

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essere dai funzionari dell'apparato pubblico, fatte salve le ipotesi in cui la legge in questi casi disponga la presenza necessaria del difensore312.

La presenza del difensore è necessaria per garantire la persona interpellata dal rischio che abbia a fare incontrollate ammissioni a sé sfavorevoli che potrebbero confluire nel processo per i reati connessi o collegati che lo riguardano313, oltre a costituire un

deterrente contro l'impiego di metodi scorretti da parte dell'investigante e contro possibili errori nell'espletamento dell'attività di documentazione314.

Se la persona è priva di difensore, il comma 5 dell'art. 391-bis c.p.p. dispone che, il giudice, su richiesta del difensore che procede alle investigazioni, nomini un difensore d'ufficio ai sensi dell'articolo 97 c.p.p.; ai fini dell'applicazione del comma 5, l'art. 10, comma 4, delle Regole di comportamento del penalista nelle

investigazioni difensive afferma che al difensore d'ufficio, nominato

per l'atto, che ne faccia richiesta, "è dato un termine non inferiore a

quelli previsti dall'articolo 108 del codice di procedura penale".

La violazione dell'obbligo previsto dal comma 5 dell'art. 391-bis c.p.p. costituisce inoltre illecito disciplinare ai sensi del comma 6 dello stesso articolo.

Peraltro in relazione agli avvertimenti dovuti dall'investigante, in considerazione della facoltà di mentire come esplicazione concreta del diritto di autodifesa c.d. attiva che spetta alle figure richiamate dalla norma, ad esse non deve essere rivolto l'avvertimento inerente alle responsabilità penali conseguenti ad una eventuale

312 L. Suraci, Le indagini difensive, cit., p. 145, rintraccia in questa differenza un

ulteriore elemento "della profonda influenza esercitata sul Parlamento dal clima

di diffusa diffidenza che ha caratterizzato la discussione sul tema fondamentale dell'attribuzione di un ruolo investigativo a soggetti diversi dal pubblico ministero".

313 N. Triggiani, Le investigazioni difensive, cit., p. 264. 314 L. Suraci, Le indagini difensive, cit., p. 144.

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falsa dichiarazione, previsto dall'art. 391-bis, comma 3, lett. f), c.p.p.315.

Nell'ipotesi in cui il difensore, di fiducia o d'ufficio, della fonte qualificata non sia stato reperito ovvero non sia comparso, è esclusa la possibilità di adire al pubblico ministero ai sensi dell'art. 391-bis, comma 10, c.p.p., il quale esige che la persona in grado di offrire circostanze utili abbia esercitato la facoltà di non rispondere o di non rendere la dichiarazione.

La soluzione appare quella di riferirsi all'art. 350, comma 4, c.p.p., il quale dispone che "la polizia giudiziaria richiede al pubblico

ministero di provvedere a norma dell'articolo 97 comma 4 c.p.p.",

norma, quest'ultima, che prevede la designazione a sostituto, da parte del giudice, di un altro difensore immediatamente reperibile; tuttavia appare preferibile, per esigenze garantistiche, che la richiesta sia rivolta sempre al giudice ancorché il procedimento versi ancora in fase d'indagine316.

Occorre rilevare come la disposizione dell'art. 391-bis, comma 5, c.p.p. risulti di un'ampiezza maggiore, sotto il profilo di tutela dei referenti soggettivi, rispetto alle corrispondenti disposizioni afferenti alla parte pubblica: infatti gli artt. 351 e 363 c.p.p. disciplinanti l'omologo atto dell'investigazione preliminare dell'accusa, accanto alle ipotesi di connessione, fanno riferimento esclusivamente ai casi di collegamento investigativo contemplati dall'art. 371, comma 2, lett b), c.p.p.317; il dettato dell'art. 391-bis,

comma 5, c.p.p., invece, garantisce tutti i soggetti la cui posizione

315 L. Suraci, Le indagini difensive, cit., p. 140. 316 Cfr. L. Suraci, Ivi, p. 145.

317 L'articolo 371, comma 2, c.p.p. afferma: "Le indagini di uffici diversi del

pubblico ministero si considerano collegate: a) se i procedimenti sono connessi a norma dell'articolo 12; b) se si tratta di reati dei quali gli uni sono stati commessi in occasione degli altri, o per conseguirne o assicurarne al colpevole o ad altri il profitto, il prezzo, il prodotto o l'impunità, o che sono stati commessi da più persone in danno reciproco le une delle altre, ovvero se la prova di un reato o di una sua circostanza influisce sulla prova d'un altro reato o di un'altra circostanza;

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sia qualificata dalla sussistenza di qualsiasi forma di collegamento ai sensi dell'art. 371, comma 2, c.p.p.

Tale disposizione ha destato perplessità sopratutto se associata alla previsione eccettuativa della facoltà di ricorso all'audizione del pubblico ministero contenuta nell'art. 391-bis, comma 10, c.p.p., la quale, "ripristinando il perfetto parallelismo con le norme

riguardanti l'atto d'indagine del pubblico ministero e della polizia giudiziaria sopra richiamate, indica quale caso preclusivo l'atto difensivo riguardante, esclusivamente, le persone sottoposte ad indagini o imputate nello stesso procedimento e le persone sottoposte ad indagini o imputate in un diverso procedimento nelle ipotesi previste dall'art. 210 c.p.p."318.

Tale disciplina non trova però applicazione nel caso in cui il soggetto coindagato o coimputato o indagato di reato connesso o per reato collegato abbia assunto la qualità formale di collaboratore di giustizia: la l. n. 45/2001319 è intervenuta, con una

disposizione che mal si concilia con la legge sulle investigazioni difensive320, in particolare sul comma 2 della legge n. 82/1991321 il

quale prevede, alla lettera d), che tra gli impegni cui dovranno obbligarsi gli interessati alle speciali misure di protezione vi sia quello di "non rilasciare a soggetti diversi dalla autorità giudiziaria,

dalle forze di polizia e dal proprio difensore dichiarazioni

318 Così L. Suraci, Le indagini difensive, cit., p. 141, il quale rimarca come la

ragione di questa differenziazione appaia "indecifrabile".

319 Legge 13 febbraio 2001, n. 45, recante "Modifica della disciplina della

protezione e del trattamento sanzionatorio di coloro che collaborano con la giustizia nonché delle disposizioni a favore delle persone che prestano testimonianza", pubblicata in G.U. Serie Generale, n. 58, del 10 marzo 2001 - Suppl. Ordinario, n. 50.

320 In tal senso N. Triggiani, Le investigazioni difensive, cit., p. 265.

321 Legge 15 marzo 1991, n. 82, di conversione con mod. del d.l. 15 gennaio

1991, n. 8, pubblicata G.U. Serie Generale, n. 64, del 16 marzo 1991, recante "Nuove norme in materia di sequestri di persona a scopo di estorsione e per la

protezione dei testimoni di giustizia, nonché per la protezione e il trattamento sanzionatorio di coloro che collaborano con la giustizia".

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concernenti fatti comunque di interesse per i procedimenti in relazione ai quali hanno prestato o prestano la loro collaborazione".

Altra possibilità di contatto per il difensore, è prevista dal comma 7 dell'art. 391-bis c.p.p., che prevede espressamente che questi possa conferire, ricevere dichiarazioni scritte o assumere informazioni da persona detenuta322.

Anche in questo caso, occorre però che il difensore rispetti talune cautele prima di procedere al contatto diretto con la persona detenuta: il comma 7 afferma, infatti, che "il difensore deve munirsi

di specifica autorizzazione del giudice che procede nei confronti della stessa, sentiti il suo difensore ed il pubblico ministero".

Data la formulazione della disposizione appaiono irrilevanti sia il titolo della detenzione (provvedimento cautelare ovvero ordine di esecuzione ex art. 656 c.p.p.), sia le relative modalità, essendo necessario munirsi di autorizzazione anche in caso di arresti domiciliari o di detenzione domiciliare323.

Prima dell'esercizio dell'azione penale l'autorizzazione è data dal giudice per le indagini preliminari e durante il processo dal giudice procedente mentre, durante l'esecuzione della pena, provvede il magistrato di sorveglianza: questi sarà il magistrato presso il tribunale che ha giurisdizione sull'istituto di pena ove si trova il detenuto e, in caso di detenzione domiciliare, sarà competente il magistrato di sorveglianza che esercita la giurisdizione sul luogo in cui il detenuto ha la residenza o il domicilio.

L'autorizzazione non può spingersi però fino al punto di implicare un sindacato sulla necessità e rilevanza dell'atto di indagine,

322 Per quanto attiene al concetto di detenzione v. Cass., sez. un., 25 marzo 1998,

n. 9, D'Abramo, in C.E.D. Cass., n. 210803.

323 L. Suraci, Le indagini difensive, cit., p. 154, fa rilevare come possa sorgere

invece qualche perplessità relativamente al caso in cui l'atto investigativo debba essere compiuto nei confronti di una persona condannata alla pena della permanenza domiciliare continuativa, ai sensi dell'art. 53 comma 1, d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, visto che, il comma 2 del medesimo articolo chiarisce che il condannato "non è considerato in stato di detenzione".

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essendo invece correlata alle esigenze connesse allo stato detentivo della persona da assumere: il contenuto della richiesta difensiva, dovrà quindi essere particolarmente analitico e compendiare dettagliate informazioni circa la tipologia dell'atto da compiere e, soprattutto, il luogo di effettuazione dello stesso, in vista della necessità che il giudice autorizzante includa o alleghi al provvedimento un eventuale ordine di traduzione324.

Nel caso in cui sulla medesima persona detenuta pendano più procedimenti, sono necessarie più autorizzazioni, tante quanti sono i titoli giustificativi della detenzione325.

Il difensore della persona detenuta, non ha, tra l'altro, il diritto di presenziare al colloquio e all'eventuale assunzione di informazioni. L'avvio del procedimento autorizzativo326, tramite l'istanza del

difensore investigante, prevede come fasi necessarie, l'audizione del pubblico ministero e quella del difensore della persona detenuta, che ha quindi il diritto di essere consultato e di fornire un parere che, benché non vincolante327, può offrire elementi

importanti sulla base dei quali il giudice è chiamato a valutare la richiesta di autorizzazione.

Se la persona agli arresti domiciliari o in detenzione domiciliare è sentita dal difensore sprovvisto della prescritta autorizzazione,

324 Cfr. L. Suraci, Le indagini difensive, cit., p. 156.

325 Cfr. N. Triggiani, Le investigazioni difensive, cit., p. 267; L. Suraci, Le indagini

difensive, cit., p. 155, evidenzia come tale conclusione appare in linea con la ratio

della disposizione che deve individuarsi nella necessità di sottoporre a verifica giurisdizionale qualsiasi momento di contatto con persone il cui status è inciso da un provvedimento dell'autorità giudiziaria.

326 L. Suraci, Le indagini difensive, cit., p. 156, sottolinea come il codice non

disciplini i termini e la forma del provvedimento conclusivo e, di conseguenza, deve ritenersi che il giudice debba provvedere secondo la disciplina emergente dal combinato disposto degli artt. 121 e 125 c.p.p., con atto avente forma di ordinanza e "senza particolari formalità e senza ritardo e comunque, salve

specifiche disposizioni di legge, entro quindici giorni".

327 N. Triggiani, Le investigazioni difensive, cit. p. 269; L. Suraci, Le indagini

difensive, cit., p. 157, rileva come non vi siano dati normativi che impediscano di

configurare il parere in termini di facoltatività e come tale soluzione appaia preferibile posto che, in caso contrario, l'omessa formulazione finirebbe per bloccare la procedura.

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l'attuale normativa non sembra ritenere inutilizzabili le informazioni raccolte ed eventualmente documentate, in virtù del fatto che l'art. 391-bis, comma 6, c.p.p. ricollega l'inutilizzabilità alla violazione "di una delle disposizioni di cui ai commi precedenti" con esclusione, di conseguenza, della previsione di cui al comma 7328.

L'art. 391-bis c.p.p. utilizzando l'ampia formulazione di cui al comma 1, determina, inoltre, la possibilità di contatto con la persona offesa dal reato da parte dal difensore che svolga attività investigativa in favore della persona sottoposta alle indagini e dai suoi ausiliari329: tale possibilità è stata avallata anche dalla

Suprema Corte, la quale ha determinato che i verbali di dichiarazioni rese dalla persona offesa non sono affetti da nullità o inutilizzabilità, così ricomprendendo la stessa nei soggetti che possono riferire su circostanze utili ai fini dell'attività investigativa330. Tuttavia il legislatore non ha considerato

necessaria la presenza del difensore della persona offesa nel momento del contatto.

Sul versante deontologico l'art. 10 delle Regole di comportamento

del penalista nelle investigazioni difensive prevede, al comma 1, che

per conferire, chiedere e ricevere dichiarazioni scritte o assumere informazioni da documentare dalla persona offesa dal reato i soggetti della difesa procedono mediante un invito scritto.

328 N. Triggiani, Le investigazioni difensive, cit., pp. 270-271, evidenzia che

potrebbe ricavarsi la sanzione processuale in via generale dal disposto di cui all'art. 191 c.p.p.; rileva inoltre come il caso di detenzione custodiale, invece, appaia privo di rilievo in quanto è "assai improbabile che la persona detenuta sia

ascoltata da parte del difensore senza aver richiesto e ottenuto l'autorizzazione del giudice", essendo difficile che l'istituto di detenzione consenta al difensore di

accedere ed instaurare un contatto con la persona detenuta in assenza della specifica autorizzazione.

329 Cfr. N. Triggiani, Ivi, p. 273, il quale rimarca come sia presumibile il diniego

della persona offesa alla richiesta di informazioni e sia comunque improbabile che la persona offesa apporti elementi pro reo.

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In secondo luogo, il comma 2 dell'art. 10 delle Regole, dispone che, laddove la persona offesa sia assistita da un difensore, a costui è dato avviso almeno ventiquattro ore prima; se invece non risulta assistita da un difensore, nell'invito è indicata l'opportunità che comunque un difensore sia consultato e intervenga all'atto, e ciò anche in caso di colloquio non documentato331.

La formula generica e onnicomprensiva dell'art. 391-bis, comma 1, c.p.p. ricomprende anche il soggetto minorenne quale soggetto

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