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I francescani e la politica ad conversionem scismaticorum et hereticorum

I francescani e il cattolicesimo in Bulgaria fino al secolo XIX

2. I francescani e la politica ad conversionem scismaticorum et hereticorum

ac infidelium (secolo XIV)

Il già menzionato anno 1291 segna l’inizio della presenza permanente dei francescani in Bosnia 15. Non è del tutto chiaro se proprio allo stesso anno, oppure al 1339, risale anche la fondazione della Vicaria francescana in Bosnia che, secondo un elenco steso non più tardi del 1343, abbracciava otto custodie e la sesta tra loro era la Custodia Bulgariae così descritta:

Custodia Bulgariae habet locum de Severino, locum Orsciavae circa portam ferream, locum Sebes, locum Srim, locum Chevesdi 16.

Le prime tre città elencate sono le odierne rumene Turnu Severin (dal 1972 Drobeta-Turnu Severin, in ungherese Szörényvár) nell’Oltenia, Orşova (in ungherese Orsova) e Caransebeş (in ungherese Karánsebes) nel Banato, mentre le altre due sono da cercare sulla riva destra del Danubio, non lontano da Belgrado e Novi Sad 17. Tutte, comunque, si trovano a nord-ovest dalla città bulgara di Bdin, l’odierna Vidin (sul Danubio, all’estremo nord-ovest della Bulgaria odierna), in un territorio che storicamente faceva parte del Primo impero bulgaro e già agli inizi del X sec. fu conteso tra bulgari e magiari 18. In quella regione, allargata anche a sud-est, tra la fine del XIII e l’inizio del XIV secolo esisteva il feudo del despota bulgaro (di origini cumano-bulgare) Šišman, vassallo dell’Orda d’Oro. Proprio

15 Si veda la relazione di B. Lomagistro nel presente volume e la bibliografia ivi citata.

16 Dujčev 1965: 405 e la bibliografia ivi citata; cf. anche Gjuzelev 2009: 233-234.

17 Per il luogo Srim (da alcuni citato come Cerim) viene proposta l’identificazione con l’attuale Cerevic/Čerević in Serbia, a una ventina di chilometri da Novi Sad, alle falde di Fruška gora; alcuni storici però lo identificano con l’antica Sirmium, l’odierna Sremska Mitrovica in Vojvodina (Serbia), come fa nel 1761 anche il francescano Blasius Kleiner (v. più avanti), citando lo stesso documento: “Srim, nunc Sirmium” (Juez Gálvez 1997: 152; trad. bulgara Dujčev, Telbizov 1977: 139).

18 Le cronache ungheresi raccontano de “l’odioso Glad”, parente dello zar bulgaro Sime-one (893-927), che governava la zona e aveva avuto un lungo conflitto con Arpad (ca. 850 – 907), il fondatore della prima dinastia ungherese. Sulla riva destra del Danubio Glad teneva la città di Bdin (di dove sarebbe anche stato originario) e questo potrebbe spiegare le aspirazioni degli ungheresi, che nell’epoca in questione governavano la zona suddetta, verso Bdin e il suo territorio.

al suo despotato si riferiva l’autore di un’anonima Descriptio Europae Orientalis del 1308 (Gorca 1916; Praga 1940; Gjuzelev 2009: 213-216) 19, stesa per Carlo di Valois 20, quando spiegava che la Bulgaria aveva la sua capitale presso Bdin (“apud Budinum civitatem magnam”) e che il Danubio passava in mezzo al paese governato da “Cysmani” (Šišman) 21. La denominazione della Custodia Bulgariae

22 francescana connessa al sopraindicato territorio non era, dunque, un errore: semplicemente si collegava ad una delle diverse formazioni statali che si erano formate nel XIV secolo sul territorio dell’Impero bulgaro e che spesso non avevano nessun effettivo vincolo d’obbedienza con il potere centrale, cioè con lo zar di Tărnovo. Nel 1323 il figlio di Šišman, Michail III Šišman, salì al trono di Tărnovo (1323-1330) e si può supporre che il legame tra il suo feudo ereditario e il regno centrale si rafforzasse. Non abbiamo nessun indizio che ciò possa aver portato anche all’estensione dell’attività della Custodia Bulgariae sull’intero territorio bulgaro. Abbiamo, però, qualche ragione di credere che la formula ‘Regno di Bdin = Bulgaria’ funzionasse anche per gli uffici della Santa Sede con le rispettive conseguenze amministrative.

Nel 1331 al trono di Tărnovo salì Ivan Aleksandăr (dal 1331 al 1371), nipote di Michail Šišman (figlio della sorella Keraca). Nel 1356 Ivan Sracimir, figlio di primo letto di Ivan Aleksandăr, privato dell’eredità al trono di Tărnovo a favore del fratellastro Ivan Šišman, ruppe con il padre e si proclamò sovrano a Bdin (1356-1396). Nel maggio del 1365 il suo regno fu invaso dalle truppe del re d’Ungheria (dal 1370 anche della Polonia) Lodovico I d’Angiò che rinchiuse Ivan Sracimir in Croazia (nella fortezza Humnik) e cercò di imporgli il cattolicesimo (sua moglie Anna, figlia del voevoda di Valacchia, era già cattolica prima del matrimonio).

19 Secondo il suo primo editore, il testo sarebbe stato composto da un francescano dalmata che abbia soggiornato per qualche tempo in Serbia; secondo Praga con il quale concorda anche Gjuzelev, si tratterebbe invece di un domenicano.

20 Charles de Valois (1270-1325, conte di Valois dal 1286) sposò in seconde nozze Caterina de Courtenay il cui nonno, Baldovino II, fu l’ultimo imperatore latino di Costantinopoli. Questo permise a Carlo di assumere, tra 1301 e 1308, il titolo di ‘Imperatore consorte dell’Impero Romano d’Oriente; egli non era estraneo all’idea di sedersi effettivamente un giorno al trono di Costantinopoli e questo spiega anche il suo interesse per l’Europa orien-tale.

21 Secondo Gjuzelev 2009: 215.

22 Nel 1514 la Vicaria francescana di Bosnia venne divisa in Bosna Srebrena (Bosna

Ar-gentina) e Bosna-Hrvatska che nel 1517 furono elevate a province. Nel 1624 presso la

provincia di Bosna Argentina venne istituita la Custodia Bulgariae (v. qui più avanti); oggi è difficile dire se quest’atto fosse inteso all’epoca come una rifondazione della preesistente omonima custodia oppure come una istituzione ex novo; cf. la cronologia della provincia Bosna Srebrena sul sito:

http://www.bosnasrebrena.ba/v2010/povijest-provincije/kronoloski-pregled-dogadjaja. html (consultato il 31.08.2010).

Nei territori occupati gli ungheresi intrapresero una massiccia conversione della popolazione al cattolicesimo, condotta non proprio con il metodo della convinzione

23. Nel corso della conversione forzata, in base alla convinzione che chi non era cattolico non fosse cristiano (v. sopra), non si faceva differenza tra eretici e ortodossi, venivano (ri)battezzati tutti. Sembra, comunque, che bogomili e patareni che non mancavano in questi territori, abbiano accettato la conversione senza troppi scrupoli 24: cosa che faranno i loro eredi nei territori bulgari 250 anni più tardi.

L’opera della conversione fu affidata ai frati minori della Vicaria di Bosnia e in una lettera al papa Urbano V (1362-1370) scritta nel 1366 il Ministro generale dell’ordine, Marco da Viterbo (dallo stesso anno cardinale), affermava che, stando alle informazioni ricevute dal re d’Ungheria e dal vicario francescano di Bosnia, nei territori bulgari in soli 50 giorni otto (!) frati avessero convertito al cattolicesimo più di 200.000 persone pari a un terzo della popolazione del regno di Bdin; per continuare e consolidare quest’opera il re Lodovico chiedeva che gli fossero inviati altri mille monaci (s’intenda frati minori). Il papa rispose con una lettera del 1368 nella quale si rallegrava del fatto che tanti scismatici ed eretici di quelle parti fossero stati riportati “ad lumen vere fidei ac unitatem et obedientiam sacrosancte Romane ecclesie” e raccomandava ai vescovi di Caloccia (Kalocsa) e del Csanad di inviare in quei paesi sacerdoti e monaci che possano continuare la conversione “aliorum scismaticorum et hereticorum ac infedelium” (v. Gjuzelev 2009: 232-233).

Non sapremo mai quanti frati minori complessivamente furono impegnati in questa conversione; si sa soltanto che quando tra la seconda metà del 1369 e l’inizio del 1370 gli occupanti ungheresi furono cacciati via da Bdin, nella città si trovavano dieci francescani, cinque dei quali riuscirono a sfuggire alla vendetta della popolazione ortodossa (o ritornata all’ortodossia orientale), mentre gli altri cinque furono presi e martirizzati sulla riva del Danubio il 12 febbraio 1370 (Dujčev 1965: 420-422). Come osserva I. Dujčev, non c’è unanimità né sul numero, né sui nomi dei francescani martiri di Bdin/Vidin, ma di solito vengono indicati i seguenti: Antonio di Sassonia, Gregorio (in alcune fonti Giorgio) di Trogir, Nicolao e Ladislao d’Ungheria e Tomaso di Foligno 25. L’elenco è interessante anche dal punto di vista della provenienza geografica dei frati che avevano partecipato a questa missione: nessuno di loro, come si può vedere, proveniva dalle terre propriamente balcaniche (se non vogliamo considerare balcanica la città dalmata di Trogir).

Si è accennato prima alla formula ‘Regno di Bdin = Bulgaria’ (o viceversa).

23 Sulla vicenda e sui documenti che la testimoniano si vedano Dujčev 1965: 413-422, Gjuzelev 2009: 231-233 e la bibliografia ivi citata.

24 Scrive fra Marco da Viterbo, Ministro generale dell’ordine dei frati minori: “Patareni et Manichei sunt amplius solito disposti baptizari” – Dujčev 1965: 416.

25 Dujčev 1965: 422 e la bibliografia ivi citata, della quale evidenzierei solo una fonte:

Vita del B. Tomaso di Foligno e compagmi martiri in Bulgaria, in Mazzara, Antonio 1721:

Una certa conferma che essa fosse valida anche per la cancelleria della Santa Sede (in quel periodo trasferiti ad Avignone) può essere trovata nel fatto seguente. Subito dopo la conquista del Regno di Bdin furono istituite due diocesi cattoliche nei territori bulgari: l’una, come prevedibile, con sede a Bdin, l’altra, però, era (o avrebbe dovuto essere) situata nella antica capitale del Primo impero bulgaro Veliki Preslav che non aveva niente a che fare con Bdin: Preslav era la metropolia prototrona del Patriarcato di Tărnovo. L’episcopato cattolico di Bdin fu attivo durante l’occupazione e aveva a capo il vescovo Giovanni che, come sembra, era francescano. Un tale Elia, invece, portava il titolo di Arcivescovo di Preslav ma

de facto si trattava solo di un titolo nominale. Inoltre, il vescovo Giovanni, per

delega dell’arcivescovo Elia, aveva nominato e ordinato vescovo della diocesi di

Sycadien (d’incerta identificazione) un francescano, fra Pietro Nicolai: nomina che

il papa non approvò (Nikolova 1999; cf. anche Gjuzelev 2009: 233). Tutto ciò, a mio parere, viene ad indicare che né il papa, né il Ministro generale dell’ordine dei frati minori avevano l’intenzione di limitarsi nella propagazione del cattolicesimo al Regno di Bdin, occupato dagli ungheresi: nel mirino c’era tutta la Bulgaria, come confermato da altri fatti.

Già nel secondo decennio del XIV secolo il papa Giovanni XXII (1316-1334), istituendo l’episcopato di Caffa in Crimea (Ecclesia Caphensis), fece estendere la sua giurisdizione sino alla città di Varna sulla costa bulgara del Mar Nero (Dujčev 1965: 404-405) 26. Il primo vescovo cattolico di Caffa fu un francescano, fra Girolamo, ma non abbiamo nessun dato che possa permetterci di capire se la sua attività in qualche modo abbia effettivamente raggiunto le terre bulgare.

Nel 1366-1367, invece, parallelamente alla conquista ungherese del Regno di Bdin, anche il Regno di Tărnovo divenne oggetto di un’invasione occidentale, questa volta via mare, per opera di Amedeo VI di Savoia (1334-1383, Signore della Savoia e conte d’Aosta dal 1343), noto come il Conte Verde. La sua impresa, ideata come una crociata contro i turchi, in un primo momento portò alla riconquista di Gallipoli (restituita a Bisanzio) e alla liberazione dei Dardanelli, ma poi si mutò in una spedizione punitiva contro la Bulgaria con lo scopo principale (raggiunto) di assicurare all’imperatore bizantino Giovanni V Paleologo (1341-1376 e 1379-1391), cugino di Amedeo 27, via libera per il suo ritorno dall’Ungheria a Costantinopoli 28. Sollecitata da papa Urbano V, questa campagna doveva dare un forte impulso alle ennesime trattative per l’unione tra le chiese orientali e Roma. Con il Conte Verde viaggiava, infatti, anche il (nominale) Patriarca latino

26 In realtà, come osserva anche I. Dujčev, nella bolla papale si legge “ac a villa de Varia in Bulgaria”.

27 Anna di Savoia, zia di Amedeo, era madre di Giovanni Paleologo.

28 Insospettiti, non senza ragione, dei veri scopi delle trattative condotte da Giovanni V Paleologo a Buda, i bulgari non gli permisero d’attraversare, al suo ritorno, i territori del Regno di Tărnovo e l’imperatore rimase bloccato a Bdin, già in possesso degli ungheresi, fino all’esito dell’azione del Conte Verde – v. Gorina 1970; Matanov, Michneva 1988: 116-117; Gjuzelev 2009: 234-235.

di Costantinopoli, Paolo, che ebbe colloqui sull’argomento sia con l’imperatore bizantino che con lo zar di Tărnovo. L’assistenza spirituale dei crociati, invece, era stata affidata ad un gruppo di religiosi capeggiati dai frati Bertrando da Milano e Gregorio da Brescia, molto probabilmente francescani. Non sappiamo se essi avessero svolto qualche attività di proselitismo nelle città sul Mar Nero conquistate da Amedeo e poi consegnate al cugino Giovanni V Paleologo (Sozopol, Anchialo, Mesembria e la fortezza Emona), ma l’esempio delle conversioni degli ortodossi nel Regno di Bdin ci permette di non escluderlo.

Comunque sia andata, rimane il fatto che negli anni ’60 del XIV secolo le terre bulgare furono oggetto di una doppia invasione militare, sia da nord-ovest che da sud-est, da parte di forze occidentali sollecitate per le loro imprese dal papato e affiancate dai francescani. E questo in un periodo in cui la minaccia della conquista ottomana dei Balcani si faceva sempre più reale 29. Nel 1371, mentre Giovanni V Paleologo tornava dall’Italia avendo abbracciato la fede cattolica e avendo ottenuto dai veneziani 30.000 ducati di prestito e promesse poco concrete d’aiuto contro i turchi, questi ultimi il 26 settembre vinsero a sorpresa la (seconda) battaglia della Marizza, presso Černomen (attualmente Ormenio in Grecia), contro le molto più numerose forze serbe e nel successivo quarto di secolo conquistarono la metà dei Balcani, comprese le capitali bulgare Tărnovo (1393) e Bdin (1396). Per la Bulgaria iniziò l’epoca del dominio ottomano che sarebbe durato cinque secoli (fino al 1877/78) durante i quali nell’Europa occidentale si formarono l’ideologia geopolitica e l’autocoscienza culturale che in linee generali la caratterizzano fino ad oggi. E per lungo tempo l’unico finestrino, dal quale i bulgari ogni tanto si affacciavano su questo processo e cercavano d’entrare a farne parte, è stata la comunità cattolica di Čiprovci.