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Università di Cluj-Napoca In memoria di Teresa Ferro

2. Tempi moderni. I francescani e il potere politico (secoli XV-XIX)

L’immediata fortuna che accompagna la vicenda di Nicola Tavelić, va, in gran parte, attribuita al valore esemplare della sua figura in relazione alla nuova situa-zione nella quale si trovano a vivere i cristiani della Croazia. Infatti la progressi-va aprogressi-vanzata dei turchi, soprattutto dopo la rovinosa sconfitta dei serbi a Kosovo Polje (1389) determina l’aprirsi di una nuova stagione che è segnata da un primo momento nel quale le vicende belliche portano distruzioni e saccheggi soprattutto ai danni di quelle realtà, come i conventi francescani, che erano ben presenti nel territorio, esercitando una sorta di controllo sulle comunità locali. Le limitazioni imposte dai turchi ai cristiani e agli ebrei frenano di fatto la spinta evangelizzatrice dei francescani, che aveva sempre caratterizzato la loro opera in Croazia; i france-scani non si rivolgono solo agli eretici e agli ortodossi per farli tornare nell’alveo della Chiesa cattolica, secondo una visione ecclesiologica dominante in quei tem-pi, ma anche a coloro che formalmente si dichiarano cattolici: per i francescani è fondamentale rafforzare la fede in questi cattolici mentre si approssima il pericolo turco e poi quando si deve di convivere con i turchi, per contrastare tutte le propo-ste con le quali i dominatori volevano favorire la conversione all’islam. Nella loro opera capillare sul territorio, pur controllato da poteri diversi, i francescani

predi-cano la dottrina cattolica in una forma che metta bene in evidenza le differenze tra la Chiesa di Roma e la Chiesa ortodossa. Per questo centrale è la predicazione sul battesimo, mentre al tempo stesso forte è il richiamo alla monogamia come unica forma di matrimonio voluto da Dio, con un’esplicita condanna della poligamia islamica.

Sotto la dominazione turca la situazione delle comunità cristiane si fa di giorno in giorno sempre più problematica, tanto da far temere per la stessa sopravviven-za del cristianesimo croato; in questo contesto, nel quale non mancano conver-sioni, più o meno forzate, all’islam e la fuga di molti cristiani, soprattutto verso l’Ungheria o verso Venezia, i francescani non si impegnano solo a consolidare la propria presenza, opera già di per sé non semplice in un contesto tanto avverso al cristianesimo, ma si propongono anche come una forza capace di difendere il patrimonio spirituale del cattolicesimo latino, diventando il punto di riferimento nella resistenza al turco.

È in questa prospettiva che i francescani assumono la custodia del santua-rio della Madonna di Tersatto (Trsat) che, anche grazie alla loro opera, diventa un luogo simbolo del cristianesimo in Croazia. Il santuario deve la sua origine a un’apparizione della Casina di Nazareth, il 10 maggio 1291, che sarebbe stata trasportata da Nazareth, compiendo una sosta, prima di raggiungere Loreto il 10 dicembre1294. Nel luogo, nel quale secondo la tradizione si sarebbe posata la casa di Maria, i nobili Frangipani decidono di costruire una piccola chiesa, anche per dare una qualche forma di ospitalità ai pellegrini; nel 1367 papa Urbano V dona un quadro con il ritratto della Madonna col Bambino per confermare l’importanza del culto mariano a Tersatto. Nel 1453 i Frangipani iniziano la costruzione di un con-vento nei pressi della chiesa proprio per difendere questo luogo della spiritualità cristiana croata contro ogni tentativo di distruzione e/o di assimilazione da parte del potere centrale. La devozione a Maria diventa così un elemento fondamentale nella caratterizzazione della resistenza al turco proprio grazie ai francescani, che insistono sulla natura cattolica delle genti che abitano la Croazia, come un elemen-to essenziale, irrinunciabile della loro identità, proprio per il patrimonio spirituale del quale sono stati testimoni per secoli, recuperando in questo modo anche la mitica età dell’evangelizzazione dei primi secoli. La difesa di questo patrimonio spirituale, messo in pericolo e dall’invasione turca, caratterizza sempre più l’opera dei francescani in Croazia; di fronte al disperdersi di tanti cristiani, i francescani sembrano essere gli unici in grado di opporsi, soprattutto da un punto di vista religioso, all’azione dell’Impero Ottomano, anche se questa loro azione li mette in urto con i vescovi. Le tensioni tra i vescovi e le comunità francescane costitui-scono una costante lungo la storia religiosa della Croazia, nella quale la capillare presenza dei francescani con la loro mai abbastanza sottolineata rivendicazione di un’autonomia giuridica e pastorale non si poteva certo accordare con il controllo del territorio auspicato, più che realizzato, dai vescovi in Croazia. I vescovi croati sono chiamato a confrontarsi anche con i successi dei francescani sul piano di-plomatico nei rapporti con l’Impero Ottomano, che consentono la sopravvivenza delle comunità cristiane. I francescani sanno mantenere la loro autonomia soprat-tutto grazie sopratsoprat-tutto a una sorta di ‘salvacondotto’ che riescono a ottenere da

Maometto II il 28 maggio 1463: “con la lettera Abd-nama, vero e proprio contratto imperiale inviolabile, i frati francescani in Bosnia avevano salva la loro dignità, confermata l’esistenza dei loro conventi e della loro Provincia, e ai croati cattolici veniva riconosciuta l’esistenza della loro fede in questo territorio” (Semren 1987: 67).

La situazione dei francescani cambia all’inizio del XVI secolo, quando si cerca di “custodire il gregge e di sopravvivere” (Semren 1987: 69) di fronte ai venti di guerra che soffiano nei Balcani, dove l’Impero Ottomano riprende una politica ag-gressiva che lo conduce alla vittoria di Mohács (1526) sui magiari; questa vittoria porta a una inevitabile ridefinizione degli equilibri della regione, con uno sposta-mento del potere a favore dell’Impero Ottomano, tanto da fa temere per le sorti di Vienna, mentre Venezia deve modificare la sua politica e la stessa Repubblica di Ragusa deve accettare il pagamento di un tributo annuo ai turchi per mantenere la propria indipendenza, anche se a un costo inimmaginabile fino a poco tempo prima.

La nuova situazione della Repubblica di Ragusa è particolare rilevante per la storia dei francescani; infatti Ragusa rappresenta uno dei luoghi dove più si-gnificativa è la presenza dei francescani, dove esercitano un ruolo attivo nella polemica contro gli ortodossi, rivendicando l’assoluta uguaglianza tra la Chiesa di Roma e la Chiesa di Cristo, così da ricordare agli ortodossi la necessità di un loro ritorno nell’unica, vera Chiesa. A Ragusa si sono raccolti per secoli i capolavori e gli strumenti della cultura francescana, che resistono ai turchi ma sono destinati a soccombere sotto i colpi della natura: nel 1667 un terremoto colpisce Ragusa e “più di settemilia cinquecento preziosi volumi disposti in bell’ordine nell’ampia ed elegantissima biblioteca in cui conservavasi l’archivio della Provincia, ricco di antichissimi e preziosissimi manoscritti, rimasero miseramente inceneriti”7.

La battaglia di Mohács ha effetti negativi sulle comunità francescane, per gli atti di ritorsione da parte dei turchi, dopo il coinvolgimento dei francescani nelle azioni militari a difesa dell’Ungheria, che, i francescani, come molti altri cattolici, ritengono necessaria per la sopravvivenza dell’Europa cristiana. Le ferite della battaglia di Mohács sono molteplici, ma non riescono a fiaccare la resistenza dei francescani, che superano questa difficile situazione configurandosi sempre più come gli unici referenti delle comunità locali che mantengono la loro fedeltà al cattolicesimo, nonostante la politica dell’Impero Ottomano in favore della conver-sione all’islam. I francescani sono fondamentalmente soli in questa battaglia per la difesa della Chiesa in Croazia e a questa solitudine si può attribuire, in parte, la fierezza e l’autonomia che distingue le comunità francescane anche all’interno dell’ordine, dal momento che questa situazione si protrae per oltre un secolo8. Fino alla definizione della linea Nani (1671) e al trattato di Carlowitz (1699) ai france-scani è affidata la sopravvivenza del cattolicesimo in Croazia, in un tempo nel qua-le la regione sembra essere sempre più il confine militarizzato di due mondi che si

7Fabianich 184: 187. Tra la vasta letteratura sulla Repubblica di Ragusa (1408-1806), cf. Robin 2008.

8 Su questa battaglia dei francescani croati per la difesa del cristianesimo, Kapitanović 2008

contrappongono, in lotta tra di loro; le fortezze di questi anni testimoniano questo clima di forte tensione che sembra imprigionare l’azione pastorale dei francescani, che sono tollerati nella misura in cui si limitano ad assistere le semi-clandestine comunità di cattolici9.

Con il trattato di Carlowitz si apre una nuova stagione per i francescani croati che si trovano a vivere sotto l’Impero Asburgico all’interno del quale rimarranno per oltre due secoli; nel 1797, con la fine della Repubblica di Venezia, Vienna ac-quisisce anche tutta la Dalmazia, mentre deve aspettare il 1815 per il controllo su Ragusa. In Dalmazia i francescani provano a ripensare la loro presenza in termini nuovi per cercare di assecondare le spinte a un controllo più pressante da parte del governo austriaco rispetto all’ultimo periodo della Repubblica Veneta10.

Nel 1809 l’Impero Napoleonico interrompe la continuità del governo austria-co austria-con l’occupazione della Croazia, che forma, insieme a altri territorio, tra cui la Repubblica di Ragusa, caduta nelle mani francesi nel 1808, le Province Illiriche, che sono affidate al maresciallo Auguste Marmont (1774-1852). L’occupazione francese provoca pochi disagi ai francescani; questo fu possibile per la collabo-razione che si instaura tra i francescani e una parte dell’amministcollabo-razione francese che ricercava questa collaborazione per poter esercitare un miglior controllo della regione grazie al radicamento dei francescani e alla loro rete di conoscenze. I fran-cescani sono di fatto i garanti dell’ordine sociale, attraverso un disciplinamento spirituale.

Una volta tornate nell’Impero Asburgico, le comunità francescane vivono le vicende politiche che attraversano il XIX secolo con il progressivo affermarsi di un nazionalismo slavo, declinato in varie forme, che ottiene un qualche risultato con la creazione di un parlamento a Zagabria, nel 1868, a seguito della sconfitta austriaca contro la Prussia. Nonostante il ruolo giocato dalla Chiesa per favorire la riscoperta dell’identità croata in termini di non contrapposizione con le altre iden-tità dell’area nella prospettiva di sviluppare un dialogo tra cristiani, anche di tra-dizioni diverse11, la fine del secolo è segnata dalle sempre più evidenti tensioni tra croati e serbi, tanto che nel 1902 scoppiano i primi scontri armati che manifestano una diversità di idee non tanto sul presente, cioè sul fatto che si debba liberarsi dal controllo austriaco, quanto sul futuro assetto della regione. Il nazionalismo dei francescani non costituisce certo una novità, anche se assume delle forme nuove, come mostrano i primi tentativi di tradurre in lingua materna la Bibbia proprio per rafforzare il legame tra la Chiesa e la Croazia in nome di una tradizione linguistica condivisa12.

9 Per alcune interessanti considerazioni sulla dimensione di frontiera della Croazia in età moderna: Velagić 2001: 89-97.

10 Su questo progetto: Kapitanović 1980.

11 Sulla ricerca di un dialogo tra confessioni cristiane e tra cristiani, mussulmani e ebrei si può leggere Slišković 2008, oltre che i preziosi atti del convegno su Strossmayer e il suo tempo, Naumow, Scarpa 2006.