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I primi campi di applicazione della tecnica fotografica

La fotografia ha una storia relativamente breve, si può dire che essa è il frutto di innumerevoli esperimenti portati avanti da un lato nel campo dell’ ottica e dall’altro nel campo della chimica.

L’ annuncio ufficiale della nascita della fotografia risale al 7 gennaio 1839 con il ri- conoscimento della tecnica messa a punto da Louis Mandé Daguerre. In seguito a questo momento cruciale, la fotografia sarà utilizzata in modo sempre più consi- stente nei più svariati ambiti, andando a sostituire quasi completamente i disegni e le illustrazioni, specialmente all’interno di riviste e quotidiani.

La fotografia di viaggio

Intorno alla metà del XVII° secolo, il viaggio di formazione in Francia e in Italia diventa una sorta di necessità sociale per i giovani abbienti del Nord Europa, princi- palmente originari dell’Inghilterra. Nel corso del Settecento l’esperienza del viaggio muta e si conforma alle trasformazioni culturali e tecnologiche: i giovani che si av- venturano nel Grand Tour [29] non sono più esclusivamente quelli appartenenti alla classe nobiliare ma ad essi si aggiungono gli intellettuali e i borghesi, i quali vedono

[28] P. Lenoir, cit. in E. Strahan, Gérome: “A Collection of the Works of J. L. Gérome in 100 Photogravures”, Samuel L. Hall, New York 1881.

[29] Il Grand Tour consisteva in un lungo viaggio attraverso l’ Europa continentale che veniva intrapreso da giovani aristocratici con lo scopo di conoscere a fondo la cultura, la politica, l’ arte e l’ antichità dei paesi che venivano considerati la culla della civiltà occidentale. Il Grand Tour poteva avere durata variabile, da pochi mesi fino a diversi anni.

“Mentre si aspetta una nuova conquista dell’Egitto da parte di chissà chi, questi soldati della decorazione, queste sentinelle da opera comica non hanno altro compito se non posare per ogni fotografo itinerante in grado di onorarle col suo mecenatismo”. [28]

nel viaggio un’opportunità di verificare sul campo le nozioni apprese in maniera teorica nello studio. [30] Fenomeni di diversa natura, come il miglioramento delle condizioni dei viaggi e la loro maggiore economicità, trasformano gradualmente le modalità con cui si viaggia, passando dalla filosofia del Grand Tour a quella del tourisme, prima individuale e poi di massa.

L’assunto relativo all’oggettività della fotografia e la presunzione che essa sia una copia fedele della realtà interessa i primi fotografi-viaggiatori che si muovono e spe- rimentano all’interno di un ambito per lo più di tipo documentaristico, al quale si associa spesso inconsapevolmente una forma di intenzionalità artistica derivante dalla formazione pittorica del periodo. [31] L’intera rappresentazione fotografica dell’Italia del XX° secolo, per esempio, è affidata ad autori che uniscono conoscenza del nuovo mezzo ed educazione artistica ed archeologica, da Lorenzo Suscipj a john Ruskin.

L’apertura del Canale di Suez nel 1869 e l’occupazione dell’Egitto da parte della Gran Bretagna nel 1882 sono alcune tra le più importanti vicende che portano ad una vera e propria “egittomania”, [32] fenimeno che ha investito ogni ambito della vita euro- pea a partire dalla metà del Settecento e che nei primi decenni dell’Ottocento sfocia nella moda dell’Orientalismo. I più importanti fotografi di viaggio sono Maxime Du Camp, Francis Frith, Auguste Salzmann, James Robertson, Felice e Antonio Beato e Felix Bonflis, i quali viaggiano in Medio Oriente spinti da interessi specifici, prin- cipalmente archeologici e topografici. Proprio in questo periodo in Egitto e nelle principali mete dei viaggi organizzati in medio Oriente iniziano ad apparire diversi studi fotografici, a dimostrazione di quanta importanza assuma l’interesse commer- ciale rispetto a quello culturale.

Gli stessi meccanismi vengono messi in atto nella ‘conquista fotografica’ dell’Africa subsahariana, una conquista che arriva relativamente in ritardo rispetto alle altre e che avviene con una sostanziale differenza. Le civiltà dell’Africa subsahariana ven- gono percepite dagli europei come selvagge, primitive, come il livello massimo dell’ “altro da sè”. Agli occhi dei fotografi-viaggiatori europei esse non hanno una storia, e non vi è una ‘civiltà’ da documentare. Il principio che muove il fotografo in Africa nella seconda metà del XIX° secolo è dunque sostanzialmente diverso rispetto a quello che spingeva il viaggiatore del Grand Tour, il quale viaggiava per conoscere, per arricchirsi intellettualmente. Il fotografo che viaggia in Africa invece lo fa per

[30] Assume sempre più importanza l’ individualità dell’ esperienza, come dimostra il noto viaggio di Goethe in Italia realizzato tra il 1786 e il 1788.

[31] Il caso più rappresentativo è la cosiddetta “Scuola fotografica romana” che si riuniva al Cafè Greco a par- tire dalla fine degli anni Quaranta, i cui maggiori rappresentanti sono i francesi Frédéric Flachéron ed Eugène

portare la conoscenza, per arricchire il ‘selvaggio’ grazie alla cultura della propria civiltà. Le testimonianze della ‘conquista fotografica’ dell’Africa Nera sono molto rare. Ci sono giunti tuttavia alcuni dagherrotipi che testimoniano la volontà dei fo- tografi-viaggiatori, come Christine Barthe, di ‘schedare’ in modo quasi scintifico le civiltà africane. I dagherrotipi della Barthe sono conservati al Musée de l’Homme a Parigi: essi rivelano un approccio distaccato, documentario e con un preciso intento etnografico. [33]

Gli album fotografici e le ‘cartes de visite’

La seconda metà dell’ Ottocento può essere considerata un’ epoca di album foto- grafici. I primi tentativi amatoriali di raggruppare singole fotografie in raccolte ri- salgono alla metà dell’ Ottocento e proseguono con l’ enorme popolarità suscitata dalle cartes de visite negli anni Sessanta e Settanta, fino a culminare con le fotografie istantanee introdotte dalla Kodak di George Eastman a partire dal 1888. In questo contesto, gli album fotografici rappresentano una splendida porta aperta sulle vite, sui lavori e sulle usanze delle persone che iniziano a rappresentarsi e a farsi vedere attraverso le fotografie.

La carte de visite è poco costosa, facilmente trasportabile e riproducibile in grandis- sime quantità, e va ad costituire la forma più popolare di ritrattistica fotografica in Europa e negli Stati Uniti dal 1860 al 1880. La carte de visite [34], che letteralmente si traduce con ‘biglietto da visita’, è stata brevettata da André-Adolphe-Eugène Di- sdéri in Francia nel 1854 e consiste in un ritratto fotografico su carta, appena più piccolo del suo supporto verticale in cartone di 10 x 6 centimetri.

Disdéri realizza una macchina fotografica particolare dotata di quattro obiettivi e un portalastre che può esser spostato da un lato all’ altro per poter consentire un’ espo- sizione per ciascuna metà della lastra.[35] In questa maniera una sola stampa dell’ intera lastra è in grado di produrre otto diverse immagini che possono esser divise e montate su un supporto. La capacità riproduttiva della carte de visite supera di gran numero quella di qualsiasi altra tecnica per i ritratti fotografici che di conseguenza,

[33] La lunga analisi fotografica della Barthe si può sintetizzare in una delle considerazioni stese nel 1845 da E.R.A. Serres, titolare della cattedra di anatomia e di storia naturale dell’ uomo al Musée National d’Histoire

Naturelle di Parigi, secondo il quale la fotografia è ormai “una delle acquisizioni più preziose per il progresso della scienza dell’ uomo”, per cui la fotografia è assimilata a “uno strumento di scoperta per le scienze”. Non va sottova-

lutato il fatto che questi sono gli anni in cui l’ etnografia, la zoologia e la nascente antropologia sono considerate parti di uno stesso processo di conoscenza scientifica.

[34] “Qualche innovatore ha già introdotto la cartolina - ritratto; non più un cartoncino qualsiasi, ma nello stesso

formato la riproduzione di un personaggio dalla testa ai piedi”. È quanto si legge nel giornale La Lumière del 1857,

dove si annuncia ciò che sarebbe divenuta la moda dei ritratti tascabili e degli album personali.

[35] Questo procedimento riduce i costi di lavorazione perchè a partire da un’ unica stampa e un’ unica lastra si ottengono vari ritratti, che vengono poi ritagliati e incollati sul retro delle cartes de visite.

grazie all’ invenzione di Disdéri, diventano economicamente molto più accessibili. Riprendendo il modello dei ritratti aristocratici, le cartes de visite presentano pose verticali a figura intera che mostrano all’ osservatore il corpo e gli abiti del soggetto in posa. Normalmente i soggetti fotografati indossano abiti propri, mentre spetta al fotografo la scelta dei fondali e degli arredi per il ritratto. In particolare, general- mente gli sfondi variano dal classico telone o fondale dipinto a tinta unita, ad am- bientazioni più eleganti in cui compaiono balaustre o salottini, fino a lussureggianti paesaggi collinari minuziosamente stampati.

Gli elogi alla carte de visite sono presenti quotidianamente sulle riviste popolari dell’epoca, come riporta un articolo dell’American Journal of Photography del 1861:

Si tratta della prima volta nella storia in cui un così gran numero di persone ha la possibilità di avere una rappresentazione verosimile dei propri cari e di costruirsi una genealogia visibile e tramandabile. Diventa pratica comune acquistare i propri ritratti e scambiarli con gli amici in cambio dei loro ritratti; lo scambio delle foto- grafie diventa una pratica comune, fino al punto che la moda delle cartes de visite diventa nota come ‘cartomania’. Questa mania naturalmente rappresenta una fonte di ispirazione per la satira nei giornali dell’ epoca, come quanto riportato in un arti- colo del Littel’s Living Age, in cui è descritta la crescente inconsistenza dei rapporti tra la persona immortalata nella fotografia e chi la richiede:

Mano a mano che si afferma la moda delle cartes da visite, non può che esser ri- pensato e attualizzato il concetto di album fotografico. Verso la fine degli anni Cin- quanta in Europa occidentale, e a partire dal 1860 in Inghilterra e negli Stati Uniti, vengono messi in commercio degli album con pagine di cartone e aperture delle dimensioni delle cartes de visite in modo da potervi inserire le fotografie. Gli album diventano man mano sempre più elaborati e raffinati, arrivano a contenere fino a duecento immagini di diverse dimensioni, e variano nel materiale della copertina, che può essere in pelle o in velluto, con motivi dorati in rilievo e pagine decorate con

“Sono ritratti così reali e si possono avere e riprodurre con una tale facilità che possono ben aspirare a diventare assolutamente universali”. [36]

“La richiesta di fotografie non si limita ai parenti e agli amici, ma a malapena si limita alle conoscenze. Chiunque ti abbia mai visto, o abbia mai visto qualcuno che ti ha visto, o conosca qualcuno che dice di aver visto una persona che pensa di averti visto, si considera autorizzato a chiederti una fotografia”. [37]

cromolitografie. L’ album fotografico diventa un elemento desiderato ed ambito da tutte le famiglie, più o meno abbienti.

Man mano che il gusto dell’ Età Vittoriana si modifica ed evolve nell’ estetica moder- na, la moda delle cartes de visite vede tramontare la propria epoca. Si deve conside- rare tra le molteplici ragioni il fatto che a fine Ottocento vengono messe in commer- cio le prime macchine fotografiche istantanee, basti ricordare lo slogan della prima Kodak ideata da George Eastman [38] “You Press the Button, We Do the Rest” che viene introdotta nel mercato nel 1888 ed inaugura una nuova maniera di far foto- grafie. Da questo momento in avanti la possibilità di scattare fotografie sarà davvero potenzialmente a portata di tutti e non sarà più necessario rivolgersi a fotografi pro- fessionisti o recarsi in studio. La nuova macchina fotografica infatti è dotata di un rullino che permette di scattare 100 fotografie circolari di diamentro 6.5 centimetri semplicemente premendo un bottone che aziona in modo automatico l’ otturatore senza il bisogno di mettere a fuoco manualmente. Una volta terminati i 100 scatti a disposizione, è sufficiente portare l’ intero apparecchio alla ditta di Eastman e atten- dere il tempo necessario allo sviluppo delle fotografie. Il salto dalle cartes de visite è evidente, sia da un punto di vista qualitativo che di logistica. A partire da questo momento le fotografie possono finalmente esser scattate in qualsiasi situazione, for- male o informale, all’ aperto o in casa, e principalmente il nuovo approccio consente un rapporto più intimo con il soggetto che si riflette su pose più distese ed espres- sioni più rilassate rispetto ai ritratti formali delle cartes de visite. É questo il periodo in cui compaiono le prime fotografie di matrimoni, di pic nic, delle vacanze, e via dicendo. Esattamente come aveva fatto la carte de visite qualche decennio prima, ora la fotografia istantanea Kodak va a costituire il documento più importante ed eloquente attraverso il quale siamo in grado di comprendere la società dell’ epoca e di averne delle testimonianze visive.

Naturalmente, anche la struttura e l’ aspetto degli album fotografici si evolvono, prediligendo sempre più materiali semplici ed essenziali, senza eccessive decorazio- ni e, alternate alle fotografie, compaiono sempre più frequentemente annotazioni di viaggio, commenti, pensieri, come se si trattasse di una sorta di ibrido tra la forma dell’ album fotografico e quella del diario personale.

[38] Dopo aver intrapreso l’ attività di contabile, nel 1880 Eastman si dedica alla fabbricazione e alla vendita di lastre a secco. Nel 1888 mette in commercio la sua invenzione, la Kodak, prima macchina fotografica ‘tascabile’. La grande novità sta nel fatto che la compagnia (La Eastman Dry Company, fondata nel 1881) si fa carico dello sviluppo e della stampa delle fotografie. Seguono immediatamente due perfezionamenti che diffondono a livello mondiale la notorietà della Kodak: l’ emulsione Celluloide (1889) e la carta nera protettrice (1894). Nel 1892 Eastman fonda l’ Eastman Kodak Company e si dedica alla fabbricazione di macchine ancora più maneggevoli, come la Brownie, proposta nel 1900.

La nascita del fotogiornalismo

Lo sviluppo del fotogiornalismo avviene di paripasso con la diffusione delle riviste, prima illustrate e poi stampate. Il primo settimanale a preferire le immagini al testo scritto è il The Illustrated London News fondato nel 1842, seguito da L’Illustration (Parigi), l’Illustrirte Zeitung (Lipsia), L’Illustrazione Italiana (Milano), Harper’s We- ekly (New York), e molti altri periodici. Si può pertanto affermare che già a metà Ottocento ciascun paese sviluppato ha le proprie riviste illustrate in cui le immagini sono costituite per lo più da xilografie ricavate da schizzi o tratte da disegni e dipinti, ma raramente da fotografie.

Inizialmente la fotografia ricopre un posto così modesto nella stampa sulle riviste a causa dell’arretratezza tecnica e in parte anche stilistica. I lettori innanzitutto sono abituati allo stile delle xilografie, per cui i direttori dei giornali non hanno alcun motivo di cambiare un formato che gode del consenso del pubblico. Inoltre, fino agli anni Ottanta non esiste un procedimento fotomeccanico in grado di stampare con- temporaneamente il testo e l’ immagine. Ciò diventa possibile grazie all’invenzione della “lastra a mezzatinta” che andrà a rivoluzionare l’ aspetto delle riviste a partire proprio dagli anni Ottanta. In breve, l’ immagine fotografica viene trasformata in una serie di puntini la cui grandezza varia a seconda dei toni della fotografia origi- nale. Prima viene eseguito un negativo dell’ immagine, poi si stampa il negativo su su un metallo rivestito di gelatina bicromatata. Nella stampa definitiva i puntini non sono più visibili e si ottiene la restituzione dell’ immagine in tonalità di grigi. Il pro- cedimento a mezzatinta permette di riprodurre le fotografie ad un prezzo contenuto e in quantità illimitata sui libri, sulle riviste e sui giornali. Ciononostante, il metodo della stampa a mezzatinta inizialmente sembra non conquistare l’ apprezzamento dei lettori, che sono ancora abituati alla xilografia e che continuano a preferirla rite- nendola più ‘artistica’.

Si può dunque iniziare a parlare di fotogiornalismo solo a partire dagli anni Novanta dell’ Ottocento quando le modalità con cui le persone e le informazioni si relazio- nano si fanno sempre più moderne e veloci. I mezzi di trasporto come il treno, la bicicletta e le prime automobili, insieme ai nuovi sistemi di comunicazione come il telegrafo e il telefono, accorciano le distanze e rendono più “condivisibili” le vicende riguardanti la colettività.

La prima rivista illustrata fondata con l’ intento di servirsi esclusivamente di foto- grafie è l’ Illustrated American, uscita con il primo numero il 22 febbraio 1890. Ma il vero momento di svolta coincide con l’ invenzione della Kodak n.1 da parte di Ge-

moderna.

La figura del fotoreporter inizia dunque a scostarsi da quella del fotografo comune, in quanto il fotoreporter necessita di quell’ abilità, di quella prontezza e temerarietà nel riuscire a cogliere gli istanti e di stamparli nel più breve tempo possibile. Le fo- tografie infatti diventano più reali e dinamiche e i giornali rappresentano il primo mezzo attraverso cui si cerca di sperimentare nuove forme di narrazione per imma- gini. Nel 1886 Paul Nadar, figlio di Felix, per festeggiare i cent’ anni dello scienziato francese Eugène Chevreul realizza un’ intervista fotografica pubblicata in ventuno scatti pubblicati nel Journal Illustré del 5 settembre 1886. Le parole pronunciate dal- lo scienziato costituiscono la didascalia a coronamento delle immagini.[39] Questo esperimento mette in luce l’ enorme capacità espressiva e narrativa della fotografia, capace di cogliere le espressioni e il linguaggio del corpo attraverso una serie di ri- tratti istantanei.

Il numero dei lettori delle riviste nei decenni a cavallo tra Ottocento e Novecento aumenta in maniera esponenziale grazie anche ad un altro importante passo avanti nella stampa. Nel 1904 infatti il giornale britannico femminile, il Daily Mirror, si trasforma in una rivista illustrata. Nell’editoriale dell’ 8 gennaio si proclama:

La stampa rotativa rappresenta un’ innovazione tecnologica di grande portata in quanto consente di montare le matrici su cilindri ad alta velocità che sono in grado di stampare centinaia di migliaia di copie ogni giorno. Questo numero del Daily Mirror segna l’ inizio della fotografia come mezzo di comunicazione di massa e sta- bilisce inoltre una netta distinzione tra le fotografie pubblicate sui quotidiani e quel- le presenti nei settimanali o nei quindicinali, ovvero tra il fotografo di cronaca o il fotoreporter da una parte, e il fotogiornalista dall’ altra.

I direttori dei giornali nei primi decenni del XX° secolo si rendono conto inoltre che non solo le fotografie sono in grado di catturare un gran numero di lettori, ma che anche i fotografi, con la loro fama e reputazione, possono portare enormi vantaggi al successo di una rivista. Lo status del fotografo agli inizi del XX° secolo è a metà tra quello di un commerciante e quello di un servitore; il suo nome spesso non viene neppure riportato. In questi anni invece i primi fotografi iniziano ad essere citati nei

“Questo è il primo giornale che riproduce immagini fotografiche a mezzatinta stampate mediante una macchina rotativa. Il successo di questa edizione è stato ottenuto solo dopo lunghi e costosi esperimenti”. [40]

[39] Gli scatti sono realizzati da Paul Nadar, figlio di Félix Nadar. Nel 1886 Paul diventa il responsabile della ditta del padre, i due insieme realizzano l’ intervista fotografica a Chevreul in occasione dei suoi cento anni. Si tratta di una serie di immagini prese dal vivo a 1/30° di secondo da Paul. F. Nadar, P. Nadar (fotografo), L’ Art de Vivre

Cent Ans, in “Le Journal Illustrè”, n. 36, 5 settembre 1886.

giornali come ‘corrispondenti speciali’, gradualmente sempre di più fino a che non si viene a creare un vero e proprio star system di fotografi accreditati sostenuti e acclamati dal grande pubblico. I primi fotografi ad essere riconosciuti come tali ed acclamati dai lettori sono quelli che lavorano per il Colliers Magazine: James Henry Hare, il più famoso, documenta le rivolte e gli eventi politici prima dello scoppio della Grande Guerra, in particolare il conflitto russo – giapponese del 1904 -1905, il terremoto di San Francisco del 1906, la prima guerra dei Balcani del 1912-1913, la rivoluzione messicana del 1914 e la Prima Guerra Mondiale. Si dice che prima dell’arrivo di Henry Hare in Messico, i corrispondenti che si trovavano sul posto dicessero:

Una delle numerose implicazioni che si possono ricondurre alla Prima Guerra Mondiale è quella di aver favorito l’ utilizzo delle fotografie a fini propagandistici in riviste di orientamento nazionalista o comunista. In Inghilterra nell’ agosto del 1914 viene fondato un apposito ufficio per la propaganda, in Francia lo stesso compito viene assunto dalla Maison de la Presse a partire dal 1916, in Germania nel gennaio 1917 viene istituito il Bild-und Filmamt (Bufa) con l’ incarico di gestire l’uso dei