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Il ruolo delle Agenzie e gli anni della “Rivoluzione Creativa”

2.2. La fotografia nella pubblicità

2.2.1. Il ruolo delle Agenzie e gli anni della “Rivoluzione Creativa”

Nei primi anni del Novecento le prime agenzie pubblicitarie iniziano a condurre delle rudimentali analisi di mercato; l’ agenzia The N.W. Ayer and Son inizia a con- durre delle ricerche già dal 1910 ed intorno agli anni Venti sviluppa dei primi ten- tativi di analisi di prodotto-mercato. Nel 1911 Curtis Publications, proprietari di Ladies’ Home Journal, del Saturday Evening Post e di altre riviste, realizzano una ricerca di mercato dichiarando di essere i primi ad informare i produttori rispetto a come utilizzare la pubblicità in modo più efficiente.

Personaggi geniali come Theodore MacManus, Raymond Rubicam, Claude C. Hopkins e Buce Barton [62] danno un contributo fondamentale grazie al loro lavoro all’ interno delle agenzie, e forniscono inoltre delle testimonianze preziose sull’ effi- cacia della pubblicità intervistando i consumatori ed individuando le loro preferen- ze, conferendo una credibilità accademica agli studi sulla pubblicità e sulle strategie di marketing.

Lo stesso F.D. Roosevelt, governatore di New York e futuro presidente degli Stati Uniti, negli anni Venti dichiara:

“Se solo avessi la possibilità di cominciare la vita da capo, sono propenso a credere che preferirei la carriera da pubblicitario a qualsiasi altra. (…) La crescita genera- lizzata del livello di vita nell’ era contemporanea che ha coinvolto ogni categoria sociale, soprattutto nell’ ultimo mezzo secolo, risulterebbe impensabile senza la dif- fusione della conoscenza di livelli di vita superiore operata dalla pubblicità.”[63] Anche le agenzie pubblicitarie collaborano con psicologi e consulenti d’ affari per riuscire ad applicare gli studi accademici alle nuove strategie d’ impresa. Le ricerche statistiche diventano il segno distintivo di ciò che può esser considerato una “scien- za”, e i ricercatori accademici applicano il metodo scientifico in modo sempre più sofisticato e avanzato.

[62] Theodore F. MacManus (1872-1940) è il fondatore dell’ omonima agenzia. La sua pubblicità più famosa è

The Penalty of Leadership: un annuncio per la Cadillac creato nel 1915, uscito una sola volta e diventato un culto

per il collezionismo pubblicitario.

Raymond Rubicam (1892-1978), copywriter e fondatore, insieme a John Orr Young, dell’ agenzia che ancora oggi porta il loro nome. É uno dei pochi a cui Bill Bernbach riconosce il merito di esser stato fondamentale nella propria formazione ed ispirazione pubblicitaria.

Claude C. Hopkins (1866-1932) è socio della Lord&Thomas, nel 1923 pubblica Scientific Advertising, in cui pubblica i suoi principi e le sue regole per fare della pubblicità una scienza prevedibile e il più possibile efficace. Hopkins è considerato il teorico e capostipite della corrente scientifica.

Bruce Barton (1886-1967) è un giornalista, diventa pubblicitario per caso grazie ad un annuncio che inventa egli stesso per il suo giornale. Nel 1919 fonda l’ agenzia BDO, diventata l’ attuale BBDO dopo la fusione con

Il dirigente della J.W. Thompson Agency, James Webb Young afferma:

Dalla metà degli anni Trenta le ricerche di mercato standardizzano le domande e sviluppano dei parametri di valutazione e analisi via via sempre più precise.

In questo periodo di affinamento delle tecniche, il motivo principale per cui le im- magini vengono utilizzate nelle pubblicità è naturalmente la possibilità, attraverso l’ immagine, di vendere più prodotti. Nel 1903 un’ indagine condotta dall’ agenzia James Walter Thompson dimostra che la maggioranza del pubblico intervistato non gradisce le pubblicità prive di illustrazioni. Nel 1929 un’ ulteriore indagine condotta da Daniel Starch rileva che:

Inoltre, la stessa ricerca mette in luce un altro aspetto interessante, ovvero che tutte le classi sociali, rispondono in ugual modo all’ immagine pubblicitaria a prescindere dalla fascia economica di appartenenza.

Alcuni studi statistici mettono in luce che la fotografia conferisce più credibilità alla pubblicità rispetto ad un disegno o un’ illustrazione o al semplice testo scritto. Altri studi su pubblicità specifiche, tra cui anche le fotografie di Steichen, dimostrano come lo stile e l’ eleganza delle immagini fotografiche riscuotono un grande fascino e un maggior appeal nei confronti dell’ audience.[66]

Come si può spiegare questa rapida comparsa della fotografia nella grafica pubbli- citaria? Innanzitutto si può sostenere che l’ utilizzo della fotografia nella pubblicità rappresenta la perfetta espressione dell’ epoca. Novità, innovazioni, industrie: è la vera essenza della cultura americana. Gli intelletutali e i pubblicitari spesso associa- no il progresso industriale e le nuove strategie di business con il nazionalismo ame- ricano e con l’ era della modernità. Alcuni articoli nella rivista Broom, per esempio, rappresentano la pubblicità come un’ emozionante forma d’ arte indigena tipica del- la cultura americana e valorizzano Henry Ford descrivendolo come un genio divino. [67]

“Il pubblicitario del futuro dovrà imparare il linguaggio dei matematici”.[64]

“That the use of pictures increased the coupon returns 33% to 50% over the ad- vertisement previously used, with an average of 45% over the average for the year before...The necessary reduction of about 33% in copy seems to have been amply made up in attention value”.[65]

[64] Young, 1944: 130. [65] Starch, 1929: 57.

[66] In JWT News, aprile 1930: 2. [67] Johnston, 1997: 29-32.

Altri invece naturalmente mostrano qualche dissenso nei confronti della pubblicità come Ralph Hower, professore ad Harvard, secondo cui “la pubblicità rappresenta

uno strumento potente per i profitti privati e per il controllo sociale”.[68]

A prescindere dalle differenti opinioni in merito, la fotografia diviene la forma visiva prediletta per rappresentare le immagini pubblicitarie del nuovo mercato america- no. Essa invita chi guarda ad identificarsi con la prosperità e con la gioia dei suoi soggetti, a dimenticarsi delle stratificazioni sociali, a vendere la proprio ideologia come un gioco di prestigio, in cui le relazioni sociali vengono fatte sembrare tanto naturali quanto costruite.

A partire dagli anni Venti le aziende americae usano abitualmente la pubblicità con il fine di solidificare la propria identità aziendale e per vendere più prodotti. Inoltre, diventa chiaro che una forte identità aziendale ha numerose ripercussioni positive nei confronti dei consumatori, e questo porta inevitabilmente ad un miglioramento nell’ aspetto estetico della pubblicità, nel design della composizione, così come nella cultura del pubblico verso la grafica pubblicitaria.

La grafica pubblicitaria migliora nettamente dopo la Prima Guerra Mondiale, quan- do gli art director iniziano a lavorare all’ interno delle agenzie pubblicitarie. Pres- socchè nello stesso periodo i nuovi art director fondano delle organizzazioni in cui discutono sullo stile artistico e grafico della pubblicità, organizzano esposizioni di grafica pubblicitaria, e pubblicano riviste specializzate. Il New York Art Director’s Club, fondato nel 1920, “da un gruppo di uomini ambiziosi per il progresso dell’ arte

nella pubblicità e nell’ industria, iniziò una serie di esibizioni annuali a partire dall’a nno seguente, stabilendo un tracciato per altri associazioni simili in tutto il paese”.[69]

La lenta professionalizzazione delle stesse agenzie pubblicitarie continua di pari pas- so; La N.W. Ayer and Son aggiunge servizi di copywriting dal 1892, e la J. Walter Thompson diviene un’ agenzia anch’ essa di copywriting, layout e package design nel 1895. Ayer inizia ad assumere grafici pubblicitari nel 1898 e nomina il primo art director nel 1910. All’ inizio degli anni Venti l’ agenzia Thompson assume tre art director, Gordon Aymar (1920-30), Pierce Johnson (1917-27), e John De Vries (1917-25).[70]

Anche Earnest Elmo Calkins, fondatore dell’ agenzia pubblicitaria Calkins and Hol- den, si dimostra in pieno accordo con il sentimento “aziendale” prevalente; le agen- zie stanno commissionando una quantità di investimenti in pubblicità senza prece-

[68] Hower, 1939: 622-623

denti, pertanto la qualità sta via via crescendo e si sta guadagnando un business di valore sempre maggiore in America. In generale, sta progressivamente aumentando anche il generale livello di apprezzamento dei consumatori rispetto alla pubblicità. Il valore educativo della pubblicità nell’ economia moderna viene molto difeso; Co- olidge nel 1926 osserva:

Terminati i ‘favolosi anni Venti’ anche la pubblicità risente della crisi del 1929 e della Grande Depressione degli anni Trenta, anche se nel complesso ne risente in maniera inferiore rispetto a molti altri settori. Negli anni della Seconda Guerra Mondiale invece gli investimenti diminuiscono drasticamente, nel 1942 i membri della comu- nità pubblicitaria si riuniscono per formare il War Advertising Council, mettendosi a servizio del governo.[72] Le stesse tecniche persuasive utilizzate per pubblicizzare i prodotti vengono ora utilizzate per convincere gli americani a risparmiare.

Negli anni che seguono la fine della Seconda Guerra Mondiale, grazie all’ eplosione demografica, tecnologica ed eonomica, la pubblicità torna a crescere a livelli espo- nenziali grazie all’ aumento della produzione di beni di consumo. Nel 1945 Adver- tising Age [73] inizia a pubblicare le classifiche annuali dei fatturati delle aziende e nel giro di soli cinque anni gli investimenti totali sono raddoppiati da 2,9 bilioni di dollari nel 1945 a 5,7 bilioni nel 1950. Nel 1947 la J. Walter Thompson è la prima agenzia a superare i 100 milioni di dollari fatturati, seguita dalla BBDO e Young & Rubicam nel 1951 e dalla McCann-Erickson nel 1954. [74]

Nonostante i grandi investimenti, nessuna delle campagne di maggior successo de- gli anni Cinquanta è prodotta da queste agenzie. Le pubblicità veramente creative e rivoluzionarie provengono da agenzie appena sorte, come quelle di Ogilvy o di Bernbach, o da personaggi provenienti da altre città, come il creativo di Leo Burnett, operativo a Chicago. Fino agli anni Quaranta infatti le indagini di mercato e le ricer- che sui consumi della popolazione non hanno mai realmente influito sulle modalità con cui vengono ideati i messaggi pubblicitari; il miglioramento delle metodologie e delle analisi nel corso degli anni Cinquanta inizia a fornire dati e informazioni preci- se, pertanto i pubblicitari si approcciano con un’attitudine quasi scientifica, basando il proprio lavoro sugli studi demografici e statistici.

“Le abitudini e gli stili di vita, si estendono a ciò che mangiamo, ciò che indossia- mo, come lavoriamo e in generale l’ intera nazione”.[71]

[71] Johnston, 1997: 32-35. [72] Mancina, 2015: 25.

[73]. Rivista settimanale di marketing e pubblicità, fondata nel 1930 a New York. È considerata in tutto il mondo la più rinomanta e affidabile pubblicazione del settore pubblicitario.

Nel 1953 viene creata la Fondazione delle Ricerche Pubblicitarie. In questi anni si fa avanti un nuovo tipo di ricerca, la ricerca motivazionale (MR), che ha l’ obiettivo si sostituire i conti statistici con nuovi metodologie adottate dalle scienze sociali come la psicologia e la psicanalisi. I consumatori non vengono più immaginati come esse- re razionali coscienti di ciò che desiderano e del perchè lo desiderano, attraverso la ricerca motivazionale si cerca di indagare il subconscio e le decisioni non razionali. Fino agli anni Cinquanta la figura professionale più rappresentativa delle agenzie pubblicitarie di Madison Avenue è rappresentata dall’ account e non dal creativo, figura che in realtà non esiste ancora. Nel 1965 la rivista Fortune manda un proprio giornalista ad intervistare James Webb Young [75] riguardo ai cambiamenti della pubblicità a partire dagli anni Trenta in avanti:

Il grande cambiamento arriva con la cosiddetta “rivoluzione creativa” degli anni Sessanta messa in pratica da Bill Bernbach; nei prossimi paragrafi si analizzano i principali protagonisti della pubblicità dagli anni Venti agli anni Duemila, focaliz- zandosi sulle campagne che più di altre hanno contribuito alla trasformazione dell’ etica pubblicitaria.

“Quando le dissi che non ce n’ era stato alcuno, quasi cadeva dalla sedia. Ma era vero.” [76]

edward steichen

j.W. thompson

‘jergens lotion’ Adv. ph.

2.2.2. LE FOTOGRAFIE DI STEICHEN PER L’ AGENZIA