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I principi dell’attività amministrativa

4. La condotta tipica

4.2. I principi dell’attività amministrativa

L’attività che l’amministrazione pone in essere nel perseguimento dei propri fini istituzionali incontra talune limitazioni, identificabili nel principio generale di

legalità, e in tutti quegli altri principi, fra i quali quello di ragionevolezza, comunque

riconducibili ai valori espressi dall’art. 97 Cost. Mentre questi ultimi orientano lo svolgimento dell’attività amministrativa entro i fini pubblici prefissati, assumendo quindi carattere positivo, il principio di legalità viene ricostruito quale limite negati- vo, volto a garantire lo svolgimento del potere pubblico entro confini di liceità153. Attenendo in particolare ai rapporti fra legge e attività amministrativa, esso esprime la necessaria corrispondenza dell’operato amministrativo alle diverse prescrizioni di legge. Queste possono infatti costringere l’esercizio del potere pubblico entro limiti fissati in modo preciso e puntuale, oppure operare in maniera elastica, riconoscendo all’amministrazione un più vasto margine di apprezzamento. Si distingue al riguardo, rispettivamente, tra attività vincolata e attività discrezionale154. Peraltro, per quanto ampio possa essere il potere attribuito, non potrà mai parlarsi di autonomia quale

153 F. CARINGELLA, Corso, cit., 1305.

154 In tale ultimo caso la facoltà di scelta riconosciuta alla pubblica amministrazione potrebbe riguar-

dare l’an dell’emanazione del provvedimento, il quando, il quomodo o il quid, secondo valutazioni di opportunità.

capacità di libera determinazione dei propri fini, bensì di potere funzionalizzato, ovvero vincolato al perseguimento dell’interesse pubblico fissato dalla legge155.

Tuttavia tali considerazioni si arrestano ancora ad una configurazione in astrat- to dell’interesse pubblico indicato dalla norma attributiva del potere, destinato poi a trasformarsi in interesse pubblico concreto mediante l’esercizio puntuale dell’attività amministrativa. Ai fini della valutazione penale, che espressamente impone un rife- rimento al concetto di violazione, occorre allora confrontare il complessivo svolgi- mento dell’azione amministrativa, così come realizzata concretamente, con il model- lo normativo integrante la fattispecie astratta. Infatti, mentre quest’ultimo individua l’interesse astrattamente curato dalla legge ed i vincoli ad esso pertinenti, il primo ha riguardo all’effettiva esplicazione del potere156.

Dunque proprio il concetto di potere, quale attività funzionalizzata, conduce a porre attenzione non tanto alle caratteristiche del provvedimento finale, al fine di contrapporre quello discrezionale a quello vincolato, bensì all’attività svolta in vista della sua emanazione157. Il riferimento ad una scelta discrezionale, intesa quale pon- derazione degli interessi coinvolti, indicherebbe infatti più correttamente non una

155In questo senso l’art. 1 L. 241/1990: “L’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla

legge”.

La dottrina offre una definizione di potere discrezionale quale “facoltà di scelta tra più comporta- menti giuridicamente leciti per il soddisfacimento dell’interesse pubblico e per il perseguimento di un fine rispondente alla causa del potere esercitato”: F. CARINGELLA, Corso, cit., 1311. Negli stessi termini: V. CERULLI IRELLI, Principii del diritto amministrativo, II, cit., 43; V. GASPARINI CASARI, L’azione amministrativa, cit., 32.

156 Il riferimento al concetto di “violazione” chiarisce dunque quale debba essere il rapporto tra la

fattispecie astratta e quella concreta, identificabile in un giudizio di difformità coinvolgente il profilo della legittimità dell’atto. In questi termini: A. CIOFFI, Eccesso di potere e violazione di legge, cit., 83 ss.

157 Una conferma potrebbe trarsi anche dallo studio della recente legislazione in materia di controlli

dell’azione amministrativa, articolati non più sullo schema classico della legalità formale- astratta, bensì sempre più marcatamente proiettati verso un modello che tende a sostituire la verifica dei risultati della funzione in termini di efficacia. Si sposta dunque l’oggetto del controllo dal provvedi- mento alla funzione, dall’atto alla realizzazione degli obiettivi, coinvolgendo così anche la tipologia dei parametri di raffronto utilizzabili, i quali non possono più essere l’astratta legalità e il mero rispet- to della forma, ma l’economicità, il raggiungimento dei risultati, l’efficienza, il buon andamento, l’imparzialità e la giustizia: A. TESAURO, Violazione di legge ed abuso d’ufficio, cit., 107.

diversa forma di potere quanto il modo di operare nella dialettica degli interessi concorrenti158.

In tal senso orienta ulteriormente l’entrata in vigore della L. 241/1990 che all’art. 1 prevede che in tutte le fasi dello svolgimento della propria azione la pubbli- ca amministrazione persegua i fini determinati dalla legge, vincolandola, fra gli altri, ai criteri di economicità e di efficacia. L’avvenuta positivizzazione dell’obbligo di ottimizzazione del risultato, valido peraltro in ogni momento di esercizio del potere, implica così per il pubblico funzionario un dovere di conformità alla scelta migliore, quella cioè che garantisce ad un provvedimento o ad un comportamento amministra- tivo effetti concreti coerenti con gli obiettivi fissati dall’ordinamento159.

Di conseguenza, almeno secondo le categorie tradizionali del diritto ammini- strativo, solo impropriamente si potrebbe continuare ad interpretare la discrezionalità quale sfera di libertà di scelta insindacabile, non potendosi negare come anche l’esercizio del potere discrezionale sia regolato, in ogni momento della sua esplica- zione, da canoni di legittimità, e quindi di vincolatività160.

Ne consegue che la pubblica amministrazione potrebbe realizzare una viola- zione penalmente rilevante anche qualora non rispetti i vincoli dettati dalla legge per lo svolgimento della propria attività procedimentale, non solo con riferimento allo svolgimento dell’attività vincolata, ma anche in relazione a quella discrezionale, o almeno ai momenti vincolati di questa. In entrambi i casi potrebbero infatti rinvenirsi prescrizioni puntuali che consentono l’individuazione precisa del parametro positivo violato. Pacificamente si adotta infatti un ampio concetto di violazione penalmente rilevante, assumendo ad esempio che essa possa inerire alla forma o al contenuto tipico dell’atto, ad omissioni o inesattezze di adempimenti procedimentali, all’esor-

158 A. ALBAMONTE, Dal “teorema” della disapplicazione degli atti amministrativi alla “novella”

n. 234 del 1997. Il caso della concessione edilizia “illegittima”, Riv. pen., 1998, 642.

159 M. LEONI, Il nuovo reato di abuso d’ufficio, cit., 48.

160 In tal senso M. LEONI, Il nuovo reato di abuso d’ufficio, cit., 48: “…sul presupposto che l’idoneità

dell’azione amministrativa a soddisfare nel modo migliore il suo fine tipico non può restare estranea al controllo giurisdizionale, in quanto tale idoneità realizza il rispetto di prescrizioni poste espressamente dall’ordinamento, e quindi rientra nel concetto di legittimità”.

bitanza dai limiti di tempo, di luogo o di oggetto, alla mancanza di presupposi speci- fici o alla mancata applicazione di una norma stabilita con precisione per il caso concreto161.

5. La violazione di norme di legge o di regolamento e le patologie del provve-