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La struttura della norma

Il principale difetto di determinatezza che emerge dallo studio della fattispecie attiene probabilmente alla previsione di un “macroelemento normativo”, identificato nella generica violazione di norme di legge o di regolamento, che non consente di prevedere in anticipo quali fra queste possano essere concretamente utili ai fini dell’integrazione del reato, e di conseguenza i confini tra un’attività lecita e illeci- ta116. Secondo parte della dottrina si assisterebbe allora ad un fenomeno di integra- zione del precetto, dato che la qualifica di illiceità del fatto si ricava non solo dalla norma incriminatrice, ma anche dalla violazione delle norme di legge e di regola- mento che la integrano, concorrendo a definirne i limiti precettivi117. Per questo motivo si è configurato l’abuso d’ufficio quale norma penale in bianco118, o più precisamente quale norma penale parzialmente in bianco, giacché l’integrazione

116 In questi termini: A. TESAURO, Violazione di legge ed abuso d’ufficio, cit. IX.

Il rinvio in bianco a regole di condotta dettate dalla pubblica amministrazione condurrebbe al ri- schio di una “amministrativizzazione della tutela penale”, ovvero ad un richiamo alla concezione sanzionatoria del diritto penale che riconosce a quest’ultimo un ruolo di tutela ulteriore e secondaria, rispetto a quella amministrativa, per i beni protetti: A. TESAURO, Violazione di legge ed abuso

d’ufficio, cit., X; per una definizione di diritto penale sanzionatorio: C. PEDRAZZI, Diritto penale,

cit., 73.

Al fine di individuare quali siano le norme di legge o di regolamento che possono integrare il delitto di abuso d’ufficio, si è proposto di considerare solo quelle la cui violazione è direttamente connessa all’interesse direttamente perseguito nell’atto, o comunque strumentale, nell’intento del soggetto, al perseguimento dell’ingiusto danno o vantaggio: F. ORIGLIO, Chiose sulla riforme dell’abuso

d’ufficio, in AA.VV., La riforma dell’abuso d’ufficio. Atti 1° giornata di studio promossa dal Centro Studi Giuridici “Francesco Carrara”, cit., 164 ss.

117 A. MANNA, Abuso d’ufficio e conflitto d’interessi, cit., 38: “Risulta quindi appropriato ritenere

che in tali ipotesi l’antigiuridicità è indice del fatto e non viceversa”.

Con riferimento alle novità apportate sul piano dell’integrazione del precetto penale dalla nuova formulazione dell’art. 323 c.p. M. LEONI, Il nuovo reato di abuso d’ufficio, cit., 17. Si sottolinea come in precedenza la semplice nozione di abuso implicasse una lata integrazione, richiamando tutti i fattori e gli elementi rilevanti per il corretto ed efficace esercizio dell’ufficio, dunque senza distingue- re fra le diverse fonti di tali doveri. Trovavano così spazio non solo le norme scritte, ma anche principi non codificati, e perfino criteri di deontologia.

118 P. PITTARO, La nuova disciplina dell’abuso d’ufficio, cit., 25: si precisa come debba essere

comunque la legge a stabile le linee di fondo caratterizzanti la fattispecie, rinviando al regolamento solo elementi di specificazione e di dettaglio.

Per una definizione delle norme penali in bianco: G. MARINUCCI – E. DOLCINI, Manuale di

riguarderebbe solo l’elemento della condotta, essendo gli altri elementi della fattispe- cie, quali l’evento e il dolo, già descritti dalla norma incriminatrice119.

In senso contrario si pone invece quella dottrina che nega possa applicarsi al nuovo abuso d’ufficio lo schema delle norme penali in bianco, in quanto il fatto di reato sarebbe già descritto dalla norma legislativa, senza poter riconoscere alcun ruolo di fonte alla pubblica amministrazione120. I sostenitori di tale tesi prendono le mosse dalla struttura stessa delle norme penali in bianco, per la cui legittimità si richiede che il precetto amministrativo che le integra trovi a sua volta nella legge determinazioni sufficienti, dei presupposti, contenuto e limiti, tali da porsi come svolgimento di una disciplina già tracciata dalla legge121. Ne deriva che, nelle norme penali in bianco, il rapporto tra norma incriminatrice e norma subordinata è dunque strettamente coperto dalla volontà del legislatore, che predetermina in modo essen- ziale anche il contenuto delle disposizioni emanate con lo strumento diverso dalla legge.

Ciò non accadrebbe invece nel caso dell’abuso d’ufficio, nel quale la norma penale assume il ruolo di norma interposta, svolgendo la funzione di cerniera verso indistinti complessi di prescrizioni subordinate122. Potrebbe al massimo parlarsi, infatti, di “norma ad autorizzazione vincolata”, per sottolinearsi come il richiamo alla legge e al regolamento non incida sul contenuto del precetto, ma sulla eventuale attribuzione di antigiuridicità penale ad una fattispecie normativa già completamente delineata, e quindi sull’operatività stessa della norma123.

119 A. MANNA, Abuso d’ufficio e conflitto d’interessi, cit., 38 ss.; A. TESAURO, Violazione di legge

ed abuso d’ufficio, cit. 21; L. ALIBRANDI, L’obiettivo su… L’abuso d’ufficio, Ind. pen., 1998, 41.

120 C. BENUSSI, I delitti, cit. 565; G. DELLA MONICA, L’ingiusto vantaggio patrimoniale, in

AA.VV., La modifica dell’abuso d’ufficio e le nuove norme sul diritto di difesa, Milano, 1997, 72.

121 F. MANTOVANI, Diritto penale, cit., 48 ss.

122 O. DI GIOVINE, Concessione edilizia illegittima e abuso d’ufficio. Una questione aperta, Foro it.,

1999, II, 144 ss. Si pone peraltro in evidenza come anche tale ricostruzione lasci aperto il problema della vaghezza della disposizione: “allontana il precetto da una comprensione immediata; reca quindi un maggiore tasso di opinabilità, con il risultato di rendere la norma più aperta di quanto non fosse nell’intenzione dei proponenti, esponendola al rischio di letture contrastanti”.

123 O. DI GIOVINE, Concessione edilizia illegittima, cit., 149. In questo senso anche M. GAMBAR-

Fra le principali conseguenze che derivano dall’accoglimento di tale teoria si riconosce immediatamente il pregio di poter superare i dubbi di legittimità che le norme penali in bianco suscitano sotto il profilo del rispetto della riserva assoluta di legge124. Potrebbe inoltre trarsi una chiave di lettura della fattispecie in termini di autonomia dai concetti e dagli istituti del diritto amministrativo. L’aver ricostruito la fattispecie penale come “in sé chiusa”125, escludendo alcun apporto normativo all’intervento della pubblica amministrazione, potrebbe infatti giustificarne un’interpretazione maggiormente fedele alla sua ratio e alle intenzioni del legislatore penale.

delitti contro la pubblica amministrazione, Milano, 2005, 335: “Nell’abuso d’ufficio connesso ad una

violazione di legge, questa si pone come mero presupposto di fatto per l’integrazione del delitto, e lo specifico contenuto della regola violata non si incorpora nella norma penale”.

124 Non si nega tuttavia come rimangano le perplessità dovute al fatto che il comportamento non sia

puntualmente descritto dalla fattispecie, che si accontenta quasi di punire la disobbedienza ad una regola di condotta, la quale a sua volta può avere la propria fonte anche in un atto di normazione secondaria: A. MANNA, Abuso d’ufficio e conflitto d’interessi, cit., 40. Ciò non sarebbe però dissimi- le da quanto accade con riferimento ai reati colposi di evento la cui condotta consista nelle trasgres- sione di norme cautelari cristallizzate in regolamenti. In entrambe il disvalore del fatto viene polariz- zato sull’evento, ovvero, nel caso dell’abuso d’ufficio, nell’aver cagionato un danno o un vantaggio patrimoniale attraverso un comportamento in violazione di norme di legge: O. DI GIOVINE, Conces-

sione edilizia illegittima, cit., 146 ss.

La tecnica del rinvio utilizzata nell’art. 323 c.p. potrebbe inoltre porsi in tensione con il principio di precisione, inteso quale obbligo per il legislatore di descrivere in modo chiaro e preciso i reati e le sanzioni penali; nonché con il principio di chiarezza, che esige che i consociati siano posti in condi- zione di conoscere agevolmente il precetto penale, in modo da orientare il proprio comportamento distinguendo il lecito dall’illecito. Per il singolo cittadino non sarebbe infatti agevole individuare ex

ante tale discrimine, se si pone mente alla congerie di leggi e regolamenti presente nell’ordinamento

pubblico. Da ciò, infine, deriverebbe anche l’esigenza di verificare eventuali contrasti con il principio di colpevolezza: A. MANNA, Abuso d’ufficio e conflitto d’interessi, cit., 41 ss.

Sottolineano infine le principali conseguenze del diverso inquadramento prescelto in materia di errore: A. MANNA, Abuso d’ufficio e conflitto di interessi, cit., 39; G. CUPELLI, Abuso d’ufficio e

tipologia delle fonti: sulla rilevanza penale della violazione di un “sistema di norme”, Cass. pen.

2001, 1033.