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Il rapporto con i principi dell’attività amministrativa

3. Il bene giuridico tutelato: lo svolgimento dell’attività

3.1. Il rapporto con i principi dell’attività amministrativa

Quando si procede all’individuazione del bene giuridico tutelato occorre pren- dere le mosse, preliminarmente, dal dato sistematico. Dalla collocazione della norma, posta fra i reati contro la pubblica amministrazione, si ricava genericamente come sia lo svolgimento dell’attività pubblica l’oggetto della tutela penale.

Fra le interpretazioni dottrinali più risalenti nel tempo, tale elemento veniva tuttavia preso in considerazione non tanto in sé, quanto per il suo imprescindibile rapporto con i doveri di correttezza e probità che dovevano caratterizzare l’attività dei pubblici ufficiali, e il cui rispetto avrebbe infatti assicurato il normale funziona- mento della pubblica amministrazione126.

Con l’entrata in vigore della Costituzione e con l’evoluzione del diritto ammi- nistrativo, che valorizza in maniera sempre maggiore il concetto di funzione ammini- strativa e con essa la garanzia per l’effettività del risultato dell’agire pubblico, tale aspetto personale della condotta ha assunto una posizione secondaria, a favore dei valori del buon andamento e dell’imparzialità, espressi dall’art. 97 Cost.127. Ciò non ha escluso peraltro la possibilità di riconoscere l’esistenza di un rapporto di comple- mentarietà fra il personale dovere di correttezza e fedeltà nell’esercizio della pubbli- ca funzione e quello generale di buon andamento e imparzialità, essendo evidente come il primo sia in grado di condizionare il secondo.

Tuttavia, il solo aspetto personale della violazione dei doveri di correttezza e fedeltà del pubblico ufficiale appare in sé limitato alla possibilità di esprimere un momento intermedio del disvalore della fattispecie, svolgendo una funzione solo strumentale rispetto all’offesa penalmente rilevante, come confermerebbe la previ-

126 A. ALBAMONTE, I delitti contro la pubblica amministrazione, cit., 1100 ss.

127 Tale considerazione vale, peraltro, con riferimento a tutte le diverse formulazioni dell’abuso

sione espressa di una condotta realizzata in violazione di leggi e regolamenti, con- trapposta alla necessaria verificazione di un concreto evento di danno o di vantaggio. Si impone invece la necessità di verificare quale ruolo possa assumere il profilo della lesione dei principi di buon andamento e imparzialità nell’individuazione del bene giuridico tutelato.

Attualmente è prevalente, in dottrina e in giurisprudenza128, la tesi che ravvisa il bene giuridico nei valori espressi dalla norma costituzionale, intesi rispettivamente quali doveri di efficienza e legalità dell’azione amministrativa e di non discrimina- zione nell’uso dei pubblici poteri129. Tuttavia, se ci si arrestasse a tale considerazione emergerebbe immediatamente un difetto di concretezza nel semplice richiamo al buon andamento e all’imparzialità, valori inafferrabili sotto il profilo del principio penale di offensività130. Potrebbe allora essere corretto analizzare i principi di cui

128 B. BEVILACQUA, I reati dei pubblici ufficiali, cit., 849; M. ROMANO, I delitti dei pubblici

ufficiali, cit., 255; C. BENUSSI, I delitti, cit., 559; A. D’AVIRRO, L’abuso d’ufficio, cit., 274 ss.; P.

PITTARO, La nuova disciplina dell’abuso d’ufficio, cit., 23; e in maniera più puntuale S. PREZIOSI,

La riforma della fattispecie incriminatrice, cit., 139, che configura l’imparzialità e il buon andamento

come risultato dell’azione amministrativa, cui si giunge “attraverso la comparazione dei potenziali nuovi assetti di situazioni soggettive che il provvedimento è in grado di conformare, e non come astratti metri di giudizio. Si tratta cioè di beni propri dell’azione amministrativa, assimilati alla stessa nozione di procedimento….dalla quale non si differenziano una volta che l’azione dei pubblici poteri si sia attuata nel procedimento”.

Esistono comunque voci parzialmente difformi. Si ritiene che sia solo il bene dell’imparzialità ad essere tutelato, e non quello del buon andamento: A. PAGLIARO, Principi, cit., 233, “il buon anda- mento della pubblica amministrazione potrebbe essere considerato come il bene protetto dalla fatti- specie incriminatrice soltanto se quest’ultima richiedesse il danno della pubblica amministrazione. Ma la fattispecie dell’abuso d’ufficio richiede solo un evento di ingiusto vantaggio per sé od altri oppure di ingiusto danno per altri, senza richiedere necessariamente il danno per la pubblica amministrazione. Il bene tutelato dunque è l’imparzialità della pubblica amministrazione”. In questo senso, prima della riforma del 1997: S. SEMINARA, Il delitto di abuso d’ufficio, Riv. it. dir. proc. pen. 1992, 585.

In giurisprudenza: Cass. Sez. VI, 11/11/1999, Mautone, Guida dir 2000, 6, 75; Cass. Sez. VI, 13/01/1998, Airò, Cass. pen. 1999, m. 1188; Cass. 25/09/1998, Ottaviano, Guida dir 1998, 43, 100; T. Napoli 24/09/1997, Federico, Cass. pen. 1998, 770; prima della riforma: Cass. 21/03/1996, Vinci-

guerra, Riv. pen., 1996, 1123; Cass. 15/05/1995, Buonocore, Riv. pen. 1995, 1021; Cass. 16/03/1995, Gadani, Cass. pen. 1996, 488.

129 C. BENUSSI, I delitti, cit., 560.

130 Se ci si limitasse a considerare, in via generale, quali beni giuridici i valori citati, si correrebbe il

rischio di andare incontro a critiche di eccessiva genericità e difetto di concretezza: G. MARINUCCI- E. DOLCINI, Corso, cit., 544; F. PALAZZO, I confini della tutela penale, cit., 469 ss. In questo senso anche G. FIANDACA, Il bene giuridico, cit., 53.

all’art. 97 Cost. per verificare come essi operino in maniera differente pur all’interno della medesima fattispecie.

Si è detto di come questi vengano tradizionalmente e pacificamente ricostruiti quali beni giuridici tutelati in via generale dai reati contro la pubblica amministrazio- ne, fra i quali anche quello di abuso d’ufficio. Ciò non esclude, ma anzi impone, la verifica anche dei beni puntualmente protetti dalle singole norme incriminatrici. Non si tratta peraltro di beni diversi e ulteriori rispetto a quello generale, quanto di sue concrete specificazioni.

Ciò avviene prima di tutto nello studio della condotta tipica delineata dall’art. 323 c.p., costruita intorno all’individuazione di precisi parametri positivi violati, con conseguente necessità di operare un rinvio alle regole extrapenali che regolano l’attività dei pubblici ufficiali. In particolare, il riferimento alla violazione delle previste norme giuridiche rappresenterebbe un rinvio al buon andamento, mentre l’inosservanza del dovere di astensione porrebbe in risalto l’imparzialità della pub- blica amministrazione131.

Si instaura così un richiamo ai modelli di buon funzionamento, a monte creati dal diritto amministrativo e ispirati ai precetti costituzionali di buon andamento e imparzialità, cui deve uniformarsi l’attività dei pubblici ufficiali per garantirne il corretto ed efficace svolgimento. La fattispecie penale vi entra poi in rapporto in una fase successiva, quella della tutela dei medesimi modelli. Si parla al riguardo di reati

a tutela di una funzione, in tal caso quella amministrativa, nei quali la norma assume

come finalità generale la tutela del corretto svolgimento dell’attività amministrativa, in quanto orientata da tali modelli. Ciò avviene non solo direttamente, qualora goda di rilevanza penale la semplice violazione di questi, ma anche nelle ipotesi in cui il mancato rispetto di tali modelli si ponga solo come fase intermedia della condotta funzionale all’offesa al bene protetto, come avviene nel delitto di abuso d’ufficio.

In tale ultimo caso, dunque, il richiamo al buon andamento e all’imparzialità dimostra di assumere una funzione strumentale nei confronti dell’offesa finale, ma

131 P. PITTARO, La nuova disciplina dell’abuso d’ufficio, cit., 23. Con riferimento al dovere di

non esclude che, seppure in maniera limitata al disvalore della condotta, tali principi possano assumere autonomo rilievo132.

L’aver riconosciuto una funzione centrale al buon andamento e all’imparzialità presenta infatti il vantaggio di rendere concretamente applicabili anche nel diritto penale i principi imposti per lo svolgimento dell’attività amministrativa, attualmente positivizzati nell’art. 1 L. 241/90, fra i quali quelli di efficienza, legalità e trasparenza dell’azione amministrativa, agevolmente ricostruibili quali declinazioni di quelli generali dell’art. 97 Cost. Secondo l’interpretazione accolta, tali valori acquistereb- bero efficacia immediatamente vincolante nello svolgimento dell’attività pubblica, sul piano amministrativo e su quello penale, creando così un rapporto di compenetra- zione fra i due rami dell’ordinamento133.

132 Con riferimento all’operazione di bilanciamento di interessi, sottesa alla creazione dei modelli di

buon funzionamento: S. PREZIOSI, La riforma della fattispecie di abuso d’ufficio, cit., 140, dove si precisa come “il bilanciamento degli interessi è soltanto lo scopo della norma penale, che può altresì fungere da criterio selettivo di beni giuridici nella fase di formazione della norma, nonché servire da criterio interpretativo supplementare, ma non può sostituire l’oggettività giuridica della fattispecie penale, la quale è irriducibile ad interpretazioni tanto teleologiche quanto funzionali”.

133 Nello specifico, al centro dell’indagine andrebbe dunque posto il diritto alla buona amministrazio-

ne, di origine comunitaria, in base al quale ogni individuo ha il diritto a che le questioni che lo riguar- dano vengano trattate in maniera imparziale, equa ed entro un termine ragionevole dalla pubblica amministrazione. Costituiscono applicazione diretta di tale principio i doveri, incombenti sul respon- sabile del procedimento, di ascoltare il cittadino prima di emettere un provvedimento che lo riguarda e di rendere conoscibili gli atti acclusi al fascicolo (art. 10 L.241/90); e quello di motivare le proprie decisioni (art. 3 L. 241/90). Ancora, gli stringenti limiti temporali e patrimoniali posti dalla specifica disciplina dettata in materia di autotutela amministrativa (art. 21 quinquies L. 241/90), validi peraltro non solo e non tanto con riferimento ai provvedimenti in seno stretto quanto per i comportamenti dell’amministrazione, sarebbero espressione del più generale principio di tutela dell’affidamento. Tale principio impone all’amministrazione di rispettare una situazione di vantaggio assicurata ad un sog- getto privato da uno specifico e concreto atto dell’amministrazione, salvo che la rimozione di questa non sia strettamente necessaria per il pubblico interesse, e fermo comunque l’indennizzo della posi- zione acquisita. Infine non potrebbe trascurarsi, specie se si ammettesse la rilevanza penale anche del vizio di eccesso di potere, il principio di proporzione. Esso consiste nell’esercitare la giusta misura del potere in modo tale da assicurare un’azione idonea ed adeguata alle circostanze di fatto, che non alteri il giusto equilibrio tra i valori, gli interessi e le situazioni giuridiche (un’applicazione di questo po- trebbe comunque forse rinvenirsi nella previsione dell’obbligo di non aggravamento del procedimen- to: art. 1 u.c. L. 241/90).

Da tutto ciò deriva che anche la violazione di tali previsioni potrebbe assumere rilevanza penale ai fini dell’integrazione del delitto di abuso d’ufficio.