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I respingimenti differiti ed il “racial profiling”

Dall’introduzione dell’approccio hotspot sono stati emessi, da parte delle questure siciliane maggiormente interessate dal fenomeno migratorio, migliaia di decreti di respingimento. Questo dato è attribuibile alle modalità con cui avviene la selezione dei migranti e cioè, da un lato, sulla base dell’intervista sommaria nella fase della pre-identificazione e dall’altro, in base all’appartenenza a determinate nazionalità che non vengono considerate come meritevoli di protezione internazionale. Dall’analisi dei dati riportati dal Capo della Polizia54 si conferma la

difficoltà nell’eseguire i rimpatri attribuibile anche alla mancanza di accordi di riammissione con molti paesi terzi, da cui provengono i migranti, presupposto per effettuare il rimpatrio. I paesi con cui l’Italia ha stipulato accordi di riammissione sono: L’Egitto dal 2007, la Tunisia dal 2011, la Nigeria e Marocco dal 2012 infine dal 2017 con il governo libico. Il Dipartimento di Pubblica Sicurezza ha poi avviato forme di cooperazione operativa con le autorità competenti di Gambia, Costa D’Avorio, Ghana, Senegal, Bangladesh e Pakistan.

seduta del 3 dicembre 2015

54 Dai dati forniti in Commissione Parlamentare (gli unici accessibili)

emerge che per il 2015 57.780 migranti foto-segnalati per ingresso illegale, e 34.107 stranieri rintracciati in posizione irregolare, di cui 18.128 non rimpatriati; per i primi due mesi del 2016, 5009 migranti foto-segnalati per ingresso illegale e 6643 stranieri rintracciati in posizione irregolare, di cui 3553 non rimpatriati.

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Moltissimi respingimenti sono stati effettuati a gruppi di persone, in palese violazione dell’art. 4 della Convenziona europea dei diritti umani; per altro l’Italia è stata già destinataria di condanne da parte della Corte Edu per aver violato tale principio.55

Da alcune testimonianze riportate da Oxfam si riscontra come diversi decreti di respingimento provenienti dalle Questure di Agrigento, Catania e Ragusa fossero tutti moduli pre-stampati identici tranne che per i dati anagrafici dell’interessato e la Questura competente. A tal proposito si è pronunciata la CEDU nel caso Khlaifia et al. Vs Italia: secondo la Corte la violazione si riscontra nel momento in cui si verificano respingimenti con documenti tutti uguali e senza alcuna motivazione, che lasciano intendere che non sia avvenuta alcuna istruttoria. Inoltre i respingimenti risultano essere illegittimi non solo perché emessi nei confronti di più persone in maniera collettiva, ma anche perché delle dichiarazioni non esiste copia in possesso dell’interessato.

Da quanto dichiarato dal Questore di Agrigento, Mario Finocchiaro, i respingimenti effettuati da fine settembre 2015 al 22 gennaio 2016 sono stati, per quanto riguarda la provincia di Agrigento: 1426, di cui 311 con trattenimento presso i CIE e 1115 con intimazione a lasciare il territorio nazionale entro sette giorni. Ciò sta a significare che questi ultimi, se non ci sono posti disponibili nei CIE, vengono lasciati sul territorio, accompagnati dalle forze di Polizie con l’intimazione a lasciare il territorio entro 7 giorni. Considerate le condizioni di indigenza in cui versano la maggior parte dei migranti transitati sul territorio sembra del tutto inverosimile che queste persone prive di mezzi economici e di documenti e titoli di viaggio, riescano ad acquistare il biglietto di ritorno nel proprio paese, quindi, di fatto, si

55 Alcune condanne della Cedu contro l’Italia relative ai respingimenti:

Hirsi Jamaa et. Al. v. Italia (23 febbraio 2012); Caso Sharifi et al. v. Italia e Grecia (21 ottobre 2014); e Khlaifia et. Al v. Italia (15 dicembre 2016).

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trovano costrette a rimanere sul territorio in stato di “clandestinità”56. L’altro punctum dolens della fase della pre-identificazione e quindi della selezione dei migranti, riguarda la preclusione, tout court, ad accedere alla domanda d’asilo da parte di coloro che non siano considerati in clear need of international protection (§ 1.6.), situazione nella quale si viene a generare un racial profiling sulla base del quale si determina chi sia o meno meritevole di accedere alla procedura per richiedere l’asilo. Questo criterio non solo è da considerarsi discriminatorio, ma anche non in linea con il diritto. In molti testi dell’Unione Europea compare la definizione di “migrante economico” – e quindi irregolare – la cui categoria non è contemplata da alcuna norma nazionale o sovranazionale. Gli unici competenti a valutare le esigenze di protezione sono le Commissioni Territoriali.

Tuttavia il prefetto Mario Morcone, Capo del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno, l’8 gennaio 2016, ha inviato una circolare urgente con oggetto “accesso alla procedura di asilo. Garanzie e modalità” in cui mostrava preoccupazione per le segnalazioni provenienti da numerose organizzazioni internazionali ed associazioni del Terzo Settore sulle modalità accelerate con le quali i migranti che non rientrino nella categoria dei richiedenti asilo in clear need

of international protection, siano destinatarie dell’ordine di

allontanamento dal territorio nazionale57.

Una suddivisione dei migranti effettuata nei termini sopra descritti, viola sia il diritto d’asilo -in quanto a chiunque è concesso ed in qualunque momento, di avere accesso alla procedura per l’esame della domanda da parte dell’autorità competente -; sia il divieto di espulsioni o respingimenti

56 Alcune testimonianze di migranti lasciati dalla polizia in stazione, senza

che gli venisse data la possibilità di poter presentare ricorso contro il decreto di respingimento entrando in contatto con un ente di tutela sono riportate da Oxfam nel rapporto op.cit. p. 29 e ss.

57 Per una più approfondita trattazione della Circolare del Ministero

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collettivi, previsto dall’art. 4 del Protocollo n. 4 alla Convenzione europea dei diritti umani, reso esecutivo in Italia con d.p.r.14 aprile 1982, n. 217.

Il sistema messo in atto precedentemente all’ emanazione dell’Agenda europea sulle migrazioni prevedeva che tutti i migranti venissero avviati automaticamente alla procedura di richiesta d’asilo e che solo dopo aver esaminato ogni singolo caso si poteva risultare meritevoli o meno di protezione internazionale. Con il nuovo approccio il processo di selezione avviene ex ante, ovvero in base alle dichiarazioni del migrante subito dopo lo sbarco. Di conseguenza questa fase non essendo considerata di mera organizzazione interna, il migrante meriterebbe di essere assistito da un sistema di garanzie, che di fatto è inesistente.

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