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Le principali criticità dei centri

Sulla scorta delle informazioni raccolte e di quanto si è avuto modo di constatare direttamente45, emergono criticità di vario genere, afferenti alla struttura, alla gestione, al personale e alle condizioni di trattenimento. A ciò si aggiunga la violazione del principio di uguaglianza data dalla mancanza di una legge generale: ogni Hotspot è a sé state ed ha le sue regole, per la maggior parte individuate da prassi.

Le strutture si presentano recintate, videosorvegliate e presidiate da personale militare, l’ingresso è consentito solo previa autorizzazione da parte delle autorità pubbliche. Le condizioni igienico sanitarie e la manutenzione dei centri risultano complessivamente insufficienti, se si considerano anche i lunghi tempi di permanenza degli ospiti. La maggior parte dei centri è sprovvista di spazi comuni o di zone attrezzate dedicate alle fasce più deboli, (minori e persone vittime di violenza) o anche di padiglioni dedicati ai malati di malattie contagiose.

Incongruenze si riscontrano nelle fasi di affidamento e gestione dei centri: basti pensare che le diverse opzioni gestionali derivino da decisioni estemporanee date dalle condizioni locali e amministrative.

Nessun intervento inoltre è stato pensato dal legislatore per tentare di assicurare regole e livelli di accoglienza uniformi per l’organizzazione degli hotspot e per l’erogazione dei servizi all’interno degli stessi. Alla luce di queste considerazioni molte sono le domande che potremmo porci, come ad esempio: qual è il contenuto che il Capitolato d’appalto dovrebbe

45 La scrivente ha effettuato un sopralluogo presso l’Hotspot di

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avere, così da fissare gli standard per la tutela alla salute, l’assistenza linguistico-culturale, l’erogazione del pocket money? A chi è deputata la competenza a livello locale della gestione delle modalità di affidamento della struttura? Considerati i problemi che possono scaturire dalla gestione dei privati (si pensi ai risvolti negativi sull’erogazione dei servizi se le gare vengono effettuate a ribasso; o anche al fenomeno della gestione da parte di enti ad infiltrazione mafiosa) si potrebbe valutare un affidamento della gestione dei centri sotto il controllo pubblico, ad esempio della Protezione Civile.

Per ciò che riguarda i soggetti trattenuti: problemi sono ravvisabili nella presenza cospicua di minori stranieri non accompagnati (MSNA); considerata la vulnerabilità si dovrebbe incentivare un’accoglienza alternativa in strutture accreditate per l’idonea collocazione.

Se si considera la finalità con cui sono stati concepiti gli hotspot, ovvero quella di una primissima accoglienza e identificazione, viene da interrogarsi sulla loro natura, poiché di fatto la permanenza media degli ospiti – in un luogo dal quale per timore di eventuali fughe non è permesso uscire liberamente – supera di non poco le 24/48 ore. In ultima istanza, dunque, sembrerebbe che gli hotspot possano inserirsi a metà strada tra un Centro di primo soccorso e accoglienza e un Centro di identificazione ed espulsione.

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LE PROCEDURE DI IDENTIFICAZIONE ED IL

QUADRO NORMATIVO

1. La Pre-identificazione

La pre-identificazione consiste in una serie di interviste condotte dai funzionari di Polizia che determinano lo status giuridico del migrante, da cui si apprezzi la volontà di accedere o meno alla richiesta di protezione internazionale. Sebbene nessuno degli attori coinvolti nell’implementazione dell’approccio hotspot neghi, almeno formalmente, che il migrante abbia diritto di accedere alla procedura di asilo in qualunque momento, tuttavia, e lo si può apprezzare anche dalla roadmap, non è previsto un momento di informazione preventiva alla compilazione del foglio notizie, semmai, un’informativa blanda viene fornita da funzionari degli uffici immigrazione, ma che non risulta sufficientemente di supporto, né il momento in cui viene svolta appare essere idoneo.

Come si evince da alcuni documenti della Commissione Europea46, i centri hotspot fungono da filtro di selezione tra migranti cosiddetti “economici” – e quindi irregolari – e “richiedenti asilo”. Dalle numerose testimonianze riportate in autorevoli rapporti di organizzazioni internazionali si evince che la qualifica che viene data ai migranti meritevoli o meno di protezione internazionale, si basa su alcune interviste che avvengono durante la fase della pre-identificazione, subito dopo lo sbarco, effettuate da operatori della Polizia di Stato e mediatori culturali, supportati da addetti Frontex. Nei luoghi invece diversi dagli Hotspot le

46 Communication from the Commission to the European Parliament and

the Council on the State of Play of Implementation of the Priority Actions under the European Agenda on Migration, 10 febbraio 2016 “Central to the hotspots approach is that it helps to identify who is and who is not in need of international protection through a process of identification and filtering of applications.”

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procedure di pre-identificazione, svolte nelle aree portuali al momento dell’approdo dei migranti, costituiscono un iter meno chiaro.

Le domande che vengono poste ai migranti comprendono le generalità e la motivazione che ha indotto la persona a lasciare il proprio paese, intervista riportata nel cd. foglio notizie. In tale modulo, di cui esistono in circolazione più versioni, le alternative di risposta sono grosso modo: - lavoro, - raggiungere i familiari, - fuggire dalla povertà, - Altro oppure Fuggire per altri motivi, Asilo, oppure Richiedere asilo politico. Il modulo poi viene sottoscritto dal migrante, dall’operatore culturale47,

dall’agente di Polizia preposto all’intervista. Nessuna copia viene rilasciata al migrante. Il foglio-notizie anche se è prodotto dalla Questura, non ha valore legale nel determinare lo status

Si riporta quanto riferito dal prefetto di Agrigento, Nicola Diomede48

”Non ci sono in quel frangente le persone delle organizzazioni internazionali. C’è il personale della Polizia di Stato, ci sono i funzionari dell'EASO e ci sono gli interpreti e i mediatori del CIES (Centro di informazione e educazione allo sviluppo), che agevolano il lavoro delle Forze di polizia.”

Alla luce del quadro finora prospettato, risulta inesistente una normativa che attribuisca alle forze di Polizia, i soli preposti allo svolgimento di tale attività, la facoltà di distinguere migranti e richiedenti asilo o di tutelare situazioni delicate, né, quindi, sono tenute a farlo. Sono le agenzie specializzate quali Unhcr, OIM oppure Save

47 Come evidenziato nel rapporto di Oxfam, il mediatore culturale si

assume la responsabilità dell’accertamento della nazionalità in luogo dei funzionari di Frontex a cui spetterebbe lo “screening team” e che pur presenti all’intervista non firmano.

48 “Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza e

di identificazione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti nei centri di accoglienza, nei centri di accoglienza per richiedenti asilo e nei centri di identificazione ed espulsione”, Seduta n. 38 di martedì 26 gennaio 2016.

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the Children, ad essere competenti nel trattare questo genere di situazioni ma che di fatto non sono deputate ad assistere a questa fase.

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