• Non ci sono risultati.

Il recepimento dell’Agenda europea sulle migrazioni: la Roadmap e le

Roadmap e le SOP

In attuazione dell’art. 8 della decisione del Consiglio32 è stata

presentata il 28 settembre 2015 una Roadmap che comprende “misure adeguate nei settori dell'asilo, della prima accoglienza e del rimpatrio dirette a migliorare le capacità, la qualità e l'efficacia dei loro sistemi in questi settori, e misure che garantiscano l'adeguata attuazione della presente decisione.”33 con cui l’Italia si impegna a mettere in atto il nuovo

«approccio hotspot».

La base giuridica su cui poggia la decisione della Commissione è l’art. 78, par. 3, del TFUE, il quale prevede che in caso di situazioni emergenziali, di ingenti flussi migratori, il Consiglio, su proposta della Commissione, può attivare una procedura legislativa speciale, che abbia una durata temporanea tale da arginare la situazione di anormalità.

La tabella di marcia si compone di due sezioni: la prima riguarda la capienza relativa al sistema di prima e seconda accoglienza, al sistema di rimpatrio ed al sistema Sprar. La seconda sezione è invece dedicata alle questioni più strettamente procedurali relativamente al lavoro delle Commissioni territoriali.

Risulta rilevante, per comprendere l’implementazione del sistema

Hotspot, come il sistema di accoglienza si sia modificato

dall’emanazione dell’Agenda europea sulle migrazioni. I centri denominati Regional Hubs sono strutture aperte e assolvono al ruolo di una prima accoglienza di coloro che, già sottoposti alle procedure di identificazione negli Hotstpot, abbiano avviato la procedura di asilo. In questi centri troveranno assistenza per la compilazione del “modello C3” che gli permette di richiedere la protezione internazionale. Tali

32 Decisione Ue 2015/1523 del Consiglio e Decisione Ue 2015/1601, che

istituiscono misure temporanee nel settore della protezione internazionale a beneficio dell'Italia e della Grecia.

31

strutture sono appartenenti ad ex centri governativi (CARA/CDA e CPSA), configurabili, a partire dalla Roadmap, come Regional Hubs. Normalmente il periodo di permanenza va dai 7 ai 30 giorni al termine del quale, una volta formulata e presentata la richiesta di protezione internazionale, le persone vengono trasferite nei centri di seconda accoglienza del sistema SPRAR (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati).Il sistema di accoglienza italiano per richiedenti protezione internazionale è regolato dal d.lgs. n. 142/15. Esso consiste in un’accoglienza a lungo termine che permette alle persone ospitate di beneficiare di alloggi confortevoli e di vari servizi, quali ad esempio l’istruzione e la formazione professionale. Il modello SPRAR è diffuso su tutto il territorio italiano secondo una condivisione di responsabilità tra il Ministero dell’interno e gli Enti Locali. La capienza prevista dalla

Roadmap per il 2017 è di 32.000 posti. Tuttavia, nonostante la messa in

atto di un piano di ampliamento della rete nazionale di seconda accoglienza, i flussi migratori sempre più ingenti hanno spinto le autorità nazionali a mantenere operativi i centri temporanei attivati dai Prefetti ai sensi dell’art. 11 d.lgs.n. 142/15, riconducibili ai Centri di Accoglienza Straordinaria (CAS), aumentando così la capacità al 31 dicembre 2015 a 76.683 posti.

Infine, le strutture Hotspot sono utilizzate nella fase della primissima accoglienza e soccorso dove avviene l’identificazione dei migranti appena sbarcati e delle cui procedure si dirà in seguito in questo paragrafo.

Rispetto a quanto previsto nel documento, al settembre 2015, il governo aveva individuato la sede di quattro Hotspot chiusi con una capacità complessiva di 1500 posti individuati in strutture di prima accoglienza a Pozzallo, Porto Empedocle, Trapani e Lampedusa. L’obiettivo entro la fine del 2015 era quello di portare la capienza a 2500 posti aprendo altre strutture ad Augusta e Taranto. Alla fine dell’anno 2015 soltanto Lampedusa aveva aperto i battenti, mentre le altre strutture hanno proceduto invece più lentamente, come si evince dal documento della Commissione: “Taranto, Trapani and Augusta require major works and

32

will not be ready before early 2016. In these locations reception capacities have to be built as registration is currently happening in tents and there is no place to accommodate people.”34. Ad oggi dei sei35 porti di sbarco individuati come hotspot soltanto quattro sono realmente operativi, di cui tre in Sicilia e segnatamente a Lampedusa, Trapani e Pozzallo ed uno in Puglia, a Taranto, con una capienza totale di 1600 posti. In aggiunta, per far fronte agli ingenti numeri di immigrati che arrivano in Italia, non essendo sufficiente la loro capienza per le attività di accoglienza e screening è stato previsto che se gli sbarchi avvengano in altri porti italiani, le operazioni di identificazione dovranno essere ugualmente svolte36: viene così istituito il concetto di “hotspot mobile” in cui squadre di funzionari riescano ad assicurare il regolare svolgimento delle procedure anche con poco preavviso. Nei fatti questo avviene molto di frequente e solo il 30% delle persone passa attraverso gli hotspot37. Inoltre, in recepimento della stessa decisione del Consiglio il 6 ottobre 2015 è stata emanata una circolare diretta ai prefetti ed al Capo della Polizia, contenente misure temporanee nel settore della protezione internazionale e l’avvio della procedura di

relocation. In questa circolare è evidente come venga a porsi particolare

enfasi sulla procedura di ricollocazione, descrivendo il meccanismo

hotspot come funzionale all’avvio della procedura. “In particolare, la

procedura di relocation è stata concepita dall’Unione Europea al fine di alleviare la pressione migratoria sul territorio italiano e presuppone, tra

34 Communication from the Commission to the European Parliament and

the Council. Progress report on the implementation of the hotspots in Italy.

COM(2015)679 final.

35 Altri punti sono stati designati a Porto Emepdocle/Villa Sikania e

Augusta.

36 Affermazione contenuta nella circolare del ministero dell’Interno n.

41807 del 29 dicembre 2015

37 Cfr. Rapporto Amnesty International 2016 p. 12 “Hotspot Italia. Come

le politiche dell’Unione Europea portano a violazioni dei diritti di rifugiati e migranti.”

33

l’altro, la presentazione, da parte dell’Italia, di una Roadmap, nonché l’istituzione di specifici Hotspot dove assicurare le operazioni di soccorso, prima assistenza, registrazione e fotosegnalamento di tutti i migranti.” Entrando nel dettaglio della Roadmap si apprende che le fasi previste dall’approccio Hotspot sono scandite come segue:

a) Al momento dello sbarco, le persone verranno sottoposte ad uno screening medico, al fine di accertare eventuali problemi sanitari di ogni singolo individuo.

b) Verranno poi intervistate da parte dei funzionari degli uffici immigrazione, i quali compileranno il cd. foglio notizie contenente le generalità, la foto e le informazioni di base della persona, nonché l’indicazione circa la sua volontà o meno di richiedere protezione internazionale.

c) Sulla base degli esiti delle menzionate attività/interviste di pre- identificazione le persone potrebbero essere ulteriormente intervistate da funzionari di polizia investigativa con il supporto di Frontex ed Europol, al fine di acquisire informazioni utili per scopi investigativi e/o di intelligence.

d) Subito dopo la procedura di pre-identificazione, tutte le persone saranno foto-segnalate come richiedenti asilo o come irregolari, sulla base delle loro interviste rilasciate ai funzionari degli uffici immigrazione.

e) Infine, successivamente all’espletamento di tutte le attività, le persone che hanno fatto richiesta di asilo verranno trasferite nei vari

regional hubs dedicati; le persone in posizione irregolare e che non

richiedono protezione internazionale saranno trasferite nel Centri di identificazione ed Espulsione.

Il team al quale è affidato il compito di svolgere le summenzionate attività all’interno di ogni Hotspot è il seguente:

- 6 operatori dell’ufficio immigrazione (Italia); - 2 addetti di polizia investigativa (Italia);

- 2 addetti della polizia scientifica preposti alle fotografie degli stranieri

34

- un team di 3 rappresentanti Frontex addetti agli interrogatori; - 6 mediatori culturali;

- 4 esperti EASO;

- 10 esperti degli Stati membri scelti da Frontex o EASO per supportare

il personale italiano nelle attività di foto-segnalamento e rilevamento impronte;

- in ciascuna area Hotspot sono richieste anche 5 unità mobili per le

attività di foto-segnalamento e rilevamento impronte.

- 10 addetti della polizia scientifica (Italia) preposti al foto-segnalamento

e rilevamento.

La Circolare n. 14106 del 6 ottobre 2015

Successivamente all’emanazione della Roadmap del 28 settembre 2015, il Ministero dell’Interno prosegue nella sua opera di implementazione dell’approccio Hotspot, dando seguito a quanto dall’Europa ci viene raccomandato, adottando un nuovo documento il 6 ottobre 201538.

Il detto documento in ossequio alla Decisione del Consiglio europeo del 14 settembre 2015 pone l’avvio alla procedura di relocation delineandone un piano operazionale. Come già evidenziato nei paragrafi precedenti viene concessa la possibilità di entrare nella procedura di ricollocamento ai richiedenti asilo “in clear need of

protection”; la procedura deve potersi completare nel giro di due mesi

a decorrere dalla data in cui il singolo Stato membro dichiara la propria disponibilità a ricollocare i richiedenti asilo.

La circolare sottolinea inoltre che nell’attesa che il sistema sia pienamente operativo venga avviata una fase sperimentale nella quale non si esclude che possano essere ricollocati anche soggetti che siano giunti sul territorio in un periodo anteriore all’emanazione della predetta decisione. A tal proposito viene resa disponibile una prima

38 Ministero dell’Interno, Dipartimento per le libertà civili e

35

sommaria informativa in favore di coloro che siano giunti sul territorio a partire dal 24 marzo 2015.

Inoltre con questo decreto il Ministero dell’Interno sollecita le prefetture di Milano e Roma a nominare un referente al fine di assicurare un raccordo più efficiente con il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, con la Questura e le strutture di accoglienza, in quanto i potenziali relocandi verrebbero ad essere sistemati nei rispettivi capoluoghi per la compilazione del modello C3.

Infine ai Prefetti di Bari e Crotone ed Agrigento viene segnalato che i rispettivi CARA sotto la loro competenza siano individuati come Regional

Hubs che ospitano i potenziali relocandi per la formalizzazione della

domanda d’asilo. Tale circolare adottata dal Ministero dell’Interno ha carattere meramente organizzativo.

Circolare del Ministero dell’Interno dell’8 gennaio 2016

Una seconda circolare da parte del Ministero dell’interno viene emanata l’8 gennaio 2016 avente ad oggetto le modalità e le garanzie da assicurare nell’accesso alla procedura d’asilo.

Il capo del dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, Mario Morcone accoglie le preoccupazioni pervenutegli da parte di alcune ONG nazionali ed internazionali, sulle modalità con le quali i migranti ricevono l’ordine contenente l’allontanamento dal territorio nazionale. Il rimprovero delle ONG si concentrava sulle modalità accelerate con cui i migranti che non rientrino nella categoria “in clear need of protection” siano destinatari di un provvedimento di allontanamento.

In proposito vengono richiamate alcune norme a tutela del diritto dell’informazione del migrante e del diritto a presentare domanda d’asilo in qualsiasi momento, anche quando si trova da tempo in Italia. La circolare prosegue riferendosi all’art 8 della direttiva 2013/33/UE che introduce il principio secondo il quale “hanno diritto all’informazione tutti coloro per i quali sussistono elementi che lasciano supporre l’intenzione di presentare una domanda d’asilo”. Secondo la circolare la normativa

36

vigente prendendo in considerazione la vulnerabilità del richiedente asilo ha previsto una serie di garanzie procedimentali volte a garantire l’effettività della protezione, come un’adeguata informativa sui diritti e doveri nell’ambito della procedura, il diritto di non essere respinto soltanto in ragione della propria nazionalità e di non essere trattenuto al solo fine di esaminare la sua domanda. Inoltre viene rammentato anche che l’Italia fino ad oggi non ha ritenuto di adottare una lista dei paesi cd. sicuri proprio in virtù dell’articolo 10 della Costituzione che salvaguarda il diritto di asilo ed impone una valutazione caso per caso delle specifiche situazioni che vengono in esame “Non esistono nel nostro ordinamento “categorie” cui attribuire o negare a priori la protezione internazionale, ma solo casi di persone che, indipendentemente dalla loro nazionalità in presenza dei presupposti previsti dalla legge, possono avere diritto alle garanzie contenute nella Convenzione di Ginevra.”. Infine la circolare ribadisce che la competenza esclusiva a decidere sull’inammissibilità della domanda d’asilo spetta esclusivamente alle Commissioni territoriali appositamente predisposte.

Procedure Operative Standard (SOP)

È altrettanto rilevante l’adozione di un altro documento: le Procedure Operative Standard (SOP), redatte dal Ministero dell’Interno e presentate il 1 giugno 2016 come guida operativa per le attività organizzate all’interno degli Hotspot. Il documento è stato redatto in collaborazione con la Commissione europea, Frontex, UNHCR , Europol , EASO e OIM. Adottate principalmente per uniformare le prassi operative di tutti gli

Hotspot, le Sop introducono dettagli sulle strutture e sull’organizzazione

degli Hotspot. Un ampio spazio viene dedicato ai singoli moduli operativi di cui si compone l’attività di identificazione fino all’uscita dall’Hotspot. Se ne riporta di seguito la sequenza operativa dal momento in cui i migranti arrivano nell’area Hotspot al momento di uscita:

37

2) Screening sanitario e tempestiva identificazione delle vulnerabilità (utilizzando anche le informazioni acquisite nelle imbarcazioni dopo le operazioni di salvataggio);

3) Trasporto nelle sedi Hotspot, verifiche di sicurezza sulla base delle situazioni locali, consegna delle informative cartacee sulla normativa vigente in materia di immigrazione e asilo da parte delle organizzazioni internazionali nonché sulle modalità con le quali le persone in ingresso possono manifestare la volontà di chiedere protezione internazionale cosi come chiare indicazioni circa le Autorità competenti a ricevere l’istanza;

4) Pre-identificazione (foto identificativa attraverso l’uso, laddove resi disponibili dagli operatori SAR, dei braccialetti identificativi utilizzati nelle imbarcazioni dopo le operazioni di salvataggio);

5) Attività di somministrazione delle informative sulla normativa vigente in materia di immigrazione e asilo da parte delle Organizzazioni Internazionali (diritti e doveri associati all’ingresso sul territorio e sulla possibilità di richiedere protezione internazionale o di accedere alla procedura di ricollocazione, in una lingua comprensibile alla persona); 6) Identificazione, foto-segnalamento e controlli delle banche dati (AFIS/EURODAC e altre banche dati di polizia2). Intervento degli organi deputati alle attività investigative, il cui compimento è trasversale a tutte le fasi indicate nella presente procedura, con carattere di priorità, nonché di debriefing da parte di Frontex;

7) Accoglienza nelle strutture ricettive dell’Hotspot e visite mediche (tenendo conto degli esiti del triage medico effettuato presso il luogo di sbarco);

8) Somministrazione di informative strutturate sul funzionamento delle procedure di richiesta della protezione internazionale e della procedura di ricollocazione;

9) De-briefing da parte di Frontex (attività effettuata in diverse fasi procedurali);

38

10) Uscita dall’Hotspot Trasferimento in una struttura di accoglienza secondaria (regional hub, strutture temporanee ecc.)

Le Sop sembrano colmare le lacune esistenti dal momento dell’avvio del sistema Hotspot, uniformando le prassi utilizzate nelle varie aree di sbarco, se non fosse che a presidio delle procedure di identificazione debba essere la legge a colmarne la lacuna, disciplinando i casi e i modi delle procedure di identificazione e del trattenimento, delegando eventualmente ad una disciplina di dettaglio e dal tenore meramente organizzativo come le Sop, il completamento della materia.

Nel documento inoltre si apprende l’introduzione di una ulteriore opzione nel modello del foglio-notizie:“la motivazione che ha indotto

la persona a lasciare il suo paese”. Secondo molte testimonianze (da

riportare) è sulla base di queste dichiarazioni che viene definito il profilo del migrante e dunque con una incidenza sul suo status giuridico, trasformando questo processo da una fase di registrazione ad una di selezione, con ripercussioni su coloro verso i quali viene disposto l’allontanamento, subito dopo la fase di pre-identificazione. Il Ministero dell’intero ha dichiarato che tale foglio non ha alcun valore legale nella determinazione dello status giuridico del migrante, purtuttavia non ne si comprende il bisogno di una simile inserzione se il rischio che si profila in mancanza di una legge e di un controllo esterno sia quello di violare il principio di non refoulement.

Inoltre, in incipit del documento è inserita una precisazione che, considerata la gerarchia delle fonti, appare superflua e tautologica: “In caso di discrepanze fra questo documento e la legislazione vigente, si applica quest’ultima.”.

2. Le strutture

Secondo quanto viene riportato dalle Sop, l’Hotspot può essere inteso secondo due accezioni: da una parte, «un’area» designata per gli sbarchi, dove avvengono tutte le procedure analizzate nei paragrafi precedenti; e dall’altra, un «metodo di lavoro» in team.

39

Per implementare l’approccio Hotspot sono state utilizzate delle strutture già esistenti precedentemente, dove già avvenivano gli sbarchi. In altre parole gli Hotspot non sono specifici centri approntati ex-novo, ma sono delle aree recettive già esistenti utilizzate per implementare l’approccio

Le aree che sono state individuate in un primo momento dalla Roadmap erano in prossimità di sei porti di sbarco quali: Lampedusa, Pozzallo, Porto Empedocle, Trapani, Augusta e Taranto. Attualmente sono stati resi operativi soltanto quattro dei centri inizialmente individuati e precisamente tre in Sicilia (Pozzallo, Trapani, Lampedusa) ed uno in Puglia, a Taranto, con una capacità complessiva di 1500 posti. I centri di Pozzallo e Lampedusa erano già esistenti come centri di prima accoglienza (CPSA) mentre la struttura di Trapani è stata convertita da centro di identificazione e di espulsione.

Gli Hotspot rientrano nella competenza del Dipartimento delle libertà civili e immigrazione del Ministero dell’interno, la gestione a livello locale dei centri è affidata alla Prefettura, tranne nel caso di Pozzallo, come si vedrà, attraverso convenzioni stipulate con enti privati.

A sostegno delle informazioni che seguiranno sono stati consultati documenti di vario genere quali: le relazioni agli atti della “Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza, di identificazione ed espulsione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti e sulle risorse pubbliche impiegate”; il Rapporto sui centri di identificazione ed espulsione aggiornato al gennaio 2017 della “Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani” del Senato; il rapporto del Garante nazionale delle persone private della libertà personale; infine le audizioni alla Camera dei Prefetti e dei Questori delle aree interessate dal momento dell’insediamento dei centri fino a quelle più recenti relative all’anno 2016. Le informazioni relative all’Hotspot di Lampedusa sono state ulteriormente suffragate dal rapporto della prefettura di Agrigento insieme con le organizzazioni internazionali UNHCR ed Oim che insieme denunciano le condizioni dell’accoglienza nel centro.

40 2.1 Lampedusa

La struttura dove è attualmente situato l’Hotspot di Lampedusa esisteva già come centro di primo soccorso ed accoglienza (CPSA) in via Contrada Imbriacola. L’avvio dell’approccio Hotstpot a Lampedusa è stato seguito con molto interesse dalla Commissione per la tutela dei diritti umani del Senato e dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza e sui centri di identificazione ed espulsione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti e sulle risorse pubbliche impegnate.

Il centro di Contrada Imbriacola risulta operativo dal 1 ottobre 2015 e già precedentemente alla trasformazione in Hotspot era gestito dalla Confederazione Nazionale delle Misericordie d’Italia.

La struttura, a seguito di lavori di manutenzione avvenuti nel 2014, ha aumentato la sua capienza fino ad oltre 350 posti, successivamente diminuiti a non più di 200 a causa di un incendio avvenuto al padiglione destinato ai minori.

La struttura si presenta chiusa da imponenti cancelli e videosorvegliata, a presidiarla sono presenti mezzi e personale militare.

È composta da una serie di padiglioni destinati ad ospitare i migranti sbarcati sull’isola dopo essere stati soccorsi in mare. Vi sono due zone: una riservata ai minori ed un’altra alle donne. Negli altri compound, di dimensioni più ridotte, si trovano gli uffici amministrativi dell’ente gestore, l'ufficio immigrazione della questura di Agrigento, il presidio sanitario e quello delle organizzazioni internazionali operanti all'interno del centro. Non esistono luoghi comuni, nemmeno per consumare il pasto, né è prevista alcuna attività per i migranti ospitati. Il centro è pensato per accogliere le persone per un tempo molto breve, massimo 48 ore, come prevede la legislazione nazionale.

41

Appena varcata la soglia, vi è la prima area di sosta dei migranti che attendono di essere invitati a compilare il foglio-notizie ed immediatamente dopo a sottoporsi al foto-segnalamento.

Per ciò che riguarda i servizi in erogazione da parte dell’ente gestore previsti nel capitolato d’appalto, alcuni lamentano il problema della totale non rispondenza tra i servizi che andrebbero erogati e quelli che realmente vengono garantiti. In particolare, il parlamentare Erasmo Palazzotto,

Documenti correlati