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FOCUS SULLE STRUTTURE RICETTIVE DELLE DOLOMIT

IV.6 Gli ambiti strettamente montani: rifugi e malghe

IV.6.1 I rifugi nelle Dolomiti patrimonio Mondiale UNESCO

Nelle Dolomiti i rifugi sono oltre 110 distribuiti diversamente tra le province e con caratteristiche profondamente diverse.

Nella Figura 4.25 si può vederne la distribuzione. In questa analisi bisogna ricordare che le diverse Province hanno nel loro territorio porzioni ben diverse del bene Dolomiti. In questo caso, infatti, i dati ricavati permettono di avere una panoramica dei rifugi che sorgono solamente nell’ambito del sito UNESCO. In questa statistica sono inclusi sia i rifugi definiti dalla legislazione come «alpini» sia quelli definiti come «escursionistici». Le due versioni di rifugio possono avere differenze anche profonde. Un po’ come una malga lungo strada e una raggiungibile salendo di quota: i servizi sono spesso diversi e, soprattutto, la gestione cambia.

Figura 4.25_Rifugi nelle Dolomiti patrimonio Mondiale UNESCO. (Fonte: elaborazione propria su dati www.guidedolomiti.com; www.cai.it; testdb.lanponet.it/caipiemonte/; www.sat.tn.it; www.caiveneto.it)

Belluno Bolzano Pordenone Trento Rifugi privati 37 15 0 12 RifugiCAI 33 5 1 11 0 10 20 30 40 50 60 70 80 N u m e ro R ifugi

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Vediamo quindi, legalmente, le differenze che intercorrono tra le due tipologie e perché, in quest’ambito di tesi, verranno considerati maggiormente i rifugi alpini. La legge quadro n. 217/1983 (L.R. Veneto n.37/1988, L.R. Friuli Venezia Giulia n.17/1997) definisce i rifugi alpini come «locali idonei ad offrire ospitalità in zone montane di alta quota, fuori dei centri urbani» (Righi, 2010, p.100). Le leggi regionali hanno inoltre specificato altre tipologie ricettive, tra cui il rifugio escursionistico, il quale si differenzia da quello alpino per essere raggiungibile con mezzi ordinari e per il fatto di trovarsi anche nelle prossimità dei centri urbani.

Il CAI, nella totalità territoriale friulana, ha circa 21 rifugi, nel Veneto ne ha circa 43 e nel Trentino Alto Adige ne possiede 82 (39 in Trentino e 43 in Alto Adige). Qual è, in questo contesto di tesi, l’importanza che un rifugio appartenga o meno al Club Alpino Italiano? I rifugi privati sono comunque rifugi a tutti gli effetti, offrono i medesimi servizi e possono essere anch’essi importanti strumenti di educazione del turista. L’interesse per il CAI nasce dal fatto che, i suoi rifugi, sono già inseriti in una rete. Come abbiamo visto per l’ospitalità diffusa, anche per un rifugio può fungere da stimolo e controllo il fatto di lavorare in una rete che lo può quindi aiutare, controllare e indirizzare verso una certa tipologia di scelte ed azioni. Inoltre il CAI presenta già di per sé quell’indirizzo verso l’educazione, quella propensione a far sì che, chi frequenta la montagna, ne sia consapevole e rispettoso. Uno strumento molto importante, iniziato nel 1981, è il Bidecalogo75 redatto dal Club Alpino Italiano, che andremo qui di seguito a delineare.

Figura 4.26_Esempi di Terre Alte. Cortina d’Ampezzo e Arabba (Foto di Frigimelica G.)

Innanzitutto questo documento tratta delle metodologie e delle regolamentazioni che il CAI si impegna ad attuare atte a tutelare l’ambiente ed il paesaggio. Questo testo tratta di

75 Il nome «Bi-decalogo» deriva dal fatto che è costituito da due parti differenti, ovvero la posizione del CAI e

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tematiche strettamente legate all’ambito montano con le relative problematiche ad esso connesse. È diviso in due sezioni: la prima intitolata «Posizione e impegno del CAI a favore dell’ambiente montano e della sua tutela» e la seconda portante il titolo «Politica di autodisciplina del CAI». La posizione espressa nel Bidecalogo è interessante in quanto concerne non solo l’ambiente naturale, bensì prende in considerazione anche la cultura presente negli ambiti montani, il che fornisce una visione completa di ciò che di fatto rappresenta la montagna: un enorme bacino di biodiversità, paesaggi unici ed eterogenei, culture e saperi. La montagna rappresenta quindi non solo un ingranaggio dell’educazione ambientale, bensì un modo per approfondire conoscenze in ambiti diversi tra loro. È l’esempio per eccellenza del connubio tra natura e uomo. Tornando però al contenuto del testo redatto dal Club Alpino Italiano, alcuni elementi, più di altri, risultano interessanti per quanto riguarda lo sviluppo sostenibile inteso non solo come rispetto verso l’ambito naturale ma sotto le sue diverse sfaccettature.

 Partecipazione delle popolazioni montane alle decisioni;

 Sostentamento delle realtà che ancora resistono nell’alta montagna (e qui, il riferimento a quanto detto precedentemente riguardo l’ospitalità diffusa, ben si inserisce);

 Riduzione della cementificazione dilagante: sfruttare ciò che già esiste per non sottrarre ulteriore territorio all’ambito naturale e agricolo; a tal fine è importante compiere un’attenta valutazione del capitale naturale;

 Come già visto, le Dolomiti sono servite dal trasporto pubblico in modo non sufficiente: anche il CAI esprime la sua posizione a riguardo, auspicando un trasporto ferroviario più efficace in ambito montano;

 Per quanto riguarda lo sviluppo turistico, la posizione è particolarmente consapevole degli enormi danni che si vanno a provocare continuando a costruire infrastrutture e servizi per questa attività. Vista l’importanza di questo settore per il mantenimento delle realtà montane, si invita ad uno sfruttamento delle strutture che già esistono e, in particolar modo, di incentivare un turismo meno stagionale e più sostenibile;

 Il CAI prende atto dell’importanza del mantenimento delle popolazioni che ancora resistono nelle Terre Alte (Fig. 4.26) e, al contempo, delle difficoltà sempre maggiori di sostenere queste realtà. Per queste realtà alcuni strumenti per poter resistere sono rappresentati dall’offerta turistica sviluppata in modo

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strettamente locale, garantendo prodotti a «Km 0», agriturismi e il mantenimento dell’attività agro-silvo-pastorale;

 Necessità di fare rete con altri enti operanti in ambito montano;

 L’opposizione allo stravolgimento dei rifugi in alberghi di montagna, diventando così luoghi tutt’altro che sobri e altamente inquinanti;

 L’ultimo tema trattato è quello dell’educazione, sentito anche dal CAI come tematica fondamentale e strumento da sfruttare per poter ottenere dei risultati concreti in ambito montano. L’introduzione in parte riportata a inizio paragrafo è tratta proprio da questo punto del Bidecalogo. In questo contesto viene messa in evidenza la necessità di conoscere l’ambito montano per viverlo, gestirlo e operare in esso. A tal fine si sente forte la necessità di avanzare proposte educative e pedagogiche, azione compiuta dal CAI sin dal 1988: l’educazione non viene intesa come un momento fine a sé stesso bensì come un percorso duraturo seguito da persone competenti. È proprio per questo che il Club Alpino Italiano, attraverso le sue sezioni capillari nel territorio, struttura il suo lavoro anche attraverso corsi rivolti a tutte le età sia in ambito «CAI» che in ambito scolastico, e fornendo materiali informativi per stimolare la scoperta del territorio.

(CAI, 2013)

Figura 4.27_Locazione di alcuni rifugi nelle Dolomiti (Fonte: elaborazione propria su dati www.guidedolomiti.com)

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