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I risvolti della personalità, qui appena accennati, sono

3. Cyberspace e identità Una macchina per l’intimità e un nuovo totem

3.2. I risvolti della personalità, qui appena accennati, sono

particolarmente interessanti se collegati con la proposta, da più parti avanzata, di democrazia diretta in Rete.

schera. La notizia si diffonde presto sulla Rete ed è accompagnata ora da accettazione divertita, ora da rabbia cieca, la rabbia di quelle donne che ave- vano confidato a Giulia i sentimenti più intimi; June è, invece, una undicen- ne che, entrando nei MUD, vive nel corso di un anno di vita reale in tre fa- miglie diverse: quella della madre biologica e del patrigno, del padre biologi- co e della matrigna, e quella di un primo patrigno molto amato che è stato il secondo marito di sua madre. In ognuna delle tre famiglie vigono delle rego- le diverse, e così la personalità di June muta di volta in volta.

43 Sugli effetti della rivoluzione digitale e sull’uso di computer, smart-

phone e ogni altro device tecnologico, per i più diversi scopi (conversare, giocare, ecc.), si vedano sempre di Sherry TURKLE,Insieme ma soli. Perché

ci aspettiamo sempre più dalla tecnologia e sempre meno dagli altri, trad. it.,

Torino, Codice, 2012, e La conversazione necessaria. La forza del dialogo

nell’era digitale, trad. it., Torino, Einaudi, 2016.

44 Così K.J. GERGEN, The saturated self. Dilemmas of identity in contem-

I falsi io, i molti sé, le personalità apocrife, si prestano a es- sere così definiti perché, appartato dinanzi alla sua tastiera, vi è essenzialmente una sorta di navigatore solitario. Il cibernauta si domanda e si risponde, è potenzialmente emittente e ricevente, autore e lettore, costretto solo da un minimo di materia, pochi grani di sabbia di silicio, e dal bit, DNA dell’informazione. Anche il cibernauta delle c.d. piattaforme sociali è a un tempo spettato- re e protagonista, governato e governante, appartiene alla mas- sa (degli utenti) e al contempo all’élite, è chiamato nello stesso tempo all’ascolto e alla decisione.

Si dice: la Rete è un formidabile mezzo di informazione e quin- di uno strumento dalle enormi potenzialità (intellettuali, socia- li, economiche e soprattutto politiche). La distribuzione di noti- zie utili a tutti fa sì che ogni cittadino diventi protagonista della politica. E così per chi ne è stato sinora escluso, la Rete rappre- senta il miglior terreno di gioco, dove sperimentare forme diver- se di comunicazione, di autorappresentazione e di autorganizza- zione politica.

Com’è intuitivo, la Rete è un formidabile strumento per lo stesso potere (economico, finanziario, politico), capace di cen- surare il dibattito, di mettere il ‘tassametro’ e di rivendere più o meno tutto 45. Anche nella Rete si ritrovano le élite, schiere di

professionisti,

“che sanno compiere le scelte più ‘economiche’ nel proprio settore e nei confronti delle quali il non appartenente a quel gruppo deve tribu- tare un’inevitabile deferenza” 46.

Nella disputa tra populismo ed elitismo, il navigatore-cittadi- no deve dare conto di un’affermazione pressoché ovvia: non è affatto necessario che tutte le istanze siano risolte dal popolo, poiché alcune, e in special modo quelle che attengono ai detta- gli della legislazione, possono benissimo (devono) essere tratta- te e decise solo da pochi 47.

45 H. RHEINGOLD, Comunità virtuali. Parlare, incontrarsi, vivere nel ciber-

spazio, trad. it., Milano, Sperling & Kupfer, 1994, p. 6.

46 Così R. STAGLIANÒ, Circo Internet, cit., in part. p. 41.

47 “È evidente – scriveva STUART MILL – che solo il governo basato sulla

Al di là della querelle massa-élite, è opportuno sottolineare due aspetti del populismo in Rete. Il primo riguarda la gente che si avventura nei corridoi del ciberspazio e che inscena nuovi com- portamenti e nuove rappresentazioni collettive; il secondo è colto a partire dalle caratterizzazioni psicologiche del populista della Rete. Entrambi gli aspetti, seppur trattati separatamente, alimen- tano i rituali digitali e interagiscono tra loro.

Quello in Rete, com’è naturale, è l’erede del vecchio populi- smo. Pur in forma diversa, ne preserva il messaggio, così artico- lato: a) chiunque è in grado di decidere; b) la correttezza della decisione è garantita dall’essere presa da tutti, piuttosto che dai professionisti della politica; c) questi ultimi, decidendo della vi- ta altrui, non possono non errare e comunque le loro scelte so- no sempre di parte.

Intorno a questo nucleo essenziale, la società digitale, grazie alle sue caratteristiche, aggiunge qualcosa di suo. L’interconnes- sione generalizzata di tutti i terminali determina

“l’avvento di una cultura transnazionale, sradicata, mondiale, che prende dalla metafora dell’elettrone il proprio carattere libero ed incoglibile” 48.

Le piccole comunità virtuali costituiscono una conferma. No- nostante la loro palese diversità e i differenti fini cui si richiama- no, esse esistono come granelli di farina in una pagnotta che sta

lievitando 49, poiché fanno già parte di una cultura sempre più

estesa, in un certo qual modo a-temporale ed a-topica. La gente che si avventura nei corridoi del cyberspace, che naviga in simu- lazioni sullo schermo, parla, s’incontra e vive, immersa in un si- stema che azzera il tempo della circolazione dei messaggi ed è palesemente senza luogo.

Dietro il villaggio globale vi è in realtà solo un cocooning elet-

sociale. Ogni partecipazione è utile anche se riguarda solo la più infima del- le funzioni pubbliche. Comunque la partecipazione deve essere grande quan- to lo consenta il grado di civiltà raggiunto dalla comunità. Quanto di meno vi è di desiderabile è l’ammissione di tutti ad una parte del potere sovrano dello Stato” (Considerazioni sul governo rappresentativo, trad. it., Roma, Edi- tori Riuniti, 1997, pp. 58-59).

48 Così L. SCHEER, La democrazia virtuale, trad. it., Genova, Costa & No-

lan, 1997, in part. p. 37.

tronico. E in questo bozzolo la gente si barrica, al riparo da stress, aggressioni e malattie. Qui, diversamente dalla piazza pubblica, la gente può giocare tutto, senza alcun rischio; le aggressioni insop- portabili del mondo esterno vengono neutralizzate e filtrate, rese quindi vivibili e praticabili. Il tele-cittadino è a questo proposito emblematico:

“se ristabilisse la pena di morte [...] potrebbe assistervi dal suo scher- mo senza avere la sensazione di essere stato spostato in un ordine bar- baro e senza che per lui sia importante sapere se ciò che vede sullo schermo appartiene al reale o al virtuale” 50.

Non deve sorprendere quanto sin qui detto. Proprio perché vi è uno schermo tra l’individuo e l’altro individuo, tra la stessa gente di una comunità virtuale, o ancora tra le genti delle diver- se comunità elettroniche, la realtà viene filtrata e il mondo può funzionare come illusione. Schermo è, infatti, ciò che impedisce di vedere: di vedere l’altro e di essere visti dall’altro.

L’io e l’altro, allora, possono essere reali o virtuali, possono pagare di persona oppure soltanto nell’ordine simbolico. E se chiusi nel bozzolo, si collegano tra loro solo perché penetrano il muro elettronico dei segni. Così, l’aggregazione collettiva, che si fonda sulla circolarità reale-virtuale, non è il frutto di ‘comuni destini’, bensì l’effetto di un utilizzo collettivo del digitale.

La comunità virtuale può essere perciò voluta e disvoluta, si fa, si disfa e si rifà, secondo le avventure e le mode dell’universo incantato del virtuale. Un universo questo incantato perché si apre su paradisi artificiali senza rischi: sessualità senza Aids, al- lucinazione senza overdose, violenza senza vittime. E che incan- ta, giacché qui libertà, eguaglianza e fraternità

“sono dati in sovrappiù, come il free money. Sono i valori ‘gratuiti’ del nuovo ordine politico, quelli per cui non è più necessario pagare e che non chiedono più che si muoia per loro” 51.

Questa possibilità di diffondere le idee di libertà, eguaglian- za e fraternità, fra grandi masse di persone, va innanzitutto ri-

50 L. SCHEER, La democrazia virtuale, cit., p. 44. 51 Ivi, p. 83.

collegata alle enormi capacità dei computer, memorie artificia- li, sterminate e inerranti. Memorizzano infatti tutto e trasmetto- no di continuo informazioni, stabiliscono collegamenti diretti e ottengono immediati riscontri.

Va altresì ricollegata alla caratteristica prima dei membri del- le comunità elettroniche: animati da passioni e da progetti, han- no temi e intese comuni, e tuttavia vivono senza un luogo di rife- rimento stabile e senza i vincoli che il luogo detta. Di qui, la li- bertà, l’eguaglianza e, se si vuole, la fratellanza dei membri erra- tici delle comunità virtuali. La virtualizzazione

“reinventa una cultura nomade, non con un ritorno al Paleolitico, né alle antiche civiltà di pastori, ma facendo emergere uno spazio di interazioni sociali in cui le relazioni si riconfigurano con un’inerzia minima” 52.

Le divisioni territoriali, le sovranità assolute degli Stati-nazio- ne, e poi ancora le differenze sociali ed economiche tra Stati e Stati, tra individui e individui, possono essere considerate già in sé‚ un ostacolo al villaggio globale; la cultura nomade, al contra- rio, si sottrae a qualsiasi tipo di confine, di vincolo, e può con- siderarsi una delle strade maestre della globalizzazione.