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Social engineering, neuro-diritto e neuro-tecno-regolazione

ALCUNE NUOVE TECNICHE DI REGOLAZIONE

I.1. Tecnologia e cambiamento – 2 Tecnologia e condizionamento – 3 Segue: la

4. Social engineering, neuro-diritto e neuro-tecno-regolazione

Tra videogiochi, messaggi subliminali e anticipatory com-

puting, la tecno-regolazione sfrutta i risultati che il processo di data mining offre. Con l’espressione si intende l’estrazione, con

tecniche analitiche avanzate, di informazione sottintesa o na- scosta da dati già strutturati, e l’analisi – eseguita in modo au- tomatico o semi-automatico – su database di grandi dimensio- ni, al fine di scoprire e evidenziare pattern significativi. Così, fa- re una ricerca nel Web di una parola chiave e classificare i do- cumenti trovati in base a un criterio semantico è un tipo di atti- vità che rientra nel data mining. Oltre all’applicazione in molti ambiti della ricerca scientifica, le tecniche di data mining – fon- date su specifici algoritmi e grazie ad applicazioni complesse – sono volte a risolvere problematiche diverse tra loro (ad es.: ot- timizzazione di siti web, gestione delle relazioni, individuazione di comportamenti fraudolenti) e ad ampliare la conoscenza su cui basare i processi decisionali.

4.1. Sempre più diffuse sono anche le analisi di social engi-

neering, ovvero le analisi dei comportamenti individuali, al fine

di procurarsi (o anche di carpire) informazioni utili. Tale diffu- sione è legata a doppio filo con l’evoluzione stessa del software. E infatti, più i programmi presentano pochi errori (bug) e più di- venta difficile, se non impossibile, aggredire un sistema informa- tico: non resta, allora, che attuare un attacco di ingegneria socia- le. Il cosiddetto social engineer, le cui essenziali arti sono – per dirla con Kevin Mitnick 67 – quella dell’inganno e dell’intrusione,

deve nella prima fase, che è detta footprinting, saper mentire, così da raccogliere tutte quelle informazioni che si considerano pro- pedeutiche all’attacco vero e proprio, per poi passare alla fase di verifica delle stesse e, successivamente, sferrare l’attacco.

Spesso l’ingegnere sociale è utilizzato per ricavare informa- zioni su soggetti privati. Ecco una possibile tecnica: l’invio di una falsa e-mail, a nome di un amministratore di sistema, contenente la richiesta, alla vittima ignara, del nome utente e della password di un suo account, con la scusa di fare dei controlli sul database dell’azienda. Se la vittima cade nel tranello, l’ingegnere sociale avrà ottenuto il suo obiettivo, ossia quello di fare breccia nel suo sistema, così da iniziare una fase di sperimentazione volta a vio- lare il sistema stesso.

Com’è chiaro, diversamente da altre tecniche, quella dell’in- gegneria sociale offre al cracker delle metodologie assai sempli- ci – ormai se ne parla diffusamente in diversi siti – e fondate su esempi della vita reale. Si pensi alla programmazione neuro-lin- guistica: di particolare importanza per scopi terapeutici – anche se non pare abbia validità scientifica – essa è diventata oggi pa- recchio interessante per quegli ingegneri sociali che intendono manipolare le proprie vittime e far compiere loro determinate azioni, quale quella, ad esempio, di disabilitare strumenti di si- curezza. In ogni caso, al di là della programmazione neuro-lin- guistica e dei suoi metodi, non c’è dubbio che nell’ipotesi di truf- fa – e questo vale anche per la frode informatica – si tiene in- nanzitutto conto di quegli schemi mentali e comportamentali so- litamente usati, per poi raggirare la vittima. Si tiene, cioè, conto di tutti quei bisogni, timori ed emozioni, che sono alla base dei

rapporti interpersonali e che costituiscono la stessa comunica- zione. Una comunicazione che può essere motivata, talvolta, dal rispetto dell’autorità (abbiamo fiducia nelle forze dell’ordine, nei medici, ecc.), talaltra, dalla pressione sociale e dall’attenzione per il giudizio altrui, e talaltra ancora da sentimenti e desideri. Ed è proprio entro queste diverse sfaccettature e pieghe, che si insinua chi intende approfittare della buona fede e/o dell’ignoranza al- trui, inventando una storia credibile e richiedendo una reazione immediata. E per realizzare un attacco di ingegneria sociale ba- sta poco: alcuni tratti caratteristici del comportamento umano, qualche informazione pubblicata su Facebook, Twitter, Four- square, o più semplicemente una lista di desideri su Amazon!

4.2. Parecchio utili per la tecno-regolazione sono le ricerche

di neurolaw. Si tratta di un ambito disciplinare di recente svilup- po 68, che affronta il legame neuroscienza e diritto, grazie al col-

legamento dei diversi saperi (filosofia, psicologia, neurologia, psi- chiatria, criminologia, sociologia) e agli sviluppi della tecnolo- gia medica di ultima generazione (risonanza, tomografia, ecc.), la quale consente una mappatura dettagliata del cervello uma- no. Le domande pur diverse, in generale, ruotano attorno a un interrogativo di fondo: che ruolo svolge la neuroscienza nel di- ritto e nel processo e se essa possa e debba essere utilizzata nel- le aule giudiziarie. In particolare, poi, le domande rinviano a vari contesti e sono del tipo: è possibile che alcune norme (riguar- danti capacità, imputabilità, condanna, riabilitazione, recidiva, ecc.) possano essere ispirate dalla neuroscienza, in che misura una patologia e un danno al cervello può influenzare il compor- tamento o anche incidere sull’esecuzione penale, a chi può es- sere consentito la visione delle immagini del cervello di una persona, può essere il concetto di proprietà intellettuale meglio compreso grazie alla neuroscienza?

68 Il termine è stato coniato per la prima volta da S.J.TAYLOR,J.A.HARP,

T. ELLIOTT, Neuropsychologists and Neurolawyers, in Neuropsychology, 5, 4/1993, pp. 293-305. Più in particolare si veda S.J. TAYLOR, Neurolaw: Brain

and Spinal Cord Injury (Tort and personal injury/litigation library), New York,

Atla Press, 1997. Negli ultimi anni la letteratura in tema ha avuto un gran- de impulso. Tra i diversi studi è da segnalare quello di L.CAPRARO,V.CUZ- ZOCREA,E.PICOZZA,D.TERRACINA, Neurodiritto. Una introduzione, Torino, Giappichelli, 2011.

Il neuro-diritto studia – attraverso l’osservazione del sistema nervoso centrale, la comprensione delle funzioni cerebrali e l’a- nalisi del nostro modo di pensare, compresa la capacità di adat- tarsi agli stimoli dell’ambiente esterno – il formarsi e l’uso di alcu- ni concetti giuridici (interesse, diritto, proprietà, dovere, divieto), l’affermarsi di termini e condizioni riguardanti la capacità, l’impu- tabilità, la responsabilità (ad es.: la maggiore età), il prodursi della conoscenza e dell’istruzione e l’uso di strumenti e metodi di mani- polazione, non ultimo l’efficacia che suggerimenti e aiuti indiretti esercitano sui processi decisionali di individui e gruppi 69.

In particolare, grazie all’uso di tecnologie di neuro-immagi- ne in combinato con lo studio dei comportamenti, è ormai pos- sibile analizzare la relazione tra l’attività di determinate aree ce- rebrali e specifiche funzioni, come pure l’incidenza di lesioni ce- rebrali nella determinazione dello stato cognitivo. Ad esempio: per capire se è stata detta la verità, l’analisi di specifiche regioni del cervello può rivelarsi utile, visto che la corteccia prefrontale dorsolaterale ha dimostrato di attivarsi quando i soggetti fingo- no di conoscere informazioni che non sanno, anche se resta un importante ostacolo determinato dal richiamo involontario di falsi ricordi; per comprendere se la lesione o la malattia porta a uno stato vegetativo persistente, è utile sapere se vi siano segni di attenzione agli stimoli esterni e/o cicli di sonno e di riposo, e ciò è mostrato attraverso l’attività di alcune regioni del cervello rilevata dalla risonanza magnetica funzionale; per capire, visti gli effetti sul cervello dei neuro-farmaci, delle smart drug, dei di- spositivi tecnologici 70, sino a che punto è lecito l’uso di sostanze

o di macchine per il potenziamento cognitivo e per l’ascolto del- l’attività elettrica del cervello 71.

69 E che – secondo la nudge theory – non sarebbe diversa dall’efficacia

esercitata in modo diretto dai comandi e dalle norme (R.H. THALER,C.R. SUNSTEIN, La spinta gentile, cit.).

70 Si pensi al triangolo di plastica grande quanto il palmo di una mano,

da applicare sulla tempia: serve per cambiare l’umore a comando, indurre uno stato di calma o di energia, secondo lo stato scelto nell’app del telefoni- no. Inventato dallo scienziato americano Jamie Tyler, è uno stimolatore che manda impulsi elettrici di bassa intensità ai nervi cranici e, in teoria, cervel- lo e muscoli dovrebbero provare una sensazione di calma o di energia, ma non a tutti fa lo stesso effetto.

La lista dei temi che il neuro-diritto tocca e può toccare si amplia sempre di più: riguarda alcuni temi tipici del diritto civi- le, del diritto penale, del diritto costituzionale, del diritto inter- nazionale, del diritto bellico. E intanto che si amplia, la neuro-

tecno-regolazione si sviluppa: basti pensare all’uso di neuro-far-

maci da parte dei militari per migliorare le loro attenzioni e le loro prestazioni, come pure per massimizzare le loro abilità co- gnitive, alterando il ritmo veglia/sonno e violando i loro stessi pensieri; basti pensare, in altro ambito e almeno per il momen- to con finalità ludica, all’uso del cerotto, usato da nerd, hacker e

game addicted, che, messo sulla fronte, rilascia una scossa elet-

trica sfruttando quella che in medicina viene definita la stimo- lazione trans-cranica con correnti dirette 72.