I TUMORI PROFESSIONALI IN ITALIA
I TUMORI PROFESSIONALI
• Ai fini di una completa conoscenza dei fenomeni è auspicabile l’accesso anche alle banche dati INPS per la conoscenza delle storie lavorative dei diversi comparti produttivi; elementi che permetterebbero sicuramente una miglior interpretazione delle patologie a lunga latenza.
• La realizzazione del S.I.N.P.
• La piena attuazione dell’accordo-quadro INAIL-Ministero della Salute e Conferenza delle Regioni e Province autonome, del dicembre 2015.
CONCLUSIONI
I TUMORI PROFESSIONALI
Al dibattito sono intervenuti
Roberto Rinaldi
Vicepresidente del Comitato Consultivo Provinciale INAIL di Torino
Vicecoordinatore Regionale dei Comitati Consultivi Provinciali INAIL del Piemonte Marsilio Antonucci
Presidente del Comitato Consultivo Provinciale INAIL di Ascoli Piceno Aniello D’Auria
Presidente del Comitato Consultivo Provinciale INAIL di Torino
Coordinatore Regionale dei Comitati Consultivi Provinciali INAIL del Piemonte Giuseppe Siniscalchi
Presidente del Comitato Consultivo Provinciale INAIL di Perugia
Coordinatore Regionale dei Comitati Consultivi Provinciali INAIL dell’Umbria Ivano Cavallìn
Presidente del Comitato Consultivo Provinciale INAIL di Venezia Ivan Bersani
Presidente del Comitato Consultivo Provinciale INAIL di Piacenza Michelangelo Ingrassia
Presidente del Comitato Consultivo Provinciale INAIL di Palermo Rosanna Iacovèra
Componente del Comitato Consultivo Provinciale INAIL di Genova Orestino Negrini
Presidente del Comitato Consultivo Provinciale INAIL di Pavia
Per sintetizzare il dibattito di questa sessione è necessario iniziare dalla rilevante tra-sformazione che ha interessato il mondo del lavoro negli ultimi dieci anni. In particolare dal 2007 per quanto riguarda l’aspetto tecnologico (l’avvio dell’era dello smartphone) e dal 2008 per quanto concerne la qualità dei rapporti di lavoro. La grande crisi econo-mica ha inciso notevolmente, in termini sistemici, anche sulla qualità delle prestazioni lavorative. La crescita della precarietà con il conseguente aumento dell’insicurezza nei confronti del futuro, ha acuito il divario dei rapporti di forza, già di per sé asimmetri-ci, tra datori e prestatori d’opera. Soprattutto nell’ambito del terziario, un settore in rapida espansione in questi ultimi anni, le evidenze empiriche dimostrano la grande trasformazione in atto.
La crisi ha infatti insegnato molto dal punto di vista della regolamentazione dei rapporti di lavoro, ma ha insegnato molto poco a chi ha successivamente preso le decisioni po-litiche rispetto alla loro regolazione. L’obiettivo era quello di accrescere l’occupazione, ma trascurando gli eff etti sociali del crollo della sua qualità. In passato le trasformazioni nell’ambito del ciclo produttivo duravano decenni, oggi questa grande trasformazione generata dalla tecnologia tascabile, ha ridotto il ciclo delle mansioni anche a pochi mesi.
Il 40% delle competenze professionali attuali tra cinque anni diventerà obsoleto con evidenti eff etti sulla prevenzione della salute in assenza di un sistema formativo al pas-so con la velocità di questa vera e propria rivoluzione. Dobbiamo rifl ettere rispetto al Sintesi
Michele Buonerba
Componente della Commissione Consiliare Politiche Previdenziali e per la Tutela della Salute del Consiglio di Indirizzo e Vigilanza INAIL
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A seguito di questa grande trasformazione, il lavoro, ma anche l’impresa, non possono essere rappresentati come durante quel glorioso passato durante il quale crescevano tutele e welfare pubblico. Mantenere immutato nel tempo quel sistema di rappresen-tanza, aumenterà costantemente il numero degli occupati scoperti da tutele contrattua-li e purtroppo, come dimostrano i dati in nostro possesso, anche il rischio di infortunio.
In questa sede ci concentreremo solo sulla tutela della salute e dell’incolumità delle per-sone che lavorano. In questo ambito i governi che si sono succeduti dal 2008 ad oggi, hanno in buona parte tralasciato di attuare il noto Testo Unico promulgato a seguito della strage alla Thyssen Krupp di Torino dell’anno precedente. Uno dei decreti attuativi
“dimenticati” aff erisce all’articolo 52 che prescriverebbe l’istituzione di un fondo presso l’INAIL attraverso il quale il legislatore intese sostenere l’attività dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza territoriali e degli organismi paritetici. In un paese nel quale oltre il 50% degli addetti è occupato in imprese di piccole dimensioni, si comprende fa-cilmente quali risultati avremmo potuto ottenere in termini di minori infortuni e forse di vite umane.
Un analogo ragionamento può essere fatto con riferimento al medico competente: è chiaro che è una fi gura pagata dal datore di lavoro può trovarsi in una situazione di subordinazione psicologica nei confronti del proprio committente. Se invece questa im-portante fi gura fosse pagata attraverso la bilateralità o attraverso sistemi mutualistici, la sua effi cacia sarebbe certamente maggiore.
I cambiamenti sono stati citati sia da Alessandra Assogna sia da Mariano Innocenzi. Il primo di questi cambiamenti riguarda l’invecchiamento della popolazione e non è solo legato alla mansione specifi ca del lavoratore. Esiste un problema di stress sul lavoro causato da condizioni familiari. È stato rilevato che vi sono sempre più persone, in età compresa tra i 45 ed i 60 anni, che subiscono uno stress correlato alla gestione di fami-liari che si trovano in condizioni di non autosuffi cienza. La conciliazione lavoro-famiglia in alcuni ambiti «protetti» ha avuto riscontri positivi. Si pensi ad esempio al terziario avanzato, ma, allo stesso tempo, la massa di lavoratori, quelli che lavorano nelle pic-cole imprese, è totalmente scoperta da ogni forma di tutela. Per intervenire in questo ambito è necessario prevedere sistemi di welfare integrativo territoriale che potrebbe-ro essere rilevanti anche nell’ambito della prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali.
Il secondo aspetto di questo grande cambiamento è riscontrabile nella frammentazio-ne, anche artifi ciosa, delle unità produttive. In un qualunque magazzino di logistica si è convinti di entrare in un’unica unità produttiva; dal punto di vista della defi nizione, lo è per la tutela della salute e sicurezza, ma il discorso cambia radicalmente nell’am-bito della tutela del lavoro intesa in senso lato. Da un punto di vista defi nitorio in uno stesso magazzino riscontriamo molteplici unità produttive che interagiscono tra di loro separatamente nell’ambito di una direzione comune. Senza un’armonizzazione tra le leggi che regolano la rappresentanza del lavoro con quelle della tutela della salute, si comprende facilmente che la rappresentanza diviene complessa. In un magazzino del-la logistica potremmo eleggere le Rappresentanze Sindacali Unitarie (RSU) e quindi in
loro seno i Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS), ma essendoci decine di unità produttive il risultato che si ottiene è la mancata partecipazione dei lavoratori al processo gestionale della tutela sia della salute sia della qualità del lavoro.
Il medesimo ragionamento potrebbe essere ripresentato anche all’implementazione della formazione continua, per la quale esistono risorse consistenti nei fondi interpro-fessionali, ma molte di queste rimangono all’INPS perché la gestione nazionale è spes-so troppo lontana dalle perspes-sone alle quali si rivolge.
L’invecchiamento della popolazione esiste anche all’interno della forza lavoro dell’INAIL.
Non si tratta di saper utilizzare uno smartphone, o determinati programmi informatici, ma saper rispondere a determinate esigenze che emergono dal sistema produttivo con i nuovi cicli di cui abbiamo parlato prima. In termini di fornitura dei servizi agli utenti, anche a fronte di un rilevante calo della dotazione organica, il rischio è quello di accre-scere la sfi ducia degli stessi nei confronti dell’istituto. Anche per questo ho proposto, in sede di discussione delle linee di mandato del CIV, che si elaborasse un bilancio sociale.
In questo modo potremmo ottenere questi riscontri oggettivi alla nostra attività che ci permetterebbero di elaborare nuove strategie nell’ambito del ruolo d’indirizzo che il legislatore ci ha conferito.
Concludo il mio breve intervento citando lo stanziamento per la ricerca.
Il Consiglio di Indirizzo e Vigilanza ne ha discusso a lungo, ma è chiara l’evidenza dei numeri che avete visto in precedenza: il problema non sono le risorse economiche, ma piuttosto il fatto che che, in base all’utilizzo, da buoni amministratori le stesse an-drebbero ridotte. Esternalizziamo molto ad altri enti di ricerca attraverso bandi, ma il problema è semmai chiedersi quale benefi cio traggano da questa attività sia i lavoratori sia le imprese.