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127 identificata come centro di imputazione del ristoro azionabile in sede giudiziaria” (Corte

dei Conti, SS.RR. 29 novembre 2000 n. 14; in senso analogo, SS.RR. 20 marzo 2003 n. 6); “da ciò deriva che il Procuratore regionale, nel proporre l’azione di responsabilità, esercita un potere di natura sostanziale, in quanto, essendo preclusa all’Amministrazione titolare del diritto l’iniziativa processuale, persegue la realizzazione della pretesa risarcitoria come unico soggetto abilitato ad esprimere la volontà autonoma di adire il giudice per conseguire tale realizzazione” (Corte dei Conti, SS.RR. 20 marzo 2003 n. 6).

Questo, in sintesi, il quadro normativo esistente, relativo al rapporto tra Pubblico Ministero contabile ed Amministrazioni danneggiate nel contesto della responsabilità amministrativo-contabile, perché possa arrivarsi a sostenere, in linea generale, la legittimazione a promuovere, da parte del Procuratore regionale, in nome e per conto delle Amministrazioni socie, specifiche azioni di responsabilità disciplinate dal diritto societario – a prescindere, dunque, dall’ipotesi della surrogatoria di cui all’art. 2900 c.c. - occorrerebbe verificare se, in effetti, possa ritenersi ammissibile un’interpretazione, più che estensiva, “evolutiva” dell’art. 81 c.p.c., la quale tenga conto dei mutamenti organizzativi intervenuti nella Pubblica Amministrazione - con la moltiplicazione delle fattispecie di possibile minaccia per le risorse pubbliche - e in virtù della quale ricavare, da una valutazione complessiva del sistema - e non solo, pertanto, da una singola e specifica disposizione - l’esistenza di una norma giuridica (di rango primario) secondo cui, nel caso e nei limiti in cui si controverta su questioni afferenti la tutela della finanza pubblica, deve riconoscersi al Procuratore regionale la legittimazione ad esercitare tutte le azioni di cui sia titolare l’Amministrazione danneggiata, che possano essere funzionali alla “prevenzione” del danno erariale.

Al riguardo, appare opportuna una breve riflessione.

La nozione di “danno all’Erario”, così come immaginata dalla normativa in materia di responsabilità amministrativo-contabile, presuppone una lesione patrimoniale - arrecata all’ente di appartenenza, o anche ad ente diverso da questo - che abbia carattere di definitività, nel senso di non poter più essere “reintegrata”, ma soltanto, eventualmente, “risarcita”.

La legge fa riferimento infatti ad un concetto di “responsabilità”, in tal modo, evidentemente, presupponendo l’esistenza di un comportamento pregresso i cui effetti lesivi, a quel punto, non sembrerebbero più potersi evitare.

Nel caso di società partecipate, il danno all’Erario - il quale, come già detto, deve intendersi come lesione al patrimonio dell’ente partecipante - è la conseguenza indiretta (o riflessa, sul valore della partecipazione) di una lesione realizzata a monte, in capo cioè al patrimonio della società partecipata.

Autore: Antonio Guerrieri, La responsabilità degli esponenti di società a partecipazione pubblica e il giudice

contabile, Tesi di dottorato in Diritto ed Economia dei Sistemi Produttivi, Università degli Studi di Sassari

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Il “reintegro” di tale lesione, che avvenga in forma spontanea o che si produca solamente a seguito di una vittoriosa azione risarcitoria, determina, come diretta conseguenza, il venir meno dello stesso danno all’Erario.

Ed è per questo che, in tale contesto, l’azione sociale di responsabilità, il cui fine è appunto la ricostituzione del patrimonio societario colpevolmente danneggiato, potrebbe rivestire una valenza del tutto peculiare.

Essa costituisce, o potrebbe costituire, un importante strumento di “prevenzione” dello stesso danno erariale, o, più esattamente, un’azione il cui esito vittorioso può farne decadere lo stesso fondamento.

Il danno al patrimonio sociale, in altre parole, è un danno ontologicamente pre- esistente al danno all’Erario, al quale risulta legato da una relazione diretta ed univoca; se viene meno il primo, viene meno, necessariamente, anche il secondo.

Ebbene, in tale contesto, la legittimazione del Pubblico Ministero contabile ad esercitare in nome e per conto dell’Amministrazione danneggiata l’azione di responsabilità sociale, dovrebbe inquadrarsi tenendo conto appunto di tale rapporto.

In questo senso, l’azione sociale assumerebbe la valenza di azione diretta a “prevenire” l’emersione stessa di un danno all’Erario, con un’efficacia persino superiore all’azione di responsabilità amministrativo-contabile, attraverso la quale, viceversa, sarebbe possibile intervenire solo “a posteriori”, ovvero dopo che il danno all’Erario non solo si fosse già realizzato, ma anche consolidato.

Per altro aspetto, non pare superflua un’ulteriore considerazione.

Ove si negasse, infatti, al Pubblico Ministero contabile tale tipo di legittimazione, verrebbe a crearsi una situazione per certi aspetti singolare, almeno per quanto riguarda le società partecipate dagli enti locali, che sono comunque la maggioranza delle società facenti capo al settore pubblico.

L’art. 9 del Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti Locali, infatti, (approvato con d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, nel quale è stato trasfuso l’art. 7 della legge 8 giugno 1990, n. 142, modificato dall’art. 4, 1° co., lett. a), della legge 3 agosto 1999, n. 265) reca la disciplina dell’azione popolare cosiddetta “locale”, prevedendo che “ciascun elettore può far valere in giudizio le azioni ed i ricorsi che spettano al Comune e alla Provincia”.

Ebbene, tra “le azioni e i ricorsi che spettano al Comune e alla Provincia” di possibile iniziativa popolare, non par dubbio che possano ricomprendersi le stesse azioni sociali di responsabilità (e segnatamente quelle disciplinate dagli articoli 2393 bis e 2476 comma 3 c.c., la cui legittimazione, come ricordato in precedenza, non è sottoposta ad alcuna condizione di procedibilità, ma riconosciuta al singolo socio – qualificato o meno - a prescindere dall’approvazione di una preventiva deliberazione assembleare).

Autore: Antonio Guerrieri, La responsabilità degli esponenti di società a partecipazione pubblica e il giudice

contabile, Tesi di dottorato in Diritto ed Economia dei Sistemi Produttivi, Università degli Studi di Sassari

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