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La sospensione dell’azione ex art 295 c.p.p.

115 proprio di tutti i partecipanti o comunque condiviso da tutti, nel caso delle società a

3. L’iniziativa della Procura contabile in sede civile

3.1. L’azione sociale di responsabilità esercitata in surrogatoria

3.1.1. La sospensione dell’azione ex art 295 c.p.p.

L’eventuale azione sociale promossa in surrogatoria dovrebbe teoricamente sospendersi ai sensi dell’art. 295 c.p.p., trattandosi di controversia il cui esito è subordinato alla definizione di un diverso procedimento - quello di natura amministrativa - teso ad accertare la ricorrenza (del danno alla finanza pubblica e di conseguenza) del credito erariale. 184

Al riguardo, tuttavia, potrebbe sollevarsi più di un dubbio.

In effetti, se all’azione sociale esercitata in surrogatoria si riconosce una funzione accessoria rispetto all’azione di responsabilità amministrativa – cioè quella di costituire un “mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale” relativa al credito da accertare per il tramite di quest’ultima – la stessa non potrebbe proseguirsi qualora, a seguito della definizione della controversia principale, non si pervenga all’accertamento (del danno

183 La tesi viene proposta da COSTANTINO G., in La tutela del credito erariale: la azioni esperibili innanzi al giudice contabile ex art. 1, comma 174, legge 266/05, intervento al Corso di formazione

e aggiornamento, tenutosi in Roma presso l’Aula delle Sezioni Riunite della Corte dei Conti dal 29 al 31 ottobre 2008, “Le misure cautelari e le problematiche più recenti in materia di responsabilità

amministrativo-contabile”.

Autore: Antonio Guerrieri, La responsabilità degli esponenti di società a partecipazione pubblica e il giudice

contabile, Tesi di dottorato in Diritto ed Economia dei Sistemi Produttivi, Università degli Studi di Sassari

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erariale e di conseguenza) del credito erariale la cui sussistenza aveva costituito appunto il fondamento dell’azione sociale.

Per inciso, non avrebbe alcun rilievo il motivo per il quale non si sia pervenuto a tale tipo di accertamento; se cioè, sia stato accertato che, in realtà, nessun danno si era effettivamente prodotto a carico del patrimonio della società (e di riflesso, del patrimonio dell’ente partecipante), ovvero se, nonostante l’accertamento di negligenze da parte di chi era stato incaricato di operare i dovuti controlli, queste non sono state ritenute così gravi da richiedere una specifica sanzione.

Ciò che assumerebbe rilievo, in tal caso, è la sola circostanza che, se a fondamento dell’azione sociale esercitata in surrogatoria vi è la finalità di conservazione della garanzia patrimoniale per uno specifico credito (erariale), il mancato accertamento di tale credito incide sulla procedibilità dell’azione accessoria, eventualmente sospesa ai sensi dell’art. 295 c.p.p..

Naturalmente, occorrerebbe distinguere il caso della mancanza assoluta di accertamento del (danno e pertanto del) credito, da quello viceversa in cui (un danno e pertanto) un credito erariale sia stato accertato, ma per ammontare inferiore a quello della lesione occorsa al patrimonio sociale.

Ebbene, in questo secondo caso non può esserci dubbio che l’azione sociale di responsabilità dovrebbe comunque potersi proseguire, anche se occorre tener presente che oggetto della stessa resta in ogni caso il recupero integrale del patrimonio sociale, non solamente della parte riferibile al socio pubblico.

L’accertamento di un credito erariale inferiore alla lesione occorsa originariamente al patrimonio della società può avvenire, all’esito del giudizio di responsabilità, fondamentalmente per due ordini di motivi: per la presenza di altri soci nella compagine sociale, la quale, determinando una diminuzione in termini percentuali della quota di partecipazione del socio pubblico, rende la quota di danno allo stesso riferibile proporzionalmente inferiore; per la possibile (e in alcuni casi obbligatoria) applicazione da parte del giudice del c.d. potere riduttivo, con il conseguente abbattimento degli importi effettivamente contestati.

Nell’ipotesi, viceversa, dell’assoluta mancanza di accertamento del (danno e dunque del) credito, l’azione sociale teoricamente non dovrebbe potersi proseguire, anche se, in realtà, tale conclusione non può dirsi del tutto pacifica.

E in effetti, la relazione tra azione sociale di responsabilità ed azione di responsabilità amministrativa non sembra potersi inquadrare, semplicemente, in una relazione di accessorietà della prima nei confronti della seconda, perché, in molti casi, potrebbe verificarsi che la soluzione della controversia erariale difficilmente potrebbe realizzarsi senza la preventiva conoscenza dell’esito dell’azione civilistica, e, in

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contabile, Tesi di dottorato in Diritto ed Economia dei Sistemi Produttivi, Università degli Studi di Sassari

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particolare, della valutazione che in tale sede i giudici abbiano ritenuto di dare alla condotta tenuta dagli stessi amministratori della società (o da altri esponenti interni, diversi dagli amministratori).

Le due azioni hanno tra loro oggetti diversi, così come diversi sono i soggetti passivi; ma tra le stesse difficilmente potrebbe mancare una stretta relazione, la quale peraltro – se si passa l’espressione – potrebbe addirittura considerarsi “inversamente

proporzionale” a quella supposta dallo stesso articolo 295 c.p.p..

L’azione sociale ha come oggetto la condotta degli amministratori della partecipata, nella sua relazione con i danni prodottisi in capo al patrimonio della società; l’azione amministrativa ha viceversa come oggetto il comportamento tenuto dall’ente, o, più esattamente, il comportamento tenuto da coloro che, in rappresentanza o per conto dell’ente, avevano il dovere di seguire l’andamento della partecipazione trascurando di esercitare le opportune iniziative di vigilanza.

L’ipotesi più plausibile, però, è che l’eventuale danno erariale (e di conseguenza lo stesso credito) non possa accertarsi se non tenendo conto, tra i vari elementi, anche e soprattutto della condotta lesiva tenuta a monte da parte degli amministratori della società, il cui diverso atteggiarsi potrebbe non essere affatto indifferente nella valutazione del comportamento di chi, tenuto a vigilare sulla loro gestione, abbia trascurato di adottare opportuni strumenti di reazione.

Da qui il rischio che la sospensione del processo, prevista con norma di carattere generale dall’articolo 295 c.p.p., possa incidere sullo stesso esito dell’azione principale, quanto meno in tutte quelle ipotesi in cui la valutazione preventiva della condotta tenuta a monte dagli esponenti societari possa assumere valenza dirimente.

Si tratta di aspetto che non sembra possa sottovalutarsi, dato che potrebbe presentarsi ogniqualvolta l’attività lesiva degli amministratori non sia connotata da una conclamata illegittimità, ma sia costituita viceversa da una fattispecie più complessa, tale da richiedere, per una compiuta valutazione, analisi più approfondite nei presupposti o nelle motivazioni.

Anche se, al riguardo, non può ignorarsi un diverso aspetto.

Nella valutazione del grado di colpevolezza di chi, in capo all’ente, aveva il dovere di attivarsi per evitare che fosse compromesso il valore della partecipazione pubblica, potrebbe in effetti non rilevare affatto la gravità o meno della condotta lesiva tenuta dagli amministratori della società partecipata, né il grado di colpevolezza loro ascrivibile.

Può aversi responsabilità erariale, infatti, anche laddove la condotta lesiva tenuta a monte non sia né particolarmente eclatante né, tanto meno, rilevante sul piano penale; per converso, potrebbe rivelarsi sufficiente l’aver posto in essere una gestione della

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contabile, Tesi di dottorato in Diritto ed Economia dei Sistemi Produttivi, Università degli Studi di Sassari

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società anche solo complessivamente negligente, per la valutazione della quale, tuttavia, non potrebbe prescindersi da un’analisi compiuta della documentazione societaria.

Ciò solo per dire che l’ipotizzata sospensione dell’azione sociale ex art. 295 c.p.p., potrebbe rivelarsi compatibile con l’accertamento della responsabilità erariale, solamente nei casi in cui non sia necessario addivenire ad alcuna verifica da compiere preventivamente sui fatti lesivi posti in essere a monte in capo alla società; ipotesi che potrebbe verificarsi, ad esempio, qualora il procedimento erariale tragga origine da un diverso e pre-esistente procedimento di carattere penale, ovvero nel caso in cui la notitia

damni, provenendo dall’interno della società – da fonte particolarmente qualificata, come

il collegio dei sindaci o dai revisori contabili – possa considerarsi sufficientemente circostanziata da non richiedere ulteriori approfondimenti sui libri contabili o sui documenti interni della società danneggiata.

Laddove viceversa, per l’accertamento della responsabilità erariale dovesse rendersi necessaria una specifica attività istruttoria da compiersi direttamente sui libri o i documenti interni della società, ovvero una preventiva conoscenza di quella che è stata la valutazione giudiziaria della condotta lesiva posta in essere dagli amministratori, l’istituto della sospensione processuale rischia di rivelarsi difficilmente compatibile con un’efficace tutela delle ragioni erariali.

3.1.2. La mancata corrispondenza tra soggetto debitore nei confronti