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Identificazione modale utilizzando cFSM

3.5 The Finite Element Method

3.5.1 Identificazione modale utilizzando cFSM

La forza di FSM è da un lato anche la sua debolezza: infatti, la mancanza di generalità in lunghezza proibisce, di fatto, applicazioni effi- cienti in profilati a sezione variabile, in elementi forati o in membratura con condizioni di carico particolari. In questo senso intervengono mo- dellazioni FEM che, ad oggi, risultano molto complete in diversi campi ingegneristici, ma, come già spiegato al paragrafo 3.1, tale metodo risulta ancora incompleto per l’analisi di stabilità di profili sottili.

Per questo motivo è necessario ricercare un strumento che ci permet- ta di applicare i concetti di decomposizione e identificazione modale ai modelli FEM generali, dove il profilo in parete sottile viene modellato at- traverso elementi finiti di tipo shell o plate. Dato che i vettori base FSM sono facilmente costruibili e disponibili, l’approccio che è stato adottato è quello di estendere questi vettori nello spazio FEM solo allo scopo di

Figura 3.13: Trasformazione da FSM-DOF a FEM-DOF, tratta da [21]

definire una base di deformazione che è già classificata nelle deformazioni G, D, L e O.

La costruzione dei vettori base cFSM è completata all’interno dello spazio FSM. Il profilo sottile è definito e discretizzato in strisce. Per rendere le condizioni di estremità generali, vengono utilizzate un insieme speciale di funzioni di forma longitudinali:

q X m=1 Ym = 1 − cos πy 2a  + 1 − cosπ(−y + a) 2a  + q X m=1 sinmπy a  (3.46) Questa serie di funzioni di forma fornisce le condizioni al bordo essenziali per l’identificazione in tutti i casi generali. Con esse, i vettori base cFSM in [R] vengono costruiti come al par. 3.4.

Al centro dell’identificazione modale FEM c’è la trasformazione di

[R] dalla base cFSM alla base nodale FEM standard. Questa è più di

una semplice trasformazione di matrice, perché la posizione dei gradi di libertà FEM è differente da quella FSM. La Fig. 3.13 fornisce una visione concettuale della trasformazione dei gradi di libertà: la posizione del no- do viene mappata dal sistema di coordinate globali FEM nel sistema di coordinate globali FSM, la trasformazione viene eseguita per posizionare il nodo all’interno (o su) di un striscia, le funzioni di forma della stri- scia vengono utilizzate per interpolare il DOF desiderato, il valore viene poi trasformato nel sistema di coordinate locali FEM e, quindi anche in quello globale.Il risultato finale del procedimento è che la matrice [R] viene trasformata in [RF E], un insieme di vettori base FEM che sono

interpolazioni coerenti dei vettori base cFSM.

Dato un vettore di spostamento FEM, dF E, i contributi modali pos-

sono essere determinati attraverso una trasformazione utilizzando [RF E],

in modo simile all’Eq. (3.40) (pag. 84). Si deve comunque riconoscere che il vettore base cFSM usato per formare [RF E] è solo un’approssimazione

e perciò, esiste un certo errore:

derr = dF E− [RF E]cF E (3.47)

Se la somma quadrata degli errori (dF EtdF E) è ridotta al minimo, si

trova che la soluzione per cF E è:

cF E = [RF E]t[RF E]

−1

[RF E]tdF E (3.48)

Il fattore di partecipazione modale è ricavato come nell’Eq. (3.41), dal momento che all’interno di [RF E] sono noti [RG,F E], [RD,F E], [RL,F E] e

[RO,F E].

Si considera il problema agli autovalori dell’Eq. (3.23), ma ora con- dotto completamente con un modello FEM. Le forme modali instabili risultanti sono: [ΦF E] = h {φF E}1 {φF E}2 . . . {φF E}nF E−DOF i (3.49) Qualsiasi {φF E}può essere usato come {dF E}nell’Eq. (3.48); perciò, do-

po la costruzione di un modello FSM associato e della matrice [RF E],

l’Eq. (3.48) può essere risolta per i coefficienti di contribuzione {cF E}.

L’Eq. (3.41) viene poi utilizzata per ottenere i coefficienti di partecipazio- ne. I risultati sono simili all’identificazione modale FSM con condizioni al bordo generiche (Fig. 3.10), ma adesso l’errore nell’approssimazione viene monitorato.

Capitolo 4

ANALISI E CONFRONTO

TRA PROFILI SOTTILI

In questo capitolo ci si propone di eseguire un completo raffronto, nello studio della stabilità dei profili sottili in acciaio, tra due diverse me- todologie: FEM (Finite Element Method) e FSM (Finite Strip Method), già descritte in modo dettagliato al capitolo precedente.

Per svolgere tale confronto sono stati utilizzati, fondamentalmente, due software: per l’analisi ad elementi finiti è stato utilizzato Straus7, noto anche come Strand7, sviluppato da G+D Computing; per l’analisi a strisce finite è stato impiegato CUFSM (Constrained and Unconstrained Finite Strip Method, [19]), un applicativo di Matlab open-source.

L’obiettivo prefissato è stato quello di poter ottenere risultati com- parabili in termini di carichi e momenti critici d’instabilità attraverso le due modellazioni differenti, ed in particolare di validare il metodo FSM attraverso la modellazione ad elementi finiti, che risulta essere tutt’og- gi la tipologia di analisi più impiegata nell’ambito strutturale in campo civile.

A tale scopo sono state svolte analisi su due diverse tipologie di profili a freddo: la forma a C con irrigidimenti di bordo e quella ad Omega, in quanto risultano essere le forme attualmente più impiegate in molti casi di interesse pratico. Per ciascuna tipologia, sono stati studiati dieci profili diversi in dimensione, facendone variare altezza, larghezza e spessore. Inoltre per ogni profilo studiato, è stato analizzato il comportamento instabile sia nei riguardi di uno stato di sforzo di pura compressione, sia nei riguardi di flessione pura, entrambe per condizioni al bordo di

220 100 30 30 4 SEZIONE 1A 220 100 30 30 6 SEZIONE 1B 220 100 35 35 6 SEZIONE 1D 100 35 35 4 SEZIONE 1C 220 60 2 SEZIONE 1E 150 20 20 60 4 SEZIONE 1F 150 25 25 60 2 SEZIONE 1G 180 20 20 SEZIONE 1H 60 4 180 25 25 SEZIONE 1I 3 200 50 20 20 SEZIONE 1L 4 200 50 20 20

(a) Sezioni a C oggetto di studio,

SEZIONE 2A 200 200 40 40 4 SEZIONE 2B 200 200 50 50 6 30 30 120 80 3 SEZIONE 2C 40 40 120 80 5 SEZIONE 2D 30 30 150 80 3 SEZIONE 2E 45 45 150 80 5 SEZIONE 2F SEZIONE 2G 100 200 40 40 4 SEZIONE 2H 100 200 50 50 6 SEZIONE 2I 300 200 40 40 4 SEZIONE 2L 300 200 50 50 6

(b) Sezioni a Omega oggetto di studio,

Figura 4.1: Tipologie di profili sottili analizzate

semplice appoggio. La Fig. 4.1 mostra le sezioni studiate, mentre la Tab. 4.1 ne riassume le caratteristiche di area A e momento d’inerzia forte Jx, con i rispettivi carico di snervamento Ny e momento elastico

My.

In primo luogo è stata svolta l’analisi FSM nella sua concezione tradi- zionale, come già espresso al capitolo precedente, estrapolando la curva caratteristica di stabilità, che esprime il carico critico in funzione del- la lunghezza della membratura. Questa curva è di interesse particolare perché rappresenta la base per l’applicabilità del metodo americano di verifica Direct Strenght Method e per questo motivo è stato deciso di

Tabella 4.1: Caratteristiche geometrico-inerziali delle sezioni studiate

ID. Profilo A[mm2] N

y[kN ] Jx[mm4] My[kN m] 1A C220x100x30x4 1856 627.5 1.43e + 07 44.8 1B C220x100x30x6 2736 925.0 2.06e + 07 65.3 1C C220x100x35x4 1896 641.0 1.45e + 07 45.6 1D C220x100x35x6 2796 945.3 2.10e + 07 66.4 1E C150x60x20x2 604 204.2 2.13e + 06 9.73 1F C150x60x25x4 1216 411.1 4.13e + 06 19.1 1G C180x60x20x2 664 224.5 3.26e + 06 12.4 1H C180x60x25x4 1336 451.7 6.70e + 06 24.5 1I C200x50x20x3 984 332.7 5.53e + 06 19.0 1L C200x50x20x4 1296 438.2 7.38e + 06 24.8 2A Ω200x200x40x4 2656 898.0 1.46e + 07 42.8 2B Ω200x200x50x6 4056 1371.3 2.27e + 07 69.0 2C Ω120x80x30x3 1104 373.3 2.16e + 06 11.9 2D Ω120x80x40x5 1900 642.4 3.74e + 06 22.03 2E Ω150x80x30x3 1284 434.1 3.74e + 06 16.5 2F Ω150x80x45x5 2200 743.8 6.20e + 06 29.3 2G Ω200x100x40x4 2256 762.7 1.16e + 07 38.6 2H Ω200x100x50x6 3456 1168.5 1.79e + 07 62.4 2I Ω200x300x40x4 3056 1033.2 1.68e + 07 45.2 2L Ω200x300x50x6 4656 1574.2 2.62e + 07 72.9

inserirla in questo capitolo.

In secondo luogo viene svolta sempre un’analisi FSM, con ulteriori ipotesi, per diverse lunghezze dell’elemento ed, in particolare, 200 mm,

500 mm, 1000 mm; 3000 mm, 5000 mm e 6000 mm. A lunghezze diffe-

renti corrisponderanno diversi carichi critici, che saranno poi oggetto del confronto con il modello FEM.

Completata questa fase, viene eseguita un’analisi lineare di buckling con il modello ad elementi finiti (FEM), in modo da ottenere il moltipli- catore di carico di confronto, sempre per le sei lunghezze d’interesse.

4.1

CUFSM: Curva di stabilità

Come già discusso al Cap. 3, il metodo FSM ci consente di studiare il comportamento instabile di profili sottili attraverso il calcolo dei cari- chi critici e delle forme modali instabili. Il software CUFSM permette di effettuare tutto il calcolo analitico descritto al Cap. 3 mediante una

Figura 4.2: Inserimento parametrici geometrici e meccanici della sezione

semplice ed intuitiva interfaccia grafica. La procedura di analisi si esegue attraverso specifiche fasi, descritte in seguito.

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