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3.5 The Finite Element Method

4.1.5 Risultati

Nel capitolo 3, sono stati forniti i concetti teorici alla base del metodo FSM; qua verranno forniti i risultati di tale analisi attraverso 20 sezioni differenti e per ognuna di essa verranno forniti i valori dei carichi critici in corrispondenza dei minimi d’interesse della curva di stabilità e quello ad una lunghezza fisica di 6000 mm a cui corrisponde il carico critico per instabilità globale dell’elemento. I dati ottenuti verranno sintetizzati in forma tabulare e mediante grafici, così da poter esaminare i diversi comportamenti.

La tabella 4.2 indica i valori dei moltiplicatori di carico (L.F, Load Factor) per le diverse modalità instabili che possono caratterizzare il pro- filo (locale, distorsionale e globale) sia quando è soggetto a compressione sia a flessione. I profili a C vengono, ad esempio indicati, con la sigla C 220 × 100 × 30 × 4 dove h = 220 mm, b = 100 mm, c = 30 mm e t = 4 mm con h, b, c e t, rispettivamente altezza, larghezza, lunghezza degli irrigidimenti e spessore del profilo (si veda Fig. 4.1). Lo stesso vale per i profili ad Omega.

Osservando i grafici e i valori in tabella è opportuno esaminare i com- portamenti dei diversi profili al variare del rapporto altezza/larghezza e al variare dello spessore. Queste valutazioni consentono anche di eseguire una sorta di ottimizzazione del profilo nei riguardi dell’instabilità, cioè se una certa modifica delle variabili geometriche può portare benefici o

Tabella 4.2: Moltiplicatori di carico della curva caratteristica di stabilità per diversi profili in S-S (Nota: n.r=non rilevante)

COMPRESSIONE FLESSIONE

ID. Profilo h/b L.F Local L.F Dist. L.F Global L.F Local L.F Dist. L.F Global

1A C220x100x30x4 2.2 1.054 1.376 0.224 4.354 2.360 0.414 1B C220x100x30x6 2.2 2.380 2.291 0.226 9.660 3.890 0.482 1C C220x100x35x4 2.2 1.056 1.486 0.230 4.340 2.647 0.440 1D C220x100x35x6 2.2 2.395 2.439 0.235 9.811 4.296 0.506 1E C150x60x20x2 2.5 0.570 0.998 0.087 2.728 1.936 0.169 1F C150x60x25x4 2.5 2.318 2.523 0.086 10.95 5.071 0.261 1G C180x60x20x2 3.0 0.400 0.736 0.084 2.087 1.731 0.156 1H C180x60x25x4 3.0 1.611 1.916 0.084 8.362 4.531 0.230 1I C200x50x20x3 4.0 0.738 0.895 0.053 4.010 3.071 0.138 1L C200x50x20x4 4.0 1.280 1.333 0.051 6.837 4.487 0.164 2A Ω200x200x40x4 1.0 0.969 0.851 0.136 1.809 n.r 9.802 2B Ω200x200x50x6 1.0 2.213 n.r 0.160 3.865 n.r 10.42 2C Ω120x80x30x3 1.5 1.747 n.r 0.055 4.909 n.r 1.937 2D Ω120x80x40x5 1.5 4.807 n.r 0.110 12.61 17.25 1.978 2E Ω150x80x30x3 1.9 1.128 n.r 0.044 4.674 n.r 1.959 2F Ω150x80x45x5 1.9 3.354 n.r 0.095 12.15 12.97 2.042 2G Ω200x100x40x4 2.0 1.132 n.r 0.056 5.121 n.r 2.940 2H Ω200x100x50x6 2.0 2.573 n.r 0.091 10.88 n.r 2.927 2I Ω200x300x40x4 0.7 0.534 0.667 0.260 1.018 n.r 17.61 2L Ω200x300x50x6 0.7 1.218 1.275 0.275 2.172 n.r 20.43

meno. In questo senso, la Normativa americana fornisce delle indicazio- ne, o meglio dei limiti ai carichi di buckling, per i quali il profilo non risentirebbe degli effetti d’instabilità locale, distorsionale o globale nei confronti della sua capacità portante; in particolare:

• Elementi compressi:

– se Pcr,l > 1.66Py non si verificherà riduzione a causa dell’in-

stabilità locale;

– se Pcr,d > 3.18Py non si verificherà riduzione a causa dell’in-

stabilità distorsionale;

– se Pcr,e >3.97Py si verificherà una riduzione del 10% o meno

a causa dell’instabilità globale;

– se Pcr,e >8.16Py si verificherà una riduzione del 5% o meno a

causa dell’instabilità globale;

– se Pcr,e >41.64Py si verificherà una riduzione dell’ 1% o meno

a causa dell’instabilità globale; • Elementi inflessi:

– se Mcr,l >1.66My non si verificherà riduzione a causa dell’in-

– se Mcr,d >2.21My non si verificherà riduzione a causa dell’in-

stabilità distorsionale;

– se Mcr,e >2.78My non si verificherà riduzione a causa dell’in-

stabilità globale;

Si riportano dalla Fig. 4.7 alla Fig. 4.16 le diverse curve di stabilità in successione per i profili a C con le relative deformate critiche di una sezione posta a 0.5L.

Osservando i primi due profili, 1A e 1B, si può notare fin da subito il ruolo fondamentale che gioca lo spessore del profilo, soprattutto per quanto riguarda l’instabilità a livello di sezione. Di fatto, passando da uno spessore di 4 mm ad uno di 6 mm, i fattori di carico per l’instabilità locale e distorsionale aumentano più del doppio, sia in compressione che in flessione. Questo comportamento conferma il fatto che, a parità di larghezza di elemento compresso, all’aumentare dello spessore, migliora il comportamento instabile dell’elemento stesso. Per quanto riguarda invece l’instabilità globale, si può notare che lo spessore non influenza notevolmente i valori del fattore di carico in quanto sono l’inerzia del profilo e la lunghezza di libera inflessione gli aspetti che maggiormente la influenzano.

Inoltre è possibile osservare che, confrontando questi due profili con i successivi, 1C e 1D, uguali di dimensione, se non per la lunghezza degli irrigidimenti, i valori dei moltiplicatori di carico si attestano su valori comparabili, per quanto riguarda l’instabilità locale, ed aumentano lievemente per l’instabilità distorsionale.

Si passa adesso ad osservare i profili che vanno dall’1E all’1H, aventi un diverso rapporto tra l’altezza e la larghezza della sezione: si può notare come a parità di spessore, ad esempio 2 mm, i moltiplicatori di carico per l’instabilità di tipo sezionale diminuiscano all’aumentare del rapporto h/b, a conferma del ruolo importantissimo che gioca il rapporto b/t di tutte le parti compresse delle sezione. L’instabilità globale ancora una volta non risente in maniera significativa delle differenze geometriche delle sezione, ma si attesta su valori compresi tra 0.08 e 0.09. Solo nelle ultime due sezioni a C, 1I ed 1L, dove il rapporto h/b cresce notevolmente, il fattore di carico per l’instabilità globale diminuisce fino a valori circa di 0.05.

(a) Instabilità locale a compressione, (b) Instabilità distorsionale a compres- sione,

(c) Instabilità globale a compressione, (d) Instabilità locale a flessione,

(e) Instabilità distorsionale a flessione, (f) Instabilità globale a flessione,

(a) Instabilità locale a compressione, (b) Instabilità distorsionale a compres- sione,

(c) Instabilità globale a compressione, (d) Instabilità locale a flessione,

(e) Instabilità distorsionale a flessione, (f) Instabilità globale a flessione,

(a) Instabilità locale a compressione, (b) Instabilità distorsionale a compres- sione,

(c) Instabilità globale a compressione, (d) Instabilità locale a flessione,

(e) Instabilità distorsionale a flessione, (f) Instabilità globale a flessione,

(a) Instabilità locale a compressione, (b) Instabilità distorsionale a compres- sione,

(c) Instabilità globale a compressione, (d) Instabilità locale a flessione,

(e) Instabilità distorsionale a flessione, (f) Instabilità globale a flessione,

(a) Instabilità locale a compressione, (b) Instabilità distorsionale a compres- sione,

(c) Instabilità globale a compressione, (d) Instabilità locale a flessione,

(e) Instabilità distorsionale a flessione, (f) Instabilità globale a flessione,

(a) Instabilità locale a compressione, (b) Instabilità distorsionale a compres- sione,

(c) Instabilità globale a compressione, (d) Instabilità locale a flessione,

(e) Instabilità distorsionale a flessione, (f) Instabilità globale a flessione,

(a) Instabilità locale a compressione, (b) Instabilità distorsionale a compres- sione,

(c) Instabilità globale a compressione, (d) Instabilità locale a flessione,

(e) Instabilità distorsionale a flessione, (f) Instabilità globale a flessione,

(a) Instabilità locale a compressione, (b) Instabilità distorsionale a compres- sione,

(c) Instabilità globale a compressione, (d) Instabilità locale a flessione,

(e) Instabilità distorsionale a flessione, (f) Instabilità globale a flessione,

(a) Instabilità locale a compressione, (b) Instabilità distorsionale a compres- sione,

(c) Instabilità globale a compressione, (d) Instabilità locale a flessione,

(e) Instabilità distorsionale a flessione, (f) Instabilità globale a flessione,

(a) Instabilità locale a compressione, (b) Instabilità distorsionale a compres- sione,

(c) Instabilità globale a compressione, (d) Instabilità locale a flessione,

(e) Instabilità distorsionale a flessione, (f) Instabilità globale a flessione,

Possiamo quindi concludere che un profilo a C risulta ben dimen- sionato nei confronti dell’instabilità sezionale (locale e distorsionale) se si attesta su valori del rapporto h/b compresi fra 2 e 2.5, impiegando comunque spessori non troppo esigui al di sotto dei 3 mm.

Nelle figure da 4.17 a 4.26 vengono invece mostrate le curve ca- ratteristiche di stabilità per i profili ad Omega con le relative deformate critiche per una sezione trasversale posta a 0.5L.

Per quanto riguarda questi profili, le considerazioni da fare sono un po’ differenti. In primo luogo, come si può osservare nella tabella 4.2, molti campi non contengono il valore del moltiplicatore di carico per l’in- stabilità distorsionale ma è stato inserito "n.r" che corrisponde a "non rilevante". Questo significa che la curva di stabilità, per quel dato profilo, non presenta un minimo a cui dovrebbe corrispondere tale tipologia d’in- stabilità, come avviene ad esempio per i profili a C. Ciò equivale a dire che il profilo in esame non è soggetto a tale forma d’instabilità o meglio, il suo fattore di carico ha un valore molto elevato e perciò irrilevante ai fini della capacità portante del profilo.

Inoltre, a differenza dei profili a C, in questo caso i valori dei moltipli- catori di carico per l’instabilità globale risultano notevolmente più alti, soprattutto in flessione. Questo è dovuto principalmente ad un motivo, ovvero dal fatto che l’analisi tradizionale FSM impiega funzioni di forma longitudinali sinusoidali del primo ordine, cioè con m = 1, e perciò il metodo ricava un fattore di carico a cui corrisponde quel tipo di funzione di forma. Per esempio osservando il profilo 2A si nota che il moltiplica- tore di carico per l’instabilità globale in flessione risulta pari a 9.802 con una deformata critica di tipo flesso-torsionale; questo valore risulta così elevato perché effettivamente il profilo si instabilizza con quella partico- lare deformata a quel valore del moltiplicatore. Come si vedrà meglio in seguito nel confronto con FEM, si noterà che, effettuando un analisi con m > 1, l’analisi rileverà moltiplicatori di carico più bassi di quelli visti per la curva caratteristica e le deformate critiche a cui corrisponderanno quei moltiplicatori saranno diverse da quelle viste nelle figure precedenti. Di fatto l’effettivo moltiplicatore di carico sarà il minore tra quello con l’analisi effettuata con m = 1 ed m > 1.

Ciò, ad esempio, non accade in compressione perché i valori dei molti- plicatori di carico risultano essere già quelli più bassi tra le due tipologie

(a) Instabilità locale a compressione, (b) Instabilità distorsionale a compres- sione,

(c) Instabilità globale a compressione, (d) Instabilità locale a flessione,

(e) Instabilità globale a flessione,

(a) Instabilità locale a compressione, (b) Instabilità globale a compressione,

(c) Instabilità locale a flessione, (d) Instabilità globale a flessione,

Figura 4.18: Curva caratteristica profilo 2B

(a) Instabilità locale a compressione, (b) Instabilità globale a compressione,

(c) Instabilità locale a flessione, (d) Instabilità globale a flessione,

(a) Instabilità locale a compressione, (b) Instabilità globale a compressione,

(c) Instabilità locale a flessione, (d) Instabilità distorsionale a flessio- ne,

(e) Instabilità globale a flessione,

(a) Instabilità locale a compressione, (b) Instabilità globale a compressione,

(c) Instabilità locale a flessione, (d) Instabilità globale a flessione,

Figura 4.21: Curva caratteristica profilo 2E

di analisi.

Risulta fondamentale effettuare quindi anche l’analisi di buckling con m >1al fine di poter confrontare i risultati con l’analisi FEM; ciò verrà completato nelle sezioni successive.

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