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3.1 Le linee di sviluppo complessivo dei secoli XVII e XVIII

Il punto da cui intendo muovere è costituito dal tentativo, a mio avviso, non certo astratto di provare a definire le linee di sviluppo complessivo della modernità. Questa riflessione vuole, innanzitutto, dimostrare che è possibile ricostruire la genesi del concetto di Europa attraverso una distinzione fra due idee, identità e realtà concrete: un’Europa prima come idea culturale e, quindi, come identità politica consapevole437.

Ai fini della presente ricerca, consta rilevare che l’assunzione di tale modello comporta conseguenze rilevanti per quanto riguarda alcune problematiche vitali per l’identità europea, che negli anni più recenti sono state al centro dell’attenzione. A tal proposito, si considerino le tematiche dei confini orientali e occidentali dell’Europa, il significato di alterità rispetto a ciò che è europeo, le basi per poter discutere di una comune identità europea e la posizione di quest’ultima a fronte delle identità regionali e nazionali.

Il periodo che vide la nascita della res publica literaria, dopo la rottura della res publica christiana provocata dalla Riforma, proponeva appunto un altro spazio di unificazione, quello europeo della cultura e della comunicazione intellettuale438. Indizio precursore di tale movimento, che raggiunse la pienezza nell’Illuminismo e, in particolare, con Voltaire439, ricco di avvenimenti fondamentali per lo sviluppo dell’idea d’Europa, fu l’Umanesimo440.

Dopo la Riforma e la Controriforma, il secolo XVIII si può considerare come un periodo di equilibrio, stabilito sulla constatazione che l’Europa

437

G. DELANTY, Inventing Europe. Idea, Identity, Reality, MacMillan, London 1995.

438

G. RICUPERATI, Uomo dei Lumi, in L’Illuminismo. Dizionario storico critico, a cura di V. Ferrone, D. Roche, Laterza, Roma-Bari 1997, p. 6.

439

Nel Trattato sulla tolleranza, Voltaire auspica, in una sorta di preghiera laica, l’avvento di un mondo migliore, al riparo dal fanatismo e dalla violenza.

VOLTAIRE, Trattato sulla tolleranza, “Prefazione” di S. Veca, trad. e cura di L. Bianchi, Feltrinelli Editore, Milano 20046 (titolo originale: Traité sul la tolerance, 1763).

440

Cfr. F. PINTACUDA DE MICHELIS, Socinianesimo e tolleranza nell’età del razionalismo, La Nuova Italia, Firenze 1975. Cfr. F. EPIFANIO ERDAS, Il maestro

tra memorie e utopie, Armando Editore, Roma 2006. Cfr. C. VASOLI, P. PISSAVINO, Le filosofie del Rinascimento, Bruno Mondadori, Milano 2002.

cristiana era definitivamente divisa. All’unità della fede subentrava il cristianesimo relativizzato.

L’Europa dei “Lumi” si è stabilita su questa sconfitta delle religioni. Ragione e tolleranza sono i termini della fede del secolo dei “Lumi”, che opera per il progresso e la felicità del genere umano441.

Ora, se, da un lato, già nel corso del Medioevo la diffusione degli ordini mendicanti aveva reso la concezione del cristianesimo più intrinseca e individuale, è, altresì, vero, che la Riforma protestante, artefice, d’altro canto, all’inizio del XVI secolo di questa spaccatura al suo interno, aveva determinato, attraverso la diffusione di diverse chiese riformate, una graduale laicizzazione del pensiero.

Questa religione individuale non può non allontanarsi dai preti, dalla loro autorità, screditata anche dalla profonda lacerazione del clero cattolico tra gesuiti, da una parte, e giansenisti, dall’altra442.

«Quella di Lutero fu una tipica re-azione fondamentalista contro-reazione: lo spirito della secolarizzazione. La quale produsse una contro-reazione: la Contro-Riforma. La Curia romana fu presa quasi dal panico di fronte all’impressionante successo della predicazione luterana. E non vide altro rimedio che rispondere all’offensiva di Luterò militarizzandosi. Restaurò l’Inquisizione e la rese ancor più rigida. Dichiarò guerra all’eresia e, per combatterla con efficacia, rase al suolo ogni forma di libertà di pensiero. Cessò di essere corriva e diventò rigorista, inquisitoriale, spietata. Si assiste così, nei paesi dove la Contro-Riforma è sostenuta dall’immenso potere dell’Impero spagnolo, a una vera e propria reazione totalitaria della Chiesa. Sull’Europa cattolica - più precisamente, sull’Europa “spagnola” - cala la cappa di un potere che, per estirpare l’eresia, finirà per soffocare la società civile ed essiccare le fonti della creatività. La conseguenza di lungo periodo sarà la formazione di due Europe, di cui una - quella controriformistica - scivolerà nel pantano della stagnazione, mentre l’altra - quella non sottoposta all’Inquisizione - continuerà a procedere sulla via dello sviluppo economico e della secolarizzazione culturale. Il che farà sorgere la tesi secondo la quale sarebbe esistita una sorta di “affinità elettiva” fra l’etica protestante e lo spirito del capitalismo. Una tesi affatto fuorviante: la cosa decisiva nel processo di divaricazione dell’Europa occidentale fu la Contro-Riforma, non già la Riforma; fu l’Inquisizione, non già la teologia riformata. Ma torniamo al nostro tema. Lo spirito della secolarizzazione - che,

441

M., HÉLÈNE, F. CHOPARD, Religione, in L’Illuminismo. Dizionario storico critico, cit., p. 234.

442

MARIE HELENE, FROESCHLE CHOPARD,Religione, in L’Illuminismo. Dizionario storico critico, cit., p. 241.

nella misura in cui perimetra rigorosamente la giurisdizione normativa del sacro, non può non essere tollerante - è la prima vittima del furibondo scontro che si svolge sulla scena europea fra i cattolici e i protestanti. In un’epoca in cui è in atto una guerra di annientamento, non c’è posto per uomini come Erasmo. Ciò non di meno, in alcuni angoli dell’Europa lo spirito di Erasmo sopravvive e, anzi, riesce ad avere partita vinta. In Olanda, prima di tutto e soprattutto. L’Olanda, contrariamente a quello che tante volte è stato sostenuto, non costituisce una conferma della tesi di Weber. La ragione è presto detta: l’Olanda del Seicento non fu affatto un paese calvinista, bensì un paese dove tutte le religioni potevano coesistere in un regime di grande tolleranza»443.

È in questa tensione creativa di confronto col passato che si può riassumere l’essenza dell’Europa, con quel suo produrre la coscienza delle straordinarie risorse di civiltà offerte dal presente, ma anche dei perturbanti abusi che affliggono la vita di individui e società, e della necessità di fare della storia stessa un momento esemplare di liberazione della ragione.

Al concetto di “cristianità” subentrò, quindi, quello di Europa, impiegato in tre contesti diversi.

In primo luogo, ispirava agli europei un senso di comune appartenenza a fronte delle minacce esterne, soprattutto quella turca. In secondo luogo, indicava lo stato d’animo dei viaggiatori europei, che, comparando la loro cultura con le culture di altri continenti, si convincevano della loro superiorità. In terzo luogo, sottolineava come le varie parti in contrasto all’interno del territorio europeo erano, tuttavia, pronte ad unirsi in nome della sicurezza e dell’unità dell’Europa444.

Si tratta, in realtà, di comprendere il significato storico della mobilità, concetto appropriato perché suscettibile di unire la diversità degli orizzonti sociali, le pratiche e le rappresentazioni, l’uso dei racconti di viaggio e la loro critica, lo spazio e il tempo. Del resto, le scoperte geografiche avevano ampliato gli orizzonti di senso degli europei rispetto alla vita di tutti i giorni. La mobilità, infatti, a prescindere dalla condizione sociale degli individui, crea nuove condizioni che non sono conformi a quelle che

443

L. PELLICANI, Dalla società chiusa alla società aperta, Rubbettino, Soveria Mannelli 2002, p. 166.

444

P. BURKE,Did Europe Exist before 1700?, in “History of European Ideas” , vol. I, 1980, pp. 21-29.

regnano abitualmente e pesano quotidianamente sugli uomini, influenzando la mentalità del tempo.

Sicuramente, è un mutamento di civiltà, laddove contavano le gerarchie organiche, la famiglia, i corpi, la Chiesa, le virtù della stabilità e della chiusura, preconizzate dall’economia cristiana e morale, la diffidenza verso lo scambio, vediamo imporsi i valori dell’abilità nel sapersela cavare, il senso dell’improvvisazione, il mescolarsi, i vantaggi del commercio e l’abbattimento delle barriere445.

L’esigenza di contrapporsi agli abitanti degli altri continenti comporta, inoltre, una revisione dei concetti di civiltà e civilizzazione. Non è un caso che il termine civilizzazione, nel suo significato moderno, sia nato nel XVIII secolo. Il primo livello semantico è strettamente giuridico, serve ad indicare la trasformazione di un processo penale in un processo civile. Il secondo significato, aggiunto a partire dalla metà del XVIII secolo, indica uno stadio avanzato della cultura e della società e insieme il processo attraverso il quale si è giunti a questo risultato, e sarà destinato ad avere un impatto molto forte sui linguaggi socio-politici dell’Europa moderna446.

Gli europei smisero, dunque, di identificare se stessi con la cristianità, come era avvenuto fino ad allora, arrogandosi un alto grado di sapere e di civilizzazione, quali tratti distintivi, rispetto ai barbari considerati inferiori447.

Ebbene, civili erano l’Europa e, in misura diversa, la Cina. Comunque, non tutti consideravano la civiltà europea superiore alle altre. Fin dal secolo XVI, infatti, alcuni europei, come lo spagnolo Bartolomé de Las Casas448 e

445

D. ROCHE, Viaggi, in L’Illuminismo. Dizionario storico critico, cit., p. 356.

446

H. J. LÜSEBRINK, Civilizzazione, in L’Illuminismo. Dizionario storico critico, cit., p. 168.

447

H. MIKKELI, Europa. Storia di un’idea e di un’identità, il Mulino, Bologna 2002, p. 44.

448

Cfr. B. DE LAS CASAS,Brevisima Relacion de la Destruicion de las Indias, 1542, trad. it. Brevissima relazione della distruzione delle Indie, a cura di C. Acutis, Mondadori, Milano 19877 (Las Casas, nei suoi testi, descrive le qualità fisiche, morali e intellettuali degli indios. Il suo intento è finalizzato alla difesa dell’umanità degli abitanti del “Nuovo Mondo”, contro la tesi della loro irrazionalità e bestialità avanzata da altri suoi contemporanei. Celebri sono i dettagliati resoconti che egli diede delle vessazioni e delle atrocità compiute dai colonizzatori cristiani).

il filosofo francese Michel de Montaigne449, avevano sottolineato la dignità umana degli indigeni americani450. Inoltre, una schiera sempre più cospicua di autori era convinta che lo stato primitivo in cui vivevano le popolazioni del “Nuovo Mondo” fosse più puro e, quindi, preferibile alla civiltà europea. Fu così che ebbe origine dalle scoperte geografiche il mito del buon selvaggio, che in quest’epoca trovò il suo maggiore sostenitore proprio in Montaigne, il quale non risparmiò accuse anche pesanti all’Europa e ai suoi costumi. Un’Europa che nella sua smania di diffondere la propria cultura, provocò la fine di fiorenti civiltà e giunse, in casi estremi, ad attuare genocidi e a rendere schiave intere popolazioni.

All’accorta indagine sulla coscienza europea, che costituisce il fondamento della riflessione sull’identità dell’Europa dei popoli, fa da sfondo la convinzione che essa trovò piena realizzazione nell’Illuminismo e, precisamente, nella nozione di progresso.

Si tratta di una prerogativa prettamente europea, che va, non solo a sostituire la mentalità precedente, che ravvisava nel passato la verità e una mitica età dell’oro (aurea aetas); ma che si oppone, soprattutto in Montesquieu e Voltaire, alla staticità asiatica e persino cinese. La nozione di progresso rispecchia e svela quelle che si configureranno come le caratteristiche peculiari del dinamismo. Di fatto, partendo da questo assunto, molti erano persuasi che, a fronte di un’Europa che progrediva nel campo delle scienze e delle tecniche, vi era, ad esempio, una Cina che si arrestava.

Un’altra considerazione riguarda le concezioni di Federico Chabod, storico e politologo italiano del Novecento, che individua la nascita dell’identità europea in una prospettiva di confronto con il mondo circostante, nella contrapposizione dialettica a un altro da sé.

«La coscienza europea, al pari della coscienza nazionale, per dirla con Carlo Cattaneo, è “come l’io degli ideologi che si accorge di sé nell’urto col non-io”; il fondamento polemico è essenziale451.

449

M. DE MONTAIGNE,Essais, 1580, trad. it Saggi, a cura di F. Garavini, Adelphi, Milano 20024.

450

HEIKKI MIKKELI,Europa. Storia di un’idea e di un’identità, cit., p. 44. 451

F. CHABOD, Storia dell’idea d’Europa, a cura di E. Sestan e A. Saitta, Laterza, Roma-Bari 1995, p. 23.

Secondo Federico Chabod, il non-io è alle origini costituito decisamente dall’Asia, destinata a rimanere termine di confronto fino agli ultimi decenni del XVIII secolo, quando anche l’America verrà contrapposta all’Europa.

Ora la prima contrapposizione fra l’Europa e qualcosa che Europa non è, è opera del pensiero greco»452.

Sicuramente, l’epoca delle scoperte geografiche ha avuto il merito di ampliare, agli occhi degli europei, le vastissime prospettive asiatiche e americane453.

«Dunque, non si tratta di una diversità momentanea, legata ad una particolare e transeunte condizione di cose; bensì di una vera e propria diversità “costituzionale”. Asia ed Occidente europeo offrono due tipi diversi di organizzazione politica»454.

Chabod, nella sua analisi, che riguardava l’assetto politico dell’Europa e che si soffermava sulla contrapposizione tra libertà europea e dispotismo asiatico, attribuiva la prima intuizione di questa diversità “costituzionale” dell’Occidente europeo a Enea Silvio Piccolomini, da una parte, e, dall’altra, a Machiavelli. Quest’ultimo, poi, sarebbe stato il primo a concepire l’Europa come una comunità con caratteri specifici: laici e terreni.

Mi pare, a questo punto, che si possa sostenere che è la politica dell’equilibrio europeo, necessaria in un contesto in cui sono presenti una molteplicità di Stati, a garantire la libertà in Europa. Una tale considerazione è fondamentale per capire i successivi sviluppi dell’europeismo e, in particolare, l’inizio del processo d’integrazione europea nel XX secolo, il quale prese avvio appunto con la dissoluzione del sistema europeo degli Stati.

Un’altra considerazione riguarda il ruolo della scienza giuridica nello sviluppo dell’Illuminismo, a lungo sottovalutato dalla storiografia. Esso è divenuto oggetto di studi più attenti solo negli ultimi anni. Il contributo dato dai giuristi al profondo mutamento della cultura settecentesca non è da

452

Ibid. p. 23.

453

Cfr. R. SABATINO LOPEZ, La nascita dell’Europa. Secoli V e XIV, Einaudi,

Torino 1966, p. 201.

454

sottovalutare. Già tra la fine del Seicento e gli inizi del Settecento veniva percepita in tutti i paesi europei l’urgenza di una radicale riforma delle fonti normative: esse ricalcavano, ancora, seppure con differenze talvolta sensibili da zona a zona, il modello medievale.

D’altra parte, anche il rischio di guerre, accresciuto dalla presenza in Europa di tanti Stati, indusse alla formulazione della teoria di un diritto delle genti e di numerosi progetti di alleanza, basati sull’arbitrato, ad opera di ideologi e utopisti.

A riguardo, vorrei richiamare l’attenzione sul progetto della pace perpetua, proposto dal Saint-Pierre. Il progetto, benché schernito e messo in ridicolo dai suoi contemporanei, è stato ripreso, nel corso del tempo, da filosofi e politici che «hanno indirettamente popolarizzato le illusioni dell’abate». Secondo Saint-Pierre, infatti, non può non esistere una solidarietà perfetta tra tutti i popoli in quanto “fratelli”455.

A metà del XVIII secolo, l’Europa è dunque la patria della civiltà, del dinamismo e della libertà politica, garantita, come è stato già evidenziato, da un sistema d’equilibrio tra gli Stati.

Lo storico francese Paul Hazard si avvale, per designare il periodo che va dalla revoca dell’editto di Nantes alla morte del Re Sole, dal 1685 al 1715, dell’espressione «crisi della coscienza europea».

Eppure sostiene Franco Venturi, siffatta espressione, che definisce un momento di passaggio tra il Seicento e il Settecento e che chiude l’epoca della Controriforma e apre quella della “ragione” e della “natura”, non è nuova, né moderna. Sembrerebbe, infatti, che fosse stata già utilizzata, sia pure in senso, naturalmente, più ristretto e limitato, dai contemporanei: La salute d’Europa considerata in stato di crisi, così s’intitola, infatti, un libretto stampato a Colonia nel 1694456.

Riassumiamo i termini della questione nel modo in cui essa si è, possiamo dire, imposta, in un momento drammatico della storia del Novecento, mentre stava affermandosi il Nazismo. Una tale tesi scaturisce dalla consapevolezza che l’Illuminismo non è solo un modello di pensiero

455

P. FIORE,Nuovo diritto internazionale: secondo i bisogni della civiltà moderna, Presso la Casa Editrice e tipog. Degli Autori-Editori, Milano 1865, p. 336.

456

F. VENTURI, Illuminismo italiano e illuminismo europeo, in La cultura illuministica in Italia, a cura di M. Fubini, Eri, Torino 1957.

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