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Necessità materiale e ragione formale

CAPITOLO 1- LA FILOSOFIA DI G W LEIBNIZ

1.3 Necessità materiale e ragione formale

«E invero nel mondo osserviamo realmente che tutto avviene secondo le leggi delle verità eterne, non soltanto geometriche, ma anche metafisiche: cioè non soltanto secondo le necessità materiali ma anche secondo le ragioni formali. Ed è vero non soltanto in generale, rispetto alla ragione illustrata poc’anzi del mondo esistente piuttosto che non esistente, ed esistente così piuttosto che altrimenti (che comunque va cercata nella tendenza dei possibili all’esistere), ma anche discendendo alle cose specifiche, vediamo che in tutta la natura, secondo una mirabile ragione vigono le leggi metafisiche della causa, della potenza, dell’azione, e prevalgono sulle stesse leggi puramente geometriche della materia»142.

Il pensiero di Leibniz, pur nella sua irriducibile tensione interna, sembra dominato da una forte istanza di unità. È il tentativo di ricomporre il dualismo cartesiano, in nome di una superiore unità armonica, che non intende cancellare il dinamismo individuale, ma anzi porsi come suo fondamento e garanzia. Si tratta appunto non solo di cogliere il mondo della vita come una realtà complessa e stratificata, ma anche di «riabilitare, le forme sostanziali, oggi tanto screditate, – scrive Leibniz – ma in una maniera che le rendesse intelligibili e che separasse l’uso che bisogna farne, dall’abuso che se ne è fatto»143.

Una precisazione importante: il razionalismo leibniziano, diversamente da quello cartesiano, non è legato a una concezione meccanicistica del mondo corporeo e al dualismo di res extensa e res cogitans, ma a una metafisica in cui i costitutivi ultimi della realtà sono concepiti come monadi, la cui natura consiste nella forza – qualcosa di analogo al senso e all’appetito – e l’universo è concepito non come il parallelismo di due sostanze eterogenee, ma come una gerarchia di monadi che dalla prima infinita monade, Dio, discende fino alle più basse, quelle costitutive di ciò che appare a noi, ma che non è materia inerte144.

Anche da questi motivi deriva la constatazione che a fondamento dell’individualismo monadico vi è il principio degli indiscernibili, che

142

G. W. LEIBNIZ, L’origine radicale delle cose, in SF I, p. 483.

143

G. W. LEIBNIZ, Nuovo sistema della natura e della comunicazione tra le sostanze, nonché dell’unione che si ha tra anima e corpo, in SF I, pp. 448-449.

144

S. V. ROVIGHI, Filosofia della conoscenza, Edizioni Studio Domenicano, Bologna 2007, p. 182.

consente al filosofo di bilanciare il principio di continuità, articolando la differenza esistente nel regno della natura sulla base di un principio intrinseco agli esseri e non attribuibile unicamente a una loro diversità di posizione nello spazio.

Il principio di continuità possiede una valenza estremamente ampia: esso rappresenta, infatti, una sorta di ‘ponte’ fra metafisica, epistemologia, diritto, morale e storia, e permette di cogliere i tratti più significativi della filosofia leibniziana, e, in particolare, i suoi aspetti più dinamici.

Leibniz definisce il principio di continuità come un «principio dell’ordine generale», che trae la sua origine dall’infinito145. È utile in geometria, ma vale anche nella fisica, perché la suprema saggezza, che è principio di tutte le cose, agisce da perfetto geometra e secondo un’«armonia prestabilita»146.

Si tratta appunto di un ordine intelligibile, che concilia la semplicità delle ipotesi con la varietà dei fenomeni.

Il problema è che quando una regola è complessa, ciò che le è conforme passa per irregolare. Ma non è così, poiché in qualunque modo Dio avesse creato il mondo sarebbe sempre stato regolare e compreso in un ordine generale:

145

G. W. LEIBNIZ, Lettera su un principio generale, in SF I, pp. 385–386: «Lo si può enunciare così: quando la differenza tra due casi può essere diminuita al di sotto di ogni grandezza data in datis, o in ciò che è posto, bisogna che la si possa trovare diminuita al di sotto di ogni grandezza data anche in quaesitis, o in ciò che risulta. O per parlare più familiarmente: quando i casi (o ciò che è dato) si avvicinano con-tinuamente e si perdono infine l’uno nell’altro, bisogna che le conseguenze, o eventi (o ciò che si domanda), lo facciano pure. Il che dipende da un principio ancora più generale, ossia: datis ordinatis, etiam quaesita sunt ordinata».

146

Cfr. L. SCARAVELLI, Lezioni su Leibniz (1953-54), a cura di G. Brazzini, Rubbettino, Soveria Mannelli 2000, p. 80: «Una applicazione ulteriore della legge di con-tinuità la troviamo in geometria, e tiene conto dei fondamenti della “geometria degli indivisibili”. Leibniz dice che questa legge stabilisce che “non si possa mai finire di percorrere una linea o lunghezza prima di aver percorso una linea più piccola. Con ciò Leibniz chiama in causa il principio di Archimede». Cfr. Ibidem: «ed è qui che, attraverso lo studio del movimento, iniziano le critiche alla fisica cartesiana. Le analisi di Leibniz in questo campo si basano sul calcolo infinitesimale, in cui trova espressione matematica la legge di continuità. Con il calcolo infinitesimale, Leibniz mira a dare rigore matematico a quantità tendenti a 0, che sono infinite. Perciò, stu-diando il moto, Leibniz si rende conto che la differenza tra la velocità attuale e quella precedente non può essere un numero finito ma deve essere ε, una quantità spostabile all’infinito, che può essere avvicinata a 0 in modo infinito. Leibniz si è accorto che non si arriva mai a 0, e che quindi non esiste la quiete».

«Ma Dio ha scelto quello che è il più perfetto, vale a dire quello che è al tempo stesso il più semplice nelle ipotesi e il più ricco in fenomeni: come potrebbe essere una linea della geometria, la cui costruzione fosse agevole e le cui proprietà ed effetti fossero molto ammirevoli e di grande portata»147.

A rigore bisogna considerare che la certezza della lex continui, sebbene tale legge possa essere utilizzata nelle matematiche, non è geometrica, ma morale. La lex continui, infatti, è determinata non da ciò che è assolutamente necessario, ma dalla ragione del meglio, che opera affinché l’effetto sussista di continuo148. Il passaggio dalla potenza all’atto, che avviene secondo le leggi della natura, è stabilito, dunque, a priori dall’armonia prestabilita. Si intravede qui l’intento leibniziano di una fondazione metafisica della lex continui.

Emblematica è, a riguardo, l’analisi di un filosofo ‘antimetafisico’ come Bertrand Russell. Nell’opera A Critical Expotition of the Philosophy of Leibniz e, precisamente, nel capitolo in cui parla della legge di continuità, Russell, pur considerando che la lex continui occupi un posto di rilievo all’interno della filosofia leibniziana, afferma che non riesce a vedere in cosa consista la sua grande importanza, fatta eccezione che per le sue applicazioni in matematica149.

In un altro capitolo del suo libro, Russell, d’altra parte, osserva che «il problema della continuità potrebbe essere preso assai bene […] come punto di partenza della filosofia di Leibniz. Non ho cominciato da questo problema per ragioni di priorità logica […]»150. Il caso di Russell permette di riconoscere che, qualora si trascuri la portata metafisica della lex continui, diventa difficile comprendere come tale importanza derivi dalla matematica. Diversa è la posizione di Louis Couturat. Il «célèbre principe de continuité», sostiene Couturat, di cui il filosofo si è avvalso sia nella metafisica che nella sua polemica contro i cartesiani, è un corollario del principio di ragion sufficiente151. Com’è noto, lo studio del Couturat fonda la sua analisi sull’aspetto puramente logico del sistema leibniziano. I

147

G. W. LEIBNIZ, Discorso di metafisica, in SF I, p. 267.

148

G. W. LEIBNIZ,Saggi di Teodicea, in SF III, Parte terza, § 349, p. 353.

149

B. RUSSELL,La filosofia di Leibniz, cit., pp. 102–103.

150

Ivi, p. 143.

151

L. COUTURAT, La logique de Leibniz, d'après des documents inédits, Alcan, Paris 1901, pp. 233–237.

principi logici di questo studio, tuttavia, richiamano all’unità della riflessione matematica e metafisica della filosofia di Leibniz.

Il pensatore francese, ritiene, infatti, che:

«S’il y a un penseur que l’on ne puisse dédoubler ainsi impunément, c’est bien celui qui disait: “Métaphysique est toute mathématique” o encore “Les Mathématiciens ont autant besoin d’être philosophes que les philosophes d’être Mathématiciens”»152.

Joseph Moreau, nell’opera: L’univers Leibnizien ritiene che tale legge sia stata suggerita al filosofo dai suoi lavori sul calcolo infinitesimale153. A questo proposito si era anche espresso Louis Davillé:

«L’énoncé le plus général de la loi de continuité a un caractère tout mathématique; il semble avoir été suggère à Leibniz, par ses travaux sur le calcul infinitésimal. Lui– même en donné une formule plus mathématique encore en énonçant à propos de séries continues “ou infinie” le principe meme du calcul différentiel et on peut dire que celui–ci est en quelque sorte une conséquence de la loi de continuité»154.

Si spiega così il suo aspetto matematico e il suo essere una pietra di paragone alla quale non sono in grado di reggere le regole di Descartes, del padre Fabri, del padre Pardies, del padre Malebranche e di altri filosofi155. Moreau sembra essersi reso pienamente conto del fatto che «Leibniz ne parviendra à ses fins qu’après avoir marqué le défaut de la mécanique cartésienne, élaboré la notion de force viva et inventé le calcul infinitésimal»156.

Giunti a questo punto, risulta evidente come per Leibniz l’essenza di un corpo consista in qualcosa d’altro che l’estensione. Eric J. Aiton, sottolinea, infatti, nel suo Leibniz. A Biography: «la cosa nuova», che Leibniz trova nei

152

Ivi, p. VIII. Riportiamo il testo nella trad. it. La logica di Leibniz, a cura di U. Sanzo, Glaux, Napoli 1974, 2 voll., vol. I, p. 32: «Se esiste un pensatore la cui opera non possa essere sdoppiata, è proprio colui che diceva: “La mia metafisica è tutta matematica”, o ancora: “I matematici hanno tanto bisogno di essere filosofi, come i filosofi d’essere matematici”».

153

J. MOREAU, L’univers Leibnizien…, pp. 113-123.

154

L. DAVILLÉ,Leibniz Historien, Essai sur l’activité et la méthode historiques de Leibniz, Alcan, Paris 1909, p. 672.

155

G. W. LEIBNIZ, Saggi di Teodicea, in SF III, Parte terza, § 348, p. 352.

156

corpi, è la forza157. Su questo concetto fonda la nuova scienza della dinamica e ricava, inoltre, la legge sulla conservazione della forza e il principio di minima azione158. Il medesimo principio ha luogo nella fisica, per esempio, Leibniz considera la quiete come un moto evanescente a seguito di una diminuzione continua: la quiete può essere considerata come una velocità infinitamente piccola, o come una lentezza infinita159.

‹‹Ne discende anche la legge di continuità, che per primo ho enunciato, in base alla quale legge di ciò che è in quiete è una quasi–specie della legge di ciò che esiste in moto, la legge degli uguali è una quasi–specie della legge dei disuguali, come la legge dei curvilinei è una quasi–specie della legge dei rettilinei, il che ha sempre luogo quando il genere si conclude in una quasi–specie opposta. E qui trova posto quel ragionamento che i geometri tengono da tempo in grande stima, nel quale, dall’aver supposto che qualcosa sia, si prova per via diretta che ciò non è, o viceversa; oppure ciò che viene assunto come fosse di una certa specie si trova essere opposto, o differente. Questo è il privilegio del continuo››160.

La lex continui, inoltre, è presente nel tempo, nell’estensione, nelle qualità e in ogni movimento della natura, che non avviene mai per salto161.

157

E. J. AITON, Leibniz. A Biography, Hilger, Bristol and Boston 1985; trad. it. Leibniz, a cura di G. Pacini Mugnai, Mondadori, Milano 1991, p. 225.

158

L. DAVILLÉ, Leibniz Historien…, cit., p. 673: «elle rend compte du passage du mouvement au repos ou réciproquement et donne les véritables lois du mouvement».Cfr. E. CASSIRER, Libertà e forma…, p. 76: «Come nel movimento di un corpo, malgrado non solo il suo luogo, ma anche la sua velocità varino ad ogni istante, l’accelerazione, rimanendo costante, può fornire la base di una stabile regola del movimento, così è possibile sostenere universalmente che ogni varietà e diversità, apparentemente immensa, se sufficientemente ricostruita, si risolve necessariamente in armonia e uniformità».

159

G. W. LEIBNIZ,Saggi di Teodicea, in SF III, Parte terza, § 348, p. 353. Cfr. ID., Lettera su un principio generale, in SF I, p. 385.

160

G. W. LEIBNIZ,Gli inizi metafisici della matematica, in SF III, pp. 477–478.

161

L. DAVILLÉ, Leibniz Historien…, cit., pp. 668–670: «On a distingué chez lui trois formes de continuité, selon qu’elle se rapporte au temps et à l’espace, aux cas et aux êtres ou aux formes. La première est d’une valeur toute métaphysique: le temps et l’espace sont, l’un une durée, l’autre une étendue continue et sont, par suite, divisibles à l’infini, ainsi le requiert l’ordre des choses. La seconde continuité est beaucoup plus importante: elle donne eu quelque sorte la raison de la précèdent, puisqu’elle est la loi même de l’ordre des choses, c’est la loi de continuité proprement dite. L’énoncé le plus général en est que l’ordre des principes se retrouve dans les conséquences et réciproquement. C’est pourquoi Leibniz appelait aussi la loi de continuité principe “de l’ordre général”, principe “de l’harmonie ou de la convenance”. Cette loi, qu’il nomme lui–même un postulat de la raison, est un corollaire du principe de raison, puisqu’il n’y aurait pas de raison pour que l’ordre des principes ne se retrouvât pas dans les conséquences. C’est pourquoi,

La problematica del salto non è da sottovalutare nella filosofia di Leibniz. Essa, infatti, si muove all’interno di analisi di eventi fisici variabili, legati alla questione della velocità all’istante162. Tale questione, già con Galilei, aveva consentito di introdurre gli infinitesimi: grandezze particolari, capaci di determinare differenze minime di stato. Com’è noto, proprio lo studio sulle differenze minime di stato conduce Leibniz alla stesura del concetto di differenziale163. Il concetto matematico di limite, spiegato come rapporto differenziale o derivato, prospetta una diversa concezione di continuità. Leibniz ricava tale concezione per costruzione e non per scomposizione, attraverso la moderna analisi dell’infinito164. La teoria degli infinitesimi, attraverso il teorema di trasmutazione, diviene un mezzo per dimostrare sia le quadrature note sia un fondamento per l’aritmetica dell’infinito, che Wallis aveva dimostrato solo per induzione165.

Il principio di continuità si può risolvere anche in un principio di analisi storica. Avviene qualcosa e sembra che avvenga d’un tratto: hic et nunc, ma in realtà ogni avvenimento è dentro una catena. È parte integrante di un altro momento. La natura, infatti, non lascia vuoti nell’ordine che lei stessa segue (ma non ogni forma o specie appartiene a ogni ordine)166. La lex continui, poi, vale anche per la soluzione dei problemi delle singole scienze167. Queste non soltanto studiano l’ordine che la natura segue (la natura non fa

sans doute, Leibniz déclare que la loi de continuité “a son origine dans l’infini”, c’est-à-dire en Dieu. Elle a pour corollaires le principe de l’induction portant que la cause entière se retrouve toujours dans l’effet, le principe des différentiels sont éliminables et le principe de l’analogie, d’après lequel quand deux êtres sont analogues de nature leurs particularités sont analogues. Cette énonciation se rapproche de la troisième forme de la continuité, celle des formes, qui se formule: “Jamais changement ne se fait par saut, mais par degrés dans la nature”».

162

R. CIRINO,Dal movimento alla forza…, cit., pp. 103–104.

163

Cfr. E. CASSIRER, Libertà e forma…, cit., p. 76: «Nel linguaggio del calcolo differenziale, è possibile affermare che nei quozienti differenziali dei gradi più ele- vati si devono poter esprimere in maniera completa tutte le variazioni che si trovano nei gradi inferiori. Per la nostra conoscenza empirica non è certo mai possibile as-solvere a questo compito, ma soltanto avvicinarvisi all’infinito; a noi però è suf-ficiente sapere che a questo avvicinarsi non può mai venire posto un limite dalla na-tura della cosa stessa».

164

R. CIRINO,Dal movimento alla forza…, cit., p. 95.

165

E. J. AITION,Leibniz, cit., pp. 62–65.

166

G. W. LEIBNIZ,Nuovi saggi sull’intelletto umano, in SF II, lib. III, Delle parole, cap. VI, Dei nomi delle sostanze, § 12, p. 284.

167

L. SCARAVELLI,Lezioni su Leibniz, cit., p. 80: «Ma il principio di continuità vale anche per la soluzione dei problemi delle singole scienze».

salti) 168, ma c’è anche una «divisione civile» delle scienze169. L’ordine scientifico perfetto è quello in cui le proposizioni sono disposte in relazione alle loro dimostrazioni più semplici e in modo che le une scaturiscano dalle altre, secondo un ordine graduale. Occorre, però, precisare, che quest’ordine, non salta subito agli occhi, ma si scopre progressivamente170. In altre parole: via, via che la scienza progredisce, l’uomo si accorge che esiste una successione regolata in tutte le cose, persino nelle metodologie usate dalle scienze. Per questa ragione, la mineralogia nasce grazie al suo contributo. Le esperienze microscopiche mostrano che la farfalla è uno sviluppo del bruco. La geologia stabilisce che non c’è stata una creazione simultanea dell’universo.

«C’est en vertu de la loi de continuité qu’il refuse de croire à une création simultanée de toutes les parties de l’univers et à la production de notre globe et de tout

168

G. W. LEIBNIZ,Nuovi saggi sull’intelletto umano, in SF II, lib. III, Delle parole, cap. VI, Dei nomi delle sostanze, § 12, p. 282: «A cominciare da noi, e arrivando fino alle cose più basse, si ha una discesa per gradi piccolissimi e attraverso una serie continua di cose che in ciascun passaggio differiscono pochissimo l’una dall’altra. Vi sono pesci che hanno ali e ai quali non è estraneo il volo; vi sono uccelli che abitano nell’acqua che hanno il sangue freddo come i pesci e la cui carne è talmente simile per il gusto a quella dei pesi, che si permette alle persone scrupolose di mangiarne durante i giorni di magro. Vi sono animali che somigliano talmente alla specie di uccelli e a quella delle bestie terrestri, da stare a metà tra le due. Gli anfibi partecipano ugualmente delle bestie terrestri e acquatiche. I vitelli marini vivono sulla terra e nel mare, e i marsuini (il cui nome significa porco di mare) hanno il sangue caldo e le interiora di maiale. Per non parlare di ciò che si racconta degli uomini marini: vi sono bestie che sembrano avere altrettanta conoscenza e ragione di alcuni animali che si chiamano uomini; e tra gli animali e i vegetali vi è una sì grande affinità, che se voi prendete il più imperfetto dei primi e il più perfetto dei secondi, noterete con difficoltà una qualche differenza con- siderevole tra loro. Così, fino ad arrivare alle parti più basse e meno organizzate della materia, troveremo ovunque che le specie sono legate insieme e non differiscono che per gradi pressoché insensibili. E quando consideriamo la saggezza e la potenza infinita dell’Autore di tutte le cose, abbiamo argomento per pensare che è cosa conforme alla splendida armonia dell’universo e al grande disegno, come pure alla bontà infinita del supremo architetto, che le differenti specie delle creature si elevino poco a poco da noi verso la sua infinita perfezione. Così abbiamo ragione di persuaderci che vi sono molte più specie di creature al di sopra di noi, di quante ve ne sono al di sotto, poiché siamo molto più lontani in perfezione dall’essere infinito di Dio, di quanto lo sia ciò che si avvicina di più al nulla».

169

G. W. LEIBNIZ, Nuovi saggi sull’intelletto umano, in SF II, lib. IV, Sulla conoscenza, cap. XXI, Della divisione delle scienze, p. 522.

170

G. W. LEIBNIZ, Discorso intorno al metodo della certezza e all’arte di scoprire,

per concludere le dispute e per compiere in breve tempo grandi progressi, in SF I, p. 494.

ce qu’il contient tel qu’il existe aujourd’hui; sans doute les êtres de aujourd’hui sont sortis de ceux d’alors après de nombreuses transformations»171.

I processi che determinarono la formazione e la struttura della terra sono avvenuti per gradi, e quindi anche i mostri, le malattie ed i miracoli appartengono all’ordine delle cose.

Per Leibniz, tuttavia, la lex continui non opera solo nella fisica, ma anche nella psicologia, come risulta nell’esame del rapporto tra percezioni conscie e percezioni inconscie. A tale riguardo, Luigi Scaravelli osserva, nel testo Lezioni su Leibniz, che dal momento che la visione dell’oggetto che

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