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III Bronze lion in Leningrad

3. The Etruscan Lion cinquant‟anni dopo: per una revisione dei materiali di V secolo a.C

3.2. III Bronze lion in Leningrad

Il leone, di cui si conservano la testa con il collo, la zampa sinistra e l‟attacco della destra, è oggetto di una sezione apposita nell‟opera di Brown, grazie alla finezza di esecuzione che rende la statua un vero e proprio unicum. La provenienza, che rimane tuttora sconosciuta, ha sollevato dubbi in merito all‟etruscità del bronzo ed al possibile centro di elaborazione di un‟opera di una così alta qualità.

Il felino è in posizione accovacciata, con la zampa anteriore destra poggiata a terra. La testa, lievemente rivolta verso destra, è incorniciata da fitte ciocche plastiche a lingua di fiamma, delineate al loro interno da molteplici incisioni. La criniera copre l‟intero collo e scende fino al petto. Il muso appare piuttosto allungato e di forma triangolare; i tratti sono spigolosi e marcati. Le fauci spalancate lasciano intravvedere entrambe le arcate dentarie, ben affilate, dalle quali sporge la lingua. L‟arcata mascellare si caratterizza ai lati da quattro incisioni simmetriche simili a petali, che delineano in maniera stilizzata le pieghe della pelle formate dalle fauci aperte. I baffi sono resi da profonde incisioni e sono sormontate da un naso piatto, squadrato. Gli occhi, lievemente asimmetrici, sono contornati da due coppie di ciuffi di pelame, uno superiore e uno inferiore, quest‟ultimo collegato al condotto lacrimale. Due motivi a cerchiello, riempiti da puntolini, con incisioni radiali, compaiono sulla fronte; a questi si accosta un altro motivo geometrico, osservabile sulle orecchie ripiegate: si tratta di un cerchio all‟interno del quale da un puntolino centrale si dipartono linee incise ondulate.

Descritta nei cataloghi del Museo Campana come “...parte superiore di una chimera simile a quella celebre di Arezzo...”238, la statua mantiene la denominazione di essere ibrido anche secondo Guedenow, il quale, in occasione della vendita del bronzo al Museo dell‟Ermitage nel 1862, si pronuncia a favore di una produzione etrusca “...d‟une remarquable puissance d‟exécution...”239. Ancora Stephani, qualche anno più tardi, si riferisce al pezzo definendolo “...Chimaira oder Löwe...”240.

Il primo studio approfondito dell‟opera si deve, nel 1937, a von Mercklin, il quale imputa la lieve torsione della testa verso destra ed il trattamento più morbido della criniera ad una maggiore libertà rispetto alla rigida assialità dello schema arcaico, al quale si può ricondurre la corporatura ancora possente241. Egli accosta la statua ai leoni riprodotti sui sarcofagi clazomeni, in particolare a quello conservato a Berlino (inv. 3352) 242, attribuito dal Cook 238 CAMPANA 1850?, p. 11, n. 73. 239 GUEDENOW 1861, S. 36, n. 6. 240 STEFANI 1866, S. 68, n. 437. 241 VON MERCKLIN 1937, pp. 275-287. 242 COOK 1981, p. 53, n. G42, tav. 85.

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all‟”Albertinum Group” , collocato nel primo trentennio del V secolo a.C. 243, e ad un rilievo da Tegea, che raffigura un leone di profilo, con le zampe anteriori abbassate, nella tensione che precede il balzo sulla vittima designata. Attribuito alla scuola scopadea che decorò il tempio di Athena Alea a Tegea in seguito all‟incendio del 395 a.C. 244. Lo studioso menziona inoltre un pendente aureo conformato a protome leonina, caratterizzata da una criniera a ciocche mosse, con il particolare di due ciuffetti di pelo sulla fronte, ritenuta di fabbrica etrusca 245,. Tale gusto accentuato per la tecnica incisoria connoterebbe il cosiddetto “leone di Leningrado” come un‟opera etrusca, da attribuire con ogni probabilità a maestranze greco-orientali operanti in Etruria durante la prima metà del V secolo a.C. 246.

Di tutt‟altro avviso è Bianchi Bandinelli, che, nella recensione all‟opera di Von Mercklin, pur concordando con la datazione, avanza dubbi sulla possibile etruscità della statua e sul confronto con il pendaglio aureo parigino, anch‟esso di attribuzione non provata 247. Più di ventanni dopo, nel 1960, Brown riprende il discorso supportando le conclusioni di von Mercklin, notando come il disco inciso da Samos248 si avvicini al leone in questione per la resa della criniera e osservando un contrasto tra il modellato plastico del muso e della criniera e l‟accentuato gusto disegnativo, carattere riscontrabile anche nella Lupa Capitolina 249. Uguali considerazioni sono esposte nella scheda del monumento che compare in Etruschi. L‟arte del 1981, dove, seppur ritenuto lontano dalla Lupa Capitolina per la grossolanità del modellato e “un primitivo uso dell‟incisione per alcuni dettagli con intento esclusivamente decorativo” 250, il leone viene considerato un interessante documento della corrente bronzistica dei primi decenni del V secolo a.C., avvicinabile ai lacunaria tarquiniesi ed ai bronzi di Castel S. Mariano 251. Estremamente breve e concisa appare un‟altra scheda dedicata alla statua in Die Welt der Etrusker del 1990, dove la datazione viene ribassata alla seconda metà del V secolo a.C. 252, mentre viene nuovamente ascritta tra il 500 e il 450 a.C. nel Catalogo della mostra Etruschi, le antiche metropoli del Lazio tenutasi a Roma nel 2008. In questa sede Francesco Marcattili avanza l‟ipotesi che il monumento possa rappresentare un votivo realizzato in Etruria sotto influssi di matrice greco orientale 253.

243 COOK 1981, p. 53, n. G42, tav. 85.

244 FOUGERES 1889, pp. 477-486, pl. VI; REINACH 1912, p. 422, n.2. 245 VON MERCKLIN 1937, p. 286, Taf. XXXI, 2-5.

246 VON MERCKLIN 1937, pp. 286-287. 247 BIANCHI BANDINELLI 1937, p. 515. 248 BROWN 1960, p. 76.

249 BROWN 1960, pp. 139-140.

250 SPRENGER, BARTOLONI, HIRMER, 1981, p. 130.

251 SPRENGER, BARTOLONI, HIRMER, 1981, pp. 130-131, 178. 252 BILIMOVIA 1990, p. 273, D 2.25.

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La letteratura recente sembra dunque unanime nel ritenere la statua un prodotto elaborato in un centro etrusco nel V secolo a.C., mentre rimangono dubbi in merito ad una sua più precisa collocazione all‟interno del secolo.

Il richiamo al disco da Samos, datato all‟ultimo quarto del VI secolo a.C., appare convincente, soprattutto per quanto riguarda la resa del pelame, il taglio allungato degli occhi e il profilo squadrato del muso, con sottolineatura del condotto lacrimale. Di estremo interesse appare il confronto di questo con un altro disco di provenienza sconosciuta, caratterizzato dall‟uso marcato dell‟incisione e del puntinato a sottolineare i dettagli del muso, che il Brown propone di attribuire ad una città dell‟Etruria meridionale 254. Maggiormente stringente appare il pendaglio del Cabinet des Medailles 255, confrontabile con altri due pendenti aurei, anch‟essi di provenienza sconosciuta. Cristofani, datandoli al 500 a.C., rimanda alle appliques leonine del tardo arcaismo ed alla Lupa capitolina256, mentre la Platz-Horster rialza la datazione alla metà del VI secolo a.C., sulla base del confronto con una testa leonina di VII secolo a.C. con iscrizione del re neoassiro Asarhaddon da Sippar, dal tempio di Schamasch257. La medesima resa della criniera, con ciocche a fiamma incise al proprio interno, è propria della leontè che indossa Hercle lavorato a sbalzo su una lamina di rivestimento di un thymiaterion, conservata a Monaco e proveniente da Castel S.Mariano258.

I pendenti aurei di Parigi e Berlino costituiscono un valido pretesto per affrontare il discorso inerente un carattere particolare: le due piccole protuberanze sulla fronte incise con motivo a rosetta, che nel leone di Leningrado sono disegnate con due cerchielli contornati da linee radiali. Si tratta, come evidenziato da Von Mercklin 259 e successivamente da Brown 260, di un motivo molto frequente nelle rappresentazioni leonine di ogni epoca ed area geografica, riprodotto sia attraverso due piccole protuberanze oppure stilizzato mediante incisione, ad indicare dei ciuffi di pelo 261. Nell‟arte etrusca lo si ritrova su alcuni lacunaria tarquiniensi 262,

254 BROWN 1960, pp. 76-77, pl. XXVII a-b.

255 VON MERCKLIN 1937, pp. 286-287, Taf. XXXI, 2-5; BROWN 1960, p. 106. Sul discorso relativo

all‟attribuzione della coppia di pendenti Cfr. pp. 216-217.

256 CRISTOFANI 1983, p. 294, n. 157. 257 PLATZ-HORSTER 2001, pp. 30.31, n. 16. 258 HÖCKMANN 1982, pp. 66-67; tav. 36, 2.

259 Per i numerosissimi esempi cfr. VON MERCKLIN 1937, pp. 278-281 con note. 260 BROWN 1960, pp. 103-104.

261 La Grecia annovera molti esempi soprattutto per quanto riguarda la classe dei gocciolatoi arcaici e tardo-arcaici

(WILLEMSEN 1959; MERTENS-HORN 1988). Inoltre, sembra che gli artisti preferiscano rendere questa peculiarità attraverso la coppia di protuberanze in rilievo, rispetto a cerchielli stilizzati (per questi ultimi cfr. un esemplare da Kalydon – POULSEN-RHOMAIOS 1927, Taf. XXVII; MERTENS-HORN 1988, Taf. 4b - numerosi esempi provengono dall‟ambiente magno-greco, in particolare da Paestum – MERTENS-HORN 1988, Taf. I, Taf. 58-65). Vale la pena ricordare anche i leoni retrospicienti che compaiono sulle anse del cratere di Vix, attribuito a fabbrica magno-greca, che presentano sulla fronte due coppie di puntolini addensati in una zona circolare, con una criniera mossa a ciuffi incisi al loro interno (ROLLEY 2003, pp. 77-143, in particolare Tavv. 100-101).

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su un piccolo leoncino in bronzo conservato a Copenhagen 263 e nelle pantere raffigurate sui carri di Monteleone e di Perugia264 e dipinte nella Tomba delle Pantere 265, nonchè nei felini riprodotti sulla ceramica pontica266.

Il leone di Leningrado presenta inoltre un ulteriore carattere di estrema rarità: una coppia di cerchielli incisi sulle orecchie, per i quali von Mercklin aveva proposto si trattasse di rappresentazioni solari in funzione apotropaica267. L‟acutezza di Brown ha permesso invece di osservare un motivo molto somigliante sulle orecchie del leone di uno dei rilievi bronzei di Castel S.Mariano, che costituisce l‟unico esempio finora noto 268. Anche questo tratto sembra rappresentare la stilizzazione di un elemento proprio dell‟iconografia leonina, che l‟artista ha riprodotto sulla base dell‟osservazione di modelli di provenienza allotria.

La struttura della scatola cranica, allungata e di foggia triangolare, richiama una protome fittile tardo-arcaica dall‟Agorà di Thermos 269, mentre è da ritenersi più stringente il confronto con un gocciolatoio in terracotta da Taranto, ora a Trieste 270, che presenta un profilo maggiormente smunto e affinato.

In sintesi è stato possibile constatare come l‟opera sia fortemente permeata da influssi di marca grecoorientale, ravvisabili in prodotti cronologicamente riconducibili ancora alla seconda metà del VI. Inoltre, sebbene la struttura cranica possa essere accostata al gocciolatoio tarantino, il nostro leone si discosta dalle coeve manifatture magnogreche, che presentano tutte iconografie con orecchie semicircolari271, mentre si avvicina maggiormente a dettagli riproposti su monumenti etruschi che si ispirano direttamente a modelli di derivazione ionica, come la copia del disco da Samos. Inoltre, se la presenza delle protuberanze costituisce un motivo diffuso sia a livello sincronico che diacronico, la rosetta disegnata sulle orecchie, che trova per ora un solo esempio nella lamina bronzea da Castel S. Mariano, potrebbe far ipotizzare di trovarsi di fronte ad una manifattura eleborata direttamente da un maestro greco- orientale in un centro dell‟Etruria meridionale della seconda metà del VI secolo a.C.

262 SCALA 1993, p. 167. 263 RIIS 1939, p. 3, fig. 3. 264 BROWN 1960, p. 103. 265 SCALA 1993, p. 167, nota 23. 266 SCALA 1993, p. 167, nota 24. 267 VON MERCKLIN 1937, pp. 278-279. 268 GOLDSCHEIDER 1941, pl. 85. 269 MERTENS-HORN 1988, S. 35, Taf. 4 e. 270 MERTENS-HORN 1988, S. 139, Taf. 66, a-b.

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