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VI Small applied bronzes

3. The Etruscan Lion cinquant‟anni dopo: per una revisione dei materiali di V secolo a.C

3.2. VI Small applied bronzes

All‟interno del nutrito gruppo che va sotto il nome di “small applied bronzes” Brown raccoglie una serie di piccoli leoni in bronzo, caratterizzati per la maggior parte da una esecuzione alquanto sommaria, che data all‟inizio del V secolo a.C. sulla base di due corredi: la Tomba 47 detta “del Guerriero” di Vulci e la Tomba 17 degli scavi Mancini di Orvieto389. Questi contengono ciascuno un bacile quadriansato con rispettivamente quattro e sei leoni posizionati sull‟orlo. Lo studio dei bacili mesonfalici è stato approfondito, pochi anni dopo, da Cook, il quale ha isolato una nutrito gruppo di esemplari, proponendo la seconda metà del secolo come arco temporale per la fabbricazione di questo tipo di manufatti attraverso la ridefinizione cronologica dei contesti appena citati al terzo quarto del VI secolo a.C.390. Ciò è stato possibile grazie anche a nuovi ritrovamenti di bacili da Monteleone di Spoleto391,

386 HEURGON 1975, p. 317, pl. XL, 3. 387 DOHRN 1982, p. 65, tav. 45, 1. 388 TARDITI 2007, pp. 27-28. 389 BROWN 1960, p. 147. 390 COOK 1968, p. 337, nn. 2-3, pp. 340-342. 391 COOK 1968, p. 337, n. 1, tav. 109, fig. 3.

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Bisenzio392, Chiusi393, Populonia394, Trestina 395ed alle ulteriori scoperte da Vulci (Tombe 66 e 69, scavi Gsell; tombe 50 e 51, scavi Ferraguti)396, Orvieto (Tomba 17 della necropoli di Crocefisso del Tufo, scavi Bizzarri)397, Bologna (Tomba 6 del 1962, Giardini Margherita)398, che si aggiungono ai materiali già menzionati da Brown, per la maggior parte costituiti da appliques isolate399, provenienti dalle località appena citate400 e da Arezzo401, Marzabotto402, San Martino in Gattara403. Inoltre, studi successivi hanno permesso di ampliare ulteriormente l‟areale dei contesti noti anche alle località di Montalto di Castro (Pian dei Cangani, Tomba 1)404, Tuscania (Tomba a Casa con Portico)405, Vetulonia406, Castel S. Mariano407 e ad aree geografiche poste al di fuori dei confini etruschi, come Ampurias408.

Brown suggeriva la localizzazione di un‟officina in area felsinea, piuttosto che a Vulci409, opinione presa in considerazione successivamente da Cook che proponeva di dislocare le botteghe dei bacili bronzei mesonfalici “...in more than one center...somewhere in central Etruria...”410.

392 COOK 1968, pp. 337-338, n. 4.

393 COOK 1968, p. 338, nn. 9-10 (privi di leoncini).

394 COOK 1968, pp. 338-339, nn. 7, 15, 19 (nn. 7 e 19 privi di leoncini). 395 COOK 1968, p. 338, n. 14 (privo di leoncini).

396 COOK 1968, p. 338, nn. 9-12, 17-18 (privi di leoncini). 397 COOK 1968, p. 339, n. 22.

398 COOK 1968, p. 338, nn. 5-6, 13 (nn. 6 e 13 privi di leoncini).

399 BROWN 1960, p. 147. Nell‟elenco redatto dallo studioso compaiono anche alcuni pezzi di cui non è stato

possibile trovare aggiornamenti, come ad esempio quelli da Grumentum, Naix (Meuse) e quelli con provenienza sconosciuta (tranne per il candelabro da Londra 598). Non si considereranno inoltre i bronzi da Tolentino, ascrivibili ad un orizzonte più antico.

400 Vulci: Tomba 47 c.d. “del Guerriero” (COOK 1968, p. 337, n. 2; SANNIBALE - SHEFTON 2008, p. 52, nota

76), Tomba 49 degli scavi Gsell (SANNIBALE - SHEFTON 2008, p. 52, nota 76), tre leoncini conservati nei Museo Gregoriano Etrusco nn. 118-120 (SANNIBALE - SHEFTON 2008, p. 52, nota 76); Orvieto, Tomba 17 degli scavi Mancini (COOK 1968, p. 337, n. 3, tav. 110, fig. 8; SANNIBALE - SHEFTON 2008, p. 52, nota 78), sette leoncini dalla Necropoli della Cannicella (COOK 1968, p. 339, n. 22b; SANNIBALE - SHEFTON 2008, p. 52, nota 78), scavi Körte del 1877 (COOK 1968, p. 339, n. 22a), scavi 1884, 1886 (COOK 1968, p. 339, n. 22c), 1888; quattro leoncini da Bologna, Necropoli dei Giardini Margherita (COOK 1968, p. 338, n. 16; SANNIBALE - SHEFTON 2008, p. 53, nota 83), uno dalla Tomba 304 del sepolcreto della Certosa (SANNIBALE - SHEFTON 2008, p. 53, nota 83).

401 SANNIBALE - SHEFTON 2008, p. 53, nota 82. 402 SANNIBALE - SHEFTON 2008, p. 53, nota 84. 403 SANNIBALE - SHEFTON 2008, p. 53, nota 85.

404 Questo ritrovamento risulta tuttora l‟ unico noto ascrivibile alla prima metà del VI secolo a.C. (SANNIBALE -

SHEFTON 2008, nota 76).

405 Il rinvenimento di un‟ansa a rocchetto conferma la pertinenza del leoncino ivi rinvenuto ad un bacile

(SANNIBALE - SHEFTON 2008, nota 77).

406 SANNIBALE - SHEFTON 2008, nota 80. 407 HÖCKMANN 1982, pp. 98-99, n. 56.

408 Anche per questo pezzo si propone la pertinenza ad un bacile bronzeo mesonfalico (MALUQUER de MOTES

1976, pp. 169-174 – terzo quarto del VI secolo a.C.).

409 BROWN 1960, p. 148.

410 COOK 1968, p. 340. Ad oggi risulta isolata l‟ipotesi avanzata da Maluquer de Motes di identificare Populonia

come centro produttivo dei bacili bronzei (MALUQUER de MOTES 1976, p. 173). Sull‟argomento s.v. anche GUALANDI 1970, pp. 63-64.

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La massiccia diffusione di appliques a figura leonina è data dalla loro pertinenza non solo ai bacili ma anche ad altre classi di manufatti bronzei di produzione arcaica, quali focolari/carrelli porta-offerte, assegnati a manifatture di ambito volsiniese e chiusino411, thymiateria412 e infundibula-colatoi413 attribuiti alla multiforme produzione bronzistica vulcente. Il loro numero è destinato ad aumentare vertiginosamente se si considerano anche i numerosissimi esempi di provenienza ignota disseminati nei vari musei414.

I quattro leoncini posizionati sul bacile bronzeo della Tomba del Guerriero di Vulci rivestono particolare interesse in quanto presentano due schemi iconografici differenti: tre sono stanti e guardano in avanti, uno è retrospiciente415; un ulteriore tipo è rappresentato dai sei esemplari di Orvieto, anch‟essi con la bocca aperta e lo sguardo rivolto in avanti, ma accovacciati416. Inoltre, un ricco repertorio iconografico è offerto dai bronzi della tomba principesca da Castel San Mariano, dove si osservano leoncini seduti e accovacciati, con testa rivolta in avanti oppure di lato e fauci aperte o chiuse, pertinenti a carrelli porta-offerte

411 Brown ne aveva parlato a proposito dell‟artigianato di età tardo arcaica (BROWN 1960, p. 61, tavv. XXXVI, b

– XXXVII, b). La produzione di questi oggetti, grazie ai ritrovamenti che si concentrano tra Bisenzio, Orvieto, Perugia e Chiusi, è stata ricondotta ad ambiente volsiniese da Colonna (BINI et Alii 1995, p. 500; SANNIBALE - SHEFTON 2008, p. 51, nota 69), mentre l‟ipotesi chiusina è sostenuta da naso (NASO 2006, p. 367). Un esemplare rinvenuto a Capodimonte/Bolsena nel 1884/85 e conservato al Badischen Landesmuseum di Karlsruhe, recentemente riedito dalla Jurgeit, è stato datato alla fine del VI – inizio del V secolo a.C. (JURGEIT 1999, pp. 469-470, n. 791).

412 BINI et Alii 1995, p. 501; SANNIBALE - SHEFTON 2008, p. 51, nota 71. Il candelabro del British Museum

598, caratterizzato da tre leoncini accovacciati sul treppiede, è stato datato al 510-490 a.C. dalla Haynes (HAYNES 1985, n. 56; già menzionato in BROWN 1960, p. 147) ed inserito da Riis nel “Saint Louis Group”, che copre un arco cronologico esteso dal 525 al 450 a.C. (RIIS 1997, p. 35, fig. 26). Nello stesso gruppo figura anche un incensiere conservato al Museo del Louvre 3143, il cui carrello a quattro ruote è ornato da quattro leoncini accovacciati. Brown aveva già considerato questo pezzo all‟interno della discussione sulla bronzistica tardo arcaica (BROWN 1960, p. 115, n. 7; RIIS 1997, p. 37, nota 87, fig. 28).

413 BINI et Alii 1995, pp. 500-501; SANNIBALE - SHEFTON 2008, p. 51, nota 70. Tra gli esemplari raccolti a

suo tempo da Zuffa ne compaiono alcuni con cerniera conformata a leone accovacciato (ZUFFA 1960, nn. 6-10, 26 – seconda metà del VI secolo a.C., nn. 11-14 – V secolo a.C.). Il recente riesame della classe da parte di Naso ha permesso di includere tali oggetti nel Tipo 1, caratterizzato da appendici laterali a lira. La sua massiccia diffusione interessa l‟intero VI secolo a.C., se si considera che un esempio è stato restituito dal corredo della Tomba dei Flabelli di Populonia datato al 475-450 a.C., per poi concentrasi in misura maggiore nella seconda parte del secolo (NASO 2006, pp. 367-368, con lista alle pp. 380ss., in particolare nn. 5, 11, 13, 20, 25, 30, 32, 33, 37, 40 corrispondenti agli esemplari isolati da M. Zuffa, ai quali si aggiunge il leoncino da Colle del Forno, tomba XI, n. 24).

414 Si rimanda ad esempio agli elenchi stilati da Brown (BROWN 1960, p. 147), da Sannibale (SANNIBALE –

SHEFTON 2008, p. 52, nota 75, per il bacile arcaico del Louvre, già menzionato in Brown s.v. nota 86). Si aggiungono un esemplare isolato al Museo Archeologico Nazionale di Tarquinia, s.n. (BINI et Alii 1995, pp. 500- 501, n. 117 – fine VI – inizio V secolo a.C.), tre al Badischen Landesmuseum di Karslruhe (JURGEIT 1999, pp. 301-302, nn. 502-503, ultimo quarto del VI secolo a.C.; p. 471, n. 792, pertinente a focolare, fine del VI secolo a.C.); uno al Romisch-germanisches Zentralmuseum, n. inv. O.17060 (NASO 2003, p. 103, n. 153 – V secolo a.C., con altri esempi menzionati), uno a Parigi, Bibliothèque Nationale, inv. Y 27901-28 (ADAM 1984, p. 82, n. 89 – prima metà del V secolo a.C.), tre al Museo Gregoriano Etrusco, Collezione Guglielmi, inv. nn. 39853, 39854, 39856 (SANNIBALE – SHEFTON 2008, pp. 50-53, nn. 23-25 – seconda metà del VI secolo a.C.) e quelli appartenenti a collezioni private svizzere (Animali nel mondo antico 1992, pp. 28-29, nn. 74-77 – VI secolo a.C.; CAHN 2002a, n. 338 – fine del VI-inizio del V secolo a.C.; CAHN 2010, n. 303 – 500 a.C.)

415 FERRAGUTI 1937, pp. 118-119, fig. 11-12. 416 COOK 1968, tav. 110, fig. 8.

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circolari o rettangolari e bacili, databili entro la seconda metà del VI secolo a.C.417. Si tratta dunque di un gruppo eterogeneo non solo dal punto di vista iconografico ma anche qualitativo, dato che i felini sono spesso caratterizzati da tratti appena abbozzati, sintomo di produzioni standardizzate. Il tipo più rappresentato è certamente quello del leone accosciato, con capo rivolto in avanti e fauci aperte418 oppure chiuse419, cui seguono alcuni esemplari con capo di prospetto420 e retrospicienti421. Il tipo stante, molto meno diffuso, presenta anch‟esso due

417 HÖCKMANN 1982, pp. 78-83, nn. 35-39, tavv. 42-45; pp. 98-99, nn. 55-56, tav. 54.

418 E‟ possibile fare un‟ulteriore distinzione sulla base della coda: abbassata con la terminazione appena rialzata,

come ad esempio i leoncini da Vulci (Tomba 49: GSELL 1891, p. 519, tav. XLIX, 51; Raccolta Benedetto Guglielmi: MAGI 1941, pp. 231-232, nn. 118-120, tav. 68), Vetulonia (Collezione Stefani, pertinente alla cerniera di un infundibulum, con criniera tratteggiata: LEVI 1931, p. 518, tav. XXIV, 9; ZUFFA 1960, tav. XXVI, a; Via dei Sepolcri, Stipe del Tempietto, esposto nel Museo Civico “I. Falchi”), Populonia, Tomba del Bronzetto di Offerente (DE AGOSTINO 1957-1960, p. 68, fig. 8), Arezzo, stipe di Fonte Veneziana (BOCCI PACINI 1980, fig. 11, tav. LXXXIId), S. Martino in Gattara (ARIAS 1953, p. 135, n. 33, fig. 90), Marzabotto (MALNATI 1987, p. 135, n. 33, fig. 90) e quelli conservati al Museo Archeologico di Grosseto (MAZZOLAI 1958, p. 216, fig. 30, inaccettabile la datazione posta tra la fine del V e l‟inizio del IV secolo a.C.; Collezione Ciacci – DONATI, MICHELUCCI 1981, n. 246), alla Bibliothèque Nationale di Parigi, inv. Y 27901-28 (ADAM 1984, p. 82, n. 89), al Romisch-Germanisches Zentralmuseum, n. inv. O.17060 (NASO 2003, p. 103, n. 153), al Romisch- Gemanischen Museum di Köln, inv. Lü 580 (FRANKEN 1994, p.p. 409-410, n. 3, Abb. 6, di notevole qualità, la criniera è indicata da ciocche fiammiformi incise, la coda è frammentaria), all‟Archäologischen Instituts der Universität zu Köln (BERGER 1993, p. 311, AI 376, Abb. 136), al Badischen Landesmuseum di Karslruhe (JURGEIT 1999, p. 302, n. 503) e in collezioni private svizzere (Animali nel mondo antico 1992, pp. 28-29, nn. 74-77; CAHN 2002a, n. 338); coda sollevata (Bologna , necropoli dei Giardini Margherita, tomba 6 degli scavi 1962 – attorno al 540 a.C.: GUALANDI 1970, fig. 10; MACELLARI 1987, pp. 52-53, n. 1, fig. 29; tomba 33 del 1876 – GOZZADINI 1876, pp. 67-68); coda che compie un arricciamento completo, come gli esemplari da Bologna, Necropoli della Certosa, Tomba 304 (GOVI 1999, p. 121, n. 4, fig. 68). Di notevole qualità è il pezzo conservato al Dallas Museum of Fine Arts, attribuito a produzione etrusca, nel quale la criniera è delineata da incisioni radiali attorno al capo per estendersi sul collo e dietro la nuca con una sorta di collare ornato da motivi a triangoli; la coda descrive un arco sinuoso (HOFFMANN 1970, p. 195, n. 91). Anche la coppia di leoni pertinente alla Collezione Leo Mildenberg si distingue per l‟accuratezza della resa, nonchè per la coda che risale lungo la coscia destra (KOZLOFF 1981, pp. 126-127, n. 105). Cfr. anche i leoncini posti a cerniera degli infundibula (ZUFFA 1960, tavv. XXIII-XIX, XXXIII-XXXIV; NASO 2006, p. 414, figg. 14, 16), sul candelabro del British Museum (RIIS 1997, p. 35, fig. 26) e sull‟incensiere conservato al Museo del Louvre, dove i leoni sono di modesta fattura con code che si snodano sinuose verso l‟alto (RIIS 1997, p. 37, nota 87, fig. 28).

419 Anche in questo caso è possibile distinguere esemplari con code abbassate, con terminazione lievemente

sollevata (cfr. i pezzi provenienti da Vetulonia, Collezione Stefani - LEVI 1931, p. 518, tav. XXIV, 11; Arezzo - BOCCI PACINI 1980, fig. 11, tav. LXXXIId- e quelli conservati al Museo Gregoriano Etrusco, Collezione Guglielmi, inv. nn. 39853-4 -SANNIBALE – SHEFTON 2008, pp. 50-52, nn. 23-24- e al Museo Archeologico Nazionale di Tarquinia, s.n. - BINI et Alii 1995, pp. 500-501, n. 117) e con code che compiono un arricciamento completo (cfr. i pezzi conservati al Badischen Landesmuseum di Karslruhe, pertinenti a focolari - JURGEIT 1999, pp. 469-471, nn. 791-792). Il leone del bacile da Monteleone di Spoleto, ora al Metropolitan Museum di New York, risulta privo di coda (COOK 1968, tav. 109, 3).

420 Si vedano ad esempio le appliques da Montalto di Castro, Pian dei Cangani, Tomba 1 (RIZZO 1990, pp. 125-

126, n. 26, fig. 255); da Vetulonia, Tumulo di Poggio Pelliccia (TALOCCHINI 1985, pp. 43, 101, n. 441) (Tav.

XII, b); da Castel S. Mariano (HÖCKMANN 1982, p. 98, n. 55, tav. 54, 9-10, pp. 98-99, n. 56, tav. 54, 3-8); quelle conservate al Museo Gregoriano Etrusco, Collezione Giacinto Guglielmi (SANNIBALE – SHEFTON 2008, pp. 52-53, n. 25, con note), Ex-Collezione Falcioni (CALIO‟ 2000, pp. 167-168, n. 295). Di recente edizione è un leoncino di notevole qualità tecnica appartenente ad una collezione privata svizzera, cratterizzato da fauci aperte, tratti del muso ben caratterizzati e criniera che incornicia il capo; sotto il treno anteriore è fissato un anello dal quale pendono dei ganci, mentre dai quarti posteriori si diparte un perno – 500 a.C. (CAHN 2010, n. 303).

421 Si segnala un solo esemplare pertinente alla Collezione Leo Mildenberg, Cleveland (KOZLOFF 1981, p. 127,

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varianti: con testa rivolta in avanti422 o all‟indietro423. Dai dati finora esposti sembra dunque possibile osservare come queste produzioni si concentrino in età arcaica, soprattutto nella seconda metà del VI secolo a.C. I ritrovamenti successivi allo studio di Cook sui bacili bronzei confermano la datazione suggerita a suo tempo dallo studioso alla seconda metà del VI secolo a.C. Tra i più recenti, la Tomba a Casa con portico di Tuscania, che ha restituito un„ansa a rocchetto con leoncino, si data tra il secondo quarto e la fine del VI secolo a.C.424, mentre la revisione dei corredi della necropoli dei Giardini Margherita di Bologna ha permesso di collocare attorno al 550-525 a.C. i materiali della Tomba 6 del 1962, contenente un bacile con dieci leoncini, e di attribuire alla seconda metà del secolo la Tomba 33 del 1876, che conteneva quattro leoncini adespoti425. Quattro esempi provengono anche dalla Tomba 304 della necropoli della Certosa, datata al 460-450 a.C. sulla base della ceramica attica. Tuttavia fra i materiali del corredo sono inclusi un pendente bronzeo a forma di tintinnabulo ed un‟anforetta in bucchero con protomi umane, che permettono un rialzo della cronologia a qualche decennio prima426. Altri esemplari adespoti, databili attraverso il corredo, sono quelli da Montalto di Castro (prima metà del VI secolo a.C.)427 e dal Tumulo di Poggio Pelliccia di Populonia

(seconda metà del VI secolo a.C.)428. Inoltre, anche il recente riesame della classe degli infundibula ha offerto una sostanziale retrodatazione rispetto alle cronologie proposte a suo tempo da Zuffa. Naso ha infatti incluso gli esemplari con cerniera conformata a leoncino nel Tipo 1, la cui diffusione si pone a partire dal secondo quarto del VI secolo a.C. (Tomba dei Flabelli di Populonia) per poi concentrar si in misura maggiore nella seconda parte del secolo429. Ulteriori conferme derivano dall‟analisi stilistica condotta dalla Höckmann sui bronzi di Castel San Mariano, che annoverano un nutrito gruppo di appliques a figura leonina ascrivibili alla seconda metà del VI secolo a.C.430. Infine, lo stesso orizzonte cronologico è

422 Oltre al sopracitato esempio dalla Tomba del Guerriero di Vulci, si segnalano i leoncini da Orvieto, Necropoli

di Crocefisso del Tufo, Tomba 17 (BIZZARRI 1962, pp. 90-92, fig. 31), Viterbo (COOK 1968, p.p. 337-338, n. 4), Ampurias (MALUQUER de MOTES 1976, pp. 169-174), nella Collezione Leo Mildenberg, Cleveland (KOZLOFF 1981, p. 125, n.104).

423 Uno, già menzionato, è pertinente alla Tomba del Guerriero di Vulci; altri si ritrovano a Orvieto, Necropoli di

Crocefisso del Tufo, Tomba 17 (BIZZARRI 1962, pp. 90-92, fig. 31), a Tuscania, Tomba di Pian di Mola (SGUBINI MORETTI 1989, p. 332, tav. VII, e), al Badischen Landesmuseum di Karslruhe (JURGEIT 1999, pp. 301-302, n. 502).

424 SGUBINI MORETTI 1989, p. 332, tav. VII, e.

425 Devo queste informazioni alla cortesia della Dott.ssa Federica Guidi (Museo Civico Archeologico di Bologna).

Per una bibliografia di riferimento: Tomba 33 del 1876 dei Giardini Margherita (BROWN 1960, p. 147; COOK 1968, p. 338, n. 16; GUALANDI 1970, pp. 63-64, fig. 10; SANNIBALE - SHEFTON – SHEFTON 2008, p. 52, nota 83); Tomba 6 del 1962 (MACELLARI 1987, pp. 52-53, n. 1, fig. 29).

426 GOVI 1999, pp. 120-121, n. 99.4, fig. 68; SANNIBALE - SHEFTON-SHEFTON 2008, p. 52, nota 83. 427 RIZZO 1990, pp. 125-126, n. 26, fig. 55.

428 TALOCCHINI 1985, pp. 43, 101, n. 441.

429 NASO 2006, pp. 367-368, con lista alle pp. 380ss.

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stato proposto per alcuni pezzi noti ormai da tempo alla comunità scientifica, come l‟incensiere del British Museum 598, datato dalla Sybille Haynes al 510-490 a.C.431 e attribuito da Riis alle fasi iniziali del “Saint Louis Group” (525-450 a.C.)432, nel quale figurano anche il thymiaterion del Louvre 3143433 e il foculo di provenienza visentina434, perduto, una volta del Badischen Landesmuseum di Karslruhe, recentemente riedito dala Jurgeit435.

431 HAYNES 1985, n. 56. 432 RIIS 1997, p. 35, fig. 26. 433 RIIS 1997, p. 37, fig. 28. 434 REUSSER 1993, pp. 78-79. 435 JURGEIT 1999, pp. 469-470, n. 791.

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4. I materiali: problemi di attribuzione, analisi iconografica e questioni

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