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3. The Etruscan Lion cinquant‟anni dopo: per una revisione dei materiali di V secolo a.C

3.2. II Stone lions

La scultura in pietra di V secolo a.C. annovera una serie eterogenea di monumenti, che merita una trattazione apposita. In connessione con i leoncini eburnei, Brown menziona i leoni acroteriali posti ad ornamento di un‟urna chiusina (Chiusi, Museo Archeologico Nazionale, n. 2277), che differiscono per le proporzioni più massicce e, in particolare, per le fauci semiaperte e la presenza di una criniera dorsale209. L‟urna è inclusa nel gruppo C.I della classificazione di Jannot 210, all‟interno del quale ricade un altro esemplare confrontabile con quello in questione. Si tratta di una cassetta in pietra fetida conservata al Museo Archeologico di Siena, pertinente alla Collezione Bonci Casuccini. Sul coperchio si osservano due leoni accovacciati rivolti verso l‟interno, probabilmente per un errore di restauro211. La riedizione del pezzo, in occasione della recente mostra dedicata alla collezione, mostra un solo leone sul columen e pone l‟urna alla fine del VI secolo a.C.212. Sulla base dell‟appartenenza di entrambi i cinerari al medesimo gruppo stilistico è possibile proporre anche per l‟urna conservata a Chiusi uno stesso

(Parigi, Cabinet des Medailles, inv. Froehner 906k), che Brown pone in età tardo-arcaica, poco prima del 500 a.C. (BROWN 1960, p. 88, pl. XXXIII, b-c; MARTELLI 1985, p. 208, figg. 16, a, 17, 18).

207 BELLELLI-CULTRARO 2006, pp. 191-206. 208 BELLELLI-CULTRARO 2006, p. 207. 209 BROWN 1960, p. 136. 210 C, I, 37 (JANNOT 1984, pp. 63-64, figg. 214-215). 211 C, I, 5 (JANNOT 1984, pp. 46-47, figg. 165-168). 212 BARBAGLI 2007, p. 348, Ch. 13.

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ambito cronologico, rialzando di almeno un paio di decenni quello suggerito a suo tempo da Brown, che la collocava all‟inizio del V secolo a.C. (Tav. V, a)213.

All‟ultimo trentennio del VI secolo a.C. è da riferire l‟insieme delle “pietre fiesolane” che lo studioso attribuiva agli anni appena successivi al 500 a.C. Si tratta di tre cippi, accomunati dalla presenza di un leone rampante su uno dei lati. Sul cippo di San Tomaso, conservato al Museo Archeologico di Firenze (inv. 13263) (Tav. V, b)214, e sul cosiddetto “Cippo Inghirami”, ora a Berlino (inv. 1220) 215, la fiera è retrospiciente mentre è rivolta in avanti su quello da Strada (Pontassieve) (Tav. VI, a)216.

Il successivo ritrovamento di cippi riconducibili alla stessa tradizione ha permesso di arricchire il corpus della scultura di area fiesolana. Figure leonine rampanti e retrospicienti sono ravvisabili infatti sul cippo delle Pieve di Artimino (Tav. V, c)217 e sul cippo di Via dei Bruni (Tav. VI, b)218. Analogie sussistono anche per quanto riguarda la raffigurazione di grifo, che, oltre a comparire sui monumenti citati da Brown, decora il cippo di Via dei Bruni appena menzionato, anche se in questo caso l‟animale volge il muso all‟indietro219. Questi cippi rientrano nel medesimo filone artistico, imbevuto di stilemi di marca ionizzante, che caratterizza il distretto del medio e basso Valdarno nei decenni centrali della seconda metà del VI secolo a.C., a capo del quale è stato posto il “Maestro di Fiesole”220. Alla stessa scuola, così come aveva già osservato Brown, va ricondotto il cippo da Settimello, che risponde tuttavia a schemi differenti (Tav. VI, c). Qui i leoni si addossano in posa rampante agli angoli del cippo, volgendo in maniera innaturale la testa all‟indietro221. La solida volumetria del corpo, unita ai possenti artigli ed alla coda che si snoda sinuosa fin sopra i quarti posteriori, terminando con un ciuffo di forma lanceolata, rimanda al leone accovacciato che doveva ornare l‟altare del tempio arcaico di Fiesole222. Inoltre, la particolare resa plastica della criniera, nonchè la marcata geometria della testa sono proprie dell‟impostazione di carattere ionico della maestranza fiesolana223 che, lavorando l‟arenaria locale, “parla ormai un idioma pienamente

213 BROWN 1960, p. 136.

214 MAGI 1932, p. 14, n. 5, tavv. III, 2; IV, 2; BROWN 1960, p. 136, n. 1; NICOSIA 1966, tav. XXIII, a.

215 MAGI 1932, pp. 14-15, n. 6, Tav. V, 4; BROWN 1960, p. 136, n.2; NICOSIA 1966, p. 158; HERES 1988, p.

211, B 9.5.

216 MAGI 1932, p. 15, n. 7, Tav. VI, 3; BROWN 1960, p. 136, n. 3. 217 NICOSIA 1966, pp. 153ss, n. 26, tav. XXII, a-b.

218 BRUNI 1994, pp. 72-78, figg. 28-31. 219 BRUNI 1994, p. 73, fig. 30.

220 BRUNI 1994, pp. 78-79.

221 MAGI 1932, p. 13, n. 2; BROWN 1960, pp. 136-137, tav. XLVIII, f; NICOSIA 1966, p. 162; BRUNI 1993a,

p. 70; BRUNI 1994, pp. 65-75, fig. 27; BRUNI 1998, pp. 69-72, nota 14; MAGGIANI 2006, pp. 161-162, fig. 11.

222 BRUNI 1994, pp. 46-90. 223 BRUNI 1994, p. 71.

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etrusco”224. I volumi compatti e massicci costituiscono il filo conduttore dell‟esperienza scultorea fiesolana, alla quale appartiene anche il leone del Convento di San Francesco a Fiesole, connotato da tratti che rimandano a prodotti di evidente impronta ionizzante ascrivibili alla seconda metà del VI secolo a.C. (Tav. VI, d)225. Il cippo si inserisce in una serie di monumenti che costituiscono il modello per la scultura da Settimello, che rappresenta la sintesi dell‟elaborazione formale di questi influssi. L‟artigianato di area fiesolana risulta infatti debitore della scuola scultorea sviluppatasi nella seconda metà del VI secolo a.C. nell‟agro pisano, che ha restituito il cippo marmoreo in località La Figuretta, decorato agli angoli da quattro leoni rampanti retrospicienti, i cui tratti peculiari sarebbero da attribuire all‟opera di un maestro greco orientale immigrato attivo a Pisa negli anni attorno al 530-520 a.C.226. Sulla scia del suo insegnamento si pone la base in marmo del Museo Bardini di Firenze (Tav. VII, a), che Brown aveva richiamato a confronto per il cippo da Settimello, riferibile ad ambito volterrano o pisano227. Esso, sebbene di qualità nettamente inferiore rispetto al cippo da La Figuretta, oltre a mostrare lo stesso schema iconografico, denota evidenti analogie riconducibili ad esperienze di matrice microasiatica, sia nord ioniche che di area milesia228.

Brown ha accostato a questa serie un ultimo monumento, che presenta i leoni in posizione angolare, tuttavia con alcune differenze, dovute al fatto che le fiere, bicorpori, sono accovacciate e che le masse corporee sono scolpite lungo i lati del cippo, mentre solo le teste si ergono dagli spigoli. L‟analisi stilistica indirizza verso una datazione alla fine del VI secolo a.C., qualche decennio prima di quella proposta da Brown, che la collocava all‟inizio del secolo successivo229; inoltre, la provenienza chiusina del cippo (Chiusi, Museo Archeologico Nazionale, inv. 2306)230 denota la vasta risonanza che il modello importato dal maestro greco orientale a Pisa ha avuto in Etruria settentrionale, influenzando scuole scultoree di area differente: pisana o volterrana (cippo del Museo Bardini), fiesolana (cippo da Settimello) e chiusina (cippo n. 2306).

Le esperienze di matrice microasiatica sono ravvisabili, infine, anche nelle sculture felsinee tardo arcaiche, rappresentate dai leoni del Giardino Margherita (Tav. VI, b) e del

224 MAGGIANI 2004, p. 162.

225 Il muso squadrato, la criniera con ciocche fiammiformi e le incisioni che delineano la pelle corrugata al di

sopra del naso richiamerebbero, secondo Bruni, la protome di fontana proveniente da Orvieto, località S. Giovenale, conservata al Museo C. Faina, “di stile tardo-arcaico” (COLONNA 1985, p. 120, nota 84, figg. 5-6; BRUNI 1998a, pp. 68-70).

226 MAGGIANI 2004, p. 161, figg. 8-9, 12, 14, 16.

227 HUS 1956, p. 51ss., tav. VI, 1-2; BROWN 1960, p. 137; BRUNI 1993a, p. 70, fig. 32; BRUNI 1994, p. 72,

nota 59; BRUNI 1998b, pp. 169-170, tav. 82; MAGGIANI 2004, p. 161, fig. 10.

228 MAGGIANI 2006, p. 168. 229 BROWN 1960, p. 138.

230 LEVI 1935, p. 147, fig. 17; NICOSIA 1966, p. 162; JANNOT 1984, pp. 179-180, H.I.1, fig. 596; BRUNI

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sepolcreto De Luca (Tav. VI, c). Il primo, in posizione accovacciata, è ricomposto da due frammenti e presenta la testa mutila della parte anteriore. La criniera è del tipo a fiamma ed è separata dal capo mediante una sorta di cordone, liscio, dietro al quale si posizionano le orecchie ripiegate231. L‟esemplare dalla necropoli De Luca, acefalo, è anch‟esso accovacciato ma è caratterizzato da una corporatura più snella ed allungata, da una criniera con ciocche di minori dimensioni, ordinate in file concentriche, e da una criniera dorsale che percorre tutta la lunghezza del corpo. La coda si snoda sopra la coscia destra e termina con ciuffo bulbiforme232. Purtroppo i dati di scavo, anche alla luce delle recenti revisioni di entrambe le necropoli, non forniscono un supporto utile alla cronologia: per il leone dei Giardini Margherita si menziona una zona sconvolta con frammenti di stele e poi si accenna al fatto che il leone sia stato rinvenuto sul fondo di una tomba233, identificata con la n. 19 del 1889, la cui datazione è fissata alla seconda metà del V secolo a.C. per la presenza di un‟oinochoe in vetro policromo234. La connessione tra scultura e sepoltura rimane però dubbia, così come per l‟esemplare dal sepolcreto De Luca, per il quale non vi sono dati, se non un‟interessante annotazione di Ducati, che riferisce la notizia, comunicatagli da Zannoni, secondo la quale il leone “...faceva parte di un monumento funebre consistente in una colonna centrale con quattro leoni sdraiati alla base, divergente da questa a mò di raggi”235. La datazione proposta da Brown a ridosso del 500 a.C.236 è stata sostanzialmente confermata da Bruni, che colloca le sculture tra la fine del VI secolo a.C. e l‟inizio del successivo, soprattutto per quanto riguarda il leone dei Giardini Margherita, per il quale adduce un confronto con una scultura della fine del VI – inizio del V secolo a.C. proveniente dalla necropoli di Palatia a Mileto, ora conservata al Louvre (Ma 2790)237.

Appare dunque evidente come la quasi totalità degli esemplari che Brown attribuiva ad un orizzonte di V secolo a.C., alla luce degli studi successivi, debba essere riferita al secolo precedente. Fanno eccezione i due leoni felsinei, la cui cronologia a cavallo dei due secoli costituisce uno spunto per un ulteriore approfondimento all‟interno di questo studio.

231 BRIZIO 1890, p. 138; DUCATI 1911, col. 495, fig. 11; BROWN 1960, pp. 138-139, pl. XLIX, a, 1-2; HUS

1961,p. 94, nn. 2-3; SASSATELLI 1987, pp. 226 ss., fig. 12; BRUNI 1994, p. 70; BRUNI 1998, p. 71; MACELLARI 2002, p. 128; MACELLARI 2005, pp. 297-298.

232 BRIZIO 1890, p. 138; DUCATI 1911, col. 496, fig. 12; BROWN 1960, p. 139; SASSATELLI 1987, pp. 226

ss.; BRUNI 1994, p. 70; BRUNI 1998, p. 71; MACELLARI 2002, p. 128; MACELLARI 2005, pp. 297-298.

233 BRIZIO 1890, pp. 138-139.

234 Devo queste informazioni alla disponibilità della Dott.ssa Federica Guidi (Museo Civico Archeologico di

Bologna), la cui tesi di dottorato ha avuto come oggetto la ricostruzione complessiva del sepolcreto dei Giardini Margherita di Bologna.

235 DUCATI 1911, col. 497. 236 BROWN 1960, p. 139.

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