CAPITOLO 4. PROFILI COMPARATISTICI DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE
2. La judicial liability nell’ordinamento giuridico israeliano: un inquadramento generale
2.6. Il caso Krinsky v State of Israel et Hon Judge H Yinon
Il caso Krinsky v. State of Israel et Hon. Judge H. Yinon costituisce un valido esempio di una giurisprudenza successiva a State of Israel v. Friedman in cui i giudici si sono rifiutati di condividere i principi espressi nel caso appena esaminato. La sentenza è stata emessa dalla Beit
Mishpat Hashalom740 di Haifa, in un recente giudizio vertente su un ricorso proposto nei
738 Si leggano le parole del giudice Yehuda Fargo nel caso 5102/06 (Rishon LeZion), Strasser et al. V.
Bank of Jerusalem Tel Aviv Branch et al., 2007.
739 La sentenza è stata emessa a Haifa il 21 luglio 2016.
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confronti sia di un giudice, che dello Stato di Israele, per un atto asseritamente posto in essere dal primo con colpa grave. In particolare, il ricorrente lamentava che il giudice avesse omesso di statuire sulle spese processuali e che avesse copiato la sentenza da un altro giudizio. I convenuti, dal canto loro, si difendevano invocando l’immunità giudiziale di cui all’ottava sezione della Torts Ordinance.
La sentenza in esame suscita interesse sotto diversi profili, il più immediato dei quali è costituito dalla data della sua emanazione. La circostanza per cui la sentenza risale al 2016 potrebbe apparire come un dato insignificante, ma in realtà risulta utile per comprendere in modo più approfondito se, e in che misura, la giurisprudenza israeliana si sia evoluta a seguito di State of Israel v. Friedman. Si è scelto di analizzare un caso recente proprio allo scopo di poter beneficiare del panorama più ampio possibile delle sentenze emesse fino ad oggi sul tema dell’immunità giudiziale. Inoltre, il caso Krinsky v. State of Israel et Hon. Judge H. Yinon testimonia come il dibattito sulla questione relativa all’immunità giudiziale e all’eventuale responsabilità dello Stato per il fatto del giudice si sia tutt’altro che sopito: dalle parole dei giudici di Haifa si comprende come — contrariamente alle previsioni formulate dalla dottrina all’indomani di
State of Israel v. Friedman741 —la Corte Suprema israeliana non si sia ancora pronunciata sul punto, nonostante gli anni decorsi dallo storico precedente.
Il caso Krinsky v. State of Israel et Hon. Judge H. Yinon stimola l’attenzione dello studioso sotto un ulteriore profilo: anche questa sentenza ripropone quel dialogo costante tra dottrina e giurisprudenza, incorporato espressamente nelle parole dei giudici e posto a fondamento delle loro decisioni, che si era già visto in State of Israel v. Friedman. L’intreccio ricorrente tra studi dottrinali e opinioni giurisprudenziali fornisce al lettore sufficienti elementi per permettergli di sviluppare un pensiero critico in relazione al ragionamento dei giudici. Sin dall’apertura dell’analisi del caso, i giudici di Haifa si dimostrano propensi ad accedere alla tesi dell’immunità sostanziale e assoluta, respingendo quella proposta in State of Israel v. Friedman. Essi fondano le proprie considerazioni sugli studi condotti da diversi autori schieratisi a favore della tesi dell’immunità giudiziale assoluta. Operazione alquanto lodevole, perché dimostra la cura e la prudenza dei giudici nell’affrontare un tema delicato e controverso come quello dell’immunità giudiziale: essi non si limitano, infatti, a decidere il caso di specie a loro sottoposto, ma lo collocano nel contesto più generale del dibattito esistente in dottrina e giurisprudenza. Nel far ciò, i giudici si dimostrano consapevoli della realtà che circonda la loro decisione e, pur prediligendo la tesi favorevoli all’immunità, non sembrano fare cherry picking. Essi riconoscono,
inferiore ai 2.5 milioni di Shekel, con esclusione di quelle riguardanti la proprietà territoriale e dei processi penali per reati puniti con una pena superiore, nel massimo, ad anni sette. Questo tipo di corte si trova normalmente in ogni città israeliana.
741 Davano per scontato un intervento della Corte Suprema israeliana O.APPEL e A.DUSHNIK nel loro articolo (con titolo tradotto) Accountability: can judges be judged? The Supreme Court is scheduled to decide soon on
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infatti, l’esistenza di tesi contrarie e provvedono a confutarle adducendo le ragioni ritenute più convincenti. A prescindere dal merito della decisione, la tecnica utilizzata dai giudici di Haifa — quella, cioè, di decidere il caso tenendo espressamente in considerazione le voci prevalenti in dottrina — risulta apprezzabile, perché rinforza l’autorevolezza e persuasività della decisione.
Nello specifico, i giudici citano, a sostegno della propria posizione, le parole di un forte sostenitore dell’immunità assoluta dei giudici: Israel Gilad. Nel suo articolo “Maledetta sia la
generazione i cui giudici saranno giudicati”742, il Professore sottolinea come l’interesse pubblico al corretto funzionamento del sistema giudiziario presuppone che sia garantita un’ampia immunità non solo ai giudici, ma anche allo Stato, in qualità di loro datore di lavoro. A suo avviso, una tale immunità dovrebbe estendersi ad ogni atto posto in essere in buona fede dal giudice, comprese le ipotesi di colpa grave. Interessante è il riferimento alla buona fede, che costituisce una chiara presa di posizione dell’Autore con riguardo al dibattuto tema del rapporto tra immunità e malafede. Egli esclude nettamente l’applicabilità dell’immunità ai casi in cui il giudice abbia agito con l’intenzione di nuocere alle parti, abusando della propria autorità. In simili circostanze, l’Autore ritiene opportuno far valere la responsabilità non solo vicaria dello Stato, ma anche diretta e personale del giudice.
I giudici di Haifa passano, successivamente, all’analisi di una tesi intermedia tra l’affermazione di un’immunità assoluta e una totale esclusione della stessa. Riportando alcuni incisi di un articolo del giudice Avnieli relativo alla natura dell’immunità giudiziale, i giudici ricordano che la possibilità di agire contro lo Stato per il fatto del giudice sussiste soltanto in casi “eccezionali e oltraggiosi” di malafede o di abuso di potere da parte di quest’ultimo. Solo ed esclusivamente tali atti sarebbero idonei a far sorgere la responsabilità dello Stato per il fatto del giudice.
I giudici affrontano, a questo punto, l’argomento relativo alla possibile responsabilità diretta dello Stato, in virtù del rapporto di immedesimazione organica che lega i giudici allo Stato. Anche questo profilo è stato oggetto di trattazione nella tesi di dottorato del giudice Avnieli, che ha ritenuto ammissibile una tale responsabilità, precisando che essa si fonda sul dovere dello Stato di assicurare il corretto esercizio della funzione giurisdizionale, nonché di selezionare giudici in grado di svolgere i loro doveri in modo efficiente e leale. Secondo una precedente giurisprudenza743, inoltre, la responsabilità diretta dello Stato non sarebbe limitata ai soli casi in cui il giudice abbia agito con colpa grave, cagionando un danno, ma si estenderebbe
742 L’articolo di I.GILAD, Woe to the generations whose judges will be sentenced, in Eli Mishpat, 2002, viene citato nella sentenza Krinsky v. State of Israel et Hon. Judge H. Yinon. Il titolo dell’articolo è tratto dal
Midrash del Libro di Ruth 1:16, in cui si trova scritto: “guai alla generazione che giudica i propri giudici, e guai alla generazione i cui giudici devono essere giudicati!”.
743 Trattasi del caso (Tel Aviv–Jaffa) 199207/02 Yair S. Marketing Ltd. v. The First International Bank of
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anche ai casi in cui egli, in generale, non si dimostri in grado di espletare le proprie mansioni, o qualora il proprio operato risulti affetto da irregolarità.
Pur prendendo in considerazione le osservazioni del giudice Avnieli, la Corte di Haifa dimostra di prediligere un approccio diverso. Decisive ai fini della sua presa di posizione, sono le parole di Tedeschi, Englard, Barak and Cheshin, i quali, nel loro libro “The Law of Torts,
General Torts Theory”, hanno scritto che “i sistemi giuridici derivati dal common law inglese
accordano ai giudici un’immunità particolarmente ampia, che si applica non solo ai casi di eccesso di autorità, ma anche alle azioni compiute in malafede744. […] Attualmente i giudici sono immuni da ogni azione civile per i danni da loro cagionati nell’esercizio delle loro funzioni. L’immunità sussiste nella misura in cui l’atto censurato sia venuto in essere nell’espletamento di funzioni giudiziarie745: la circostanza per cui la condotta del giudice sia connotata da colpa grave non vale ad escludere che il giudice abbia comunque agito nell’ambito delle sue funzioni giudiziarie”746. Per questi motivi, gli Autori ritengono che l’immunità debba ritenersi applicabile, e che la stessa abbia un’ampiezza tale da estendersi anche allo Stato.
2.6.1. Le argomentazioni dei giudici di Haifa
I giudici di Haifa adottano espressamente l’approccio secondo cui l’immunità di cui all’ottava sezione della Torts Ordinance è da intendersi come sostanziale, assoluta e completa. Pur riconoscendo i meriti di entrambe le impostazioni, i giudici ritengono che le ragioni in favore dell’approccio sostanziale assumano un maggior peso rispetto a quelle che sorreggono l’approccio processuale e limitativo dell’immunità. Secondo la Corte di Haifa — che si ispira, a tal fine, alle voci prevalenti in dottrina e in giurisprudenza — le ragioni per accordare un’immunità sostanziale sono le seguenti:
1. L’indipendenza degli organi giurisdizionali. L’immunità è volta a prevenire indebite pressioni sull’operato del giudice e, in generale, ad assicurarne l’indipendenza nell’esercizio delle proprie funzioni. L’interesse pubblico al corretto funzionamento dell’apparato giurisdizionale presuppone che ai giudici sia accordata una piena immunità, in modo da consentire loro di interpretare ed applicare la legge in modo sereno e secondo la propria coscienza, in assenza di turbative provenienti dalle parti in causa. 2. Il rischio di stravolgere la struttura gerarchica e l’equilibrio generale del sistema delle
corti: qualora un soggetto si ritenga insoddisfatto dalla decisione di un determinato
744 G. TEDESCHI,I.ENGLARD,A. BARAK,M.CHESHIN, The Law of Torts, General Torts Theory, second
edition, Jerusalem, 1977., p. 392.
745 TEDESCHI,ENGLARD,BARAK,CHESHIN, op. cit., p. 393. 746 TEDESCHI,ENGLARD,BARAK,CHESHIN, op. cit., p. 395.
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tribunale, egli potrebbe rivolgersi ad un’altra corte, di livello inferiore a quella che ha emesso la decisione asseritamente causativa del danno.
3. Il timore di un’eccessiva deterrenza. Imporre una responsabilità civile ai giudici potrebbe portare ad un’eccessiva lentezza o esitazione nel decidere: i giudici finirebbero per attenersi supinamente alle procedure, e la loro attenzione finirebbe per concentrarsi esclusivamente sull’adozione di misure di autotutela nei confronti della minaccia della responsabilità. Per questo motivo, il principio della totale immunità è necessario al fine di assicurare la giustizia, la libertà e il coraggio di prendere decisioni da parte dei giudici. 4. Il disordine che si verrebbe a creare nell’attività giudiziaria, a causa del tempo e delle
risorse da investire nei giudizi di responsabilità. Le corti sarebbero, inoltre, investite di un numero sempre più elevato di azioni civili per danni cagionati dai giudici, il che comporterebbe un onere economico notevole a carico dello Stato.
5. L’abuso del diritto di agire di fronte ad un giudice: se si ammette una responsabilità giudiziale o dello Stato, la parte che si ritiene insoddisfatta dalla decisione di un giudice agirà automaticamente nei confronti dello stesso, per tentare di rimettere in discussione la decisione da questi assunta.
6. La difficoltà di formulare uno standard per valutare la colpa del giudice.
Infine, la Corte di Haifa conclude il proprio ragionamento citando l’articolo 2 della Basic
Law “The Judiciary”, in base al quale “A person vested with judicial power shall not, in judicial matters, be subject to any authority but that of the Law”. I giudici osservano, in proposito, che l’assenza di un
dovere del giudice di accettare ordini dallo Stato — il quale, talvolta, è esso stesso parte in causa — esclude che tra quest’ultimo e i giudici possa sussistere un rapporto di lavoro, e, di conseguenza, che possa configurarsi una responsabilità dello Stato per atti o omissioni poste in essere dal giudice nell’esercizio delle proprie funzioni. Secondo la Corte, ritenere configurabile una responsabilità dello Stato anche laddove questi non abbia alcun potere di ordinare ai giudici di agire o decidere in un determinato modo, sarebbe incoerente con i principi della responsabilità civile e con il principio in base al quale laddove vi è immunità sostanziale, non può esservi responsabilità.
I giudici si soffermano, infine, sulla questione relativa alla tutela dei pretesi danneggiati da una decisione giudiziale. I rimedi predisposti dall’ordinamento per rimettere in discussione le sentenze appaiono, secondo i giudici, più che sufficienti. L’appello delle sentenze, ad esempio, è un diritto fondamentale nell’ordinamento israeliano e, di conseguenza, i giudici escludono la necessità di prevedere rimedi alternativi per attaccare le decisioni giudiziali accusate di aver provocato danni. Anzi, a loro avviso, una simile previsione rischierebbe di determinare uno stravolgimento nel normale funzionamento della macchina giudiziaria.
Per i motivi sopra esposti, la Corte di Haifa sancisce che l’immunità giudiziale prevista all’ottava sezione della Torts Ordinance ha natura sostanziale, assoluta e completa. Lo Stato non deve essere ritenuto responsabile per i danni ingiusti provocati da un giudice nell’esercizio delle
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sue funzioni. È il caso di notare, inoltre, come nel caso di specie il ricorrente non avesse nemmeno appellato la sentenza asseritamente causativa del danno. Anche per questa ragione — oltre che per le considerazioni svolte sulla natura dell’immunità giudiziale — i giudici di Haifa respingono il ricorso proposto dal ricorrente. Quest’ultimo inciso ricorda la disposizione di cui all’art. 4 della legge n. 117/1988 (così come modificato dalla l. 18/2015), che subordina l’azione di responsabilità al previo esaurimento dei rimedi impugnatori previsti per la decisione del giudice747. Nell’ordinamento italiano, questa previsione è sancita espressamente dalla legge; nell’ordinamento israeliano, i giudici pervengono alla medesima conclusione in via interpretativa.