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Il contratto istituivo del gruppo cooperativo

Nel documento Il gruppo contrattuale (pagine 67-78)

Come precedentemente osservato, il gruppo cooperativo paritetico trova la sua fonte in un contratto mediante il quale «più cooperative appartenenti anche a categorie diverse regolano, anche in forma consortile, la direzione e il coordinamento delle rispettive imprese». La prima osservazione che si impone da fare riguarda l'inciso “anche in

forma consortile”. È stato condivisibilmente sostenuto che a tale

espressione non debba essere accordato particolare rilievo in quanto l'unica ragione che avrebbe spinto il legislatore ad effettuare una simile precisazione è quella di “richiamare una delle possibili forme storiche

176 Così, TOMBARI, Il gruppo cooperativo paritetico: profili giuridici, cit., p. 122;

GENCO, Gruppi cooperativi e gruppo cooperativo paritetico, cit., p. 517.

177 TOMBARI, ibidem; più in generale, v. SANTAGATA, Il gruppo cooperativo

paritetico (una prima lettura dell'art. 2545 septies c.c.), cit., p. 531 ss., per una

di organizzazione della mutualità di gruppo” limitandosi dunque a lasciare spazio alla “possibilità che il gruppo coinvolga una struttura consortile (…) rafforzando in questo modo i poteri di direzione e coordinamento della capogruppo con una struttura “dedicata” in modo naturale a finalità di servizio a favore delle imprese raggruppate (e consorziate)”178. Effettuata questa preliminare considerazione, passiamo adesso ad analizzare quelli che, ai sensi dell'art. 2545 septies, sono i requisiti minimi del contratto istitutivo del gruppo. È espressamente previsto, al primo comma, che tale contratto deve indicare:

1) la durata;

2) la cooperativa o le cooperative cui è attribuita direzione del gruppo, indicandone i relativi poteri;

3) l'eventuale partecipazione di altri enti pubblici e privati; 4) i criteri e le condizioni di adesione e di recesso dal contratto;

5) i criteri di compensazione e l'equilibrio nella distribuzione dei vantaggi derivanti dall'attività comune.

È da ritenere che, nonostante l'utilizzo di un'espressione tassativa (“deve indicare”), il modello contrattuale delineato dall'articolo non sia da considerarsi inderogabile sul presupposto che, laddove il legislatore avesse voluto intendere gli elementi elencati come necessari, avrebbe indubbiamente previsto un regime di nullità in caso di mancato rispetto delle previsioni179.

Entrando nel vivo dell'analisi, il primo dato che si legge nell'articolo in esame come uno degli elementi del contratto è l'indicazione della durata. Com'è agevole osservare, nessuna limitazione temporale è imposta dal legislatore e proprio questa differenza rispetto alla disciplina consortile ha portato parte della dottrina a ritenere legittima la discrezionalità delle parti nel determinare autonomamente la durata del contratto180. Altri, invece, hanno inteso tale assenza di indicazione come

178 In questo senso TOMBARI, Il gruppo cooperativo paritetico: profili giuridici,

cit., p. 125; v. in particolare GENCO, Gruppi cooperativi e gruppo cooperativo

paritetico, cit., p. 513, dal quale è citato il virgolettato.

179 Così, SANTAGATA, Il gruppo cooperativo paritetico (una prima lettura dell'art.

2545 septies c.c.), cit., p. 534.

180 Sono di questo avviso, V. PAOLINI, Il gruppo cooperativo, in Contratto e

un'implicita possibilità di applicazione analogica della previsione dell'art. 2604 c.c.181, il quale, in tema di consorzi, prevede che «in mancanza di determinazione della durata del contratto, questo è valido per dieci anni». In ogni caso, si discute sulla legittimità di una clausola che preveda una durata illimitata del gruppo costituito, sostenendone la radicale nullità o ritenendo quantomeno necessaria, per una funzione riequilibratrice, la previsione del diritto di recesso esercitabile da parte delle società contraenti, mediante preavviso, pur in assenza di una giusta causa.

Sul punto n. 2 dell'art. 2545 septies si è già trattato precedentemente con riferimento alle difficoltà interpretative di tale disposizione e alla sua conciliabilità con il carattere paritetico del gruppo. Per quel che interessa in questa sede, merita rilevare che – stante il tenore letterale della disposizione, che recita “la cooperativa o le cooperative cui è attribuita direzione del gruppo” – ad una prima lettura, sembrerebbe essere disposta una “riserva esclusiva”182 del ruolo di capogruppo a favore delle sole società cooperative affiliate, escludendo la possibilità di affidare il potere direttivo agli “altri enti pubblici e privati” che partecipino eventualmente al gruppo, possibilità contemplata dall'art. 2545 septies, comma 1, n. 3, c.c. Si riscontrano, tuttavia, opinioni discordanti al riguardo. È stato infatti autorevolmente sostenuto che «non ha senso limitare la possibilità di attribuire il potere di direzione del gruppo (solo) alla società cooperativa, dovendosi ammettere che esso sia assegnato anche ad un ente di natura diversa, sempre che la disciplina della tutela materiale, intesa appunto quale disciplina di presidio della causa mutualistica, trovi integrale applicazione»183. In maniera analoga, continua ad essere controverso in dottrina se gli “altri enti pubblici o privati” di cui all'art. 2545 septies, comma 1, n. 3, possano essere anche società lucrative o se la partecipazione al

cooperative, Torino, 2005, p. 139.

181 SANTAGATA, Il gruppo cooperativo paritetico (una prima lettura dell'art. 2545

septies c.c.), cit., p. 535.

182 L'espressione è di TOMBARI, Il gruppo cooperativo paritetico: profili giuridici,

cit., p. 127.

183 ZOPPINI, I gruppi cooperativi (modelli di integrazione tra imprese mutualistiche

fenomeno in esame sia limitata alle sole cooperative. Da un lato, è stato affermato che la formulazione della disposizione non sembrerebbe porre alcun “vincolo di minoranza”184 alla partecipazione di imprese non mutualistiche al gruppo cooperativo, rimettendo semplicemente al contratto il dovere di stabilire le condizioni di entrata e di uscita. Dall'altro, c'è chi ha ritenuto di non interpretare la disposizione nel senso di ammettere la partecipazione di società lucrative, poiché la loro adesione potrebbe portare a “snaturare” il sodalizio e a distrarlo dalle sue finalità mutualistiche, vaneggiando l'intento della riforma185.

La prima soluzione, a parer di chi scrive, sembra essere più convincente, se consideriamo che il rischio di fuorviare il perseguimento dell'interesse mutualistico a causa della mera partecipazione di imprese lucrative all'interno del gruppo, potrebbe essere facilmente arginato, attenendosi al dato letterale dell'art. 2545

septies n.2, nella parte in cui prevede che il contratto debba indicare «la cooperativa o le cooperative cui è attribuita la direzione del gruppo». In

altre parole, consentire ad enti non mutualistici di partecipare al gruppo cooperativo paritetico meramente in posizione di imprese dominate, non dovrebbe portare con sé l'effetto negativo di deviazione dallo scopo mutualistico, a condizione che il ruolo della capogruppo sia rigidamente attribuito solo e soltanto a società cooperative.

Proseguendo nell'analisi, anche nel caso di gruppo cooperativo paritetico il legislatore ha previsto il diritto di recesso come strumento di tutela delle società contraenti. L'art. 2545 septies prevede infatti al comma 1, n. 4, che il contratto indichi altresì «i criteri e le condizioni di adesione e di recesso dal contratto» e, ancora, al secondo comma, stabilisce che «la cooperativa può recedere dal contratto senza che ad essa possano essere imposti oneri di alcun tipo qualora, per effetto dell'adesione al gruppo, le condizioni dello scambio risultino pregiudizievoli per i propri soci».

Entrambe le previsioni dimostrano che il legislatore è ben consapevole

184 Così, GENCO, Gruppi cooperativi e gruppo cooperativo paritetico, cit., p. 515. 185 V. ad esempio A. IRACE, Art. 2545 septies c.c., in SANDULLI M. SANTORO (a

del fatto che anche in un gruppo paritetico sia possibile che si verifichino situazioni pregiudizievoli a danno di una o più società affiliate, per quanto tali ipotesi di abuso siano da considerarsi patologiche186. In circostanze di pregiudizi – se non sistematici, quantomeno incisivi – derivanti dalla soggezione delle decisioni prese dalla maggioranza, le società affiliate risultano sprovviste degli ordinari poteri di veto in grado di paralizzare l'attività del gruppo, con la conseguenza che l'unico strumento idoneo a consentire alle imprese aderenti di allontanarsi da un gruppo con cui non condivide più le linee guida, è il diritto di exit. È così confermato che il contratto di collegamento paritario “pur avendo ad oggetto, la regolazione di una, più o meno ampia, eterodirezione di un'impresa su un'altra, deve comunque essere tale da non pregiudicare gli interessi della società dominata”187. Lo si legge altresì nella previsione del successivo punto n. 5 che introduce, anche in tema di gruppo cooperativo paritetico, il principio della teoria dei vantaggi compensativi, prevedendo che il contratto regoli «i criteri di compensazione e l'equilibrio nella distribuzione dei vantaggi derivanti dall'attività comune», a riprova, ancora una volta, che la posizione di società subordinata non legittima un pregiudizio che non sia compensato dalla partecipazione al gruppo188. Come si accennava sopra, a differenza di quanto previsto nella disciplina generale dell'attività di direzione e coordinamento (v. art 2497 c.c.), nel caso del gruppo paritetico si impone una preventiva valutazione e determinazione dei criteri di compensazione e dei vantaggi di gruppo. Questa previsione risulta perfettamente in linea con la natura “paritetica” del gruppo: è evidente che la sostanziale posizione paritaria delle società partecipanti impone necessariamente un'anticipata positivizzazione dei meccanismi attraverso cui garantire l'equiordinazione degli interessi di ciascuna, per evitare, in altre parole, che la pariteticità si esaurisca nel momento a valle di determinazione delle strategie di gruppo e venga meno nella distribuzione dei vantaggi.

186 Vedi infra §2.6.

187 GENCO, Gruppi cooperativi e gruppo cooperativo paritetico, cit., p. 514. 188 GENCO, Gruppi cooperativi e gruppo cooperativo paritetico, cit., p. 516.

2.7.2. La disciplina applicabile al gruppo cooperativo paritetico

Il contenuto dell'art. 2545 septies c.c. si limita a stabilire parzialmente gli elementi del contratto istitutivo del gruppo cooperativo paritetico e fornisce altre scarne indicazioni riguardo al diritto di recesso delle società affiliate e all'obbligo di deposito dell'accordo di partecipazione presso l'albo delle società cooperative. È rimesso dunque all'interprete il compito di stabilire quale sia la disciplina da applicare alla figura in esame, sia nel momento preliminare della stipulazione del contratto, sia in quello successivo dello svolgimento effettivo dell'attività di gruppo. Per quanto attiene al primo profilo, il principale interrogativo che si pone riguarda l'organo sociale competente alla stipulazione del contratto. A ben guardare, per dare una risposta diviene necessario distinguere tra due diverse ipotesi. Laddove la nascita del gruppo comporti l'imputazione del potere di direzione ad una sola società – venendo ad esistenza dunque un gruppo di fatto gerarchico – l'atto in questione non dovrebbe essere considerato un mero atto gestorio, ma un vero e proprio atto organizzativo, con sua conseguente attribuzione all'organo assembleare. Diversamente, nel caso in cui le società contraenti decidano di dar luogo ad una direzione effettivamente concertata, da esercitare attraverso una struttura tesa a rappresentare in maniera paritaria le imprese affiliate, allora ben potrà trattarsi di un atto meramente gestorio di competenza esclusiva dell'organo amministrativo189.

Risolto l'interrogativo riguardante il momento della stipulazione del contratto, passiamo adesso ad esaminare la disciplina applicabile al gruppo, quando si trovi ad esercitare la sua attività sotto il potere di direzione di una società. A tal proposito, merita di essere ricordato l'art. 2497 septies c.c., che stabilisce che le disposizioni previste dagli artt. 2497 ss. «si applicano altresì alla società o all'ente che, fuori dalle ipotesi di cui all'articolo 2497 sexies, esercita attività di direzione e

coordinamento di società sulla base di un contratto con le società medesime o di clausole dei loro statuti». Si aggiunga a questa disposizione di collegamento, anche la considerazione del carattere “transtipico”190 della disciplina dell'attività di direzione e coordinamento, destinata ad applicarsi a qualunque tipo societario assunto dall'impresa, e dunque a prescindere dal suo carattere lucrativo o mutualistico. In primo luogo risulta sicuramente applicabile il regime di pubblicità previsto all'art. 2497 bis, che si aggiunge a quanto previsto al terzo comma dell'art. 2545 septies191, posto che le finalità sottese alle due disposizioni attengono a profili differenti. Allo stesso modo, non pone problemi l'applicazione al gruppo cooperativo paritetico dell'art. 2497 ter, che stabilisce l'obbligo di motivazione delle decisioni delle società subordinate che siano influenzate dall'attività di direzione e coordinamento.

Inoltre, nonostante ad una prima lettura possa risultare superflua l'estensione della disciplina in tema di recesso prevista all'art. 2497

quater, in quanto ispirata alle medesime esigenze dell'art. 2545 septies,

a ben guardare la sua applicazione si pone come necessaria poiché i soggetti tutelati dalle due disposizioni sono diversi: nella prima, il diritto di recesso viene attribuito al socio dell'impresa dominata; nella seconda è la società stessa a poter recedere dal gruppo. Dunque, la mancata estensione della disciplina ex art. 2497 quater anche nel gruppo cooperativo paritetico potrebbe comportare l'effetto di lasciare il socio di minoranza di una cooperativa appartenente ad un gruppo, privo di tutela192. A fortiori, è da considerarsi applicabile a strutture di gruppo come quelle in esame la disposizione cardine del corpus normativo in tema di attività di direzione e coordinamento, cioè l'art. 2497 c.c., che disciplina il regime di responsabilità della società capogruppo, in base

190 L'espressione è di TOMBARI, Il gruppo cooperativo paritetico: profili giuridici,

cit., p. 133-134.

191 V. TOMBARI che, a conferma definitiva di tale orientamento, riporta l'art. 8 del

d.min. Attività produttive 23 giugno 2004, il quale prevede l'obbligo di integrare il regime di pubblicità previsto in tema di gruppo cooperativo paritetico con il regime dettato in generale per l'attività di direzione e coordinamento (Il gruppo

cooperativo paritetico: profili giuridici, cit., p. 134 nota 107).

al quale la società o gli enti che «agiscono in violazione dei principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale» sono direttamente responsabili nei confronti dei soci e dei creditori delle società dominate «per il pregiudizio arrecato alla redditività ed al valore della partecipazione sociale» nonché «per la lesione cagionata all'integrità del patrimonio della società». Ed è soprattutto in relazione all'estensione di questa disposizione che assume estrema importanza la previsione dell'art. 2545 septies, nella parte in cui stabilisce che il contratto costitutivo del gruppo debba prevedere «i criteri di compensazione e l'equilibrio nella distribuzione dei vantaggi derivanti dall'attività comune»: sono questi gli elementi del contratto che consentono di capire quando l'attività di direzione – che sia concertata o in mano ad una cooperativa – è svolta correttamente oppure se sia esercitabile un'azione di responsabilità ai sensi dell'art. 2497 c.c.

Infine, non sembrano sussistere ragioni per escludere l'applicazione della disciplina prevista dall'art. 2497 quinquies sui finanziamenti infragruppo poiché, indubbiamente, anche nel caso dei gruppi orizzontali può sorgere il rischio della c.d. sottocapitalizzazione nominale. A tal fine la postergazione dei finanziamenti nell'esercizio dell'attività di direzione e coordinamento può risultare un utile strumento a tutela del principio della par condicio creditorum, anche nell'ambito del gruppo cooperativo paritetico193.

193 GENCO, Gruppi cooperativi e gruppo cooperativo paritetico, cit., p. 519;

SANTAGATA, Il gruppo cooperativo paritetico (una prima lettura dell'art. 2545

CAPITOLO III

ARTICOLO 2497 SEPTIES C.C.: APERTURE VERSO IL GRUPPO CONTRATTUALE GERARCHICO

Sommario: 3.1. La dubbia interpretazione dell'articolo 2497 septies

c.c.; 3.2. L'ambito oggettivo della fattispecie ex art. 2497 septies c.c. e il controllo contrattuale ai sensi dell'art. 2359 c.c.; 3.3. La disciplina tedesca: il Beherrschungsvertrag; 3.4. I problemi e le difficoltà attuative del Beherrschungsvertrag; 3.5. Configurazione e limiti del contratto di dominio debole; 3.6. Il ruolo degli organi della società controllata; 3.7. La tutela dell'interesse sociale; 3.8. I possibili contenuti del contratto di dominio debole; 3.9. Il regolamento di gruppo.

3.1. La dubbia interpretazione dell'articolo 2497 septies c.c.

Con il d.lgs. 6 febbraio 2004 n. 37 è stata reintrodotta nel nostro ordinamento la previsione contenuta nell'art. 2497 septies c.c., che precedentemente trovava collocazione all'interno dell'art. 2497 sexies c.c., a seguito delle due presunzioni relative in tema di controllo e bilancio consolidato. Tale disposizione stabilisce, come già si è anticipato, l'applicabilità del corpus normativo contenuto negli artt. 2497 ss. anche «alla società o all'ente che, fuori dalle ipotesi di cui all'art. 2497 sexies, esercita attività di direzione e coordinamento sulla base di un contratto con le società medesime o di clausole dei loro statuti».

Proprio in virtù dell'autonoma rilevanza assunta da questa previsione e dell'iter legislativo che ha portato al suo reinserimento, si è posto fin da subito un problema di delimitazione del suo ambito di applicazione: il rinvio effettuato al contratto come fonte del potere di direzione e coordinamento ha portato parte della dottrina a ritenere che il legislatore abbia voluto espressamente prevedere, anche nel nostro sistema, la possibilità di costituzione di un gruppo gerarchico tramite

accordo contrattuale, mutuando l'istituto dall'esperienza giuridica tedesca. Dunque se già prima della riforma era discusso il ruolo dell'autonomia privata nella formazione e disciplina di gruppo, il tema è oggi ancor più al centro dell'attenzione. Non è una novità che, prima della recente riforma, l'opinione più diffusa della dottrina italiana fosse orientata nel senso di una radicale nullità del contratto con cui una società si obbliga ad agire secondo le direttive impartite unilateralmente dalla società capogruppo, muovendo dal presupposto che un simile contratto sarebbe lesivo di due principi inderogabili previsti dal diritto societario nostrano:

1) una società non può vincolarsi ad agire in difformità del suo interesse particolare;

2) gli organi della società non possono in nessun caso abdicare all'autonomia che compete loro nella selezione e attuazione dell'interesse sociale194.

A diversa conclusione giungeva, ancor prima della riforma, altra parte della dottrina195 sostenendo non solo la non coincidenza delle nozioni di gruppo e controllo – sul presupposto che ogni gruppo necessiti di una posizione di controllo ma non ogni ipotesi di controllo dia vita ad un fenomeno di gruppo – ma che l'essenza stessa del gruppo sia da rinvenirsi nel coordinamento di più imprese al fine del perseguimento di interessi ulteriori rispetto a quelli perseguibili da ciascuna singola impresa, obiettivo realizzabile solo attraverso la stipulazione di una convenzione fra le società coinvolte, allo scopo di legittimare la direzione unitaria e dettare la disciplina da applicare nel caso in cui l'azione di gruppo abbia comportato sacrifici per talune imprese196. Com'è noto, una simile impostazione – eccessivamente estremista nella misura in cui poneva come unica alternativa l'ammissione anche nel

194 P. ABBADESSA, Rapporto di dominio ed autonomia privata nel diritto

societario italiano in Banca borsa e tit. cred., 1999, I, p. 545.

195 Il riferimento è principalmente a G. FERRI, Concetto di controllo e di gruppo,

cit., pp. 67 ss.

196 In altre parole, secondo FERRI soltanto “quando la situazione di controllo si crea

volutamente mediante contratto essa si crea per la realizzazione di un interesse ulteriore rispetto a quello proprio delle singole imprese (...)” (Concetto di

nostro ordinamento del “contratto di gruppo” o l'interdizione dell'utilizzo della struttura aggregativa alle imprese nostrane – non ha trovato largo seguito. Al contrario la dottrina italiana si è mossa in una direzione molto diversa e si è concentrata soprattutto su un altro aspetto, diffusamente percepito come il problema cruciale della disciplina dei gruppi, vale a dire quello di stabilire se “principi inderogabili del diritto societario si oppongono a che la controllata si vincoli a meccanismi di eterodeterminazione della propria volontà”197, considerando che in caso affermativo non sarebbe sufficiente un atto di autonomia privata a superare tale ostacolo, “a meno che quel contratto non sia, per espressa disposizione di legge, capace di incidere, modificandola, sull'organizzazione delle società contraenti”198. Pertanto il problema che si pone ora all'interprete, dopo l'introduzione dell'art. 2497 septies c.c., è, in primo luogo, capire cosa intende il legislatore quando parla di attività di direzione e coordinamento esercitata «sulla base di un contratto», e in particolare, quale sia il rapporto fra tale previsione e i «particolari vincoli contrattuali» cui fa riferimento l'articolo 2359, primo comma, n. 3, c.c., nel disciplinare le ipotesi di controllo c.d. esterno. In secondo luogo – una volta circoscritta la fattispecie – indagare se, alla luce del diritto societario italiano e dei principi generali che sorreggono il nostro sistema, lo strumento contrattuale possa essere legittimamente impiegato per la costituzione e/o per la regolamentazione di un gruppo non solo “paritetico” ma anche e soprattutto gerarchico199.

197 V. ABBADESSA, Rapporto di dominio ed autonomia privata nel diritto

societario italiano, cit., p. 545.

198 Questa capacità è invece espressamente riconosciuta al contratto di dominazione

(Beherrschungsvertrag) che, secondo la dottrina tedesca, ha valore di “materiellrechtlich Satzungsqualität”, anche quando lasci immutato il tenore testuale dello statuto (v. P. ULMER, Verletzung schuldrechtlicher Nebenabreden

als Anfechtungsgrund im GmbH-Recht?, in NJW, 1987, p. 1850, come citato in

Nel documento Il gruppo contrattuale (pagine 67-78)

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