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Il regolamento di gruppo

Nel documento Il gruppo contrattuale (pagine 95-112)

A conferma dell'importanza strategica e organizzativa che il contratto di coordinamento gerarchico fin qui delineato potrebbe assumere nel panorama societario italiano, si pone l'osservazione che nell'esperienza pratica è crescente la diffusione dei Regolamenti di gruppo234. È ormai pacificamente riconosciuto che “la disciplina costituente l'Organisationsrecht di gruppo non è autosufficiente, ma destinata ad essere integrata e modulata dall'autonomia privata (…). È quindi possibile, e anzi opportuno che, in virtù delle convergenti manifestazioni di volontà e di autonomia delle società che vi appartengono, sia dettato un regolamento o codice di corporate governance di gruppo” con lo scopo di regolamentare la dialettica intersocietaria e disciplinare organicamente i flussi di informazione, le competenze, i poteri e i doveri delle varie società235. Il regolamento di gruppo in esame non si configura come una fonte sovraordinata di disciplina dell'impresa di gruppo, in mancanza di una previsione legale. Si tratta piuttosto di uno “strumento autonormativo di rango secondario

233 Fra le recenti pronunce, v. ad esempio, Trib. di Prato che, in data 25 settembre

2012, si è così espresso: «l'art. 2497 c.c. prevede un'ipotesi di responsabilità extracontrattuale riconducibile alla violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale dell'attività di direzione e coordinamento della società controllata da parte della controllante. Ne consegue che, dal punto di vista della ripartizione dell'onere della prova, spetta alla curatela attrice provare gli elementi costitutivi del fatto illecito disciplinato dall'art. 2497 c.c.».

234 V. TOMBARI, Coordinamento fra società, cit., p. 3141. 235 Si veda GUERRERA, I regolamenti di gruppo, cit., p. 1555 ss.

e di carattere ausiliario”236 elaborato dagli amministratori della società controllante237, teso a specificare e razionalizzare le relazioni di gruppo. Dovendo tuttavia rispettare la disciplina legale (nonché statutaria e convenzionale) delle singole società, tale regolamento deve necessariamente conformarsi agli statuti delle controllate, onde evitare l'illegittimità e l'inefficienza delle statuizioni: prima che al regolamento di gruppo infatti, è demandato agli statuti delle singole società il compito di fissare regole di governance compatibili con un livello di accentramento della gestione dell'impresa di gruppo che assume “carattere formalizzato, trasparente e verificabile”. Spetta perciò allo statuto della società dominante nonché a quello delle società controllate “sancire le linee generali (…) l'estensione dei poteri degli organi amministrativi e controllo della capogruppo, lo stato di soggezione degli organi delle controllate, la speciale configurazione dell'interesse sociale che ispira la condotta degli uni e degli altri, le modalità di perseguimento dell'oggetto sociale delle singole entità del gruppo, l'adattamento delle loro procedure informative, valutative, decisionali e di controllo alle esigenze della «gestione accentrata»” mentre è il regolamento di gruppo che deve “specificare, sviluppare e armonizzare quei principi in un quadro normativo unitario, che esprima la «filosofia» o il «disegno» dell'attività di direzione e coordinamento (…) e che funga altresì da criterio di interpretazione e di applicazione

uniforme, per tutte le società del gruppo, delle regole organizzative e

procedimentali che esso esprime”238. Si precisa, inoltre, che – per quanto tali regolamenti di gruppo generalmente statuiscano l'obbligo degli amministratori delle controllate di agire sulla base di piani e budget approvati dalla capogruppo, di adeguarsi alle direttive emanate

236 V. ancora GUERRERA, I regolamenti di gruppo, cit., p. 1571.

237 Infatti, relativamente al procedimento formativo, la competenza ad adottare il

regolamento di gruppo si “radica, per lo meno tendenzialmente, in capo agli organi amministrativi della controllante e delle controllate; relativamente a queste ultime, si tratta anzi – senza dubbio – di una decisione soggetta all'obbligo di «analitica motivazione» circa la valutazione «delle ragioni e degli interessi» coinvolti, in quanto è, per definizione, «influenzata» dall'esercizio della direzione unitaria (art. 2497 ter c.c.) e deve essere assunta ponderatamente, avendo riguardo alle ripercussioni sull'assetto organizzativo della società amministrata” (GUERRERA, I regolamenti di gruppo, cit., p. 1586).

dalla stessa, nonché di garantire alla holding adeguati flussi informativi – lo scopo di tali previsioni lungi dal sancire la rinuncia totale all'autonomia degli organi societari delle imprese eterodirette, bensì impongono loro di partecipare attivamente e dialetticamente ai processi di elaborazione delle politiche gestorie del gruppo, richiedendosi talvolta la sollecitazione della capogruppo alla trasmissione tempestiva di informazioni necessarie per effettuare valutazioni o per assumere decisioni attuative che rilevino nell'ambito delle singole società eterodirette. In altre parole, il regolamento di gruppo “favorisce una migliore dialettica” nella misura in cui coinvolge “tutte le componenti dell'impresa di gruppo a concorrere secondo un disegno verticistico, ma razionalmente articolato – cioè sulla base di strumenti

programmatici e di direttive di portata generale, anziché di ordini e

disposizioni particolari, emanate in modo episodico – alla definizione e realizzazione degli obiettivi dell'azione imprenditoriale”239.

Considerazioni conclusive

Alla luce dell'indagine condotta, sembra di poter affermare che il nuovo

corpus normativo in tema di attività di direzione e coordinamento

manchi di una specifica definizione del gruppo di società – sostituita dalla previsione di una serie di circostanze dalle quali presumere iuris

tantum l'esistenza di tale specifica forma aggregativa – allo scopo di

rendere applicabile la normativa in esame ad ogni situazione nella quale

di fatto venga esercitato il potere di direzione e coordinamento di

società. In presenza di tale attività, nasce l'esigenza di tutelare gli azionisti esterni e i creditori, nonché – più in generale – i terzi che entrino in contatto con le società del gruppo. Conseguentemente è stato avvertito il bisogno di emancipare la direzione unitaria dai limiti incerti in cui era imbrigliata nel precedente quadro normativo e sono stati così tipizzati una serie di principi volti a tutelare le società eterodirette, in primo luogo il dovere di rispettare i principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale che si traduce irrimediabilmente nel divieto di ledere l'integrità patrimoniale e la causa lucrativa delle società sottoposte. All'individuazione della condotta della capogruppo che segna il momento in cui l'esercizio del potere di direzione e coordinamento risulta essere contra legem, segue la definizione del modo in cui tale attività deve essere esercitata: gli obblighi di pubblicità delle posizioni tanto di società capogruppo quanto di società dominate; la necessità di motivare e far trasparire gli interessi che influenzano le deliberazioni adottate nelle singole società; la concessione di nuove ipotesi di recesso dei soci; la previsione della postergazione dei finanziamenti infragruppo allo scopo di limitare le conseguenze pregiudizievoli derivanti dal rischio di sottocapitalizzazione nominale delle società controllate. Per garantire l'attuazione di tutte quelle previsioni che attengono al quomodo dell'attività di direzione e coordinamento, si è posto l'accento sul profilo della responsabilità per i

danni cagionati dall'attività di gruppo, con conseguente imputazione della stessa direttamente in capo a chi esercita il potere di direzione e coordinamento. L'aspetto della riforma societaria del 2003 che tuttavia ha sollevato maggiori interrogativi, è la previsione dell'art. 2497

septies, il quale – come abbiamo avuto modo di osservare – è stato in

un primo momento espunto dalla normativa di cui agli artt. 2497 ss. c.c., per essere reintrodotto in un successivo momento (con il d. lgs. 6 febbraio 2004, n. 37) in posizione autonomia rispetto alla precedente collocazione all'interno dell'art. 2497 sexies c.c. Tale articolo stabilisce che i principi, i limiti e gli interessi sottesi alla nuova disciplina in tema di gruppi di società trovino applicazione anche nelle ipotesi in cui l'attività di direzione e coordinamento sia esercitata sulla base di un contratto fra due o più società o in virtù di clausole dei loro statuti. L'indagine sulla natura di tale disposizione ha portato alla conclusione, nonostante alcune voci dissenzienti in dottrina, che il legislatore abbia inteso disciplinare le ipotesi di costituzione – tramite specifico accordo – di un gruppo paritetico e non anche gerarchico, fugando dunque ogni possibile dubbio circa l'ammissibilità, anche nel nostro ordinamento, del contratto di dominazione “forte” previsto in Germania. Non si può tuttavia sottacere che – dopo l'introduzione della disposizione in esame – si aprono inevitabilmente molteplici possibilità per l'autonomia privata, proprio in virtù del duplice binario che ora si legge nel Capo IX: all'esaltazione dell'aspetto fattuale del potere di direzione e coordinamento, si affianca oggi la rilevanza accordata anche alle ipotesi in cui tale potere derivi da un contratto. Ed è allora in questo clima di mutamento di prospettiva che si palesa la possibilità di riconoscere all'autonomia privata il potere di costituire, non solo di un gruppo paritetico, ma anche e soprattutto gerarchico. In questa prospettiva, risulta evidente come il contratto di coordinamento gerarchico ipotizzato non possa comunque muoversi in direzioni diverse rispetto a quelle che si leggono nel nuovo corpus normativo. Dunque, onde evitare di ledere lo spirito della riforma, deve anzitutto rilevarsi come l'autonomia privata debba essere utilizzata nei rispetto dei principi imperativi della disciplina. Pertanto si esclude una tipizzazione

dell'istituto che prescinda dal limite esterno dell'indisponibilità dell'interesse imprenditoriale delle società del gruppo. Al contrario la direzione auspicata è quella di una regolamentazione che, integrata ex

lege dalle previsioni degli artt. 2497 ss., assolva lo scopo di stabilire

con certezza tutti quei profili e quei momenti organizzativi che, da un lato, si configurano come centrali nelle dinamiche di gruppo, ma, dall'altro, risultano essere scarsamente considerati dal legislatore. Ed un intervento legislativo in tal senso sembra non solo conveniente, ma ancor più necessario, guardando come nella prassi le lacune normative siano colmate tramite l'utilizzo sempre più crescente dei c.d. regolamenti di gruppo.

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