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Dalla biopolitica alla polisgenetica

Paragrafo 1. 2 Il corpo fra rappresentazione e costruzione.

La forma del corpo non è solo la natura interna, fisica, ed il substrato psicologico e mentale, è anche la sua rappresentazione sociale. I tre elementi non possono essere perfettamente disgiunti e gli elementi di ciascuno possono essere ritrovati negli altri. I mutamenti della forma del corpo corrispondono ai cambiamenti sociali, oppure li anticipano. Rappresentare il corpo significa, così come anche nel passato ha significato, definirne i punti di consistenza e di resistenza, di unità, di separazione ed i gradi di coesistenza.

La società antica disponeva, come noto e come verrà ancora sottolineato, di un corpo fondato sulla solidità, sull’aderenza dello spirito alla carne, mentre la società moderna ha operato la loro distinzione. La società post moderna sta andando oltre a tale distinzione e cerca con strumenti nuovi la dilatazione ed il potenziamento del corpo attraverso l’opera della mente.

Cecilia Cristofori, in un bel saggio comparso recentemente su Salute e società,cviii

scrive: “Il corpo ha assunto nel presente una nuova, imprevedibile rilevanza per cui, in molti modi diversi, sembra di assistere ad un suo ritorno come ciò con cui hanno a che fare le nostre principali paure; i conflitti, in corso e possibili, tra culture che, giorno dopo giorno, sembrano sempre di più materializzarsi. Sotto la pressione di forme di fondamentalismo sempre più pervasive, di rivoluzioni scientifiche nel campo delle biotecnologie, della robotica, che ci mettono di fronte ad oggetti reali, di mercato, fino a qualche anno fa puri prodotti di fantasia, ma che, insieme, ci aprono nuove possibilità e nuovi rischi”cix. Cristofori pone innanzi tutto il tema della nuova centralità assunta dal corpo nella vita quotidiana, ora “diventata talmente onnipresente da esimerci da ogni dimostrazione, abbia avuto luogo all’interno di un progressivo processo di smaterializzazione, di vera e propria sostituzione del virtuale al reale. Per cui, proprio

mentre si proclamava l’indiscussa vittoria in campo del corpo per l’abbandono da parte dei contendenti classici - il rinvio religioso a forme di trascendenza con la quale identificare la vera via; la morte delle diverse ideologie e della loro forza di orientamento dell’azione, individuale e collettiva; il progressivo declino della capacità di procrastinare nel tempo la soddisfazione del piacere - arrivava a compimento la sua definitiva trasformazione in immagine, in rappresentazione. Il lungo processo, cioè, attraverso il quale aveva avuto luogo l’amputazione di ciò che con maggiore problematicità aveva connotato il corpo nella storia occidentale, la sua fisicità.”cx. Il corpo sembra dunque essersi liberato dal suo peso, dalla sua forza e dalle contese religiose ed ideologiche sugli orientamenti da assumere. Secondo la sociologia del corpo, la storia dell’Occidente è segnata dalla “riflessione sul corpo propria delle scienze sociali”cxi. Le “rappresentazioni e pratiche relative al corpo” […] hanno “costituito, forse, la macchina più potente di riproduzione dell’identità dell’Occidente e della storia attraverso la quale esse si è andata strutturando. Al punto da diventare l’elemento che meglio caratterizza il mutamento sociale, per la forza con cui ha segnato i cambiamenti collettivi”cxii.

Muovendo dalla ricostruzione operata da Umberto Galimberticxiii, la sociologa indica il percorso che ci consente di distinguere ed ordinare le modalità di rappresentazione del corpo nell’età antica ed in quella moderna, in modo da poter cogliere le differenze con il mondo post moderno. Tali differenze nella rappresentazione del corpo presenti nella storia dell’Occidente “ci rinviano”, sostiene sempre Cristofori, “[…] quel lento, graduale mutamento delle culture che Kuhn, in riferimento alla scienza, definisce normale, finché non hanno luogo quei grandi mutamenti di prospettiva che egli, appunto, chiama rivoluzioni, attraverso le quali le comunità scientifiche operano una vera e propria sostituzione di paradigma rispetto a quello precedentemente adottato”cxiv. Se il mondo della tragedia antica ci rimanda l’immagine unitaria del corpo, dove “a mostrarsi è la coincidenza, l’indissolubile armonia tra la bellezza e il valore puro del bene”cxv, che significa coincidenza tra valore esteriore ed interiore, con la filosofia di Platone, che sposta nella dimensione della trascendenza metafisica l’idea della bellezza, inizia a porsi il problema della (impossibile) composizione del corpo con una verità altra che lo travalica. La rappresentazione di questo conflitto informa nei secoli successivi la cristianità, fino alla modernità. “Con questa disgiunzione e conflitto prende

il via la logica binaria attraverso la quale pensa l’intero mondo occidentale e su cui si fonda anche la scienza moderna. Quella logica attraverso la quale le distinzioni - per lo più anche le differenze - sono possibili solo nella loro opposizione. E in essa, il cui prototipo, credo, sia proprio la disgiunzione tra corpo e anima, il primo termine coincide sempre con il dato fisico, materiale […] ben sintetizzato dalla res extensa di Cartesio […]” che si preoccupa di conoscerlo attraverso i metodi delle scienze sperimentali “ma anche, e non secondariamente, con la fonte della sensibilità, che con la scienza moderna acquista una nuova rilevanza, come forma di percezione fisica che apre la porta della conoscenza accertabile”cxvi. Se ancora, con Foucault, come è stato ampiamente riferito, il corpo forma “l’ambito attraverso il quale i diversi poteri si applicano, mostrando di condividere la stessa logica di dominio”, sia in ambito politico sia nella medicina e nel controllo della sessualitàcxvii, per cui il corpo è presente come “scena del potere, o come attore, in prima persona di un potere”, è con la fenomenologia, ricorda ancora Cristofori, che è riconosciuta al corpo intenzionalità e coscienza, apertura al mondo della vita che conferisce senso alle azioni umane, anche attraverso la sospensione che deriva dall’interrogarsi su tali azioni, allo stesso tempo date e costruite.

I riferimenti, seppure brevissimi, forniti da Cristofori sono comunque utili per poter porre alcune fondamentali differenze con la tarda modernità e con i significativi mutamenti intervenuti nella costituzione sociale della corporeità che rinviano ai modi di “rappresentare, comunicare, prendersi cura del corpo, proprio e degli altri, che segna l’avvento di un’altra grande distinzione” […] concernente direttamente gli “stili di pensiero attraverso i quali in Occidente si è andata strutturando l’inestricabile matassa simbolica del corpo”cxviii. Questa energia simbolica, composta dal sistema dei media, dalla scienza e dalla tecnologia, dalla comunicazione e dal corpo, forma gli “apparati di produzione e riproduzione sociale e simbolica”cxix in grado di dar vita a “processi di smaterializzazione, rappresentazione e comunicazione, costruzione di una realtà che, comunque la si guardi, appare così mutata da renderci difficile oggi leggerla in termini di estensione e continuità con i processi e la materia di cui era fatta la modernità”cxx. E’ nella forma della costruzione del sé che Cristofori pone il segno distintivo della post modernità, “che fa del corpo, insieme, l’emittente ed il medium della comunicazione”cxxi che tocca principalmente e prima di ogni altra cosa la stessa immagine di corpo: “sempre giovane, in forma privo di imperfezioni, modellato,

oggetto di cura, alla moda”cxxii e perciò esposto per essere riconosciuto, accettato, incluso, innanzi tutto dallo sguardo. Il tema fondamentale è qui quello della rappresentazione e delle maschere di scena “il cui soggetto produttore, in ogni caso, era già dato, in quel corpo a cui era dato impersonare le più diverse rappresentazioni”cxxiii. E’ Goffman ad aver “intuito, anzi, insistito, sull’importanza dell’espressione, dell’identità nell’interazione tra soggetti. Sempre plurali, la cui relazione - espressione era sempre in pubblico”cxxiv. L’identità dunque si costruisce attraverso l’interazione che già George Mead aveva colto assieme all’inizio del “processo attraverso il quale essa si costituiva fin dalle prime forme di relazione” […], interazione che “necessita di rappresentazioni, di simboli già prodotti su cui essa possa avere luogocxxv. D’altra pare, “dopo il radicale sradicamento, descritto da Giddenscxxvi, il processo di costituzione dell’identità si è fatto oltremodo difficile, anche perché ad essere coinvolto e travolto è stato lo stesso processo di socializzazione con cui Parsons ci aveva insegnato a riconoscere il modo in cui i barbari, cioè i nuovi nati, durante l’infanzia e la giovinezza apprendono quelle forme di socializzazione attraverso le quali diventa possibile entrare nella società, diventarne membri riconosciuti”cxxvii. E’proprio il processo di costituzione dell’identità che segna una delle differenze della tarda modernità rispetto alle epoche precedenti, anche alla luce dell’estensione delle possibilità di comunicazione consentite dalla tecnica agli individui.

Tutti i corpi che ne derivano, scrive Paola Borgna, sono realtà oggettive socialmente

prodotte e costruite, sostenute da una considerevole letteratura interdisciplinare

(sociologica, antropologica, filosofica, storica…) improntata in vari modi ai concetti di

costruzione sociale del corpo, di rappresentazione sociale del corpo, di politiche del corpocxxviii. Comportamenti, morfologia e persino fisiologia dei corpi sono la risultante di un insieme di processi attraverso i quali ciascuna società agisce sui corpi, che letteralmente costruisce, non diversamente da come l'urbanistica condiziona i comportamenti delle persone che abitano le città e i loro dintorni. Esisterebbe cioè una relazione biunivoca tra corpo umano e corpo sociale in base alla quale i processi considerati in precedenza sono in - formati da rappresentazioni (o modelli) sociali del

corpo, di suoi aspetti o di sue funzioni: rappresentazioni quasi sempre implicite,

condivise nei tratti fondamentali dai membri di una società, parte delle quali costruite da attori sociali specializzati, che esercitano una funzione normalizzatrice. Gli stessi

processi sono all'opera nella vita quotidiana sotto forma di pratiche più o meno routinarie relative al corpo, e sono politici per il loro essere volti al controllo della varietà sociale; in ciò riflettendo e rinforzando (o mutando) la distribuzione del potere tra gli individui. Paola Borgna osserva ancora, riprendendo implicitamente il pensiero di Foucault, che il corpo può essere di volta in volta considerato come il luogo in cui si inscrivono i rapporti di dominio e di subordinazione; di trasformazione e perfezionamento nell'ambito di piani individuali di costruzione del sé; di progetti di corpi in misura diversa affrancati dal determinismo biologico. “Gran parte delle immagini relative al corpo diffuse nella nostra cultura”, scrive Paola Borgnacxxix, “trae origine dal modello biomedico occidentale; la medicina costituisce, cioè, una delle

principali fonti di costruzione delle rappresentazioni sociali del corpo, di alcuni suoi

aspetti o funzioni oltre che, naturalmente, del corpo stesso”. I corpi più celebri, sostiene Borgna, sono i corpi delle tecnologie biomediche: “trapianti, tecnologie della procreazione assistita, terapia genica e clonazione, ad esempio. Cosa li accomuna? Ovviamente il fatto di costituire il punto di applicazione dell'impiego coordinato di tecniche operative diverse - biochimiche, microbiologiche, genetiche, informatiche, impiantistiche. Meno banalmente, ma non per questo in maniera impercettibile, il costituire l'oggetto di una serie di processi di ridefinizione - di confini, limiti, possibilità”cxxx. Le esemplificazioni portate da Borgna concernono i trapianti d'organo e le tecnologie della riproduzione assistita.

I primi hanno, da una parte, contribuito alla definizione di morte cerebrale, possibile con l'avvento delle terapie intensive, e quindi alla definizione di donatore, dall’altra hanno significativamente determinato la mutazione di detti confini, limiti e possibilità del corpo del destinatario del trapianto. La diffusione della tecnologia dei trapianti introduce, infatti, modificazioni sia nella struttura delle situazioni da cui sono confrontati i soggetti implicati (potenziale donatore, eventualmente i suoi familiari e ricevente), sia in consistenti parti delle loro mappe cognitive, così come nel repertorio delle rappresentazioni mentali delle persone che non vi fanno ricorso, nel senso che la legge sui trapianti le "obbligano" a ripensare le loro rappresentazioni mentali della vita e della morte , delle proprie ed altrui sopravvivenza e identità. Lo stesso dicasi per le

tecnologie della riproduzione assistita: tali tecnologie hanno potentemente concorso a

il corpo. Grazie ad esse è possibile che nell'atto della riproduzione intervengano fino a cinque individui in luogo di due (madre e padre anagrafici, donatori di gameti maschili e femminili, madre di sostituzione); è possibile che la riproduzione avvenga a periodo fertile concluso, in condizioni di infertilità o di sterilità, perfino dopo la morte. L’approccio costruttivista di Borgna la porta a ritenere che qualsiasi legge sulla fecondazione assistita incorporerà una serie di rappresentazioni del corpo costruite, appunto, sotto la sollecitazione e nell'interesse di gruppi più o meno ampi e più o meno in grado di determinare l'agenda politica, rappresentazioni che poi si troveranno ad interagire con quelle diffuse nella nostra società attraverso i media.

Se per una larga corrente del pensiero sociologico contemporaneocxxxi il concetto di corpo umano non è identico a sé stesso nelle diverse epoche storiche, ora sono le più recenti scoperte delle bioscienze e le applicazioni biotecnologiche che contribuiscono a stabilire i suoi confini, assieme alle nuove possibilità offerte di potenziamento della vita e che ci obbligano a riconsiderare continuamente i temi e i problemi connessi con la loro regolamentazione ed il loro uso.

La rappresentazione del corpo, si commenta, rinvia allo spazio del corpo, dove si producono forme e manifestazioni diverse. Forme e manifestazioni che possono essere sociologicamente ricostruite come scritture selettive in grado di esprimersi sul corpo,

lontano dal corpo, in luogo del corpo e nel corpo.

Si osserva, infatti, che il corpo della tarda modernità è sempre più percepito ed utilizzato, in estese dimensioni societarie, oltre le appartenenze sociali ed economiche, come una superficie dove ego disegna, rinnova e presenta socialmente le proprie insegne. Sul corpo, sulla parte esterna del corpo, ego (auto diretto) tende a liberare le sue plurime identità, anche per imitazione o differenza con altri corpi (con altre superfici), sottoponendo contemporaneamente, e volontariamente (non per dominio o subordinazione intesi nel senso governamentale e asimmetrico indicato da Foucault), il corpo a nuovi regimi e nuove pratiche che lo rendano evidente. Si pensi, ad esempio, ai regimi o alle pratiche per plasmare o ristrutturare il corpo: chirurgia estetica, diete alimentari, assunzione di anabolizzanti, incisioni, trasformazioni sessuali, inserimento di protesi, body building, body art, ecc. Sono pratiche molto diffuse, socialmente accettate ed incoraggiate, che non destano particolari inquietudini.

Ego è qui esattamente ciò che appare, in una dimensione fondamentalmente estetica ed

edonistica che ego stesso ricerca e stabilisce. Le modificazioni del corpo (le sue figure e le sue incisioni) seguono quelle che la mente suggerisce.

Si rileva, anche con riferimento alle altre forme di scrittura, l’emergere di un rapporto sostanzialmente diverso da quello pensato da G. H. Mead e riproposto da A. Ardigò, che concepisce “la persona come Soggetto, nella duplice forma di “io” (ego) attore intenzionale e di “sé” (social self) quale ritengo mi vedano “gli altri” per me significativi, a partire dal mio mondo di vita quotidiana. […]. In quanto ego, secondo il concetto meadiano, sperimento me stesso come prima persona singolare quale attore sociale dotato di coscienza e perciò di capacità di intenzionalità nell’agire. In quanto social self mi sforzo di comprendere, con la mia auto osservazione, come gli altri per me significativi mi vedono e/o come vorrebbero che fossi. […]. Il mio continuo interscambio con gli altri per me significativi è possibile perché insieme condividiamo, di norma, anche se con ambiguità e variazioni parziali di significato, numerosi contenuti simbolici”cxxxii.

Nel rapporto ego/social self il sé si costituisce, quindi, come rappresentazione di ego posto davanti ad alter. Ciò che muta in questa tarda modernità è, piuttosto, in ragione della diffusione della tecnologia, la velocità con cui gli scambi simbolici sono condivisi, assieme alla loro intensità e frequenzacxxxiii.

Ego protendendosi continuamente verso alter non ha il tempo di rendere stabile la

propria identità ed assume quella di alter. La medesima cosa succede in alter. Ego e

alter, tuttavia, sempre più raramente danno vita al noi di un’interazione che perdura nel

tempo. Il sé, anzi, sempre più sembra privarsi di ego in quanto attore intenzionale. Il sé si manifesta invece nella dimensione sociale, costruita non tanto sulla base di un’identità che incontra un’altra identità, ma come sguardo sociale di ego e alter costituiti entro una comunità sensoriale alimentata dalla tecnologia. Questo non significa che ego scompare: lo si ritrova al di fuori del soggetto, dopo che il soggetto se ne è spogliato e lo ha reso disponibile in una dimensione dilatata dove assume tutte le forme che gli sguardi sociali gli assegnano. E’ questo ego incommensurabile e al contempo labile, ossessivamente presente quanto sconosciuto, che il soggetto vorrebbe assumere come proprio, farlo ritornare da sé dopo averlo prodotto e allontanato, attingendo la propria differenza dalla differenza di alter, e reciprocamente.

Il corpo, prima di divenire espressione del sé, rendiconto della propria presunta identità al di fuori di sé, è un’impressione o una pressione dello sguardo che tocca più superfici, ma anche un flusso di sguardi su un’unica superficie. Corpi nel corpo, dunque, che estendono questa superficie. Corpi sempre meno orientati alle azioni perché sempre più disponibili alle sensazioni.

L’intenzione del sé di mutare la propria identità biologica e giuridica non è allora avvertita come falsificazione, ma piuttosto come trasferimento disincantato e leggero da

ego a ego, da nome a nome, da corpo a corpo. La friabilità di ego, la sua formidabile

capacità mimetica che lo spinge a dissolversi e a desiderare di essere altro per conto di un alter indifferenziato (e sociale in quanto di tutti ed in quanto asseconda tutte le forme possibili di edificazione del sé), è allora sorretta o sostituita dagli innesti nei corpi, insieme materiali ed immateriali, dalle protesi e dalle giunture aggiunte, visibili o no, che rendono possibile la ricostruzione dell’identità o la sua finzione. Ma si tratta di ricostruzione e finzione poste socialmente, messe in scena come nuove possibilità di riavvicinare ego al sé muovendo dalla sua base materiale o psichica. Il sistema sociale perde progressivamente la sua forza governamentale, le forme del controllo sulle azioni e sui bisogni che a queste si collegano; si trasforma, piuttosto, come detto, in comunità

sensoriale ed in sistema aperto ai desideri ed alle sensazioni che controlla l’immaginario

collettivo e media socialmente fra i segni del corpo - mente.

Così la tecnica può scrivere correggere cancellare sul corpo, sulla sua superficie, estendendone le capacità di performance, oppure può disfarsi, come fa la cyber cultura, dei vincoli del corpo tentando di trasferire la mente in uno spazio non materiale ed indefinito lontano dal corpo, dove tutto è contemporaneamente presente ed anche le cose obliate possono essere rivissute, dove il reale ed il virtuale possono coincidere. L’uomo ritorna mascherato da icona del corpo.

Ma la tecnologia non agisce solo sulla superficie del corpo o tentando di trasformare il corpo in mente e di dare corpo alla mente, può altresì infondere fluidi, impiantare sistemi nanotecnologici, eseguire espianti ed impianti d’organi, fornire gli organi e le parti del corpo di protesi e presidi per correggere le anomalie e le imperfezioni, oppure amplificando e potenziando le possibilità naturali del corpo, agendo in queste ed altre situazioni in luogo del corpo.

Al proposito, Pier Luigi Cappucci così si esprimeva nel 1994: “Le protesi, le macchine, sono resistenti, affidabili, lavorano più in fretta e con più precisione, svolgono compiti spesso impossibili per il corpo, lo liberano da occorrenze faticose, espandono le sue capacità fisiche, le facoltà sensoriali, lo connettono operativamente al suo habitat, all’universo. Alcuni concetti, come quello di identità sociale, si moltiplicano a seconda delle occasioni e delle modalità con cui l’individuo si manifesta - vuole o è chiamato a manifestarsi - all’interno della dimensione sociale: oltre alle problematiche concernenti l’apparenza fisica, l’identità fenotipica, ma anche sessuale, genetica, pensiamo alle questioni inerenti alla telecomunicazione, alla tele presenza, alla identità in rete. Nello stesso tempo, l’ambiente culturale dei media provoca modificazioni della geografia situazionale della vita sociale. A livello più ampio assistiamo all’apparente contraddizione tra il processo planetario di unificazione e omogeneizzazione dello spazio e del tempo delle comunicazioni, con la progressiva