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1 Gli immediati dintorni della biopolitica, ma anche oltre Prima di domandarsi quale discorso può essere scritto nello spazio dove Foucault ed

Habermas dialogano virtualmente, e quali sono o potrebbero essere i suoi caratteri, è necessario innanzi tutto richiamare, seppure brevemente, i processi che hanno concorso e concorrono a formare questa nuova superficie, sulla quale iniziano a delinearsi i contorni di un diverso paradigma, che pur avendo origine da quello biopolitico, se ne distacca progressivamente, assumendo forme proprie e proporzioni ancora da stabilire, ma in grado potenzialmente di segnare in profondità il futuro prossimo.

Il primo processo, oggetto di ampi dibattiti e di una sterminata bibliografia, è rappresentato dal successo, ma anche della crisi per le ragioni che si diranno, delle pratiche governamentali dello stato liberalel e, in particolare, di quelle dirette all’immunizzazione sanitaria della popolazione e alla lotta contro la sofferenza, attuate, secondo Foucault, per assecondare gli scopi del governo biopolitico prima richiamati, che hanno determinato la modificazione del movimento e dell’orientamento del corpo. L’enfasi va qui posta sul rapporto fra il sistema sociale e la natura interna delle persone oggetto di varie forme di malattie provenienti dalla natura esterna, dall’habitat ovvero dalla stessa organizzazione sociale.

Durante il XX secolo si è assistito al rilevante progresso del sapere bio - medico e dei servizi rivolti alla cura della salute, alla definizione di sistemi diagnostici e di prevenzione di diverse malattie su base ereditaria, di malattie congenite comportanti disabilità, alle metodiche per esami biochimici, all’industrializzazione ed alla commercializzazione dei farmaci, in primis dell’aspirina (1897), dei sulfamidici (1935) e della penicillina (1945), assieme alla diffusione dei farmaci psicotropi. Importanti traguardi sono stati conseguiti nei confronti delle malattie cardiovascolari e delle neoplasie e vi sono stati considerevoli e positivi sviluppi nelle tecniche di rianimazione, in quelle di espianto ed impianto degli organi e nell’installazioni di protesi corporee, così come sono state aperte nuove strade per fronteggiare le malattie dell’invecchiamento. Un importante ruolo è stato ed è sempre più svolto dalle biotecnologieli.

Nelle società dell’occidente industrializzato ai successi scientifici e tecnici delle discipline mediche e biologiche si è associato lo sviluppo di sistemi di welfare state socio - sanitario che hanno reso possibile, specie in Europa, la trasformazione dello stato liberale in stato sociale, lo sviluppo di politiche tese a distribuire equamente le risorse ed i costi, l’accesso universale alle cure da parte di tutti i cittadini, senza distinzione di condizione sociale e professionale.

Le cure sanitarie erogate nei confronti di tutti i soggetti costituiscono un’estensione dei diritti di cittadinanza, i quali a loro volta presuppongono la titolarità di diritti civili, sociali e politici. I diritti di cittadinanza sono conferiti a coloro che partecipano, come membri formalmente riconosciuti, ad una comunità e attribuiscono lo status che consente uguali diritti ed impone uguali doveri.

A partire dalla fine degli anni settanta del secolo scorso, si sono dovute registrare tuttavia non poche difficoltà nel rendere effettive le garanzie formalmente assicurate dallo stato sociale e dai diritti di cittadinanza. Le ragioni della crisi sono molteplici e, come è noto, vanno annoverate sostanzialmente all’aumento dei costi, che non hanno peraltro comportato migliori servizi in termini qualitativi e/o un maggior numero di prestazioni sanitarie, l’invecchiamento della popolazione a cui si accompagna il minor numero di lavoratori dipendenti occupati in grado di contribuire all’alimentazione del sistema pensionistico, ma anche le maggiori aspettative dei singoli cittadini, divenuti sempre più consapevoli dei loro diritti e prerogative nei confronti del sistema di cure, nonché i costi derivanti dai successi delle bioscienze e quelli che dipendono direttamente dalla stessa organizzazione dei sistemi sanitari.

Anche la corporazione medica è entrata in crisilii e deve confrontarsi con le sue capacità di essere efficiente ed efficace, tenuto conto non solo dei limiti economico - finanziari dell’intero sistema, ma anche dei limiti inerenti il riconoscimento dei bisogni sanitari, la cui area è sempre più limitata a prestazioni essenziali.

Ciò comporta il ricorso al pagamento secondo tariffa per le altre cure. Si opera così una evidente discriminazione, a solo beneficio dei malati in grado di pagare prestazioni non contemplate dai programmi sanitari. Sempre più, ancora, sono avvertite disparità nell’accesso ai servizi e disuguaglianze quanto alle condizioni di salute.

Si assiste anche alla formazione di sempre maggiori concentrazioni di imprese private che operano nel mercato sanitario, le quali non tarderanno a far crescere o addirittura ad

esasperare la competizione con le aziende pubbliche, determinando in capo a queste ultime la necessità di reperire risorse aggiuntive crescenti per sostenere la ricerca biomedica e quella farmacologica.

Il primo elemento della crisi del sistema governamentale è presente, dunque, nello stesso presupposto che ha reso possibile la sua affermazione, come stato liberale e industriale prima, divenuto stato sociale e sempre più amministratore successivamente anche attraverso i grandi sistemi welfare. Il presupposto costitutivo che lo connota impone, infatti, la dilatazione delle sue forme, sia produttive e sia espresse in principi, che si reggono e si giustificano reciprocamente. Ma ora è proprio la complessità che hanno assunto le pratiche governamentali che costringe il governo biopolitico a selezionare per contenere la sua stessa complessità, alimentata dalle crescenti aspettative delle forze vitali che lo compongono. Ma la riduzione di complessità significa inevitabilmente per il governo biopolitico cedere a sé stesso, rischiare di divenire altro.

Il secondo processo riguarda propriamente l’ambito riflessivo, critico e propositivo,

inerente le definizioni e le pratiche di salute e malattia che si sono sviluppate nell’età biopolitica secondo l’accezione di Foucault.

La medicina, specialmente in ragione delle scoperte ed i successi intervenuti in età moderna e contemporanea, ha svolto la funzione di armonizzare di fronte allo Stato il sapere scientifico con quello politico, trasformando la tecnica in un fatto politico. Il corpo umano è diventato pertanto un fatto biopolitico, oggetto da immunizzare a partire dal momento in cui la sua posture ed i suoi movimenti sono divenuti parte dell’ordine governamentale. La storia della medicina in età biopolitica è fondamentalmente storia dei movimenti del corpo e sul corpo. E’ storia di nessi che tuttavia non trasformano la natura del soggetto, come abbiamo avuto occasione di affermare in precedenza, anche se questi è spesso ridotto a solo oggetto di indagine scientifica e vi è disinteresse per la sua coscienza e per la sua intenzionalità.

Le pratiche mediche hanno dato luogo, anche per reazione, a diversi sistemi concettuali ed esplicativi di nessi che a più riprese hanno cercato di ridefinire la posizione dei soggetti e degli oggetti implicati nei processi di salute e malattia. In questa prospettiva,

particolarmente rilevante è l’apporto del pensiero sociologico all’identificazione di nuovi nessi che connotano la storia biopolitica.

E’ ben noto che l’interesse della sociologia per il mondo dei fenomeni legati alla salute e alla malattia si è concretizzato - soprattutto nell’area anglosassone - nel secondo dopo guerra del secolo scorso, dando vita ad una specifica disciplina: la sociologia della medicina. I suoi meriti, sia sul piano teorico che su quello pragmatico, sono indubbi e rilevanti. Essa, infatti, si è dimostrata di grande utilità per aver saputo fornire strumenti concettuali atti a comprendere e ad analizzare l’interazione medico - paziente, i comportamenti di risposta alla malattia, i modelli di intervento dell’organizzazione sanitaria, i profili professionali del personale sanitario, le politiche sanitarie sviluppate a livello nazionale e sopranazionale, le gravi ineguaglianze sociali quanto all’accesso e alla qualità delle cure sanitarie. I sociologi che hanno fatto e fanno riferimento a questo approccio, si caratterizzano per aver assunto come proprie non solo le categorie mediche di malattia, inabilità, invalidità, ecc., ma per averne, altresì, accettato le relative imputazioni causali, tutte sostanzialmente inscrivibili entro l’ordine cognitivo positivista che informa gran parte del sapere bio - medico ed epidemiologico dell’età biopolitica. A cavallo fra gli anni settanta ed ottanta del secolo precedente - anticipando la diffusa esigenza di mutamenti strutturali ed istituzionali con riguardo al trattamento dei problemi e delle pratiche di salute e malattia - il gruppo di sociologia della salute dell’Università di Bolognaliii, guidato da A. Ardigò, ha offerto un contributo essenziale sul piano epistemologico e su quello dell’identificazione di nuovi paradigmi concettuali per la costruzione di un approccio propriamente sociologico alla salute. Se la sociologia della medicina concentra il focus delle proprie riflessioni prevalentemente, se non esclusivamente, sulla malattia, la sociologia della salute ne ridefinisce sia l’oggetto che il metodo, prendendo le distanze dal processo di medicalizzazione della vita, inteso come estensione del complesso sanitario funzionalista ai rapporti sociali generalizzati, privilegiando nello studio della malattia, della diagnosi e della cura i rapporti intersoggettivi e sociali, come fattispecie di temi propriamente sociologiche a carattere più generale.

L’analisi sociologica ha innanzi tutto riconosciuto che la natura esterna più volte ha acquistato e ha perso la sua forza nel conservare l’equilibrio del corpo umanoliv, dove erano evidenti le connessioni fra la natura interna e gli elementi patogeni provocati dai

cicli stagionali, dallo squilibrio nutrizionale, dai germi. Se, come ricorda Ardigò, nei secoli che hanno preceduto l’illuminismo l’umanità ha subito “senza radicali cambiamenti in meglio (di sapere medico diagnostico e terapeutico) la virulenza devastante delle grandi epidemie […] offrendosi così a “saperi largamente ippocratici e perfino metafisici, in società in cui l’opera del medico empirico, specie se chirurgo, era considerata alla stregua di attività artigiana e meccanica [ed] era difficile affrontare la malattia su basi sistematiche e scientifiche”lv; è al tempo dell’illuminismo che si “apre la via alla medicina clinica fondata sull’occhio clinico del medico al capezzale del paziente” […] con sempre maggior ricorso “alle autopsie e alle imputazioni delle malattie a patologie anatomiche […] “dove “l’ideologia della vis medicatrix naturae sembra essere soppiantata da un’ideologia della natura esterna soprattutto patogena, piena di agenti patogeni da cui la scienza deve immunizzare gli individui in vari modi”lvi.

Il meccanismo dei nessi è ciò che trasforma, a partire dal XVII secolo, gli oggetti in macchine, li combina, li aggiunge alle cose che già ci sono, li separa dentro il loro ordine e dal loro ordine, li misura, li conta e li distingue - come fa il paradigma biomedicolvii - fra res cogitans e res extensa, cerca le cause fra eventi morbosi singolarmente considerati e specifiche malattie provenienti dall’ordine biologico interno al corpo oppure dalla natura esterna, suddivide e regolarizza l’habitat neutralizzandolo per limitare, per quanto possibile, i rischi per la vita e la salute, pone paragoni e analizza la distribuzione delle patologie della popolazione stabilendo ulteriori nessi con la loro genesi e prevedendone la progressione e la diffusione. La natura è divenuta così ambiente perturbatore del sistema sociale il quale progressivamente si è munito di misure selettive e preventive per la difesa e l’immunizzazione dei corpi dei singoli soggetti.

Altri nessi hanno cercato di orientare i primi, di tramutarli in oggetti per il governo della vita, determinando la postura ed il moto dei corpi, nei campi di battaglia negli ospedali e negli opifici, dove la vita era un fatto o una cosa necessaria al fine, spesso non celato, di tramutarsi in non vita.

Così, correlativamente, la pratica biomedica ha trattato il corpo, convertendo la dimensione propria dell’uomo premoderno, dove era imprescindibile l’unità di corpo e mente, in quella dove prevale il dato chimico e fisico da comparare con altri dati simili,

mentre la riflessione sociologica ha consentito di interpretare la complessità dei fenomeni di salute e malattia e porre criticamente alcuni paradigmilviii che sono stati, e sono, in grado di influenzare significativamente i modi con cui le pratiche governamentali concernenti la salute e la malattia si ordinano all’interno del sistema sociale, con speciale riferimento al sotto sistema sanitario, ma ora anche nella percezione soggettiva, nelle aspettative e nella capacità di scelta dei cittadini fruitori, che hanno saputo innovare con il loro discorsolix lo stesso sistema di immunizzazione e

di cura, identificando autonomi percorsi “dalla percezione del malessere, alla scoperta soggettiva delle presumibili cause fino alla decisione sul che fare”lx. In questo ambito, che verrà ripreso ampiamente più avanti, il percorso verso la salute è segnato non solo “dalla percezione di insorgenti stati di malessere psico - fisico alla supposizione di malattia”lxi, ma anche dagli “impatti di due fattori, molto influenzati dal sistema sociale e non solo dal mondo della vita quotidiana in cui la persona turbata vive. Il primo impatto […] riguarda il peso delle variabili demografiche (quali l’età, il sesso, l’ordine di generazione, ecc.) e sociali (status socio - economici, professione esercitata, istruzione, vita di relazione, ecc.). Il secondo impatto […] riguarda le variabili culturali, le fonti di informazione e gli stimoli ricevuti ai fini della coscientizzazione e della cultura in tema di salute e malattia, ecclxii”. Rilevante appare qui, specie con riferimento e per differenza a quanto si sosterrà in seguito, il fatto che le variabili indicate, “insieme con gli stimoli dal mondo vitale possono agire anzitutto nel passaggio, e nei tempi del medesimo, dalla normalità alla percezione del malessere alla identificazione di un bisogno di intervento diagnostico - terapeutico, all’accesso al medesimo intervento. L’interpretazione, in caso risulti positiva per lo stato di malessere, può portare alla decisione sul da farsi secondo almeno tre direzioni diverse di scelta decisionale: a) può portare il paziente a non prendere alcun provvedimento di risposta, lasciando fare alla natura il suo corso; b) può portare a risposte non medico - sanitarie quali ad es. variare qualche componente del proprio stile alimentare e di vita, cambiare aria temporaneamente, cambiare lavoro, ecc.; c) può portare a risposte terapeutiche istituzionali, cioè richieste alle istituzioni socialmente a ciò legittimate. Si apre, insomma, alla persona turbata un ventaglio di possibili risposte, tra cui scegliere: autocurarsi, affidarsi a cure da parte di gruppi di mutuo aiuto, farsi accettare in una

comunità terapeutica, oppure cercare cure in medicine alternative, oppure affidarsi ad organizzazioni istituzionali di cure sanitarie (pubbliche e private)”lxiii.

Nessi, ancora, che si fondano sull’interpretazione di nessi costituiti da paradigmi, come quello strutturale e funzionalistalxiv che pone al centro i modi con cui il sistema sanitario attrae i mondi della vita circostante, li integra e li sottopone a controllo, configurando sistemi di reciproche aspettative fra i ruoli di chi essendo o dichiarandosi ammalato assume una posizione oggettivamente deviante nei confronti del sistema sociale, ed il medico che, sulla base dei segni che scorge, stabilisce la conformità o meno all’ordine sociale dello stato patologico, esonerando eventualmente il paziente dai suoi obblighi. Oppure nessi che valutano i fenomeni di salute e malattie lungo la linea di sviluppo dell’ordine liberale, da considerare come un sistema contraddittorio dove sono presenti disuguaglianze e sfruttamento. Marxisti e radicalilxv hanno denunciato la dominanza del potere medico o le componenti iatrogene dell’organizzazione sanitaria, indicando direzioni dialetticamente diverse o contro direzioni, ma, si può sostenere, tutte insite nello stesso ordine biopolitico, da cui derivano e fondano la loro giustificazione. Marxisti e radicali, nonostante il capovolgimento del verso interno all’ordine biopolitico di segno liberale, non sono mai andati veramente oltre la forma del suo discorso, del quale, anzi, costituiscono il polo di riferimento opposto, ma comunque necessario in quanto parte costitutiva del medesimo sistema o discorso.

Nessi, poi, a carattere fenomenologicolxvi che producono un salto epistemologico, ma sempre, tuttavia, dentro l’ordine biopolitico generale, indirizzandolo piuttosto verso la dimensione della soggettività della persona posta a fondamento del sapere e ricercando forme di umanizzazione nella pratica assistenziale. Diviene centrale l’esperire vivente del soggetto che trova nuovi modelli concettuali e nuove pratiche nell’empatia, oltre che nell’introspezione e nella motivazione personale, nel modo di intendere la corporeità, non solo e non tanto come soma ed oggetto di studio da parte della scienza medica, quanto come corpo vivente congiunto profondamente con la coscienza nel mondo -

della - vita dove si costituiscono le identità personali attraverso i rapporti quotidiani,

nell’oggettività intersoggettiva fatta di accordi interattivi e associazioni durevoli con gli altri che possono anche modificare o rinnovare il linguaggio e la simbologia della società. Sembra venir meno con gli assunti dello statuto fenomenologico l’idea della sussistenza, al di fuori del rapporto io/altro, di una norma obiettiva che consenta di

differenziare concettualmente la salute dalla malattia, il normale dal patologico, così che queste categorie non rappresentano affatto stati diversi e ambivalenti dell’organismo e del sistema comportamentale, ma tendono a radicalizzarsi, invece, nella liberazione del puro senso e, anzi, nella proliferazione di sempre ulteriori sensi (empatia iterata) dove rileva la comprensione sensoriale e spirituale del sé, attraverso i coglimenti dell’altrui corpo vivente.

Nessi comunicativi selettivi derivanti da prospettive diverse, cibernetiche ed eco - sistemichelxvii, che descrivono le forme governamentali dal lato del sistema complesso, capace di produrre da sé (autopoiesi) le condizioni che consentono il suo permanere nel tempo attraverso processi di regolazione e rigenerazione interni, necessari per rispondere alle minacce di invasione dell’ambiente, umano e fisico, dotato di una complessità ancora maggiore. Tali nessi, che escludono il contributo di senso da parte dei soggetti, cercano di rappresentare e riprodurre, quasi geometricamente, le forme le scissioni le specializzazioni i pieni ed i vuoti degli assetti di potere e delle forme governamentali biopolitiche, dando così conto, in fondo, di un movimento non lontano dallo stile virtuoso e barocco che vorrebbe forse far dimenticare la drammaticità dell’esistenza e della sofferenza umana.

Nessi capaci di interessare zone che toccano, in modo non univoco, ma aperto e problematico, le connessioni tra micro e macro, tra self e ruoli e strutture del sistema socialelxviii. Dalla tensione fra teoria dell’azione ed analisi strutturale discendono quindi approcci micro sociologici, come la teoria dello scambio - che pone l’accento sul calcolo dei costi e dei benefici compiuto da parte di un attore allorché decide di intraprendere una certa azione - e l’interazionismo simbolico - che, viceversa, assegna valore alla componente interpretativa e cognitiva dell’azione. L’interazione non viene analizzata come qualcosa di rilevante per sé, ma per ciò che può significare nei confronti dei principi individualistici che guidano l’agire umano, ordinando l’interazione stessa.

Oppure nessi drammaturgicilxix che non riconoscono al self il carattere di individualità autonoma, ma lo concepiscono come espressione di una liturgia che consente la costruzione delle identità, riconducendola spesso al gioco delle parti e all’interpretazione dei ruoli dove sono i simboli normativi esterni alle maschere assunte dal self a dettare le regole per i comportamenti, con ciò riconnettendosi alla tradizione

funzionalista. E’ nell’analisi del frame e della riflessività auto referenziale che queste oscillazioni ed ambiguità trovano in qualche modo composizione, cercando di cogliere sia l’attività che si svolge all’interno della cornice (dove si focalizzano le emozioni dei soggetti coinvolti in una certa azione), sia il bordo della cornice che informa i partecipanti sullo status di realtà che l’attività ha nel mondo esterno.

Nessi che si fondano sulla correlazione dei nessi interpretativi prima indicati secondo una “prospettiva meno unilaterale e più colxx - analitica, capace di leggere il fenomeno salute in modo flessibile, storicamente e geograficamente tarato, ricompositivo, senza nulla concedere a logiche di natura equi - valente o equi - pollente, portate a privilegiare solo l’indifferenza. […]. E’ evidente

allora che un approccio co - relazionale diventa, quasi, una sorta di meta - approccio in grado di muoversi con più gambe e teste a seconda dei contesti e delle contingenze […]”lxxi.

Per un modello correlazionale d’interpretazione della salute