Il debito e la crescita economica
Molti concetti che si esporranno tra breve saranno ripresi in modo più approfon- dito nel capitolo 4, dove saranno trattati nel contesto degli eventi attuali. Tutta- via si è deciso di accennarli anche in questo capitolo per consentire al lettore di comprendere meglio ciò che si scriverà in seguito.
Quando il decit risulta essere deleterio per la crescita economica? E quando lo è il debito?
Chiaramente non esistono delle soglie limite cui fare riferimento, non c'è una regola universale, poiché il debito, come quasi tutti i fenomeni economici, dipende da moltissime variabili. E la maggior parte di queste sono inuenzate da compor- tamenti umani, i quali si sono ampiamente dimostrati (con la recente crisi) non razionali.
Si è più volte fatto riferimento nella sezione3.1a rapporti debito/PIL inferiori o superiori, di molto o di poco, al 100 per cento.
Ciononostante, non è possibile fare completo adamento su un solo numero. Ad esempio il varcare la soglia dei 100 punti percentuali può essere conseguenza di una forte contrazione del denominatore del rapporto debito/PIL, pur rimanendo contenuto il valore assoluto del numeratore (ma è palese che può accadere anche il contrario).
Allora è possibile ricorrere a dei criteri più articolati, che prendano in conside- razione sia le quantità sia la qualità delle politiche adottate.
Il primo criterio spinge a capire, innanzitutto, a cosa sia nalizzato un decit di bilancio. Difatti:
qualora esso fosse indirizzato al nanziamento della spesa per investimenti, questo potrebbe essere successivamente recuperato grazie al maggior reddito che l'investimento produrrà;11
se disavanzi successivi fossero, invece, tutti nalizzati al sostentamento della spesa corrente e quindi della domanda aggregata, il risultato potrebbe essere un aggravio della situazione del debito pubblico.
Per tali ragioni, nel momento in cui la capacità reddituale futura non fosse suciente a coprire i debiti contratti nel passato (attraverso i disavanzi), lo Stato potrebbe incorrere anche nella bancarotta nanziaria.
L'altro criterio, invece, vede come elemento centrale la dimensione eettiva dello stock di debito pubblico.
11Si pensi un po' al caso dello studio universitario: si tenta di accedere a un'istruzione superiore
anche per avere un tenore di vita migliore nel futuro. Di conseguenza sono necessari sacrici e investimento in giovane età per poi raccoglierne i frutti più avanti negli anni.
Esso assume una rilevanza fondamentale nella valutazione delle potenzialità reddituali, poiché nel caso in cui vi fossero dicoltà ad onorare gli interessi de- rivanti dall'indebitamento, notevoli dimensioni, combinate con scarsa capacità di produzione del reddito, potrebbero sfociare in un ulteriore aggravamento della si- tuazione: non avendo risorse nanziarie sucienti e incrementandosi i costi per gli oneri sul debito per via dell'ingente rischio che uno stock elevato comporta, un Governo non avrebbe altre alternative che la bancarotta o la stretta di Bilancio per tentare di uscire dalla situazione di stallo.
Tenere bene in evidenza, nella gestione della cosa pubblica, tali due criteri appena esplicati, sembra essere fondamentale per ottenere una virtuosa situazione nanziaria pubblica nel futuro.
Chi scrive li combinerebbe, in modo sintetico, secondo i seguenti quattro punti: 1. il solo avanzo/disavanzo di Bilancio non è suciente e non deve essere uti-
lizzato da solo come indicatore previsionale;
2. nell'eettuare la valutazione, le qualità del precedente aiutano di gran lunga più delle sole quantità.12
3. ai punti numero uno e due va aggiunta la dimensione eettiva dello stock di debito;
4. dell'ammontare complessivo di debito devono essere considerate scadenze, strumenti di nanziamento, qualità dei decit che lo hanno originato. Seguendo queste direttive diviene più semplice comprendere come l'utilizzo delle risorse pubbliche possa essere indirizzato in modo agevole verso obiettivi di più lungo termine e che siano adeguati allo scopo dello sviluppo.
Di seguito si mostra una loro applicazione concreta al caso dell'Italia del se- condo dopoguerra.
L'esperienza italiana del secondo dopoguerra
Nonostante l'elevato tasso d'inazione che l'economia dovette sopportare alla ne della Guerra, si pregurarono delle condizioni favorevoli alla ripresa.
Dall'esterno giunsero gli aiuti del Piano Marshall, ideati dagli Stati Uniti per evitare il ripetersi della situazione che era seguita alla Prima Guerra Mondiale.
Dal lato domestico, invece, tre furono i fattori che consentirono all'economia italiana di riprendersi:
1. temporanea caduta del tasso d'inazione; 2. diminuzione del rapporto decit/PIL;
12Per qualità si intendono in particolar modo da che tipo di entrate/spesa sono stati originati
3. aumento del peso del debito a lungo termine.
Per quanto concerne il primo punto, l'inazione frenò solo temporaneamente poiché, a seguito della stabilizzazione che la società ottenne dopo i primi aiuti statunitensi, si ebbe un incremento della domanda. Comprensibilmente, l'impianto produttivo del Paese, del tutto disfatto dalla Guerra, non sarebbe stato capace di fronteggiare l'aumento di domanda interna che si prolava. E come si è già detto, se a un aumento di domanda non segue l'adeguamento dell'oerta, i prezzi aumentano provocando inazione.
In aggiunta a ciò si consideri che sul settore bancario gravavano pochissimi vincoli e l'assenza di un tetto alla base monetaria portò il sistema monetario a destabilizzarsi.
Un importantissimo rimedio fu introdotto nel 1947 da Luigi Einaudi, il quale attuò una manovra di stabilizzazione monetaria attraverso l'introduzione del mec- canismo della ROB, in modo tale da ridurre l'impatto del moltiplicatore bancario sull'economia. Inoltre venne realizzata la liberalizzazione del tasso di cambio, con conseguente rinsaldamento dello stesso.
Relativamente ai punti due e tre, invece, la politica del debito pubblico iniziò ad assumere quelle forme che la porteranno all'attuale veste.
Si distinsero fortemente i titoli a breve termine (i Buoni Ordinari del Teso- ro, o BOT), nalizzati al sostentamento della spesa corrente, da quelli a medio- lungo termine, che sarebbero stati più consoni al nanziamento della spesa per investimento.
È facile intuire come un Paese distrutto dalla guerra avesse bisogno più di tutto di una nuova infrastruttura che gli consentisse di ripartire. Gli Stati Uniti furono lungimiranti su questo frangente: avevano capito che tarpare le ali delle economie europee (le uniche, peraltro, capaci di competere con la loro) avrebbe signicato non avere una valida controparte economica. E per una nazione basare il proprio sviluppo esclusivamente sull'economia domestica non sempre è un elemento suciente. Per tali ragioni e sfruttando anche il Piano Marshall, fu predisposto tutto il necessario per far sì che l'Europa si dotasse in breve tempo di tutto ciò che le necessitava per far ripartire l'economia.
Di conseguenza le scadenze medie del debito pubblico italiano si allungarono. Ponti, ferrovie, infrastrutture produttive, ospedali, scuole richiedevano nanzia- menti di ammontare consistente e con scadenza protratta nel tempo per poter essere costruite.
Si osservi il graco 3.3, che riporta l'andamento della percentuale di debito a breve e a medio-lungo termine rispetto all'ammontare del debito lordo, il quale mostra in modo molto evidente come l'incidenza del debito a medio-lungo, sino alla ne degli anni Quaranta, fosse maggiore rispetto alla emissione di titoli a breve termine.
Figura 3.3: Raccolta in titoli: percentuale sul debito lordo Fonte: elaborazioni personali su dati BI
Tale tendenza si invertirà repentinamente in corrispondenza dell'inizio del nuo- vo decennio per poi ritornare, tuttavia, sul trend originario all'avvento del Boom economico.
Dal lato della politica monetaria il lassismo lasciato dal periodo fascista ri- chiedeva seri provvedimenti per ristabilire l'ordine. Poiché il Conto corrente di Tesoreria era stato lasciato libero da qualsiasi vincolo, si resero necessarie delle nuove disposizioni restrittive che impedissero al Governo di esagerare nell'utilizzo dello strumento della monetizzazione.13
Secondo Donato Menichella, l'allora Governatore di Banca d'Italia, il debito pubblico doveva essere destinato a scopi dierenti, sulla base delle scadenze.
Quello a breve termine al nanziamento della spesa corrente, così da evitare il più possibile emissioni di base monetaria, mentre quello a medio-lungo a sostenere la ricostruzione del Paese, quindi riservato alla spesa per investimento.14
13Si sono già citati i due relativi decreti nella sezione2.1.2.
14Si osservi che nel 2011 il Governatore Draghi, nelle sue Considerazioni nali all'Assemblea
ordinaria dei partecipanti, sottolineò per l'ennesima volta quasi da farlo sembrare un ammo- nimento come l'nfrastruttura produttiva del Paese fosse inadeguata alla sopravvivenza dell'e- conomia in un contesto oramai globalizzato. Inoltre egli sosteneva che ben precisi e dettagliati ridimensionamenti si sarebbero dovuti applicare alla spesa pubblica corrente, e che si sarebbe dovuto dare maggiore impulso alla riforma dei sistemi giudiziario e dell'istruzione italiani.
Figura 3.4: Debito pubblico: 1945 - 1960 (miliardi di lire) Fonte: elaborazioni personali su dati BI. Scala di sinistra: variazione. Scala di destra: debito
Un altro provvedimento del 1947, inoltre, creò le basi per il proliferare del mercato dei BOT: attraverso la concessione alle banche della facoltà di utilizzare i titoli a breve termine del Tesoro per assolvere agli adempimenti della ROB, si instaurò nella prassi bancaria l'abitudine di convertire la liquidità peraltro poco redditizia in titoli di Stato, così da rendere il più eciente possibile la gestione dei capitali intermediati.
E si può supporre che anche per tale spinta propulsiva, dettata dal settore bancario, vi fu la tendenza dei titoli a breve termine a sopraarre quelli a medio- lungo nel periodo 1949-1952.
Gli anni del Boom economico italiano non sembrano necessitare di una spinta pubblica a favore dello sviluppo.
Le necessità di ricostruire e ammodernare il Paese, l'aumento della produzione, dei salari e il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione, nonché il mo- dello consumistico giunto dagli Stati Uniti, portarono in poco tempo la domanda di beni e servizi ad incrementarsi in maniera veloce e consistente. La conseguenza fu l'inizio di un circolo virtuoso in cui domanda e oerta si rincorrevano l'un l'altra generando, quindi, un periodo di forte crescita economica.
Le ragioni di carattere istituzionale che permisero tale situazione possono essere individuate in:
stabilizzazione dei rapporti con il mercato europeo attraverso la rma del Trattato di Roma, cui conseguì l'inserimento in un contesto commerciale più ampio, prospero e stabile;
maggior liberalizzazione a livello economico;
raorzamento del mercato valutario e nanziario, raggiunto grazie alla par- tecipazione al sistema monetario di Bretton Woods e all'adesione all'Accordo monetario europeo.
Nonostante il Paese necessitasse di una consistente politica d'investimento pub- blico in infrastrutture (si ricordano, ad esempio, la costruzione del sistema auto- stradale e l'ammodernamento di quello ferroviario), la crescita economica fece sì che il denominatore del rapporto debito/PIL inibisse quasi del tutto gli aumenti del numeratore, ed esso non subì degli choc rilevanti.
Musu 2006, p. 82, sostiene che il rapporto debito/PIL, in tutto il periodo, si attestò mediamente attorno a un valore del 30 per cento, soprattutto grazie a una gestione oculata della politica scale e monetaria, orientate al raggiungimento di una condizione di stabilità. Tale situazione, inoltre, fu favorita dall'accumulazione di avanzi di bilancio da parte del settore pubblico.
È possibile osservare dal graco3.4come lo stock del debito lordo aumenti nel periodo ad un ritmo abbastanza costante e apparentemente lineare. Le variazioni in termini percentuali (nel graco sono riportate per comodità di visualizzazione quelle in termini assoluti), eccetto quelle del secondo semestre del 1945 (19 per cento) e del primo del 1948 (18 per cento), non sembrano presentare delle variazioni repentine. Addirittura negli ultimi anni del periodo considerato la curva della variazione assoluta decresce, confermando la tendenza delle variazioni percentuali ad essere inferiori rispetto agli anni precedenti.
Il debito pubblico, allora, non sempre rappresenta un elemento negativo per l'economia di una nazione.
Come si è visto vi sono periodi in cui esso rappresenta l'unico strumento atto a consentire un veloce rilancio dell' economia, in modo tale sia garantito alla società tutta il mantenimento dello status guadagnato in precedenza. Sia chiaro che con il termine status non si intende solo la condizione economica, la mera ricchezza, bensì ci si riferisce anche alla condizione culturale, ambientale ed evolutiva della società, nonché a quella di ogni singolo individuo che la compone.
Si segua questo esempio per meglio comprendere il concetto che da tali prime due sezioni si è voluto trarre.
Di recente una parte della spesa pubblica (forse ancora troppo inconsistente) è stata destinata alla sovvenzione delle opere private volte all'ammodernamento dell'impianto di produzione energetica del Paese, con particolare attenzione per le energie rinnovabili.
Se tale necessaria cultura di rinnovamento non riuscisse a penetrare in tutti gli strati sociali e trova tuttora molti ostacoli sul suo cammino si andrebbe presto incontro ad una crisi ambientale.
Nonostante l'obiettivo di tale lavoro non sia quello di indagare le conseguen- ze della produzione di inquinamento da parte dell'uomo, è ormai evidente, quasi percettibile quotidianamente, che esso comporta uno squilibrio nel normale corso della natura. E se il soggetto privato non si dovesse responsabilizzare di fronte a tale situazione, è opinabile che qualcuno, per il bene di tutti, si sostituisca alla sua manchevolezza.
Al debito pubblico è deputata, tra le altre, anche questa funzione: garantire, attraverso la spesa dello Stato, che tutta la scoietà possa beneciare delle migliori condizioni, economiche, e non, presenti in un dato periodo storico e a un dato livello di avanzamento dello stato tecnologico.
Se nell'Italia post-unitaria i Governi non avessero potuto utilizzare tale stru- mento, probabilmente l'economia nazionale avrebbe tardato ancor di più il rag- giungimento delle altre economie europee e mondiali più avanzate. E la stessa cosa sarebbe accaduta nel secondo dopoguerra se non vi fossero state quelle lungimiranti misure di spesa per investimenti da parte dello Stato.
Tuttavia si vedrà nel capitolo4come l'azione della politica italiana, ad un certo punto, smetterà di essere orientata verso tali obiettivi.
A questi se ne sostituiranno altri che porteranno maggiore consenso politico nel breve periodo, ma anche risultati pessimi su un orizzonte più lungo.