IL DIAVOLO SUL TABLADO: UN PRISMA A PIÚ FACCE
2.4. IL DEMONIO ACCOMPAGNATO: LA MOLTIPLICAZIONE DELL'IDENTICO
Nell'accompagnamento demoniaco, si individua anche quello pleonastico di cui vi è un esempio ne El Divino Jasón dove Rey de Tinieblas/El Mundo, costituisce, con Idolatría/Luzbel, un paio ridondante. In quest'auto, la moltiplicazione dell'identico o del quasi tale trova una delle sue più palesi manifestazioni. Il Re delle Tenebre è, spesso, un epiteto dei biblisti per riferirsi a Satana288 e, ne El Divino Jasón, questo personaggio incarna il Demonio come Idolatría/Luzbel, suo doppio pleonastico.
L'appaiamento di queste figuras lascia scaturire in DJ un notevole lirismo visto che poesia, teatro e arti figurate si amalgamano in Rey de Tinieblas/Mundo e Idolatría/Luzbel. Abbinando
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I. Arellano, Á. L. Cilveti, Introducción, in Calderón de la Barca, El Divino Jasón, ed. Arellano, Cilveti, Kassel, Reichenberger, 1992, pp. 7-118, p. 57; E. Rull Fernández, Introducción, in Calderón de la Barca, El Divino Jasón.
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quest'ultimi, Calderón crea un contrasto cromatico, mettendo in evidenza la natura contraddittoria del Diavolo. Rey de Tinieblas/Mundo, per le tenebre evocate dal nome, si associa, infatti, alle tonalità fosche della notte/peccato. Idolatría/Luzbel, invece, rimanda alla condizione primigenia di Lucifero, il "portatore di luce", decaduto dall'iniziale beatitudine per la sua tracotanza.
Il pleonasmo, osservabile nell'accompagnamento demoniaco de El Divino Jasón, è corroborato anche dalla doppia identificazione di Rey de Tinieblas e Luzbel. Il primo si associa, infatti, al mondo; il secondo all'idolatria. Queste assimilazioni amplificano la portata barocca dell'auto poiché sovraccaricano i personaggi di ulteriori significati. Quantunque non rinviino pedissequamente allo stesso concetto, sia il mondo che l'idolatria sono termini affini. Pur non rappresentando un'unica idea, l'idolatria è, infatti, la cifra più distintiva del mondo, inteso come depravato spazio della colpa.
La ridondanza della coppia Rey de Tinieblas e Idolatría si nota anche negli stessi
parlamentos dei due personaggi dove, spesso, si verifica specularità di forma e di significato:
REY
Hombres nacidos del mar, pescadores o marinos
monstruos que en varios caminos las ondas sabéis surcar.
¿Dónde vais? ¿Qué es vuestro intento? MEDEA
Si es de vosotros alguno el poderoso Neptuno, majestad dese elemento, si sois acaso tritones que las frentes inmortales ceñís de rubios corales, en las húmedas regiones dese mar ¿qué nos queréis?
IDOLATRÍA
Atrevidos navegantes, que en los soberbios gigantes desos escollos vencéis,
¿qué luz, qué norte, qué estrella, sendas y rumbos os dice, pues yo mismo no las hice, con ser la imagen más bella que de sí dejó memoria en los celestes despojos, cuando por cerrar los ojos
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Pochi versi prima di questo passo, la nave che è allegoria della Chiesa solca il mare. Nei rispettivi parlamentos, non solo Rey de Tinieblas e Idolatría ignorano l'identità dei personaggi che attraversano le onde ma non conoscono neppure la loro destinazione e il loro intento. Similmente, Rey de Tinieblas e Idolatría interrogano i forestieri. L'affastellarsi di domande e lo stile nervoso dei versi del secondo rivelano lo sconvolgimento della coppia demoniaca.
In questo testo, Medea/ Anima Umana non conosce ancora il messaggio evangelico. Le sue parole riecheggiano quelle di Rey de Tinieblas e Idolatría poiché il personaggio mostra insofferenza per la nave e per il suo equipaggio. L'ignoranza di Medea è messa in evidenza via a via che, per nominare gli sconosciuti marittimi, l'anima umana si appiglia ai simboli del suo politeismo pagano. Ecco, dunque, la menzione di Nettuno, divinità degli abissi marini, come pure il riferimento ai tritoni, gli dèi del corteggio di Poseidone con la parte superiore del corpo antropomorfa e quella inferiore ittica.
Nel suo stato di ignoranza del messaggio evangelico, Medea/Anima si pone dalla parte della coppia demoniaca. A tal proposito, si noti che il suo parlamento si pone in mezzo a quelli di Rey de Tinieblas e Idolatría, riproducendone interrogativi e significati. Medea chiede agli argonauti divini cosa vogliano da lei e dalla coppia satanica che è insieme a lei. Il tono inquisitorio delle sue parole la pone su un fronte nemico rispetto a Jasón/Cristo, Hércules/San Pietro, Teseo/Sant'Andrea e Orfeo/San Giovanni Battista.
Dai versi di Medea, pare che la nave/Chiesa sia una minaccia e si avvicini soltanto per scalfire la sua apparente ma ingannevole beatitudine.
Pur nella condivisa ignoranza degli intenti divini, nel parlamento di Idolatría, si nota un gioco di parole con cui il personaggio denuncia la propria mancanza di conoscenza insistendo sull'etimologia del suo secondo nome. Personificando Luzbel, Idolatría dichiara di ignorare la stella che guida la navigazione dei marittimi divini. Questa affermazione ha una duplice interpretazione. In primo luogo, seppur indirettamente, la cometa rievoca la nascita di Gesù a Betlemme. Come allegoria del Demonio, pertanto, è consequenziale che Idolatría non conosca Jasón/Cristo.
In secondo luogo, proprio perché figura di Lucifero, sebbene rappresenti la stella più bella del firmamento, Idolatría ignora l'astro che guida i marittimi divini.
Ne El Divino Jasón, l'accompagnamento pleonastico è osservabile anche attorno all'epilogo. L'avanzare degli argonauti verso i giardini del peccato, stabilendo una prefigurazione tra Antico e
Nuovo Testamento, rafforza, infatti, la ridondanza del paio demoniaco. Seppur con i dovuti
distinguo rispetto alle corrispondenti narrazioni bibliche, giardino di Eden e deserto delle tentazioni si fondono e confondono per evidenziare la plateale sconfitta del Demonio a opera di Jasón/Cristo:
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Sale el REY y la IDOLATRÍA.
REY
¿A mis jardines se atreven esos que argonautas nombras, y que las mortales sombras entre las aguas no beben? Defender pienso la entrada; llega fuerte, Idolatría, sube, compañera mía, al desierto desta grada.
Súbense en unas gradas hacia el árbol. ¿Dónde vas Jasón famoso,
con vïaje tan prolijo? Si eres deidad, si eres hijo de Júpiter poderoso, pues quieres mi Velloncino haz que se vuelvan en pan esos peñascos que están impidiéndote el camino, y en ese mar de reflejos esa nave podrá ser la nave del mercader que lleva pan desde lejos. JASÓN
Con la palabra de Dios y no con pan solamente vive el hombre.
IDOLATRÍA
Él es valiente; vencidos vamos los dos. REY
No a ganar mi Velloncino tu espíritu se remonte; arrójate de ese monte: tus héroes en el camino te recibirán.
JASÓN Al cielo
no se ha de tentar. Son vanas tus fuerzas.
REY
Esas manzanas de oro, que penden al suelo, y este tesoro de nieve te daré, si nos adoras. JASÓN
140 Solamente a Dios se debe
la adoración, a quien Santo espíritus encendidos llamaron.
IDOLATRÍA
Somos vencidos; acudamos al encanto
de las muertes y tormentos. (DJ, vv. 887-927)
Rey de Tinieblas percepisce l'arrivo degli argonauti divini nei suoi giardini come una terribile minaccia. Il paesaggio, qui suggerito, riecheggia l'Eden della Genesi pur tuttavia con le debite differenze. Il Paradiso Terrestre, infatti, è l'originario stato di grazia dal quale Adamo ed Eva decadono; esso è, pertanto, un'oasi paradisiaca dove, perlomeno agli inizi, non vi è né peccato né morte. A differenza dell'Eden biblico, i giardini di Rey de Tinieblas sono la pertinenza per antonomasia della colpa. Ciononostante, malgrado le divergenze, sia il Paradiso Terrestre che i parchi del Demonio, rappresentati ne El Divino Jasón, celano la subdola presenza di Satana. Per questo motivo, benché con le necessarie discrepanze, i giardini di Rey de Tinieblas rievocano l'Eden del Libro della Genesi.
Sebbene presentati secondo l'aspetto edulcorato che il termine "giardini" suggerisce, gli spazi di Rey de Tinieblas sono sinonimo di peccato e di morte. Questo è osservabile sin dal primo
parlamento del personaggio; il suo ambiente è, infatti, un revival del Regno delle Ombre pagano
dove scorrono i fiumi della morte. Lo stupore di Rey de Tinieblas scaturisce nella misura in cui gli argonauti divini attraversano le acque senza perire.
Sulla falsa riga della tentazione di Eva da parte del serpente, la menzione dell'albero della seconda didascalia accentua l'identificazione di Rey de Tinieblas con il Demonio. Così, il personaggio luciferino inizia un dialogo con Jasón/Cristo che riflette i passi dei Vangeli Sinottici sulle tentazioni diaboliche di Gesù nel deserto.
Nella sua prima battuta, Rey de Tinieblas chiede a Jasón che faccia diventare pane i monti. Qui, le alture sono legate a Satana, simboleggiando ostacolo e orgoglio. In questa prima tentazione, si rileva una lieve variatio rispetto ai Vangeli di Marco, Matteo e Luca poiché i monti stanno al posto delle pietre. Un discorso analogo merita di essere fatto per la seconda lusinga luciferina visto che, ne El Divino Jasón, il monte, simbolo di alterigia, sostituisce il pinnacolo del tempio dei
Vangeli sinottici.
Rey de Tinieblas avvia le tre seduzioni anche se, a differenza dei Vangeli di Marco, Matteo e Luca, la presenza di Idolatría, suo alter ego satanico, moltiplica gli interventi demoniaci. Le due battute di quest'ultimo personaggio autoproclamano, infatti, la sconfitta di Lucifero. I versi di
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Idolatría non sono indispensabili per l'architettura de El Divino Jasón ma la loro presenza sortisce un duplice effetto. Innanzitutto, i parlamentos di Idolatría raddoppiano gli interventi del Demonio, moltiplicando l'identico o il quasi tale, come è consueto nel barocco. In secondo luogo, questa ampollosità si ripercuote e si sostenta nella natura teologica de El Divino Jasón. In questa scena, lo sviluppo dell'azione può procedere anche senza gli interventi di Idolatría. Ciononostante, seppur introducano novità rispetto ai Vangeli, i versi di questo personaggio hanno un considerevole spessore dottrinale. Dopo due dei parlamentos di Jasón, Idolatría prende, così, la parola, autodichiarando la sconfitta del Demonio.
La propaganda di questa impostazione scenica è notevole poiché mette in risalto la sconfitta del male da parte del bene. Dietro le forze demoniache si celano, infatti, i nemici seicenteschi del Cattolicesimo tra cui, primo fra tutti, il Protestantesimo.