IL DIAVOLO SUL TABLADO: UN PRISMA A PIÚ FACCE
2.5. IL DEMONIO IN COPPIA E GLI AIUTANTI LUCIFERIN
Ne El Jardín de Falerina, l'accompagnamento satanico mostra una lieve variatio: rispetto ad altri autos calderoniani, la coppia demoniaca è circondata da aiutanti che, in chiave allegorica, hanno una connotazione morale negativa289. In quest'auto del Calderón maturo, databile al 1675290, Lucero/Demonio si appaia con Culpa/Falerina che, a sua volta, è circondata da Envidia, Lisonja, Murmuración, Gula e Lascivia che, per riflesso, collaborano anche con Lucero/Demonio. Se ne ha riprova quando i cinque vizi enumerati coadiuvano la coppia satanica intenta a pervertire il genere umano:
LUCERO
Huyó la Gracia al mirarme, pero no es la vez primera que huye la Gracia de mí; y más cuando es consecuencia de que la Gracia se aparta ver que la Culpa se acerca. Culpa, ¿dónde vas?
Sale la CULPA
CULPA
Sembrando voy montes, valles y selvas
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L. Galván, C. Mata Induráin, Introducción, in P. Calderón de la Barca, El jardín de Falerina, ed. Galván, Mata Induráin, Kassel, Reichenberger, 2007, pp. 7-54, p. 7.
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y ponzoñosas adelfas porque nadie de mis cotos pasar las márgenes pueda sin mortal daño; que aunque - a tu invocación atenta -
tengo al Hombre en mis jardines tan borrada y tan deshecha en él la imagen de Dios que ni respira ni alienta, convertidos sus sentidos en varias formas de fieras... - pues la Envidia al de la Vista en tigre le representa
cuya piel es toda ojos; la Lisonja toda lenguas al del Oído en un vario camaleón de diversas colores, bruto en fin que solo de aire se alimenta; la Murmuración, que es quien a perder en la honra echa el buen olor de la fama, al Olfato le semeja en un león cuyo aliento daña todo cuanto encuentra; al Tacto en un torpe erizo la Lascivia, pues no llega nadie a tocarle que él mismo voluntario no se hiera; en fin, la Gula al sentido del Gusto en la voraz bestia que ásperamente cerdosa no levanta de la tierra los ojos al cielo y solo de lo inmundo se alimenta-. Conque volviendo a enlazar el discurso: aunque deshecha tengo la imagen de Dios y en guarda suya sus mesmas pasiones, con todo eso, para que nadie se atreva a llegar a restaurarla
siendo su horror su defensa, voy sembrando -como dije- por montes, valles y selvas un hechizo en cada planta
y un veneno en cada yerba. (JF, vv. 1278-1333)
Nella battuta di Lucero/Demonio, la Gracia si allontana da lui come al momento del suo peccato di tracotanza. Il discostarsi di questo personaggio è, quindi, una metafora di Calderón per sottolineare la natura peccaminosa di Lucero/Demonio. In chiave simbolica, pertanto, al distanziarsi di Gracia, si produce il parallelo accostamento di Culpa.
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In questo passo, vi è l'appaiamento tra Lucero/Demonio e la Culpa. Lo spazio in cui opera quest'ultima, secondo una consuetudine dell'auto calderoniano, è, spesso, un giardino291. Il riferimento a quest'ambiente rievoca il Paradiso Terrestre e, seppur indirettamente, l'insidia del serpente ai danni di Adamo ed Eva.
Culpa si autoritrae come girovago personaggio del vizio. Per i monti, le valli e le selve che attraversa, essa disperde, infatti, il veleno mortale della sua dissolutezza. Non è un caso che Culpa si aggiri per monti, valli e selve. Queste configurazioni geografiche simboleggiano, infatti, i luoghi dove il peccato attecchisce maggiormente. Il monte rievoca l'alterigia del peccatore; la valle, come spazio chiuso, suggerisce la sua mancanza di apertura a Gesù; la selva, infine, per la letteratura occidentale, simboleggia la colpa. A tal proposito, si ricordi l'incipit della Divina Commedia dove, seppur allegoricamente, lo smarrimento del peccato, vissuto da Dante, è una selva oscura.
Ne El Jardín de Falerina, Lucero è la figura che più rappresenta Satana. Ciononostante, anche nel parlamento di Culpa, vi è una reciproca identificazione tra quest'ultima e il Demonio.
Il veleno, sparso da Culpa, con cicute tossiche e oleandri letali, richiama la Genesi, rievocando il Diavolo nella forma del serpente e la morte fisico-spirituale da lui causata.
Nel suo parlamento, Culpa riscrive passi della Bibbia adattandoli, tuttavia, alla sua natura peccaminosa. Nei suoi giardini, l'immagine di Dio è cancellata nell'uomo a tal punto che esso si è trasformato in una creatura morta e abbrutita. La sua privazione di respiro, espressa dall'anafora "ni", con cui Culpa accompagna alla forma negativa la ridondanza dei verbi "respira" e "alienta", mette in evidenza la sua mancanza di vita. Il peccato equivale, infatti, per l'individuo alla morte fisica e spirituale. Calderón esprime, pertanto, questa dottrina con la metafora del decesso e dell'animalizzazione di Hombre.
Nell'abbrutimento dell'uomo peccatore entrano in scena cinque vizi che attorniano la coppia demoniaca. Envidia, Lisonja, Murmuración, Lascivia e Gula circondano Lucero e Culpa e, nell'opera di corruzione umana, queste depravazioni fungono da collaboratrici del paio luciferino. Cinque sono i peccati che abbrutiscono e uccidono l'uomo come cinque sono i suoi sensi. Ogni perversione aggredisce, infatti, una delle cinque percezioni sensoriali così da trasformare l'uomo in fiera. Quantunque inferiori per numero e non pedissequamente corrispondenti, i vizi de El Jardín de
Falerina riecheggiano i sette peccati capitali. Invidia e gola sono, infatti, ascrivibili in quest'ultima
categoria e, seppur con i dovuti distinguo, anche lascivia, assimilandosi alla lussuria, è annoverabile in essa.
Con Envidia, Lisonja, Murmuración, Lascivia e Gula, Lucero e Culpa circuiscono i sensi di Hombre, mettendo in scena, in chiave allegorica, l'animalizzazione dell'individuo caduto nelle
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T. Alvarado Teodorika, El jardín en el teatro aurisecular. Las comedias mitológicas de Calderón, in Actas del XVI
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deliziose ma fallaci trappole della colpa.
Secondo il suo etimo latino, Envidia è la perversione degli occhi. "Invidia", infatti, significa letteralmente "guardare dentro" ed è il vizio che, intimamente connesso con lo sguardo, circuisce la vista, convertendola in tigre. Questo felino, con il pellame maculato, sottolinea simbolicamente le conseguenze nefande di chi, osservando il bene altrui, è roso dall'invidia.
L'adulazione è il vizio che circuisce l'udito. La lusinga fine a se stessa, infatti, decanta, in maniera servile e insincera, le doti altrui e fa sì che Oído si trasformi in un variopinto camaleonte. La molteplicità dei colori delle sue squame riproduce l'incensamento dell'adulatore. L'associazione di una pluralità di lingue alla Lisonja mette in evidenza la vacuità dei discorsi del piaggiatore, assimilandone la superfluità alla lingua allungata del camaleonte. A ribadire la nullità delle frasi del lusingatore, vi è l'allusione all'aria di cui si alimenta l'animale nel quale viene trasformato l'udito. La lingua ritorta del camaleonte, sempre esterna alla bocca, infatti, rende l'idea, in chiave metaforica, dell'inconsistenza delle parole dell'adulatore.
La mormorazione è il difetto che colpisce l'olfatto, deturpando la buona reputazione degli individui. Come maldicenza, è la denigrazione del prossimo che danneggia l'onore. L'associazione più congrua è con il leone il cui respiro rovina qualunque cosa su cui esso si posi. L'aria appestata che scaturisce da murmuración, pertanto, rende venefica l'atmosfera, intossicando l'olfatto che proprio dalla calunnia è circuito.
La lascivia, sinonimo di lussuria, converte, invece, il tatto in un turpe riccio. In castigliano, l'aggettivo "torpe", che accompagna "erizo", ha vari significati, tra cui i due di "maldestro" e "osceno". Così, con il suo parlamento, Culpa palesa l'indecenza del vizio che insidia il tatto e, simultaneamente, l'aspetto goffo della depravazione. Non è un caso che il tatto, raggirato da Lascivia, venga convertito in riccio. Analogamente all'aculeo che ferisce al contatto con la pelle, l'atteggiamento pervertito colpisce il peccatore, deturpandone l'anima. Dalle stesse parole di Culpa/Circe, diversamente dal riccio reale, il lussurioso si autolesiona poiché le sue mani sono spine per l'anima.
La gola, infine, irretisce il gusto sino a trasformarlo in porco. Per rafforzare il disprezzo per quest'animale, per bocca di Culpa, Calderón lo definisce "voraz bestia". Nell'immaginario collettivo occidentale, il suino simboleggia, infatti, l'appetito e l'ingordigia sfrenati non solo orientati verso il cibo ma anche verso il più generale desiderio bulimico di accumulazione.
La trasformazione di personaggi in fiere è tipica del teatro di Calderón. Osservabile ne El
Jardín de Falerina, seppur con le debite differenze, esso è già individuabile ne Los encantos de la Culpa. Ambedue gli autos si ispirano, infatti, all'Odissea dove avvengono metamorfosi
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animalesche, per gli incantesimi di Circe292.
In entrambe le opere, vista, gusto, olfatto e udito subiscono un'identica metamorfosi; rispetto a EC, dove il tatto è trasformato in orso, in JF, però, esso è convertito in riccio. In tutti e due gli
autos, tuttavia, l'animale in cui è cambiato l'organo tattile rinvia all'idea della ruvidità e il
mutamento zoomorfo è una metafora visiva dell'abbrutimento dell'individuo per il peccato.